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Accadde cento anni fa: la rotta di Caporetto. Militari legnanesi travolti dal disastro militare

Accadde cento anni fa: la rotta di Caporetto
Militari legnanesi travolti dal disastro militare

Cento anni fa Caporetto, evento destinato a rimanere a lungo nella memoria collettiva come sinonimo di immane disastro militare con profonde ripercussioni nella politica e nell’opinione pubblica del tempo.
Ancora oggi l’espressione “E’ stata una caporetto!” evoca, seppure a livello personale o famigliare, situazioni ed esperienze che nessuno vorrebbe vivere.

Che cosa accadde quel 24 ottobre del 1917?
Nelle prime ore di quella mattinata gli austro-ungarici, rafforzati da contingenti tedeschi (sette divisioni) e guidati dal generale tedesco Otto von Below, sfondarono le linee italiane lungo l’Isonzo (presso Plezzo e Tolmino) con un’azione così veemente e ben congegnata da provocare prima l’inutile sacrificio di uomini e mezzi, poi la paura dell’accerchiamento fino alla rotta disastrosa della II Armata del generale Capello tamponata a fatica lungo il fiume Piave, dopo che gli austro-tedeschi si erano impadroniti in meno di quindici giorni di tutto il Friuli e di parte del Veneto giungendo a minacciare da vicino Venezia e Treviso.
Dall’Isonzo fino al Piave ci sono circa 120 chilometri di territorio che enormi masse sbandate di militari e centinaia di migliaia di profughi percorsero con l’ossessione di superare i ponti sul Tagliamento, sul Livenza e sul Piave prima dell’arrivo degli austro-tedeschi.

I numeri di Caporetto ancora oggi impressionano:
– 11.000 morti
– 30.000 feriti
– 250.000 prigionieri
– 300.000 sbandati
– 400.000 civili in fuga
Nel conteggio devono rientrare anche le armi lasciate nelle mani del nemico: più di 3.000 cannoni, due terzi delle bombarde, un terzo delle armi portatili più enormi depositi di equipaggiamenti, munizioni e viveri.
Lissa, Custoza, Adua, ovvero le precedenti gravi sconfitte dell’esercito italiano durante il Risorgimento e l’avventura coloniale africana di fine secolo, sembrano eventi di effimera importanza.

Come è stato possibile tutto questo?
– Palesi responsabilità degli alti comandi dell’esercito; Cadorna in primis ma senza dimenticare i suoi più stretti collaboratori perché hanno sottovalutato l’offensiva austro-tedesca
– La paralisi dei comandi a tutti i livelli una volta che il nemico era penetrato nel territorio italiano
– La sensazione da parte di molti soldati che la guerra fosse finita con la vittoria del “nemico”
– La novità della tattica seguita dagli austro-tedeschi: non più le tradizionali “spallate” alle difese nemiche ma l’ ”infiltrazione” nelle retrovie nemiche di speciali reparti di truppe perfettamente armate, motivate ed equipaggiate (sono le famose “Stosstruppen” tedesche)
– La paralisi lungo le poche strade verso il Tagliamento e il Piave a causa anche della fuga di massa dei civili
– Colpevoli responsabilità dei vari governi di guerra perché hanno tollerato che a capo dell’esercito ci fosse un personaggio, Luigi Cadorna, palesemente inadeguato al ruolo

Non è il momento per analizzare da vicino quanto accedde in quei giorni. La letteratura sull’argomento è imponente.
Io e Renata vorremmo solo dare voce ad alcuni soldati nati o residenti a Legnano travolti anche loro come centinaia di migliaia di disperati dall’irresistibile avanzata in territorio italiano degli austro-tedeschi.

E’ da alcuni anni che setacciamo l’archivio di Legnano per dare un nome e un volto a tanti soldati che non tornarono.
Per dare l’idea di che cosa stiamo parlando, consideriamo il numero dei caduti: sono per ora circa 500 su una popolazione che allora arrivava a 28.000 abitanti (!). Un numero impressionante, a cui dobbiamo aggiungere i feriti, i mutilati e i prigionieri di guerra.

