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Beltrame e Scalarini: l'”antiguerra” (la guerra immaginata) e la guerra reale e per il socialismo

Achille Beltrame e Giuseppe Scalarini

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conferenza all’Associarma di Legnano


Achille Beltrame
Achille Beltrame nasce ad Arzignano (provincia di Vicenza nel 1871) e muore a Milano nel 1945. Studente all’Accademia delle Belle Arti di Brera scopre quasi per caso la sua passione ma anche le sue capacità nel disegno quando si reca in Xx Montenegro nel 1896 per ritrarre la futura regina Elena.
Non riesce ad incontrarla ma conosce un inviato de Xx L’Illustrazione italiana” che nota le sue spiccate qualità. Dopo pochi anni  Luigi Albertini lo fa entrare a partire dal 1899 nella Xx “Domenica del Corriere”, settimanale popolare da cui Albertini si aspetta molto. Sarà il settimanale delle famiglie italiane mentre il “Corriere della Sera” e il settimanale “La Lettura” si rivolgeranno ad un pubblico più elitario (la classe dirigente italiana).
Dal 1899 fino alla morte la collaborazione di Beltrame con la “Domenica del Corriere” non conosce soste e alla fine saranno ben 4.662 le tavole pubblicate.
Ogni settimana sono due i disegni di Beltrame: il disegno di copertina e quello finale che chiude la rivista. Beltrame prende spunto da fatti di cronaca di cui si parla in quei giorni oppure avvenimenti di risonanza nazionale o internazionale e così in un paese ancora parzialmente analfabeta (46% nel 1911) o con larghe sacche di precaria scolarizzazione i suoi disegni acquistano una particolare importanza fino al punto da identificare Beltrame con la “Domenica del Corriere” e viceversa.
Nel 1913 si stampano 495mila copie settimanali della “Domenica”, salgono a 923mila nel ’14 per poi stabilizzarsi a 700mila negli anni del conflitto.

Appena scoppia la guerra europea (agosto ’14) la “Domenica” racconta l’evento e Beltrame è tra i protagonisti (agosto del ’14). Ma ora l’Italia è neutrale e Beltrame è libero di mettere in evidenza ciò che tocca di più l’animo popolare di fronte alla guerra, ovvero la violenza e la pietà per chi muore.

1) La battaglia di Haelen, agosto ’14 / denuncia della violenza tedesca (orienta già la scelta interventista dell’anno successivo)
2) Due soldati francesi, nov. ‘14
3) Come inizia il nuovo anno, 1915 / gennaio ‘15

Ma con il “Maggio radioso” del ‘15, quando la classe politica e il “Corriere” prendono decisamente posizione a favore della guerra, Beltrame cambia il registro del proprio disegno. Ora la decisione di entrare in guerra deve essere difesa e tutti devono fare il proprio dovere: politici, soldati e giornalisti, cittadini comuni.

4) D’Annunzio al Costanzi di Roma, maggio ‘15
5) Re, tricolore e folla, 6 giugno ’15 / prima pagina / chi guarda il disegno non sale dalla folla alla bandiera ma al contario dal re e dalla bandiera scende verso la folla. Gli italiani devono rimanere uniti così come è unita la famiglia reale
6) Le uniformi dell’esercito italiano, 6 giugno ’15 / quarta di copertina / compostezza senso di sicurezza tra gli ufficiali in uniforme / gli italiani devono credere in loro

Inizia la guerra e dai disegni successivi emerge la volontà da parte di Beltrame di non spaventare la gente, ossia di mandare messaggi rassicuranti alle madri a casa, alle spose fino ai soldati che stanno partendo. Sarà una guerra rapidamente vittoriosa perché gli italiani hanno troppa voglia di vincere e perché la Storia è dalla loro parte.

Xx 7) Abbattimento del confine, 13 giugno ‘15/ avanzata travolgnte
Xx 8) Il re tra i soldati, soldato tra i soldati, 22 giugno ’15 / non c’è timore / tutti stanno al proprio posto di combattimento / senso di fiducia tra il pubblico dei lettori
Xx 9) Sul versante settentrionale del Pal Piccolo, luglio ‘15
Xx 10) Gli alpini salgono il Cauriol, ottobre ’15

Non c’è una evoluzione tra i disegni del ’15 e quelli del ’18, neanche un prima Caporetto e un dopo Caporetto nei disegni di Beltrame. Nei suoi disegni la guerra è senza tempo, tempo che potremmo prescindere dalle diverse date dei suoi lavori singoli.

