Torna a Prima Guerra Mondiale

La Grande Guerra. Le vittime: morti, feriti e invalidi

La Grande Guerra

Le vittime: morti, feriti e invalidi

appunti

È importante dare il giusto spazio alla Grande Guerra al di là del centenario che cade quest’anno (doppio centenario con il prossimo anno). Sono tanti i motivi di attualità.

È stata una guerra per molti aspetti del tutto nuova: la prima guerra industrializzata, ha provocato milioni di morti, ha cambiato in peggio la storia dell’Europa e del mondo perché dopo la prima guerra mondiale avremo il fascismo in Italia, il nazismo in Germania e un mondo che corre verso la seconda guerra mondiale.

Infatti non è per niente sbagliata l’idea di una guerra europea e mondiale durata trent’anni (1914-1945) con vent’anni di pace precaria. Fu anche una trentennale guerra civile europea, con il risultato che l’Europa perse per sempre la sua egemonia mondiale a vantaggio degli Stati Uniti.

La G. G. conobbe il primo genocidio della storia, quello degli armeni attuato dai turchi. I campi di concentramento per i prigionieri di guerra anticiparono gli orrori dei campi della II guerra mondiale. La Grande Guerra conobbe l’uso dei gas prima di Auschwitz.

Il comunismo in Russia, il fascismo in Italia, il nazismo in Germania sono sicuramente conseguenze della Prima guerra mondiale.

Il tema di questa sera è la figura del mutilato di guerra e la nascita di associazioni in Europa e soprattutto in Italia a tutela dei tanti feriti e mutilati.

Cominciamo con il vedere i “numeri” della guerra:

– si è combattuto ininterrottamente dal 28 luglio del ’14 all’11 novembre 1918 (52 mesi)

  • in totale nel mondo furono mobilitati 74 milioni e 300mila soldati. Gli Alleati (Italia, Francia, Inghilterra, Russia, USA, Serbia) 48milioni; gli Imperi centrali 25milioni (Germania, Austria, Impero ottomano, Bulgaria).
  • le vittime furono 9.400mila in totale; i feriti 21 milioni; 7.5 milioni i prigionieri. In totale le perdite furono 38 milioni, pari al 57% del totale dei combattenti

È inutile dire che le guerre ottocentesche non videro mai nulla di simile. 9 milioni di morti sono 1 soldato su 7 a cui vanno aggiunti feriti e prigionieri: si sale a 3 soldati su 7. Ne risulta che solo il 50% dei mobilitati non conobbe né la morte, il ferimento o la prigionia.

La Russia ebbe 1.700.000 morti /la Francia 1.350.000 / la Gran Bretagna 921.000 / l’Italia 650.000 / la Germania 2 milioni / l’Austria-Ungheria 1.100.000 / la Turchia 800.000. le perdite francesi e tedesche furono un uomo su sei. Uno su 8 per i britannici

Le perdite (morti, feriti, dispersi, prigionieri) per la Francia furono del 76% dei mobilitati, la Russia ebbe il 76%, l’Italia il 38%, la Serbia l’80%; la Germania il 56%, l’impero austro-uungarico il 77%; gli USA l’8% con 114mila morti.

Il 12% delle perdite aveva meno di 20 anni (4.5 milioni) e il 60% delle perdite aveva tra i 20 e i 30 anni. Esempi dello spreco immane di vite durante la Grande Guerra!

 

Fu più terribile il fronte orientale rispetto al fronte occidentale, soprattutto per l’imperversare delle malattie. Anche se il fronte principale dove si sarebbe decisa la guerra fu quello occidentale.

Ogni giorno morirono 5.600 soldati. Sono 4 al minuto. Pensando che la nostra relazione è iniziata… minuti fa…

Difficile calcolare anche le perdite demografiche pensando che i 9 milioni di morti erano giovani padre potenziali.

Senza entrare nel discorso armi, possiamo dire che l’80% delle vittime fu provocato dall’artiglieria (obici e proiettili), una percentuale minore dai colpi di fucile.