Legnanesi nella bufera
Durante la rotta di Caporetto morirono 23 legnanesi, dal 24 ottobre al 16 novembre, quando ormai l’esercito italiano si era ben attestato lungo il Piave.

https://drive.google.com/file/d/0B2oiTbuM9ihjaFoxQ2VXRWdHY00/view

Scorrendo i loro nomi in ordine cronologico è possibile seguire la rotta di Caporetto giorno per giorno. Il primo giorno muore Filippo Carlo Colombo sull’altopiano della Bainsizza conquistato pochi mesi prima nel corso dell’XI battaglia dell’Isonzo. Il 25 ottobre altri tre soldati muoiono a Castagnevizza e sul Monte Sabotino, altri fanti che tra il Carso e Gorizia furono sorpresi dall’impetuosa avanzata austro-tedesca. Il 27 ottobre cadono altri quattro legnanesi di cui conosciamo il luogo di morte del solo Ambrogio Borsani (Monte Sabotino), segno di resistenza di alcuni reparti italiani mentre altri si disgregavano facilmente.
Il 30 ottobre il fronte è già arretrato, infatti Andrea Colombo e Giovanni Magni sono uccisi rispettivamente a Pozzolo Udine (siamo a sud di Udine) e a San Francesco del Friuli (provincia di Pordenone, ben al di qua del Tagliamento).
Il 30 ottobre è anche il giorno in cui finalmente il grosso dell’esercito italiano arriva sul Tagliamento. Ma anche il fronte del Tagliamento deve essere subito abbandonato per la forza della penetrazione nemica e a causa dei deboli apprestamenti difensivi lungo il fiume.
Faremmo prima a dire che Cadorna aveva pianificato solo una guerra offensiva trascurando colpevolmente le difese in caso di rottura del fronte.

16 novembre, un giorno tragico
Il ripiegamento al Piave può dirsi completato il 9 novembre quando i ponti vengono fatti saltare di fronte all’arrivo dell’avanguardia nemica ma c’è ancora spazio per momenti tragici quando il 16 novembre (è già Battaglia del Piave) a Quero ben dodici legnanesi muoiono nello stesso giorno.
Appartenevano tutti al 24° Reggimento fanteria coinvolto in quei giorni in furiosi combattimenti perché una volta arrivati al Piave i reparti austro-tedeschi tentarono di passare mettendo in serio pericolo il fronte italiano appena ripristinato dopo lo shock della ritirata.

Posizione geografica di Quero
https://www.google.it/maps/place/32030+Quero+BL/@45.9180782,11.9223017,14z/data=!4m5!3m4!1s0x4778e037e5d7f46b:0x2b97f08b191bab2e!8m2!3d45.9223593!4d11.9304726?dcr=0

Prigionieri a Caporetto
Impressionante anche il numero di legnanesi travolti dall’irresistibile avanzata austro-tedesca e dalla latitanza dei comandi: una ventina!
Finirono in gran parte nei campi di concentramento in Austria tra cui Mauthausen, campo che diventerà sinonimo di orrori durante la seconda guerra mondiale. Ma già da ora i soldati italiani (e di Legnano) muoiono come le mosche a Mauthausen perché non c’è cibo nell’intero impero austro-ungarico e il governo italiano dell’epoca si rifiuta di mandare aiuti agli “imboscati d’oltr’Alpe” secondo il balordo slogan coniato da d’Annunzio.

https://drive.google.com/file/d/0B2oiTbuM9ihjaG1pSGVtUl9PN1U/view?usp=sharing

Ci sono altri aspetti sui quali invitiamo il lettore a soffermarsi: la giovane età dei caduti. Si va dai diciannove anni di Vincenzo Biaggi, Francesco Ferri e Giuseppe Canavesi fino al “vecchio” del gruppo, Piero Clemente Galli di ben trentatrè anni (!).
Altro aspetto che la dice lunga sul carattere di disastro militare di Caporetto è che della maggioranza dei caduti non si conosce il luogo di morte: “disperso in combattimento” è la laconica espressione burocratica utilizzata per questi morti sconosciuti.
Ultimo aspetto che vorremmo sottolineare è la tardività con cui vennero concesse le pensione di guerra ai genitori.
Nel caso di Giuseppe Canavesi i genitori ottennero la pensione solo nel 1930 (!). Il figlio era morto tredici anni prima. Ai genitori di Vincenzo Biaggi la pensione fu concessa addirittura due anni dopo, nel 1932, quattordici anni dopo la fine della guerra e quindici dalla morte di Vincenzo.
Lo Stato italiano fu rapido nel volere la mobilitazione dell’esercito nel maggio del ’15 con l’invio sul “campo dell’onore” della “meglio gioventù” dell’epoca ma fu estremamente restio a concedere quanto doveva a poveri genitori o povere vedove rimasti spesso senza sostegno economico.

La Grande guerra fu combattuta lontano da Legnano e a Legnano non arrivò mai il rombo del cannone, non per questo è legittimo pensare al centenario della prima guerra mondiale come qualcosa che non ha toccato il nostro territorio.

I legnanesi travolti a Caporetto chiedono di non essere dimenticati.

– Volti di militari legnanesi caduti nella Grande guerra

– L’Ossario italo-austroungarico a Legnano (cimitero monumentale)