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8 settembre ’43: una tragedia italiana

8 settembre ’43: una tragedia italiana

Audio conferenza Restelli, marzo ’17, sede Associarma Legnano


E’ difficile in poche parole dare un’idea dell’8 settembre ’43 in Italia. Potremmo partire dai titoli di alcuni libri. I titoli non sono mai casuali. Elena Aga-Rossi titola la sua ricerca “Una nazione allo sbando”, Indro Montanelli, “L’Italia della disfatta”, Silvio Bertoldi, “Apocalisse italiana, 8 settembre 1943. Fine di una nazione.”, Ruggero Zangrandi, “L’Italia tradita. 8 settembre 1943”. Davide Lajolo, “Il voltagabbana”.

Durante la guerra in nessun paese c’è stato un 8 settembre simile a quello italiano con lo sfascio dello Stato, dell’esercito nel giro di poche ore e la latitanza del governo per alcuni giorni. Per avere un’idea di quanto è accaduto dobbiamo pensare alle conseguenze di un terremoto che distrugge in pochi secondi ciò che sembrava solido.

Sappiamo che cosa è successo. Il 3 settembre il governo Badoglio firma l’armistizio con gli angloamericani. L’8 settembre viene diffuso il comunicato: il giorno dopo abbandonano Roma il re, Badoglio, alcuni ministri e la famiglia reale senza dare nessuna disposizione alle forze militari le quali si trovano a che fare con la reazione tedesca.

Quindi nel nostro incontro ci chiederemo: perché le cose andarono così? C’era un’alternativa? Era possibile combattere subito i tedeschi fin dal 25 luglio quando Mussolini fu arrestato per volontà del re dopo il voto negativo del Gran Consiglio? E poi, l’8 settembre segna la “morte della patria”? oppure è l’inizio di una svolta radicale con la nascita della Resistenza?

25 luglio 1943

Il punto di partenza è naturalmente il 25 luglio del ’43 con il voto negativo del Gran Consiglio del fascismo e il contemporaneo arresto di Mussolini da parte del re. Finisce il fascismo dopo un Ventennio, senza gloria, senza onore, senza alcuna reazione dei milioni di camicie nere.

Lo scopo di Grandi, promotore dell’ordine del giorno che dava al re il supremo comando delle forze armate, era di far uscire subito l’Italia dalla guerra rivolgendo le armi contro i tedeschi. Il consiglio non fu ascoltato dal re e da Badoglio i quali prima dicono “La guerra continua”, poi cercano maldestramente un contatto con gli anglo-americani dicendo più volte ai tedeschi, anche nell’imminenza dell’armistizio, che l’Italia manteneva fede nei confronti del vecchio alleato. I tedeschi invece intuivano che l’arresto di Mussolini era la condizione per l’Italia di “tradire” la Germania.

Il re sceglie Badoglio per sostituire Mussolini perché il maresciallo (ha 72 anni) è un militare e ora i militari avranno un ruolo importante: contro le manifestazioni di piazza dei comunisti, contro le eventuali manifestazioni di piazza dei fascisti per liberare Mussolini e per ingannare i tedeschi sulla base dello slogan “La guerra continua”. La scelta poi si rivelerà maldestra perché Badoglio sarà inferiore ai compiti che avrebbe dovuto assumere.

Intanto Hitler con il Piano Alarico fa affluire in Italia diverse divisioni le quali si comportano in Italia come in un Paese occupato. Si può parlare anche di tradimento tedesco perché dicono che il loro obiettivo è difendere la penisola italiana (gli angloamericani sono in Sicilia), in realtà si sta preparando la reazione immediata allo sganciamento italiano ritenuto inevitabile e imminente. L’obiettivo di Hitler è riportare al potere Mussolini liberandolo dalla prigionia, ma non sapevano dove fosse.

I primi contatti con gli Alleati

I primi contatti con gli angloamericani avvengono in modo confuso con due missioni in Portogallo di diplomatici di scarsa importanza. Badoglio ha paura della reazione tedesca e quindi il tentativo di avere un contatto con gli Alleati va per le lunghe. Nel frattempo il re e Badoglio non danno alcuna nuova direttiva al Comando supremo e allo Stato Maggiore dell’esercito per orientare i comandi verso un eventuale armistizio con gli anglo-americani. Pesa molto in tutto questo quello che lo storico Klinkhammer ha chiamato “Il mito della Werhmacht”.

