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Mussolini ha fatto anche cose buone?

Francesco Filippi, “Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo”

Potremmo dire come introduzione che il l’idea del fascismo in Italia non è mai tramontata nonostante i cento anni dalla nascita dei Fasci di combattimento oppure i 74 anni dalla fine della II guerra mondiale e dalla morte di Mussolini. Il mito ritorna perché non è mai morto. Finita la guerra è il Msi di Almirante a tenere alta la bandiera del fascismo “buono e operoso” al servizio degli italiani complice certa stampa dell’epoca che con Montanelli fu responsabile di una visione edulcorata del fascismo e del suo fondatore. Dal MSI ad Alleanza Nazionale – Fratelli d’Italia fino ad arrivare alle formazioni politiche che ben conosciamo il mito del fascismo che “fece del bene agli italiani” è duro da scalfire.

Negli ultimi dieci anni poi il proliferare dei social ha fatto esplodere il fenomeno fino a livelli mai visti. Da non sottovalutare la crisi iniziata nel 2008 e non ancora finita tra minacce di recessione e crescita zero che ha incattivito gli italiani dando di nuovo corda al mito di Mussolini in contrapposizione ai politici e alla politica di oggi (“Quando c’era lui!”). A chi si rivolge il libro? Non certamente agli incensatori di Mussolini, a coloro che credono che il duce è stato nettamente il miglior politico dell’intera Italia unita. Il libro si rivolge a chi rischia di cadere nella trappola delle fake news di carattere storico e ha bisogno di buoni argomenti per capire e a sua volta convincere chi è pronto per la deriva mussoliniana.

Allo stesso tempo raccomando a tutti voi il testo perché analizza con grande puntualità documentaria alcuni capitoli della storia di Mussolini e del fascismo con una rigorosa prospettiva di analisi. Diciamo che il libro può sorprendere per il carattere totalmente distruttore dei presunti miti del fascismo anche molti sinceri antifascisti. Due parole sull’autore. Francesco Filippi è un giovane storico ma con un notevole patrimonio di conoscenze nell’ambito della storia del fascismo. In particolare è presidente dell’Associazione Sociale Deina che si occupa di organizzare viaggi della Memoria per le scuole e gli adulti. Prima di iniziare vediamo qual è l’orizzonte mentale dei fascisti del nuovo millennio.

Cominciamo con la prima bufala 1) Il duce previdente e previdenziale. Mussolini ha dato le pensioni agli italiani? Quello delle pensioni elargite da Mussolini è uno dei cavalli di battaglia dei “mussoliniani da tastiera”. E’ inutile dire che non è così.

Un primo sistema di garanzie pensionistiche nacque nel 1895 al tempo di Crispi. Poi tre anni dopo il governo Pelloux fece nascere la “Cassa nazionale di Previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai”. All’inizio il sistema è volontario per le aziende ma poi le lotte operaie estendono a molte categorie di lavoratori i benefici. Ma la svolta vera e propria avviene nel 1919 quando il sistema dei pagamenti venne imposto alle aziende come obbligatorio con la “Cassa nazionale per le assicurazioni sociali”.

Da questo momento, il 1919, la pensione è un diritto per tutti gli italiani lavoratori. Il merito caso mai va dato a Vittorio Emanuele Orlando, non a Mussolini. Una volta conquistato il potere, intuendo la grande opportunità di incrementare il consenso, Mussolini prese il controllo della previdenza accentrando gli strumenti di controllo. Ed è così che nacque l’INFPS, ossia l’Istituto Nazionale Fascista di Previdenza Sociale, un enorme organismo che dava stipendi a 8.000 dipendenti nel 1941. Diventare dipendenti dell’INFPS era uno dei sogni, neanche tanto proibiti, della piccola borghesia impiegatizia alla ricerca per sé e per i propri figli di posti comodi e sicuri.

Alla fine l’organismo, frutto di decenni di lotte operaie, divenne un grande carrozzone che dispensava fondi straordinari e contributi per i più diversi scopi. A pagare furono i lavoratori i quali ebbero sempre modeste pensioni.

Finita la guerra l’INFPS divenne INPS il cui merito maggiore fu l’istituzione nel 1969 della “pensione sociale” a chi aveva più di 65 anni e non aveva mai versato i contributi oppure contributi insufficienti.

E la tredicesima? Nella vulgata neofascista la tredicesima è stata istituita da Mussolini. In realtà la tredicesima mensilità fu introdotta nel 1937 per volontà della Camera delle Corporazioni Fasciste, ma solo per gli impiegati dell’industria. Ossia per quelli che sognavano le “mille lire al mese” e in quel periodo costituivano l’osso duro del consenso al regime. Però nel contratto di lavoro per gli impiegati erano irrigidite le norme per gli straordinari (fino a 12 ore compreso il lavoro notturno e domenicale). Per i lavoratori dell’industria la tredicesima fu introdotta nel 1946. Solo nel 1960 fu estesa a tutti.