Tra le classi sociali maggiormente colpite, all’inizio (in proporzione) fu la classe più abbiente (borghesia e aristocrazia) che esprimeva giovani e meno giovani ufficiali (massacro degli ufficiali), poi le classi medie dalle quali si trassero i nuovi ufficiali. I milioni di morti appartenevano quasi esclusivamente a operai e soprattutto contadini.

Invece i poveri, soprattutto se affetti da rachitismo o malattie derivanti dalla cattiva e povera alimentazione (es. la bassa altezza), rimasero ai margini del conflitto e non furono mobilitati. Furono tra i pochi fortunati.

Vediamo invece i numeri della guerra italiana

  • 5 milioni e 600mila mobilitati. È il 70% degli uomini mobilitabili. Cifra superiore alla media europea
  • 650.000 morti (è il 9% dell’esercito combattente) di cui 100mila morti in prigionia
  • 950mila feriti (la metà rimasero mutilati e invalidi con 450mila pensioni di guerra anche a distanza di anni)
  • 345mila orfani (64% figli di contadini)
  • 546mila vittime tra i civili per malattie varie e i combattimenti nelle zone del fronte
  • 600mila morti per la “spagnola” (tra la fine del ’18 e la primavera del ’19)

950mila feriti + 650mila morti sono 1 milione e mezzo, ossia 1 su 4 morì, fu ferito o divenne mutilato.

Gli ex combattenti

Moltissimi tornarono traumatizzati dalla guerra oppure molto provati dalla guerra. In genere si chiusero in un ostinato mutismo ritenendo gli altri incapaci di comprendere la loro esperienza.

Nacquero nuove categorie nelle varie lingue: invalido, grande invalido, mutilato, ferito, disabile, riformato.

In Italia gli ex combattenti vennero chiamati “reduci”, da re-ducere (è sottolineato il tema del ritorno) oppure “trinceristi” ma solo con il fascismo: comunità di uomini chiamati a esperienze eccezionali la cui funzione non sarebbe terminata con la fine della guerra nel nome di una più grande Italia.

In Italia i reduci erano circa 5 milioni. Molti tornarono nel 1919 per garantire l’occupazione dei nuovi territori assegnati all’Italia.

Tornarono a casa carichi di aspettative: questa guerra avrebbe sicuramente creato una nuova realtà sociale e politica dominata dal desiderio di una nuova stagione di pace. I feriti e i mutilati si aspettavano l’intervento dello Stato a loro tutela, i soldati “sani” avevano un gran voglia di inserirsi nella vita sociale con il lavoro e una famiglia.

Il caso francese

In Francia un’associazione di mutilati nacque addirittura nell’agosto del ’15 (un anno dopo!). Si chiamava “Association generale des mutiles de guerre”. Molte altre furono create a livello di dipartimenti e di città. In Francia l’unica legge che tutelava i mutilati era del 1831, assolutamente inadeguata alla nuova realtà. Accanto a questa associazione c’era anche l’ “Union nationale des combattants”.

L’evoluzione in Francia fu abbastanza simile agli altri paesi dove mutilati ed ex combattenti costituirono associazioni diverse. Almeno all’inizio (Antoine Prost) le associazioni dei mutilati erano tendenzialmente di sinistra, gli ex combattenti di destra (es. Frontsoldatenbund Stahlhelm in Germania che arrivò a 1 milione di iscritti (associazione paramilitare). In Gran Bretagna e negli Stati Uniti invece mutilati ed ex combattenti fondarono associazioni unitarie.

Accanto ad associazioni di mutilati apolitiche in Francia nacquero associazioni politiche di sinistra come l’ “Associazione operaia degli ex combattenti”.

Sempre in Francia nacquero anche associazioni sulla base dei diversi tipi di invalidità: la “Federazione dei grandi invalidi”, “Federazione degli amputati”, le “Gueules cassees” (feriti al volto), i “Mutilati agli occhi”, la “Federazione ciechi di guerra”, la “Federazione nazionale dei malati di tubercolosi”. Altre associazioni nacquero tra i lavoratori mutilati di vari comparti come le ferrovie, lavoratori delle poste, della metropolitana di Parigi ecc.

