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10 giugno 1940. L’Italia in guerra

 

10 giugno 1940

La borghesia italiana era convinta della “guerra breve”

e così si andò incontro alla “più grande catastrofe della storia italiana”

(C. Alvaro)

Se volessimo fare un bilancio della guerra persa dovremmo enumerare:

– 300.000 soldati italiani morti in tanti fronti, dall’Africa alla Russia, dalla Francia ai Balcani

– 150.000 civili morti a causa della guerra, di cui 60.000 morti a causa dei bombardamenti anglo-americani (particolarmente violenti nel ’43),

– 10-12.000 civili morti a causa delle rappresaglie naziste (Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema)

– 650.000 soldati italiani deportati nei lager tedeschi (sono gli IMI, internati militari italiani), dopo l’8 settembre del ‘43

– 600.000 militari finiti nei campi di concentramento degli alleati, dall’Algeria francese all’India inglese fino ai campi di concentramento negli Stati Uniti

– 40.000 prigionieri italiani finiti nelle mani dei francesi / prigionia ignobile

– 80.000 prigionieri in Russia di cui 70.000 moriranno di fame e freddo

– 40.000 partigiani morti in combattimento. Circa 25.000 deportati nei campi di concentramento

– 100.000 lavoratori inviati in Germania

– immani distruzioni materiali (città, rete viaria e ferroviaria)

– la perdita delle colonie in Africa (Etiopia, Somalia, Libia)

– la perdita dei territori orientali (Istria e Dalmazia) con il corollario delle foibe jugoslave (altre migliaia di morti)

– la perdita di autonomia internazionale del paese dopo il ‘45

L’elenco potrebbe continuare ma credo che possa bastare per dare l’idea di quale terribile tragedia si consumò con la decisione di entrare in guerra del 10 giugno del ’40.

Se la guerra si rivelò una terribile tragedia il Paese fu però riscattato dalla Resistenza, dalla Costituzione del ’48 e dalla nascita dell’Italia repubblicana, le ferite rimasero a lungo.

Il periodo storico preso in esame da me oggi va dall’inizio della seconda guerra mondiale fino al 10 giugno del ’40, quindi circa nove mesi.

1 settembre del 1939

La guerra inizia il 1 settembre del 1939 quando la Germania aggredisce la Polonia. È una guerra senza storia perché è lo scontro tra due concezioni militari antitetiche: la Germania nazista mette in atto il blitzkrieg (“guerra lampo”) basata sulla forza combinata dei carri armati, l’artiglieria, l’aviazione e la marina che bombarda i porti polacchi mentre gli ufficiali polacchi sono rimasti fermi alla guerra di posizione del primo conflitto mondiale.

Il 25 settembre cede Varsavia e la guerra tedesca finisce.

** Ma non è finita per la Polonia perché il 17 settembre la metà orientale viene occupata dall’esercito sovietico.

Quindi, dopo un mese dall’inizio delle ostilità, la Polonia cessa di esistere perché la metà occidentale è occupata dalla Germania, la metà orientale dall’Unione Sovietica.

Per spiegare tutto questo bisogna fare riferimento al patto di non aggressione tra Germania e Unione Sovietica firmato a Mosca il 23 agosto dello stesso anno nei quali protocolli segreti era prevista la spartizione del paese.

Dall’occupazione sovietica della Polonia derivarono poi le fosse di Katyn (22mila ufficiali polacchi freddati con un colpo di pistola alla nuca da agenti dell’Nkvedè / primavera del ’40).

Il 3 settembre Francia e Gran Bretagna dichiarano guerra alla Germania dopo aver sopportato negli anni precedenti l’occupazione dell’Austria (1938) e poi della Cecoslovacchia nel ’39. E’ l’inizio ufficiale della guerra.

In realtà sul fronte occidentale non succede niente, neppure uno sparo. Anche quando la Germania è totalmente assorbita dalla conquista della Polonia, francesi e inglesi non passano all’attacco.

Tedeschi (protetti dalla Linea Sigfrido) e anglo-francesi (protetti dalla possente Maginot) continueranno a guardarsi e a spiarsi fino al 10 maggio del ’40 quando Hitler, rompendo gli indugi, attacca a sorpresa Belgio, Olanda e Francia.