Se gli articoli interni alla “Domenica” non sempre vengono letti e capiti, i suoi disegni sono immediatamente compresi ed entrano a far parte dell’immaginario popolare. Nell’ambito di quello che venne definito il “consenso alla guerra” i disegni di Beltrame dettero un grande contributo.
Beltrame non si chiede mai quali sono le cause della guerra al di là del mito di “Trento e Trieste italiane”. La guerra è una dura necessità, deve essere combattuta con tenacia e patriottismo, deve essere vinta a tutti i costi perché è dovere di ogni italiano combatterla e vincerla. Xx Ora l’imperativo dei giornalisti è “Fabbricare la vittoria!”.
Gli italiani sono tutti eroi e nessuno deve temere della vittoria finale (ottimismo).
Da notare che solo nella primavera del ’16 ottiene il permesso di visitare le zone di guerra. Fino a quel momento aveva utilizzato le fotografie che erano poi proposte sul “Corriere” oppure affluivano sulla scrivania di Albertini.

 Giuseppe Scalarini
Personalità del tutto diversa è Giuseppe Scalarini. Scalarini nasce a Mantova nel 1873 e muore nel 1948 a Milano. La sua è una famiglia modesta socialmente. Il padre è impiegato nelle ferrovie, volontario nella seconda e terza guerra d’indipendenza (elemento molto importante per la sua formazione politica).
La svolta nella sua vita avviene nel 1898 al tempo delle “cannonate di Bava Beccaris a Milano” (“il terribile monarchico Bava”). Inizia la sua militanza nel Psi prima a Mantova e poi a livello nazionale con molti disegni dotati di una particolare impronta politica.
Le sue vignette irridenti, che prendono di mira soprattutto Bava Beccaris, lo costringono ad espatriare e per due-tre anni vive nelle principali città europee facendo sempre nuove esperienze a livello politico e nel disegno satirico. Torna in Italia nel 1901 approfittando di un’amnistia.
La collaborazione con l’Avanti inizia nel 1911 al tempo della guerra italo-libica.
Da questo momento fino al 1926 con le “Leggi eccezionali” che mettono fuori legge il Psi e il suo quotidiano, Scalarini realizza 3700 vignette.

La sua analisi della guerra è precisa e politicamente corretta. La Grande guerra e poi la partecipazione italiana non sono realtà incomprensibili e al di fuori della realtà.
Al contrario, secondo Scalarini, la guerra ha una solo causa: il capitalismo europeo vuole questa guerra per motivazioni di carattere imperialistico ed economico così come il fascismo è da lui lucidamente interpretato come reazione della classe dirigente italiana di fronte agli scioperi del Biennio Rosso (1919-1920) e al rischio che l’Italia conoscesse una rivoluzione sul modello bolscevico.
Quindi vedere Scalarini solo come abile vignettista, sagace e capace di mordere l’avversario, è limitante.
Accanto alla lucidità e nitidezza del disegno è importante vedere oggi lo sguardo di un socialista capace di analizzare con chiarezza la realtà dell’epoca, molto più in profondità rispetto agli stessi dirigenti del suo partito ancorati al “né aderire né sabotare”.
Nessun rapporto di parentela di Scalarini con altre anime interventiste del socialismo italiano. Pensiamo a Mussolini che nell’ottobre del 1914 prende posizione decisa a favore della guerra fino ad essere espulso dal Psi o ancora ai socialisti rivoluzionari dell’USI (Unione sindacale italiana) come Corridoni, De Ambris e altri, i quali prendono posizione a favore della guerra spacciandola come occasione per poi fare la rivoluzione socialista.

Non è esagerato dire che nel 1914-15 e poi negli anni della guerra, pochi intellettuali e politici italiani hanno avuto la lucidità politica e intellettuale per capire le cause di essa e per denunciarle con passione. Tra i pochi sicuramente possiamo inserire Scalarini.

Vediamo ora alcuni tra i più significativi disegni di Scalarini apparsi sull’Avanti al tempo della Prima guerra mondiale.

– Xx 1) Il socialismo e la guerra
– Xx 2) Abbasso la guerra!
– Xx 3) Arricchito di guerra
– Xx 4) Madre contro la guerra
– Xx 5) Una madre e la guerra
– Xx 6) Il carro della vittoria
– Xx 7) La pace
– Xx 8) I risultati della vittoria
– Xx 9) Il fascismo difende i padroni
– Xx 10) Il figlio della guerra
– Xx 11) La patria

Scalarini e Beltrame sono personaggi antitetici. Il primo disegna la guerra per quello che è perchè dietro di essa individua la guerra imminente del proletariato italiano ed europeo per il socialismo. Beltrame invece disegna la guerra così come era immaginata dalla classe dirigente italiana nell’ottica della vittoria finale.

