Cento anni fa nasceva il Partito Comunista d’Italia. Mauro Venegoni, militante comunista

Il 21 gennaio del 1921 a Livorno nasceva un partito che avrebbe segnato momenti importanti della storia italiana.

In quei giorni a Livorno si teneva il XVII Congresso del PSI, un partito che poteva vantare un trentennio di vita nella politica italiana (era nato a Genova nel 1892), che entro certi limiti aveva rappresentato la classe operaia italiana lungo la difficile via della conquista dei diritti fondamentali dei lavoratori.

Dopo la Grande guerra però il partito di Turati non era più in grado di esprimere una linea unitaria ancorata ai valori del socialismo. Era il tempo del “Biennio rosso”, ossia di anni in cui il proletariato italiano combatteva per le otto ore di lavoro, per salari più dignitosi, per la terra e i diritti dei braccianti. Ma soprattutto per una parte della classe operaia il 1919-20 sono anni in cui si vorrebbe “fare come in Russia”, ovvero prendere il potere come aveva fatto il partito di Lenin nell’ottobre del 1917.

A Livorno in quel 21 gennaio di cento anni fa si consuma la divisione tra i socialisti, ancorati alla tradizionale politica riformista o nella confusione delle parole d’ordine massimaliste, e i comunisti, orientati verso il mito sovietico.

Carlo e Mauro Venegoni, militanti del PCd’I

Tra i 43.000 iscritti al partito guidato da Amadeo Bordiga ci sono Carlo e Mauro Venegoni, giovanissimi comunisti legnanesi, anche loro affascinati da quanto era accaduto in Russia solo quattro anni prima.

Carlo e Mauro Venegoni furono generosi militanti comunisti in tutti gli anni venti e trenta, valorosi combattenti contro il fascismo e il capitalismo in nome di una nuova società, il comunismo.

Questo breve testo vuole essere un ricordo soprattutto di Mauro Venegoni.

Giovani militanti comunisti

Con il fratello Carlo di un anno più giovane Mauro nasce in una famiglia operaia a Legnano. Il padre Paolo fa il falegname mentre la madre, Angela, lavora in fabbrica fino alla nascita del quarto figlio.

Mauro studia fino alla quarta elementare e a dodici anni entra in fabbrica come capitava a molti bambini della classe operaia italiana dell’epoca. Nel 1917 milita nella gioventù socialista e nel 1921 con il fratello Carlo si iscrive al PCd’I (Partito Comunista d’Italia) di Bordiga. In seguito questa scelta è seguita anche dai fratelli più giovani, Piero (Pierino) (1908-1975) e Guido (1919-1987).

Vittima designata delle teppaglia fascista nel 1923 Mauro si trasferisce a Milano e lavora alla “Caproni” di Taliedo dove in breve tempo diventa membro della Commissione interna. Nel frattempo entra a far parte del Comitato sindacale nazionale del partito, frequenta Gramsci e scrive diverse “corrispondenze operaie” per “l’Unità” mentre il fratello Carlo è membro della direzione nazionale del partito in un momento molto difficile quando sta per cadere nelle mani degli stalinisti (Togliatti).

Grande esperienza per Carlo è la partecipazione nel 1924 come delegato del partito (scelto da Gramsci) al V Congresso dell’Internazionale Comunista a Mosca. Qui tra Stalin e Trotsky, Carlo prende posizione per quest’ultimo.

Questi aspetti mi sembrano della massima importanza. Sarebbe riduttivo vedere i due fratelli come oscuri dirigenti locali. Al contrario sono al vertice del Partito comunista grazie a passione rivoluzionaria, grande carattere e spiccata intelligenza.

Tra carcere e privazioni

E’ difficile in poche righe raccontare la vita di Mauro fino all’appuntamento con la morte. Potremmo ricordare i lunghi anni di carcere.

Nel 1927 Mauro è arrestato con il fratello Piero insieme a una ventina di comunisti legnanesi ed è denunciato al Tribunale Speciale per ricostruzione del disciolto PCd’I. Anche Carlo si ritrova in carcere in un altro procedimento. A Vercelli passeranno 14 mesi in carcere preventivo fino all’assoluzione nell’agosto del 1928.

Nel 1929 Mauro emigra prima a Lugano e poi raggiunge Parigi dove lavora alla Citroen. Anche in questa occasione, vero operaio internazionalista, sarà alla guida degli scioperi contro i licenziamenti causati dalla crisi del ’29.

L’anno dopo il partito lo manda a studiare alla Scuola “leninista” di Mosca. Momento cruciale nella sua vita perché durante il soggiorno in URSS comincia ad avere molti dubbi sullo stalinismo. Sicuramente non gli piaceva la brutale repressione del dissenso (carceri e campi di lavoro) e le immutate condizioni di sfruttamento a cui era sottoposto il proletariato russo.

Il partito inopportunamente lo rimanda in Italia per organizzare gli scioperi, infatti Mauro è arrestato a Villa San Giovanni (RC) e un anno dopo il Tribunale Speciale lo condanna a cinque anni di reclusione, di cui tre amnistiati che sconta a Civitavecchia (RM).
Mauro esca dal carcere nel maggio del ’34 e viene sottoposto a vigilanza speciale. Riprende a lavorare alla Caproni dove rimane fino al marzo del ’39 quando è licenziato per propaganda sovversiva.