Il generale Castellano (uomo di Ambrosio) ha un primo contatto solo il 19 di agosto con gli Alleati. Il luogo scelto è Lisbona. Castellano però non solo non è autorizzato a firmare nulla ma è privo anche di credenziali da parte del governo italiano (potrebbe essere una spia). Castellano torna a Roma in treno il 27 agosto! Nel frattempo Roatta, Capo di Stato Maggiore dell’esercito, non vedendo tornare Castellano, manda a Lisbona il generale Zanussi. Immaginate la reazione inglese quando vedono arrivare un secondo rappresentante del governo italiano!

Gli anglo-americani, dopo un’iniziale diffidenza, capiscono l’importanza della defezione italiana e danno a Castellano l’idea di una formidabile forza militare che si stava per scatenare in Italia con la possibilità di difendere Roma e di obbligare i tedeschi ad abbandonare tutta l’Italia fino a nord di Roma o addirittura fino al Po.

Una commedia pirandelliana: tutti imbrogliano tutti!

In realtà ognuno gioca le sue carte: Castellano parla con enfasi del ruolo che le forze armate italiane avranno a fianco degli ex nemici; gli anglo-americani ingigantiscono la loro potenza di fuoco per vincere le diffidenze italiane (“giganticbluff”). Contemporaneamente a Roma Badoglio e il re promettono mettendosi la mano sul cuore che l’alleanza con i tedeschi non verrà mai meno. Nello stesso tempo i tedeschi dissimulano i loro piani per la conquista dell’Italia. Un gioco delle parti pirandelliano! Ciascuno cerca di imbrogliare l’altro!

In realtà invece gli Alleati non avevano forze per tentare uno sbarco a nord di Roma e neppure per difendere la capitale. Si decide uno sbarco angloam. in Italia meridionale per il 9 settembre con forze che potrebbero essere inferiori alle necessità. Ma lo sbarco del 9 presuppone che l’armistizio venga reso pubblico il giorno prima. Non è il caso che con la firma dell’armistizio in tasca gli Alleati debbano vedersela anche con gli italiani.

Cassibile, 3 settembre

Il 3 settembre a Cassibile, alla presenza di Einsenhower, il generale Castellano firma l’”armistizio corto”. La decisione di firmare è presa solo il 1 settembre e fino all’8 si continuò a pensare di tornare indietro. Addirittura Castellano si presenta a Cassibile il 2 settembre senza un’autorizzazione scritta a firmare. Ira degli americani! Poi arriva l’autorizzazione e finalmente Castellano firma. C’è una fotografia in cui lo si vede con un abito civile e con fazzoletto al taschino (con le scarpe gialle?) mentre gli americani sono in divisa.

Nel frattempo Badoglio mantiene un assoluto segreto sulla firma dell’armistizio il 3 settembre. Addirittura proprio il 3 settembre Badoglio convoca una riunione con i ministri de Courten (Marina), Sorice (Guerra) e Sandalli (Aeronautica) e avverte che sono in corso trattative mentre Castellano aveva firmato da poco! Anche de Courten (Capo di Stato Maggiore della Marina) quando venne informato della firma dell’armistizio alla viglia dell’8 settembre non disse nulla ai suoi diretti collaboratori.

La Memoria O.P. 44

La prima direttiva in qualche modo legata all’imminente armistizio fu la “Memoria O.P. 44” diramata tra il 2 e il 5 settembre ma solo ai comandi dello Stato Maggiore operanti in Italia. L’impostazione è prettamente difensiva (reagire solo in caso di attacco tedesco) e non faceva alcun cenno all’armistizio firmato il 3 settembre. Maggiore spazio (Ordine pubblico) era dedicato a manfestazioni di piazza di comunisti e fascisti. I commandi stanziati nei Balcani non vengono a sapere nulla. Il segreto deve essere totale. Solo il 5 settembre fu preparato il “Promemoria n. 1” (simile al 44 O.P.) e il “Promemoria n. 2” per i comandi periferici (nel documento si danno ordini operativi contro i tedeschi). Si decise però di convocare a Roma i capi di Stato Maggiore delle armate interessate e così questi uomini vennero travolti dall’8 settembre

Va a monte anche la prevista operazione “Giant 2”, ossia l’aviosbarco della divisione paracadutisti americana alla periferia di Roma perché gli americani si rendono conto che Ambrosio, Badoglio e Carboni non hanno fatto nulla di quello che dovevano fare, ossia prendere possesso degli aeroporti di Roma per permettere l’aviosbarco. In sostanza gli italiani non vogliono tentare nulla per la difesa di Roma.

