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4 Novembre 1918: finisce la Grande Guerra

 

4 Novembre 1918

Finisce la Grande Guerra italiana

“Muoiono a milioni.

L’Europa é folle;

il mondo é folle!”

Martin Gilbert

Il 3 novembre 1918 il governo italiano firmò a Villa Giusti presso Padova l’armistizio con l’impero austro-ungarico. Il 4 novembre fu dato l’annuncio della fine della guerra provocando in tutta l’Italia manifestazioni di entusiasmo e di gioia che durarono anche nei giorni successivi. L’ 11 novembre la Germania si arrendeva senza condizioni determinando la fine del più lungo conflitto fino a quel momento combattuto.

Era iniziato con l’attentato di Sarajevo del 28 giugno 1914 coinvolgendo in quattro anni di guerra venti nazioni di tutti i continenti. Per cinquantadue mesi le nazioni più progredite del mondo si fronteggiarono in una guerra senza esclusione di colpi. Per cinquantadue mesi milioni di uomini si massacrarono utilizzando quanto di meglio la scienza e la tecnologia militare avevano realizzato negli ultimi anni.

Quanti morirono? La mobilitazione di uomini e risorse fu senza precedenti rispetto alle guerre ottocentesche: su un totale di 63 milioni di uomini mobilitati, 8 milioni e mezzo furono i morti tra i soldati, più un altro milione tra i civili.

Oltre ai morti dobbiamo considerare anche i mutilati, non meno di 6 milioni. Feriti, dispersi e prigionieri fanno ascendere ancora di parecchi milioni il numero delle perdite: circa 30 milioni.

Una generazione perduta, un’intera generazione mandata al massacro!

Si calcola che nella maggior parte dei paesi belligeranti ogni famiglia abbia perso almeno un congiunto o un amico.

E visto che ci troviamo nel bel mezzo del Covid-19 ricordiamo un’altra pandemia paurosa: La “Febbre spagnola” che nel 1918-19 causò tra i 30 e i 50 milioni di morti in tutto il mondo, in gran parte giovani soldati nelle trincee e negli ospedali militari. In Italia la “Spagnola” fece 600.000 morti.

Perché l’immane tragedia della guerra? Lo sviluppo tecnologico, soprattutto fra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, aveva cambiato radicalmente il modo di combattere la guerra.

Rispetto alle battaglie napoleoniche di un secolo prima tutto era mutato: erano comparse le mitragliatrici capaci di sparare fino a 500 colpi al minuto, erano nati i cannoni a tiro rapido e a lunga gittata, i gas asfissianti, gli aerei per mitragliare e bombardare, i primi carri armati. La cavalleria era scomparsa di fronte alla terribile potenza di fuoco della mitragliatrice.

Sono tutti elementi nuovi che dovevano imporre un radicale mutamento di tattiche e strategie militari da parte dei capi di Stato Maggiore. In realtà invece i comandanti dei vari eserciti erano totalmente impreparati di fronte alla comparsa delle nuove armi, soprattutto la mitragliatrice.

Per esempio il “generalissimo” Luigi Cadorna, comandante in capo dell’esercito italiano, era un convinto teorico dell’assalto frontale e di massa alle postazioni nemiche. Lungo l’Isonzo, nell’altopiano della Bainsizza, nel Carso, nel Trentino centinaia di migliaia di italiani vennero mandati al massacro per conquistare, quando andava bene, pochi palmi di terreno oppure la cima di una montagna devastata dalle bombe.

In tre anni di guerra morirono 650.000 italiani e un milione e mezzo furono i feriti e i mutilati, questo è il terribile bilancio della Grande guerra italiana.

La Prima guerra mondiale non risolse nessuna delle contraddizioni e degli squilibri tra le nazioni europee che sono alla base dello scatenamento del conflitto nell’agosto del ’14.

Non risolse il problema tedesco, non dette alla Francia quel ruolo europeo a cui ambiva dai tempi di Napoleone, segnò il declino dell’impero inglese; contemporaneamente la guerra provocò la rivoluzione comunista in Russia, fece crollare l’impero austro-ungarico, simbolo della possibile convivenza di etnie differenti, rinfocolò il nazionalismo e le rivendicazioni nazionali nell’Europa dell’est.

La Grande guerra vide, prima ancora dello stermino ebraico, il primo genocidio del Novecento: il massacro di un milione di armeni ad opera dei turchi. Anche il gas di Auschwitz ha il precedente dei gas sui campi di battaglia del Primo conflitto.

In sostanza non è sbagliato affermare che la Grande guerra acuì in forma drammatica i problemi dell’Europa che erano all’origine del conflitto.

Per esempio l’affermarsi del fascismo in Italia non potrebbe essere compreso che nell’ambito della crisi dello Stato liberale di cui la guerra mostra tutta la debolezza. Nel contempo la presa del potere del nazismo in Germania è causata anche dalle inique condizioni della pace di Versailles imposta ai tedeschi.

Come ricordare la Grande guerra? Nelle scuole il 4 Novembre di ogni anno dovrebbe diventare un giorno di meditazione, di riflessione e di studio per imparare a conoscere una delle peggiori tragedie che l’umanità ha vissuto. Fu l’inizio di quel “secolo breve” che causò 200 milioni di morti, dalla Prima guerra mondiale agli orrori della guerra civile nell’ex-Jugoslavia alla fine del secolo scorso.

Coloro che invece non sono più studenti potrebbero far propria questa riflessione di un grande storico del Primo conflitto, A.J.P. Taylor:“Quella guerra fu anche la nostra; forse, se riusciremo a comprenderla meglio, potremo sperare di divenire ciò che gli uomini di allora non riuscirono ad essere, cioè arbitri del loro destino”.

 

Giancarlo Restelli