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Giorno della Memoria: “Nebbia in agosto”. Cinema Ratti di Legnano, 31 gennaio 2018

Giorno della Memoria: “Nebbia in agosto”

Una pagina per lo più sconosciuta del genocidio, lo sterminio dei bambini quella affrontata martedì 30 gennaio al Cinema Ratti dal Prof Restelli dopo la proiezione di “Nebbia di agosto” , cui hanno assistito anche gli allievi del serale Dell’Acqua

Legnano- Nel Giorno della Memoria una pagina per lo più sconosciuta del genocidio, lo sterminio dei bambini quella affrontata martedì 30 gennaio al Cinema Ratti dal Professor Giancarlo Restelli dopo la proiezione del film “Nebbia di agosto” di Kai Wessel, cui hanno assistito anche gli allievi del corso serale dell’Istituto Carlo Dell’Acqua. “Nebbia in agosto. La vera storia di Ernst Lossa” è un film che tutti dovrebbero vedere. Ernst Lossa era un ragazzo Jenisch (la terza maggiore popolazione nomade europea, dopo i Rom ed i Sinti), cittadino tedesco bavarese. A soli quattordici anni fu ucciso nella clinica di Irsee con due iniezioni letali di morfina e scopolamina durante la seconda fase dell’eutanasia nazista, la cosiddetta eutanasia selvaggia.

Per capire il contenuto del film dobbiamo pensare che il regime nazista attuò tre forme di sterminio: ebrei, sinti e rom e i disabili tedeschi e austriaci. Delle tre violenze sistematiche non c’è dubbio che quella sui disabili sia la meno conosciuta, soprattutto in Italia.

Dal ’1939 al ’41 nella Germania nazista si uccidono i disabili in sei centri sparsi tra Germania e Austria utilizzando le prime camere a gas e come gas il monossido di carbonio. 70-80mila persone “trattate” è il bilancio di questa prima fase.

Dal ’41 alla fine della guerra invece si continua a uccidere ma non con il gas e i forni d’incenerimento. Si uccide in numerosi ospedali, manicomi, case di cura dove accanto ai padiglioni dove si curavano e si guarivano le persone di “valore”, in particolari reparti si uccidevano i disabili psichici e fisici con medicinali e “diete da fame”.

Ernst Lossa, il protagonista del film, non è un disabile né psichico né fisico. E’ un ragazzino vispo intorno ai 13 anni. Il problema è che appartiene agli Jenisch. Così erano chiamati gli “zingari bianchi”.

Si trattava di tedeschi appartenenti alle più basse classi sociali o immigrati (Lossa fa pensare ad antenati venuti in Germania dal Veneto o Trentino) che si erano uniti agli zingari veri e propri oppure conducevano vita nomade (arrotini, piccoli artigiani, venditori ambulanti, maniscalchi itineranti…).

La madre era morta, il padre senza fissa dimora, Ernest passa da un orfanotrofio al riformatorio (dal febbraio 1940). Passa in un riformatorio perché è un ragazzino difficile e “geneticamente” è sospetto. Poi dal riformatorio passa a un manicomio perché giudicato incorreggibile e incapace di rispettare le regole.

Il suo però non è un manicomio qualunque. Lì è uno dei luoghi dove si uccide. È la seconda fase, quella in cui si uccidono bambini e adulti disabili con medicinali e diete da fame.

Lossa arriva a  Kaufbeuren (Baviera del Sud) nell’ aprile ’42. Sopravvive incredibilmente per poco più di due anni fino all’agosto del ’44 (appunto “Nebbia in agosto”).

Scrisse Henrich Boll: “Il segreto dell’orrore sta nel particolare”. Più che la sofferenza di masse anonime sono le storie individuali che ci danno la misura di quello che è successo: la bambina con il cappottino rosso nel film di Spielberg (Schindler’s List), il diario di Anna Frank e appunto la storia di Ernst Lossa, di questo ragazzino sfortunato, intelligente e coragioso.

Al termine, fortemente provati dall’intensità del film, hanno preso la parola Francesca Fusina, presidentessa dell’ANFFAS, Luciano Lo Bianco, presidente della UILDM e Mariarosa Mapelli dell’AFAMP.