Quattro guerre

Quindi nell’autunno del ’39, mentre Mussolini proclama la “non belligeranza” (una sorta di neutralità armata) si combattono quattro guerre:

– la “guerra lampo” tedesca contro la Polonia (dura 25 giorni)

– l’occupazione sovietica della metà orientale della Polonia (dieci giorni)

– la “drole de guerre”, ossia la “strana guerra” o “guerra seduta”  sul fronte occidentale (non si combatte)

– la “guerra bianca” tra Urss e Finlandia (30 novembre ’39 – 12 marzo ’40)

Perché Inghilterra e Francia non combattono?

– Temono la potenza tedesca

– Sperano che la Polonia sia l’ultima conquista di Hitler

– Sperano in un rovesciamento delle alleanze con la Germania che invade l’Unione Sovietica

– Sperano in una conferenza di pace (“Monaco due”) che regoli le controversie con Mussolini protagonista come l’anno precedente (29-30 settembre 1938)

La “Non belligeranza”

Intanto Mussolini aveva proclamato il 1 settembre del ’39 la “non belligeranza” dopo aver scartato la più semplice espressione “neutralità” (dopo 20 anni di fascismo sembrava una presa in giro).

Era stato indotto a questo passo dall’evidente impreparazione militare del nostro esercito dopo l’ampio impiego in Etiopia (1935-36) e al fianco di Franco contro i repubblicani spagnoli. Ma in realtà l’Italia aveva ancora una debole struttura industriale che poteva permettere al massimo una guerra breve e non una guerra di logoramento sul modello della Grande guerra.

Tutta l’Europa aveva ancora negli occhi i 4 anni di trincea, la morte di 8 milioni di soldati e la distruzione di una quantità immane di risorse per sostenere la guerra.

Eppure Mussolini avrebbe dovuto entrare in guerra a fianco dell’alleato tedesco in virtù del Patto d’Acciaio firmato pochi mesi prima (22 maggio ’39) che legava in modo indissolubile i destini di Italia e Germania (alleanza difensiva e offensiva).

Il patto d’acciaio faceva seguito la creazione dell’Asse Roma-Berlino del ’36 e al Patto Anticominter del ’37 (Italia, Germania e Giappone).

L’opinione pubblica italiana nell’estate del ’39 non è favorevole alla guerra (informatori polizia)

Mussolini era obbligato a mantenere l’alleanza con la Germania in guerra?

Mussolini avrebbe potuto dissociarsi dal patto italo-tedesco perché non fu avvisato prima dell’alleanza tra Germania e l’Unione Sovietica (agosto ’39) e neppure del giorno preciso dell’inizio della guerra (1 settembre). Evidentemente i tedeschi non si fidavano degli italiani.

Invece Mussolini mantiene la stretta alleanza con la Germania nonostante l’opposizione del re (Vittorio Emanuele III) che odiava i tedeschi, del Papa (Pio XII), e di alcuni tra gli uomini migliori del regime: Balbo, Grandi (ambasciatore a Londra), in parte Ciano, l’ambasciatore Attolico a Berlino.

Ma nessuno di loro e neppure il mondo industriale-finanziario è in grado di costringere Mussolini a cambiare strada.

Il sistema politico italiano era troppo ancorato alla persona di Mussolini per esprimere linee politiche alternative alle sue.

Alleanza necessaria

Da un certo punto di vista l’alleanza con la Germania era inevitabile in considerazione degli obiettivi italiani: per fare del Mediterraneo il “mare nostrum” era necessario eliminare o ridurre la presenza inglese e francese nel “nostro mare”.

Gli obiettivi italiani erano la Corsica, la Tunisia e Gibuti sul Mar Rosso (presupponevano la sconfitta francese) mentre Malta e Gibilterra volevano dire l’eliminazione della presenza inglese.

I tedeschi miravano al “lebensraum” (“spazio vitale”) nell’Europa orientale (Polonia e in prospettiva Unione Sovietica) dove l’Italia non aveva interessi.