La speranza di Badoglio è passare da un’alleanza all’altra in modo indolore e che gli americani liberino Roma e vincano la reazione tedesca senza mettere a repentaglio l’esercito italiano e la continuità dello Stato. L’obiettivo è la neutralità

Badoglio annuncia l’armistizio

Einsenhower preme per l’annuncio dell’armistizio ma Badoglio vorrebbe attendere. Badoglio in un estremo tentativo di evitare la proclamazione dell’armistizio, manda ad Algeri il giorno 8 il generale Rossi. Mentre è in volo E. annuncia via radio la firma dell’armistizio.

Nel pomeriggio del 8/9 Einsenhower legge alla radio il testo dell’armistizio, poche ore dopo anche Badoglio deve annunciare la resa: “… ogni atto di ostilità contro le forze angloam. deve cessare … esse (le forze italiane) però reagiranno a eventuali attacchi di qualsiasi altra provenienza” (quest’ultima frase fu aggiunta per insistenza di E.). Il comunicato di Einsenhower era più chiaro.

Lo sbarco a Salerno avviene il 9 sett, troppo lontano da Roma. Kesselring per nulla impressionato dalla forza americana decide di non ritirarsi verso nord.

Tra l’annuncio di E. e l’annuncio di Badoglio ci fu il famoso Consiglio della Corona in cui accadde di tutto. Erano presenti una decina di uomini in tutto con il re e Badoglio (“pallido e affranto”). Tra i presenti non tutti sapevano della firma di Cassibile. Carboni propose di sconfessare l’armistizio dando la colpa a Badoglio il quale sarebbe stato rimosso dal suo incarico dal re. La maggioranza dei presenti è d’accordo. Badoglio è affranto. Intervenne Marchesi il quale disse che non si torna indietro da un armistizio firmato. Dopo aver ascoltato tutti il re decise di non sconfessare l’armistizio. Solo allora Badoglio andò alla radio.

La fuga del governo e lo sfascio dell’esercito

Appena sfuma la possibilità di un intervento americano su Roma e della sua liberazione, mentre i tedeschi non accennano alla ritirata, il re aveva due possibilità: o la resistenza armata o la fuga. Scelse la seconda. La decisione di fuggire senza lasciare ordini precisi fu voluta dal re per evitare quanto più possibile scontri con i tedeschi favorendo la loro ritirata. Il re voleva salvare con la propria persona la monarchia.

L’idea dominante nei fuggiaschi era di ritornare a Roma nel giro di pochi giorni o settimane.

Non vi fu neppure il tentativo di difendere Roma nonostante nella capitale ci fossero 6 divisioni italiane contro 2 tedesche (Carboni).

Il re fugge il 9 sett. (ore 5 del mattino). Fuggono anche Ambrosio e Roatta. Non c’è alcun accordo tra il re e Kesselring. Il corteo di macchine fu fermato dai tedeschi per un controllo ma non fu arrestato (non c’erano disposizioni in questo senso di Kesselring). Kesselring non aveva alcun interesse ad arrestare il re, ciò avrebbe mobilitato l’esercito italiano che si stava scomponendo in quelle ore a ritmo vertiginoso. Non ci fu in ogni caso un accordo diretto con K.

 

Il risultato fu il caos e lo sbandamento dell’esercito. Molti generali e ufficiali rimasti senza ordini furono i primi a scappare seguiti subito dai soldati. Il timore di una violenta reazione tedesca spiega quanto è successo. In Abruzzo la Divisione “Legnano” si sciolse subito. In altre aree lo sbandamento fu molto grave (Potenza, Napoli, Alto Adige, Milano…). Altrove invece i presidi più forti si opposero con le armi: a Gorizia, Trieste, Cuneo, Savona, La Spezia, Viterbo si combattè fino a quando la sproporzione di forze impose la resa.

Alla base dello sfascio ci furono tre cause: la mancanza di chiare direttive da parte del Comando Supremo, la disorganizzazione dei comandi locali e la paura fisica dei tedeschi.

Lo sbandamento riguardò l’esercito in Italia (24 divisioni). Lontano dall’Italia le truppe rimasero relativamente compatte (35 divisioni) mentre la marina e l’aviazione rimasero tutto sommato unite. De Courten diede l’ordine alla flotta di raggiungere Malta e il 50% della flotta si salvò.

Certo non era facile da un giorno all’altro rivolgere le armi contro i propri alleati. Però ci furono reazioni armate spontanee che avrebbero potuto essere coordinate da Badoglio ma Badoglio era in viaggio per Brindisi.

