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Gorla (Milano), 20 ottobre 1944 Morire a scuola sotto le bombe

Gorla (Milano), 20 ottobre 1944

Morire a scuola sotto le bombe

“Ricordo come se fosse ieri il caos, le macerie fumanti,

le urla delle mamme e dei papà che scavavano con le mani

cercando di fare presto a liberare i bambini e poi la notizia

che Umberto (il fratello, nda) era morto con altri duecento scolaretti”

Lidia Moioli, all’epoca dodicenne

Il 20 ottobre 1944 a Milano ci fu un bombardamento aereo che per decenni i milanesi hanno continuato a ricordare. Non fu il più violento compiuto dagli Alleati durante la seconda guerra mondiale su Milano. Mille milanesi avevano perso la vita durante quattro terribili incursioni inglesi tra l’8 e il 16 agosto del 1943 e nello stesso tempo gravissimi danni erano stati arrecati al patrimonio culturale e artistico del centro di Milano.

Il 20 ottobre dell’anno successivo i bombardieri dell’USAAF non colpirono il martoriato centro cittadino ma un quartiere periferico, abitato prevalentemente da operai e impiegati di tre grandi fabbriche che erano l’obiettivo dell’incursione alleata: la Breda, l’Alfa Romeo e l’Isotta Fraschini a Gorla e Precotto, aziende legate alla produzione bellica a vantaggio dei tedeschi. Quel giorno però, per una serie di errori, colpirono una scuola elementare causando poco più di duecento vittime, soprattutto bambini.

Il 20 ottobre decollarono 102 aerei per assestare un duro colpo alle grandi fabbriche di questa zona di Milano. Si trattava di B24 “Liberator”, i moderni grandi bombardieri americani che stavano distruggendo il tessuto civile e produttivo di Austria e Germania con pesantissime incursioni sulle città del Reich.

Gli equipaggi erano formati da ragazzi tra i 18 e i 20 anni, che avevano subito un duro addestramento e che morirono a centinaia in alcune migliaia di incursioni su tutto il nord Italia.

Gli aerei americani, che erano decollati da aeroporti in Puglia, portavano ognuno dieci bombe da 250 kg. L’obiettivo era “spianare” le tre fabbriche rendendo difficile la ripresa dell’attività produttiva. Erano previste due ondate con gli obiettivi ben indicati sulle carte dei piloti.

Andò tutto bene fino al momento dell’attacco. Come previsto la contraerei in fase di avvicinamento degli aerei nemici non si fece sentire.

Quando mancavano quattro chilometri all’obiettivo tutto iniziò ad andare storto per i “Liberator” della prima ondata: un corto circuito nell’interruttore di lancio provocò lo sganciamento alla cieca delle bombe dei vari aerei le quali esplosero lontano dagli obiettivi. Solo la Pirelli fu colpita pesantemente con molti morti.

La seconda ondata di bombardieri rimase distanziata dalla prima e quando iniziò le operazioni per arrivare sull’obiettivo la rotta d’attacco risultò soggetta a una deriva di 15° sulla destra. Quando il bombardiere leader si accorse dell’errore non c’era più il tempo per ripassare sull’obiettivo e semplicemente il carico di bombe fu sganciato lontano dal bersaglio.

Insomma, per il comando americano questa missione fu un vero fallimento e fu rapidamente archiviata. Non fu così a terra perché le bombe della seconda ondata non scoppiarono in aperta campagna.

La strage dei bambini ha anche altre spiegazioni e qui entrano in gioco le deficienze della DICAT (Difesa aerea territoriale). Quando c’era un’incursione aerea ancora lontana, secondo la normativa, prima doveva suonare il “piccolo allarme”, almeno 30 minuti prima di avere gli aerei sulla testa. Quando suonava il “piccolo” era obbligatorio per tutti raggiungere il più vicino rifugio. Se lo stormo di aerei poi puntava su quella zona doveva suonare il “grande allarme”, ma nel frattempo tutti erano già al riparo.

Non andò così quel giorno perché il “piccolo” suonò alle 11.14 quando i bombardieri erano già nel cielo lombardo e il secondo alle 11.24 con soli dieci minuti per raggiungere i rifugi. Le bombe vennero sganciate alle 11.27 e dopo 240 secondi (da un’altezza di circa 6700 metri) iniziarono a scoppiare.