Quindi un grande tessuto connettivo di associazioni dal livello nazionale a quello locale e professionale che avevano in comune il trauma e il difficile inserimento dei mutilati nella società. Del resto il numero di mutilati arrivava all’inizio degli anni Venti a 1 milione di persone!

Nel caso della Francia lo Stato fu molto generoso in fatto di pensioni. Più di 1 milione di feriti ricevettero una pensione tra cui 100mila grandi invalidi di guerra (tra l’85 e il 100% di invalidità). Fu istituita anche una pensione per i combattenti dai 50 in su. La federazione ex combattenti aveva 3 milioni di iscritti e aveva un ruolo attivo in molti settori.

Il caso italiano

I mutilati della Grande Guerra

L’Italia nella Grande Guerra ebbe 1 milione di feriti gravi, tra cui 500mila mutilati, 74.600 storpi, 21.200 rimasti senza un occhio, 1940 senza occhi, 120 senza mani, 3250 muti, 6750 sordi, 5440 mutilati al viso.

E’ di questi dimenticati che vorrei parlare ora. Coloro che per le ferite riportate al volto non poterono più avere una vita normale. Le ferite al volto erano così orribili a vedersi che pur avendo conservato gambe, mani e cervello la loro vita era terminata, magari a 20 anni in un centro di cura dal quale, nei casi più gravi, non uscirono più. Erano chiamati “sfigurati che non hanno più forma umana”. In Francia era nata l’associazione delle “Gueules Cassees” (facce distrutte) che si prese cura degli sfigurati e ancora oggi esiste e si prende cura dei soldati francesi feriti alla testa.

Una breve lettura da una pubblicazione recente.

Cazzullo, pp. 180-181

Un’altra categoria di mutilati di cui si ebbe vergogna a parlare in quegli anni fu di coloro che vennero chiamati “ammalati di testa” o peggio “scemi di guerra. Sono coloro che erano impazziti sotto i bombardamenti che duravano giorni, che avevano rischiato la morte, avevano visto il compagno vicino letteralmente disintegrato dallo scoppio di un obice oppure erano convissuti con cadaveri e ratti per troppo tempo.

Shell Shock (“shock da commozione”): fu curato con la terapia del silenzio fino alla reclusione nei manicomi e all’uso dell’elettroshock. Imprecisato è il numero di coloro che si erano allontanati dai reparti e quindi vennero fucilati mentre in realtà erano stati colpiti dal “trauma da combattimento” (provocava un vero e proprio crollo psicologico).

Gli psichiatri dell’epoca non capivano il fenomeno e cercarono di contrastarlo in tutti i modi pensando a strategie di finzione oppure a crolli momentanei. Solo con il tempo si resero conto del fenomeno

Ancora una breve lettura: Cazzullo, pp. 187-188

Nascita di associazioni a tutela dei mutilati

La situazione in Italia non si discosta più di tanto rispetto a quanto avvenne nel resto dell’Europa. La vera novità fu l’adesione delle associazioni dei reduci e dei mutilati al fascismo, ma questo in linea con quanto avvenne nella società italiana.

Pesarono molto la delusione per quella che era chiamata la “vittoria mutilata”, l’incertezza sociale in Italia e il senso di frustrazione tra i reduci fatto di disoccupazione e vitalizi statali insufficienti.

In questo contesto i fascisti apparvero come le “forze sane” del paese, gli unici difensori e interpreti autentici di tutti coloro che avevano combattuto, sofferto e vinto (la “trincerocrazia”).

Per iniziativa degli stessi militari nascque a Milano (1917) l’Associazione nazionale dei Mutilati e Invalidi di guerra (Anmig). In seno all’Anmig nacque poi nel novembre ’18 l’Associazione nazionale combattenti (ANC), destinata col tempo a diventare molto influente.

Statuto dell’Anmig

Devo dire la verità che non conoscevo il manifesto dell’ANMIG redatto il 4 novembre ’18 a celebrazione della Vittoria.