L’assoluta mancana di ordini di alcun genere e il terrore di un intervento tedesco spiegano lo sfascio dell’esercito che avviene in modo incredibile nel giro di un giorno. Il risultato furono circa 600.000 soldati internati nei campi militari in Germania e Polonia.

La resistenza dei militari

– È sbagliato vedere l’8 settembre come nel film di Comencini “Tutti a casa”.

Ci furono episodi significativi di resistenza ai tedeschi:  a Porta San Paolo (Roma) un giorno di lotta provoca tra le 200 e le 450 vittime (soldati e cittadini). In Sardegna il rapporto di forze era favorevole agli italiani: 120mila uomini contro 25-30mila, eppure il comando locale non fece nulla per contrastare il passaggio in Corsica. In Corsica invece si combattè: semplicemente il generale Magli applicò alla lettera il proclama di Badoglio, ossia reagire al primo colpo di mano dei tedeschi: quando i tedeschi tentarono di impadronirsi del porto di Bastia i soldati reagirono e i tedeschi dovettero abbandonate l’isola. Il generale Bellomo a Bari riuscì a impedire la distruzione del porto da parte dei tedeschi. A Cefalonia dal 15 al 24 settembre si combattè duramente (7.500 morti tra cui 5.000 fucilati). A Corfù negli stessi giorni ci furono aspri combattimenti, nelle isole dell’Egeo altri scontri. La Resistenza a Lero (isola del Dodecaneso) è ugualmente forte: sui 12.000 soldati italiani che presidiavano l’isola ne sopravvivono solo 1500 (16 novembre).

Ci fu invece chi decise di rimanere con i tedechi. La divisione paracadutisti “Nembo” in Sardegna si spaccò in due: una parte maggioritaria con i tedeschi, un’altra parte invece prese le armi o fuggì.

Lo sconcerto dei soldati,abbandonati dai propri ufficiali e finiti nelle mani dei tedeschi, può essere capito ascoltando questa testimonianza, che ben riflette quei giorni: “I nostri signori ufficiali, ci sono ancora quelli che usano la prudenza di prima, ancora non si rendono conto che sono stati loro che ci hanno abbandonato a questi passi ma ricordo ancora che io sono stato abbandonato il giorno 8/9/1943 da un vigliacco di capitano e da un lurido maresciallo dei carabinieri che mi hanno fatto cadere sotto i granfi tedeschi. Adesso pretendono da noi essere rispettati: io quando vedo ufficiali gli sputerei in faccia”.

La reazione alleata allo sfascio fu prima di sorpresa e poi fu dura. La mancata difesa di Roma (sei divisioni contro due) fece perdere ogni fiducia nei confronti degli italiani e del loro esercito.

Solo l’11 sett. l’esercito ebbe l’ordine di resistere ai tedeschi (messaggio di Ambrosio da Brindisi), ma ormai è tardi. L’occupazione dell’Italia avviene in modo facile

– Come interpretare l’ 8 settembre?  “Morte della patria” o ”inizio della Resistenza”?

l’8 sett. è stato ricordato con irrisione:

“L’8 settembre è giorno memorando / volta la fronte all’invasor nefando, / l’Italia con l’antico suo valore / alla vittoria guidò il vincitore. / L’8 settembre è memorabil data: / volta le spalle all’infausta alleata, / già col ginocchio a terra, corremmo a vincere coi nostri nemici / arditamente quella stessa guerra / che avevamo già perso con gli amici” / “La Pelle”, Curzio Malaparte

– crolla l’immagine che il fascismo aveva dato alla patria

l’8 settembre “morte della patria” nasce con De Felice e poi è fatto proprio da Galli della Loggia (“autobiografia di una nazione”).

– l’8 settembre non è nemmeno la morte dello Stato perché gli apparati statali (amm. civile, magistratura e polizia) continuarono a funzionare

Ma l’8 settembre segna anche l’inizio della Resistenza con le prime bande armate formate da ex-militari che si danno alla macchia nel centro-nord dopo essere sfuggiti alle retate dei tedeschi e nell’impossibilità di tornare al casa. Il 9 settembre nasce il CLN a Roma

Pagarono soprattutto i soldati che finirono in prigionia nei campi tedeschi o nei campi di concentramento alleati

Bilancio: 650.000 soldati ital. deportati, 20.000 morti (fucilati, morti in combattim.), più enormi quantità di materiali bellici perdute. Negli stalag tedeschi moriranno circa 30.000 soldati su una deportazione di 650mila unità