E la Cassa Integrazione? (CIG) La CIG divenne realtà solo nel 1947 I veri provvedimenti che incisero sul lavoro furono l’abolizione dello sciopero, l’introduzione del sindacato fascista, il Ministero delle Corporazioni dove non era contemplata la lotta sindacale e tanto meno politica dei lavoratori e il mettersi intorno a un tavolo per lavoratori e padroni del vapore era sempre a vantaggio di una sola parte.

2) Il duce bonificatore. Mussolini ha bonificato le paludi? Anche questo è uno dei capisaldi della vulgata neo fascista. Anche qui i primi provvedimenti sono antecedenti il fascismo. La prima legge organica è del 1878. Nel 1905 ci fu un generale riordino della materia.

In sostanza i governi prima di Mussolini cercarono di bonificare i terreni paludosi con consorzi di bonifica sovvenzionati dallo Stato.

Appena al governo con l’economista ed agronomo Arrigo Serpieri il fascismo puntò molto sugli espropri, che nel Sud voleva dire andare contro la tradizionale proprietà assenteista e parassitaria. La reazione dei grandi latifondisti portò alle dimissioni di Serpieri. Di fronte al fallimento nel coinvolgimento dei privati nelle opere di bonfica nel ’26 le bonifiche appartennero per legge all’Opera Nazionale Combattenti (ONC).

L’ONC era uno dei grandi carrozzoni del regime e la legge permetteva di dare un lavoro ai tanti ex-combattenti che fino a quel periodo non avevano ancora trovato un lavoro (ricerca del consenso). Così dal primitivo progetto Stato-privati si passò al solo intervento dello Stato in un’ottica clientelare. Nel ’28 nacque la legge che prevedeva la “Bonifica integrale”. Addirittura erano previsti grandi e onerosi interventi statali fino al ’59-60.

In realtà il progetto era propagandistico perché i soldi erano pochi e così si decise di intervenire con modesti investimenti iniziali e di accrescere l’intervento pubblico negli anni a venire quando nessuno avrebbe più controllato. L’obiettivo della legge del ’28 era mettere a coltura tutti gli 8 milioni di ettari di terreni malsani. Progetto arduo visto che in totale le terre agricole erano 27 milioni di cui 5 milioni boschivi. Il fascismo quindi promise di aumentare di un terzo la superficie arabile! La crisi economica del ’29 mise fine a questi progetti già fuori dalla realtà. E’ vero che nacquero cinque grandi città sulle terre strappate alla malaria nel Lazio ma l’operazione era pubblicitaria grazie ai “coloni deportati dal resto d’Italia”. La prima nata su terreni strappati alla malaria fu Littoria (dic. ’32). Un mito ben costruito se vogliamo: così come gli antichi romani erano colonizzatori di razza, ora gli italiani fascisti erano anche loro capaci di vincere la natura a vantaggio della stirpe italica!

Nel ’33 il regime sancì che la “lotta delle acque era stata vinta” obbligando i coloni a rimanere e a portare avanti dispendiosi lavori di manutenzione delle opere del regime per evitare il ritorno della malaria. In realtà i coloni erano scontenti perché i lavori di bonifica erano gravosi e toglievano molto tempo al lavoro dei campi vero e proprio. Alla fine il fascismo disse che degli otto milioni programmati 4 erano stati realizzati. Un valore di assoluta importanza. Anche qui c’era l’inganno perché di questi 4 milioni solo 2 e mezzo erano completati ma 2 milioni di ettari erano stati bonificati dai governi precedenti. Insomma degli 8 milioni sbandierati solo mezzo milione era stato realizzato (il 6%).

Anche De Felice sottolinea come il fascismo riuscì a fare ben poco nell’ambito della “bonifica integrale”. La vera falla era nell’imporre ai coloni forme di manutenzione di canali, scoli ecc incompatibili con il lavoro dei campi. E la malaria? Anche qui tanta pubblicità per pochi risultati. Grandi risultati si ebbero solo con l’uso massiccio del DDT importato dagli americani. Solo nel 1970 la malaria fu dichiarata sradicata dall’Italia. Qualche risultato fu ottenuto dal fascismo solo grazie alle distribuzioni massicce di chinino e non per le bonifiche. In ogni caso nel ’31-32 i morti per malaria erano ancora 3000 l’anno. Nel corso degli anni trenta i morti diminuirono ma durante la guerra la malaria ebbe un’impennata a causa della guerra e dell’abbandono dei lavori idraulici e della distribuzione del chinino

3) Il duce condottiero e statista. Mussolini è stato un grande condottiero? Sì, ha reso l’Italia grande e rispettata da tutti! Eppure le cose andarono diversamente.

La Libia giolittiana e poi persa durante la Grande Guerra, fu ripresa dal duo Badoglio-Graziani con violenze ai danni della popolazione della Cirenaica ai limiti del genocidio (1930-31). Per vincere la guerriglia di Omar el Muktar le autorità militari deportarono gran parte della popolazione nomade della Cirenaica in alcuni orribili campi di concentramento per fare “terra bruciata” intorno alla guerriglia araba. Prima ancora la Somalia negli anni venti fu messa a ferro e fuoco dal quadrumviro Cesare De Vecchi. La popolazione somala fu asservita agli interessi dei proprietari terrieri italiani.