Nel quartiere di Gorla c’era una scuola elementare, la “Francesco Crispi”, e quando si sentì il “piccolo allarme” le maestre diedero l’ordine ai bambini di raggiungere il rifugio sotto la scuola. E’ facile immaginare la confusione che si creò mentre i bambini mettevano via il loro materiale scolastico nelle cartelle e le maestre si affannavano a mantenere un po’ di ordine nella calca dei bambini che scendevano le scale. Al primo allarme accorsero anche alcune mamme che reclamavano i loro figli per portarli a casa mentre altri bambini tentavano di scappare dalla scuola nonostante il bidello, fedele alle disposizioni, sbarrava l’uscita.

Si creò insomma molta confusione che fece perdere secondi preziosi. Mentre si stava creando un grande affollamento lungo le scale le bombe già cominciavano a cadere e quando una bomba si infilò nella tromba delle scale era in corso l’affannosa discesa verso il rifugio. L’edificio crollò e fece crollare anche il rifugio. Moltissimi morirono sotto le macerie: i bambini, le maestre e qualche mamma che all’interno della scuola stava chiamando a gran voce il proprio figlio.

Nonostante il tempestivo intervento dei Vigili del Fuoco e delle strutture di protezione antiaerea, gli alunni morti furono 184, più tutte le 19 maestre della scuola e alcuni genitori.

Un’altra scuola fu colpita a Precotto. In questo caso tutti erano nel rifugio e nonostante il rifugio fosse stato colpito direttamente da una bomba ad alto potenziale non ci furono vittime. Pare che nel rifugio vi fossero circa 250 bambini.

Altre bombe caddero a casaccio sui due quartieri e alla fine il bilancio fu pesantissimo: morirono operai della Breda, Isotta Fraschini e Alfa Romeo, molte case operaie furono distrutte. Solo a Gorla il numero delle vittime fu 614 più i feriti e le case distrutte (250 totalmente o parzialmente distrutte, 60 gravemente danneggiate e 90 lievemente danneggiate). Gli operai morti durante il bombardamento furono un centinaio. A Gorla, Turro e Precotto caddero in pochi secondi circa 170 bombe da 250 kg. Si trattava di bombe ad alto potenziale che avevano il compito di fare “terra bruciata” nel punto in cui cadevano.

Il governo di Salò strumentalizzò la tragedia additando al ludibrio gli “anglo-assassini” (anche se erano americani) e chiedendo alla gente se questi erano i veri “Liberatori”. Per alcuni mesi le autorità fasciste di Milano dissero che il vero obiettivo dell’incursione aerea era la scuola elementare (!).

In realtà i bombardamenti dell’epoca non erano ancora “intelligenti” e il più delle volte erano colpite aree limitrofe all’obiettivo senza andare più di tanto per il sottile. Sia i bombardamenti diurni (come a Gorla) sia quelli notturni (preferiti dagli inglesi) non erano di precisione per il semplice motivo che i sistemi radar e di puntamento avevano molti difetti nonostante i grandi progressi tecnici dall’inizio della guerra quando il puntamento era ancora “a vista”.

È interessante notare che da parte americana non ci fu alcuna reazione al disastro di Gorla: si parlò di “totale fallimento” (rapporto del 21 ottobre) per aver mancato tutti gli obiettivi, si misero in luce i difetti tecnici e l’incursione fu rapidamente archiviata.

Non deve sorprendere il tono del rapporto americano perché le bombe che cadevano in testa ai civili, se fuori dagli obiettivi, non erano neppure considerate. Neanche la stampa americana e le autorità politiche statunitensi presero in esame l’accaduto. Non è improbabile che i piloti furono tenuti all’oscuro.

Perché i piloti americani sganciarono le bombe sul quartiere invece di lasciarle cadere nel Tirreno o nell’Adriatico che avrebbero percorso ritornando in Puglia?