L’Italia in guerra e Mauro al confino

Il giorno stesso dell’entrata in guerra dell’Italia (10 giugno 1940) Mauro è arrestato (era nell’elenco delle persone “da arrestare in determinate circostanze”) e tradotto nel campo di Istonio (oggi Vasto, CH) dove è costretto a una vita di privazioni.

Ma Mauro non è stato infiacchito dagli anni di carcere e dall’assidua sorveglianza della polizia. In questo momento ha 37 anni e potrebbero essere tanti per una persona che aveva già fatto cinque anni di carcere e confino.

A Vasto forma un comitato clandestino di resistenza e per punizione è trasferito alle Tremiti (FG) nel febbraio del ’41. Qui si scontra con il collettivo comunista dell’isola per le sue idee antistaliniste maturate durante il soggiorno a Mosca e viene radiato dal partito.

Non era la prima volta che un combattente comunista fosse espulso dal partito. Era capitato anche a dirigenti di primo piano come Bordiga, Tasca, Silone, Tresso, Ravazzoli …

Dopo l’8 settembre – “Abbattere il fascismo e lottare per il comunismo”

Nell’agosto del ’43, dopo la caduta del fascismo (è liberato dal nuovo governo Badoglio), Mauro si impegna con i fratelli Carlo, Guido e Pierino nelle lotte operaie nell’Alto Milanese. Dopo l’8 settembre organizza la lotta armata nell’olonese e nel vimercatese contando su un proprio giornale, “Il Lavoratore”.

Il motto di Mauro e Carlo durante l’esperienza del “Lavoratore” è “abbattere il fascismo per poi lottare per il comunismo”, principio rifiutato da Togliatti e dal Pci staliniano per cui la Resistenza doveva porsi come solo obiettivo la fine del nazifascismo mantenendo inalterata la struttura capitalistica della società italiana.

La campagna del disprezzo

In questi mesi del ’44 i fratelli Venegoni vengono attaccati brutalmente da Secchia (Pci). Per lui il giornale dei Venegoni “è l’organo dei rottami del putrido sinistrismo italiano e delle canaglie trotschiste… Ecco Hitler, ecco Gobbels che cacciano fuori il loro volto… i sinistri sono maschera della Gestapo”.

Si tratta di calunnie senza alcun riscontro oggettivo. Gli avversari del “nuovo corso” togliattiano-staliniano nel Pci erano soggetti a campagne di stampa infamanti.

Il problema fondamentale è che la direzione stalinista del Pci non poteva accettare che alla sua sinistra ci fosse un raggruppamento di oppositori capaci di calamitare i consensi della classe operaia dell’Alto Milanese. L’arma usata, anche questa di tradizione stalinista, era il fango.

Chi ha ucciso Mauro?

Quando Carlo rientra nel Pci (estate ’44) e l’esperienza del “Lavoratore” ha fine, Mauro non è riammesso nel partito perché è ancora contrario ad accettare la svolta nel partito impressa da Togliatti (il Pci collabora con l’ex-fascista Badoglio, accetta la collaborazione di classe e procrastina la rivoluzione a un tempo indefinito).

Rimasto solo, senza la protezione del partito, Mauro rischia di essere arrestato dai fascisti. Ed è quello che avviene a Busto Arsizio il 30 ottobre del ’44: torturato brutalmente con l’intento di estorcergli delle informazioni, il suo corpo martirizzato viene gettato in un campo a Cassano Magnago il 31 ottobre.

Non sbaglieremmo a dire che Mauro fu ucciso dai fascisti ma con la complicità degli stalinisti.

Sarà riesumato un anno dopo per essere seppellito a Legnano. Nel dopoguerra gli è stata conferita la medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

Moriva così a 41 anni un uomo di grandi principi. Adolescente aveva sofferto la fame durante la Prima guerra mondiale, poi la brutalità del fascismo, il carcere, il confino, lo sfruttamento in fabbrica … senza mai piegare la testa, senza mai deflettere dai suoi principi.

Un uomo che sarebbe stato molto utile, per la sua esperienza e per la sua intelligenza, nelle lotte di classe che operai e contadini porteranno avanti negli anni cinquanta e sessanta.

Un uomo che merita di essere ricordato da tutti coloro che hanno a cuore i diritti dei lavoratori.

“Sono sicuro che non ti lascerai sopraffare dal nuovo colpo che ti hanno inflitto.

Tempre come le tue non si rammolliscono nemmeno per una condanna a morte per fame

né di fronte alle privazioni più atroci”

31 ottobre 1931. Lettera di Mauro Venegoni al fratello Carlo in carcere

Giancarlo Restelli

[email protected]

– Le informazioni su Mauro Venegoni sono in “PCd’I 1921. 100 anni. 100 militanti del Partito Comunista d’Italia”, edizioni Lotta Comunista 2020 (il libro è disponibile per chi volesse)