Gli interessi italo-tedeschi apparivano contrastanti solo nell’area dei Balcani, ma c’era la possibilità di trovare compromessi (l’Italia aveva già l’Albania e mirava alla Jugoslavia e alla Grecia). I tedeschi erano interessati alla Romania (pozzi petroliferi) ma anche alla Jugoslavia.

Fortissime oscillazioni di Mussolini

Durante tutta la “Non belligeranza” fino al 10 giugno del ’40 (quindi per poco più di otto mesi) Mussolini, in evidente difficoltà anche sul piano personale, oscilla tra opposte idee, spesso molto contraddittorie le une con le altre (Diari di Ciano). Spesso cambia idea nella stessa seduta.

Possibilità prese in considerazione da Mussolini:

– un intervento improvviso dell’Italia contro la Francia che avesse per obiettivo la fine della guerra prima ancora di cominciarla

– l’idea di una conferenza di pace (Monaco due) nella quale poteva operare come mediatore e salvare la pace

– c’è diffidenza verso i tedeschi ma anche di invidia per gli indubbi successi

– paura per l’opposizione del re e possibile azione politica contro di lui (come poi il 25 luglio del ’43)

– spavalderia: un popolo che mangia cinque volte al giorno (inglesi) non ha voglia di combattere. I francesi sono imbelli e in crisi demografica…

– timori per l’evidente impreparazione militare italiana

– la neutralità avrebbe fatto dell’Italia “una Svizzera moltiplicata per dieci”

L’idea che finirà per diventare dominante in lui può essere così formulata: vediamo cosa fanno i tedeschi, se i tedeschi vincono li seguirò; se si frangeranno contro la Linea Maginot eviterò l’intervento. Disse queste parole: “Il problema non è sapere se l’Italia entrerà in guerra o non entrerà, si tratta solo di sapere quando e come…”

Lettera a Hitler del 3 gennaio del ‘40

È interessante, per capire le oscillazioni e i timori di Mussolini, una lettera che scrisse a Hitler il 3 gennaio del ’40. Come vedremo la missiva rimarrà senza risposta.

Dopo aver ancora elogiato la rapida conquista della Polonia Mussolini, con grande franchezza scriveva: “Sono convinto che la Gran Bretagna non riuscirà mai a passare il mare, ma dubito che voi riuscirete a mettere in ginocchio l’impero inglese. Gli Stati Uniti non lo permetteranno”. Poi più avanti scriveva: “Sino a quattro mesi fa la Russia era il nemico mondiale numero uno, non può essere diventata l’amico numero uno!…. Solo dopo che avremo demolito il bolscevismo potrà essere la volta delle democrazie”.

In sostanza Mussolini faceva trapelare l’idea della grande alleanza occidentale contro il comunismo sovietico.

Sembra che Hitler alla lettura sia stato preso da uno dei suoi soliti furori incontrollati. La lettera fu subito cestinata.

L’incontro al Brennero del 18 marzo riaccese gli entusiasmi di Mussolini ma non fino al punto da convincerlo a entrare in guerra subito. Del resto i tedeschi non facevano pressioni in questo senso. L’entrata in guerra dell’Italia avrebbe avuto esito più propagandistico che reale, anche per la necessità di rifornire di tutto l’Italia. Quindi i tedeschi erano tiepidi da questo punto di vista.

Per spiegare le sue esitazioni

Mussolini sapeva bene che lungo la frontiera tra Germania e Francia era operante la formidabile barriera della Maginot, tutta costruita in profondità per centinaia di km di lunghezza e alcuni km di larghezza con casematte, postazioni di cannoni, barriere anticarro. Mussolini giustamente pensava che fosse invalicabile oppure il prezzo da pagare fosse un milione di morti tedeschi e 5 mesi di guerra.

Come vedremo la strategia tedesca non prevedeva affatto lo scontro frontale con la Maginot.

Stato dell’esercito italiano

E poi c’erano le preoccupazioni in Mussolini per lo stato di grave carenza in cui versava l’esercito. Il quadro è ancora peggiore rispetto all’esercito nel 1915.