Comportamento criminale? Sicuramente secondo il nostro metro di giudizio oggi, ma non nella logica dello scontro frontale della Seconda guerra mondiale. Il quartiere di Gorla era territorio nemico e molte incursioni aeree avevano come obiettivo le fabbriche e i civili nelle città come i terribili bombardamenti che subì Milano nell’agosto del ’43 quando l’obiettivo era proprio il centro e non le periferie industriali.

Bombe a Legnano

Anche Legnano subì gli effetti di una bomba isolata. Il 13 agosto del ’43, quando Milano subì attacchi devastanti, una bomba cadde all’incrocio tra via Galvani e via Moscova intorno alle due di notte e fu una tragedia.

Le vittime ufficiali furono esattamente trenta con parecchi feriti. Tragica la sorte dei figli della famiglia Totè: morirono nello scoppio quattro dei sei figli della coppia. Attilio aveva solo tre anni.

Come potè accadere uno scempio simile? È necessario dire che le famiglie di questa zona di Legnano (case popolari e villette della Cantoni) erano abituate in caso di allarme aereo a lasciare le proprie case per la totale mancanza di rifugi. Nel momento dell’impatto le persone coinvolte nello scoppio stavano raggiungendo i boschi che si estendevano al di là del Dopolavoro della Cantoni (oggi Bi-Fit). Un’altra bomba cadde nel rione Olmina fortunatamente senza conseguenze.

Il pilota inglese che sganciò la bomba apparteneva a uno dei 504 Lancaster o Halifax che martoriarono quella notte il centro di Milano. Probabilmente si trattava di due bombe non sganciate sul centro di Milano di cui era meglio disfarsi prima di iniziare il viaggio di ritorno verso le basi in Puglia.

Per nostra fortuna a Legnano non ci furono mai bombardamenti veri e propri, solo alcuni mitragliamenti. In particolare due che fecero scalpore in città: l’11 febbraio 1945 un mitragliamento con obiettivo la Franco Tosi causò un morto e quattro feriti. Il 7 marzo dello stesso anno fu colpita la caserma di viale Cadorna con due morti e due feriti.

Perchè non fu colpita la Franco Tosi con le altre fabbriche di Legnano? Difficile rispondere in mancanza della documentazione necessaria. Probabilmente le informazioni che arrivavano agli Alleati non facevano ritenere pericolosa la Tosi nel quadro dell’industria bellica tedesca, oppure c’erano obiettivi più importanti. In ogni caso il dibattito è aperto (vedi l’ipotesi Frederic Pudney in “Giorni di guerra”, op. cit., p. 146).

Gorla, 20 ottobre 2013

Scrive Achille Rastelli: “Il 20 ottobre di ogni anno si svolge una cerimonia presso il Monumento Ossario e, per l’occasione viene issata una bandiera trapunta di stelline rosa e azzurre, tante quante sono i bambini morti; ogni stellina è stata ricamata da ognuna delle mamme che ha perso dei figli nella scuola di Gorla. La bandiera è decorata di medaglia d’oro al valor civile” (p. 147).

“Dopo pochi metri cominciarono a piovere le bombe. Non sentii alcun rumore,

ma mi trovai in mezzo a un caos incredibile: polvere dappertutto, buio pesto

come di notte, pezzi di calcinacci e di muri che volavano, gente che gridava.

Facevo fatica a respirare e mi sentivo scoppiare i polmoni ma continuavo a correre”

Maria Francesca Fontana, IV elementare

si salvò perché riuscì a uscire dalla scuola pochi secondi prima del bombardamento

– Bombe su Milano, agosto 1943

http://www.youtube.com/watch?v=TdvRxWcJuuI

– La bomba sulla “Francesco Crispi” di Gorla

http://www.youtube.com/watch?v=v7YEYtLnZsc

Testi essenziali

– Achille Rastelli, “Bombe sulla città. Gli attacchi alleati: le vittime civili a Milano”, Mursia 2000

– “Bombe sulla città. Milano in guerra 1942-1944”, Skira 2004

– Per la bomba su Legnano, “Giorni di guerra. Legnano 1939-1945” di Giorgio Vecchio, Nicoletta Bigatti e Alberto Centinaio, 2009, pp. 137-146

Giancarlo Restelli

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“Nelle umane cose

non ridere

non piangere

non maledire

ma capire”

Spinoza