E poi la conquista dell’Etiopia (1935-36) portata avanti con bombardamenti indiscriminati (anche Vittorio, figlio del duce, contribuì allo scempio della popolazione etiope), uso di gas e feroci repressioni. Addirittura, per la prima volta nella storia, un bombardamento aereo italiano colpì una struttura della Croce Rossa!

Finita la guerra con la vittoria italiana iniziò l’era delle repressioni con massacri indiscriminati soprattutto dopo il fallito attentato a Graziani (ora governatore ad Addis Abeba) del 1937 – massacro dei monaci di Debrà Libanos. L’intervento italiano a sostegno di Franco fu tra i fattori decisivi nella vittoria del fascismo in Spagna. Tra gli episodi più gravi il bombardamento di Barcellona e di molte città della Catalogna da parte dell’aviazione legionaria italiana, soprattutto nei giorni tra il 16 e il 18 marzo ’38 che causò tra i 600 e i 1300 morti civili. Da non dimenticare che l’aviazione italiana fornì supporto all’aviazione di Goering nel bombardamento di Guernica. Doveva ancora iniziare la II guerra mondiale e Mussolini decide di annettere l’Albania (aprile ’39) per puri motivi di prestigio. Non ce n’era bisogno: l’Albania di fatto era un protettorato italiano. Qualcuno disse che era “come rapire la propria moglie”.

L’Italia entrò nel II conflitto impreparata a causa delle precedenti e dispendiose campagne militari. L’ingresso in guerra contro Francia e Gran Bretagna (10 giugno ’40) fu definito dall’ambasciatore francese a Roma “una pugnalata alla schiena ad un uomo a terra”. L’aggressione alla Grecia (28 ottobre ’40) fu iniziata con un pressapochismo che sembra incredibile e dopo pochi giorni mise in evidenza in forma gravi la totale incapacità dei comandi italiani di tenere in pugno una situazione difficile.

Con queste campagne l’Italia dimostrava una volta di più quell’ ”imperialismo straccione”, che Lenin aveva evidenziato ai tempi della conquista giolittiana della Libia. Da non dimenticare la “guerra ai civili” in Slovenia, Montenegro, Grecia dove l’esercito italiano si macchiò di veri e propri crimini di guerra. Poi ci fu la perdita dell’Africa settentrionale, la disfatta in Russia e la tragedia dell’8 settembre del ’43, opera del duo Badoglio-Vittorio Emanuele III, è vero; ma in qualche modo preparata dal momento dell’ingresso dell’Italia in una guerra dove rivelava una fondamentale inadeguatezza. Basti pensare che Mussolini non volle mai una portaerei (“l’Italia stessa per la sua conformazione è una grande portaerei”); non fu così e di fronte agli inglesi si sentì la mancanza di moderne portaerei.

La marina da guerra sulla carta era poderosa ma non c’era collaborazione con l’aviazione e così nei momenti decisivi la marina da guerra italiana andò incontro a drammatiche sconfitte.

L’aviazione era un bluff: sulla carta più di 3000 aerei ma solo poche centinaia erano moderni ed in grado di volare.

Anche la rivoluzione antropologica dell’italiano voluta fermamente da Mussolini rivelò essere nient’altro che fumo. Infatti il primo ad accorgersene fu lo stesso Mussolini che in diverse riprese (diario di Ciano) ebbe per il popolo italiano solo accenti di disprezzo.

Altre fake news che oggi girano in rete il duce costruttore: ha risolto per bene il problema casa per gli italiani. Non è vero

il duce della legalità: ha imposto l’onestà alla classe dirigente fascista: Non è vero il duce economista: ha salvato aziende e posti di lavoro dopo la crisi del ’29. Non è vero

il duce femminista: in Italia la donna ebbe libertà e dignità mai viste prima. Non è vero

il duce umanitario: ha mandato in “vacanza al mare” i suoi nemici (Berlusconi): Non è vero

Quando c’era Lui i treni arrivavano in orario

Quando c’era Lui i ministri giravano in bicicletta e senza scorta Mussolini impose uguali diritti per uomini e animali

Mussolini ha combattuto e vinto la mafia in Sicilia – la triste vicenda del prefetto Cesare Mori pensionato dopo aver “vinto” la mafia (“La mafia non esiste più” – 1937)

Mussolini permise agli italiani di fare più figli e fece crescere la popolazione italiana. Non è così: il tasso di fecondità femminile diminuì sensibilmente

Mussolini rese l’Italia un paese d’avanguardia nelle scoperte scientifiche – la Riforma Gentile privilegia il Liceo classico a svantaggio delle facoltà scientifiche universitarie che vedono un sensibile calo degli iscritti

Insomma il mito di Mussolini rivela tutta la sua fragilità e inconsistenza alimentata da una vulgata che pretende di “scrivere” la storia.