Non ci sono artiglierie, pochi autoveicoli, poche scorte, carburanti, munizioni; su 74 divisioni solo 19 sono complete; non ci sono aerosiluranti, gli aerei sono vecchi, il vestiario è insufficiente, non c’è la contraerea, non esistono le armi anticarro. È ancora usato il vecchio fucile modello 91 modificato nel ’39 mentre i tedeschi hanno il mitra.

Nelle città i vecchi edifici ma anche spesso i nuovi non hanno alcun sistema per la protezione della popolazione nel caso di bombardamento (rifugi).

La Marina però poteva contare su 115 sommergibili, 4 grandi navi da battaglia e decine e decine di navi diverse.

Però la marina, che è l’arma migliore delle tre (fanteria ed aeronautica) non può contare sulla protezione aerea, non possiede portaerei e c’è un forte ritardo nell’introduzione del radar. Infatti la Marina andrà incontro a gravi sconfitte.

L’Italia ha un carro armato ma è il piccolo carro da 3,5 tonnellate (“scatola di sardine” o “bara semovente”) rispetto ai carri inglesi o russi da 20 tonnellate.

Scrisse bene Ciano nel suo “Diario” che l’impreparazione era industriale e non poteva solo essere attribuita allo sforzo per conquistare l’Etiopia e poi in Spagna.

Realisticamente Mussolini dice a Hitler che l’Italia potrà essere pronta non prima del ’42-43 (questo prima dell’inizio della guerra).

Dai rapporti di polizia sappiamo che nell’estate del ’40 l’opinione pubblica non era per nulla favorevole ad una possibile guerra europea (Arturo Bocchini, capo onnipotente della polizia).

Mussolini cambia idea

A far cambiare idea a Mussolini furono gli straordinari successi delle armate tedesche nella primavera del ’40.

L’attacco alla Francia inizia il 10 maggio del 1940 con una mossa tattica straordinaria: mentre i francesi si aspettano l’attacco alla Maginot oppure più realisticamente l’invasione della lenta fanteria tedesca attraverso il Belgio (ripetizione del piano del ’14), i 2500 carri armati di Rommel e Guderian, con il supporto di alcune migliaia di aerei, irrompono in Francia dopo aver attraversato molto rapidamente la foresta delle Ardenne in Belgio ritenuta fino a quel momento del tutto inadatta ad un attraversamento rapido da parte dei carri armati.

La sorpresa da parte di Gamelin è grande quando vede i carri tedeschi irrompere tra Sedan e Dinan e accerchiare l’esercito anglo-francese in Belgio spingendolo verso la costa, ossia verso il Canale della Manica. L’obiettivo infatti non è Parigi.

Nel frattempo altri carri tedeschi, che hanno invaso il Belgio settentrionale, stringono in una morsa francesi e inglesi che per salvarsi dall’annientamento possono solo sperare di imbarcarsi al più presto per l’Inghilterra.

Questo avviene a Danquerque quando Hitler ferma Guderian il 24 maggio permettendo a una massa di soldati stanchi, sbandati e sfiduciati di poter imbarcarsi per l’Inghilterra fermando gli Stukas e i carri. Per dare l’idea del disastro, in dieci giorni grandi navi inglesi e imbarcazioni di fortuna portano in Inghilterra 340.000 uomini.

Gli storici si sono chiesti, perché Hitler ferma i carri armati? Perché non annienta del tutto l’esercito inglese e quanto sopravviveva dell’esercito francese?

Non esiste una risposta certa, è molto probabile che Hitler volesse, dopo la caduta della Francia, intavolare delle trattative con Churchill (prova di buona volontà) avendo le spalle coperte dall’alleanza con l’Urss e non credendo nell’intervento americano.

In sostanza Hitler sembra promettere all’Inghilterra la sopravvivenza del proprio impero coloniale in cambio dell’accettazione della supremazia tedesca in Europa.

Le cose non andarono così. Gli inglesi seguirono Churchill nella resistenza al nazismo favorendo l’intervento americano successivo e in prospettiva la sconfitta tedesca.

Mussolini decide la guerra

È molto probabile che Mussolini prenda la decisione di entrare in guerra il 28 maggio (la data doveva essere il 5 giugno poi spostata il 10).