Emerge un programma democratico di rinnovo della vita del Paese che dimostra quanto l’Anmig, come gran parte della società italiana, appena finita la guerra, fosse schierata a favore di vaste riforme democratiche, in ogni caso aliene da ogni forma di nazionalismo.

La nazione ne italiana deve mostrarsi degna della sua missione con l’esempio.

La nazione deve rinnovarsi.

In primo luogo deve creare nei suoi figli la nuova coscienza civile”.

Per far questo si dice che “tutti i vecchi partiti sono morti” e che lo Stato (come era concepito nel passato) “è trapassato”.

Da qui l’auspicio di un profondo mutamento perché “come è mutato l’animo del cittadino, deve mutarsi il costume politico”.

Strumento fondamentale per il rinnovamento è la scuola che deve creare “il cittadino degno della nuova civiltà” e non solo inculcare nelle teste un’ “educazione meccanica e tradizionale” (pensare con la propria testa in un clima di solidarietà nazionale).

L’analfabetismo è definito “vergogna delle attuali classi dirigenti”.

Il manifesto poi prosegue sostenendo che la nazione deve “rinnovare l’istituto della Giustizia”, che deve essere sottratta all’arbitrio del più forte e ai singoli interessi egoistici (leggi agli interessi dei ricchi).

Nel programma sociale ed economico molta parte è lasciata alle legittime aspirazioni dei mutilati, invalidi di guerra e dei combattenti.

Lettura p. 51 opuscolo V. Capelli

Nel manifesto c’è spazio per auspicare il rinnovamento del Mezzogiorno con particolare riguardo all’inserimento di contadini e piccola e media borghesia combattente. Si chiedono provvidenze a favore di chi emigrava, forme di compensazione tra capitale e lavoro, la regolazione dei rapporti tra Chiesa e Stato e il “dare il giusto posto al valore sociale e politico della donna, collaboratrice infaticabile della vittoria” (nel 1918 non era poco).

All’interno delle due associazioni (mutilati e reduci) c’erano correnti democratiche e nazionaliste. Nel congresso del 1920 ebbero però la meglio le correnti nazionaliste preparando la futura adesione al fascismo.

Il passaggio al nazionalismo fu facilitato dall’incapacità dei vari governi liberali di valorizzare la guerra appena conclusa e di far fronte alle legittime richieste economiche dei mutilati e invalidi accanto al reintegro sociale degli ex combattenti.

Anmig e Anc non avevano l’assoluto monopolio del reducismo: la Lega proletaria tra i mutilati, invalidi, reduci, orfani e vedove di guerra (Mirov) raccolse tra i suoi iscritti 500.000 ex combattenti e nel ’21 si avvicinò al Pc d’Italia. I cattolici non stettero a guardare e nel ’18 nacque un’associazione analoga che poi confluì nel Partito popolare di don Sturzo.

Tra le altre associazioni importanti ci fu quella degli Arditi d’Italia, vicina ai futuristi e poi ai fascisti dal ’20 in poi.

L’adesione al fascismo

Nel 1922 l’Anmig aderì al fascismo complice il malcontento dei reduci. Il fascismo fece dei reduci, compresi mutilati e invalidi, gli “eroi” della nuova Italia forgiata da duce.

I “Grandi invalidi” divennero la punta di diamante di questa operazione (1500 tra ufficiali e soldati). Erano guidati da Carlo Delcroix (privo delle mani e della vista), parlamentare fascista e successivamente membro del Consiglio nazionale delle Corporazioni. Le residue componenti socialiste e democratiche furono epurate.

È però significativo che durante la crisi Matteotti (autunno ’24) alcuni esponenti di primo piano dell’Associazione mutilati chiesero al re, durante un colloquio, di sfiduciare Mussolini come condizione per riportare la legalità in Italia. Con l’inizio della dittatura (gennaio ’25) l’associazione mutilati si allineò al fascismo.

Quindi se in Italia i reduci aderirono al fascismo mentre nel resto dell’Europa occidentale ciò non avvenne lo dobbiamo all’evoluzione della società italiana verso il totalitarismo e a tante aspettative, finita la guerra, che non si erano realizzate.