Attenzione agli avvenimenti!

– Il 28 maggio la Francia non esiste più e l’imbarco da Danquerque è iniziato da 4 giorni.

– L’Urss è alleata alla Germania e Roosevelt sembra impotente.

– Il 28 maggio il re del Belgio, Leopoldo, fratello di Maria Josè (moglie di Umberto), accetta la resa del suo paese.

– Il 4 giugno l’esercito tedesco marcia verso Parigi occupandola il 14 giugno

Ormai è chiaro: la guerra sta per terminare!

Bisogna però intervenire al più presto altrimenti la guerra finisce prima dell’intervento italiano, ma bisogna intervenire prima che appaia che tutto stia finendo (per non far fare brutta figura al paese).

Non si può dire che la strategia di Mussolini, una volta accettata l’idea dell’intervento militare a fianco della Germania, sia improvvisata: indubbiamente il 10 giugno la guerra sembrava proprio a due passi dalla fine!

Anche gli informatori della polizia (anche lettere intercettate) registrano dal 20 maggio al 10 giugno un crescendo di consensi tra la gente alle vittorie tedesche che parevano inarrestabili. Tutti ragionavano del “Nuovo Ordine europeo” e dello spazio che avrebbe avuto l’Italia.

A Sesto San Giovanni e a Genova tra gli operai gli umori non erano così favorevoli alla guerra.

Le famose “migliaia di morti”

Secondo Badoglio lui fu il primo con Balbo a sapere della guerra imminente. Secondo le sue memorie Badoglio ricevette la notizia con molta sorpresa e poi cercò di far capire a Mussolini che l’esercito era impreparato (“Duce, entrare in guerra sarebbe un suicidio!”). Disse che mancavano perfino le camicie e le gavette per tutti i soldati, ma Mussolini replicò: “In settembre tutto sarà finito, e io ho bisogno di alcune migliaia di morti per sedermi al tavolo della pace”.

Conoscendo Badoglio possiamo avere qualche dubbio che le parole furono queste.

L’impressione è che la decisione di entrare in guerra Mussolini l’abbia presa in totale solitudine. Il sistema politico italiano è fortemente accentrato sulla figura di Mussolini perché sia il Gran Consiglio del fascismo sia il Consiglio dei Ministri appaiono deboli rispetto al capo del governo.

Tutti favorevoli!

Gli industriali sono a favore dell’intervento perché i legami con la Germania sono strettissimi (materie prime e macchinari).

Nel frattempo, come abbiamo già visto, anche l’opinione pubblica italiana si sta convertendo all’idea della guerra breve che darà sicuramente vantaggi cospicui all’Italia.

I gerarchi che in precedenza avevano espresso scetticismo o si erano opposti all’idea della guerra ora facevano a gara in manifestazioni di ammirazione per la Germania. Esempio Ciano (“Ciano bifronte”).

Anche gli intellettuali afascisti vogliono fare il loro “dovere”: es Benedetto Croce (“quando la patria chiama….”).

Il re, nonostante la sua notoria avversione per Hitler e la Germania, ripeteva in quei giorni che “chi non c’è ha sempre torto di fronte alla storia”.

Convinto che non ci fossero più indugi di sorta, il re accondiscese alla richiesta di Mussolini di avere per sé il Comando supremo di tutte le operazioni.

L’idea dominante è “A Natale tutti a casa!” come nel maggio del ’15 per l’Italia, perché la Germania ha già vinto la guerra.

Reazioni francesi e inglesi / la “pugnalata alla schiena”

Il discorso di Mussolini fu preceduto dalla consegna agli ambasciatori francese e inglese della dichiarazione di guerra.

È interessante quanto scrisse l’ambasciatore a Roma Francois Poncet: dopo aver ascoltato la dichiarazione di guerra disse: “E’ un colpo di pugnale ad un uomo in terra. Vi ringrazio di aver usato un guanto di velluto”… poi aggiunse: ”I tedeschi sono padroni duri, ve ne accorgerete anche voi”… poco prima del commiato aggiunse: ”Cercate di non farvi ammazzare” (Ciano fu fucilato alla schiena nel novembre del ’43 a Verona dopo aver votato contro Mussolini il 25 luglio).

Leggermente diversa è la versione di Ciano: l’ambasciatore francese disse che l’entrata in guerra dell’Italia “era una pugnalata alla schiena… se fossi in voi non ne sarei affatto orgoglioso”.

Ciano rispose: “Mio caro Poncet, tutto questo durerà l’espace d’un matin. Ben presto ci ritroveremo tutti davanti a un tavolo verde”. Opinione molto diffusa in quei giorni.

L’ambasciatore inglese invece ascoltò la dichiarazione firmata dal re e letta da Ciano senza fare commenti.

Potremmo pensare che l’accenno al coltello sia casuale. Ma forse non è così. Pensiamo alle immagini stereotipate dell’italiano con il coltello in tasca pronto ad usarlo per uccidere. “Dago” da “accoltellatore”.

Riflessione finale

– Il risultato del 10 giugno ’40 fu la sconfitta del paese a fianco della Germania.

Dobbiamo mettere nel conto:

– Le immani distruzioni morali e materiali che subì il Paese

– La perdita delle colonie e dei territori orientali

La guerra civile tra il 43 e il 45 tra fascisti della Rsi e i partigiani, che lasciò gravi e lunghi strascichi per molti anni (le polemiche ogni 25 aprile, il “sangue dei vinti”

– Ora le polemiche per il Giorno del Ricordo, nato per non dimenticare la perdita dei territori orientali e l’esodo di 300.000 italiani da Istria e Dalmazia).

Anche la fine della guerra lasciò il senso di qualcosa di incompiuto. Se Mussolini e i più importanti gerarchi fascisti furono fucilati alla fine dell’aprile del ’45 non ci fu nessuna “Norimberga italiana” per ripulire la burocrazia, il mondo industriale, gli intellettuali a causa del sostegno che diedero per molti anni al fascismo.

Pagarono solo in pochi e i più tornarono a fare quello che facevano prima oppure si riciclarono nei nuovi partiti usciti dalla Resistenza.

Finita la guerra ritornarono dai campi di concentramento tedeschi e polacchi gli IMI, i partigiani (“Triangoli rossi”), i pochi ebrei italiani sopravvissuti e si resero subito conto che il paese non voleva ascoltare i loro racconti o al massimo era incredulo.

Fallimento fascista

Quindi, osservando i fatti, se la politica si giudica dai risultati ottenuti, la politica del fascismo fu un fallimento.

– Voleva fare grande l’Italia ma a spese di altri popoli conquistati

– Voleva una rapida guerra e vittoriosa invece la guerra fu lunga (fino al 25 aprile del ’45) e distruttiva

– Voleva con la guerra “temprare il carattere degli italiani” (“fare gli italiani”) invece le macerie materiali e morali della guerra indeboliranno il senso dello Stato e renderanno precaria l’identità italiana nei decenni successivi.

 

Cronologia:

– 1 novembre ‘36: Mussolini parla per la prima volta di “Asse Roma-Berlino”

25 novembre ’36: Patto anti Comintern tra Germania e Giappone

– settembre ’37: visita di Mussolini in Germania

– 6 dicembre ’37 (?): L’Italia aderisce al patto anti Comintern

– 13 marzo ’38: annessione dell’Austria

– 3/9 maggio ’38: visita di Hitler in Italia /è la seconda dopo quella del ‘34

– 29/30 settembre ’38: Patto di Monaco

– 1/10 ottobre ’38: la Germania invade i Sudeti

– aprile ’39: l’Italia occupa l’Albania

22 maggio ’39: firmato il Patto d’Acciaio

– 23 agosto ’39: patto di non aggressione tra Germania e Urss

– 18 marzo ’40: incontro Mussolini-Hitler al Brennero

– 9 aprile ’40: la Germania attacca Norvegia e Danimarca

– 10 maggio ’40: attacco alla Francia, Belgio, Olanda e Lussenburgo

– settembre del ’40: firma del Patto Tripartito con Germania e Giappone