Due grandi disegnatori, due grandi interpreti della Grande guerra. Solo che uno è nella ragione perchè esprime le speranze di cambiamento sociale del proletariato; l’altro è nel torto perchè interpreta la guerra solo come conservazione dell’esistente. Uno è rivoluzionario, l’altro no. La vera differenza tra i due è tutta qui.

La “radiosa guerra” di Beltrame
“Quando si accinge a disegnare le tavole del “radioso maggio”, Beltrame sa che non è facile far accettare la guerra agli italiani. Probabilmente egli stesso condivide i dubbi della maggioranza: anche se non è dato sapere che cosa egli pensasse del conflitto. Il profilo tranquillo e defilato della sua biografia e alcuni disegni del 1914 lascerebbero intendere una sostanziale freddezza rispetto ai miti bellici.
Beltrame però è anche un professionista serio e un leale esecutore degli indirizzi del suo giornale: appartenendo a un gruppo editoriale in prima fila nel sostenere le ragioni dell’interventismo, egli non ha esitazioni a mettere la sua matita e i suoi acquerelli al servizio del patriottismo guerriero e lo fa con lo stesso impegno con cui, negli anni precedenti, ha “raccontato” i fatti piccoli e grandi della quotidianità nazionale.
Uno spunto di Luigi Albertini, pubblicato sul “Corriere della Sera”, indica la strada da percorrere: “L’intervento è stato deciso. Adesso tutti gli italiani devono sentirlo come proprio”. In questa direzione le tavole della “Domenica del Corriere” sono assai più utili degli articoli di fondo del quotidiano, perché il testo scritto è letto da pochi, mentre i disegni sono intelleggibili a tutti. Compito delle tavole è parlare agli occhi e all’emozione della gente comune; rendere accettabile ad un pubblico “popolare” un evento traumatico come la guerra; rassicurare e motivare i lettori che vedranno partire i propri figli sulle tradotte verso il fronte; trasformare la paura in sacrificio, le lacrime in dedizione alla patria, i dubbi in consenso.
Achille Beltrame si mette dunque al lavoro e il suo ragionamento è semplice: inutile (e probabilmente impossibile) spiegare in modo persuasivo le ragioni della guerra; inverosimile alludere a presunte minacce austriache o tedesche; elitari (e dunque impraticabili) sia il richiamo alla memoria del Risorgimento e alla quarta guerra di indipendenza, sia il rinvio al conflitto come “sola igiene del mondo” (secondo la famosa formula di Marinetti), meglio allora evitare domande difficili e spiegazioni incerte e partire dal presupposto che la guerra è ormai un fatto compiuto, un impegno irrevocabile, una realtà in atto in cui tutti gli Italiani sono a vario titolo coinvolti e dalla quale non possono sottrarsi. Nel momento in cui lo scontro armato è iniziato, il “prima” e i “perché” non hanno più nessuna importanza: ciò che conta, ora, è solo il presente. E il presente deve essere proposto come una “straordinaria quotidianità”, un momento eccezionale (non potrebbe essere diverso!) nel quale si devono rintracciare i fili rassicuranti del vivere comune.
Chi guarda le tavole di copertina e controcopertina deve sentirsi trasportato in un’atmosfera coinvolgente e giovanile di eccitazione patriottica, dove la guerra è slancio corale di una nazione che si riconosce nella sua bandiera e nel suo re, pronta a muoversi verso traguardi che le vengono indicati nell’interesse comune, rigenerata in una prova quasi gioiosa di orgoglio e di coraggio solidale. Tutte le implicazioni inquietanti della lotta devono essere epurate e l’indicibile del presente (il dramma della sofferenza, il sangue, la paura della morte, il fango e i pidocchi delle trincee, i corpi sventrati dalle esplosioni, i cadaveri) deve rimanere rigorosamente fuori pagina”.
Gianni Oliva, “La Domenica del Corriere va alla Guerra. Il 1915-18 nelle tavole di Achille Beltrame”, Paolo Gaspari editore, Udine, 2012, pp. 10-11

Achille Beltrame / appunti per conferenza
Achille Beltrame nasce ad Arzignano (provincia di Vicenza nel 1871) e muore a Milano nel 1945. Studente all’Accademia delle Belle Arti di Brera scopre quasi per caso la sua passione ma anche le sue capacità nel disegno quando si reca in Montenegro nel 1896 per ritrarre la futura regina Elena.
Non riesce ad incontrarla ma conosce un inviato de L’Illustrazione italiana” che nota le sue spiccate qualità. Dopo pochi anni Luigi Albertini lo fa entrare a partire dal 1899 nella “Domenica del Corriere”, settimanale popolare da cui Albertini si aspetta molto. Sarà il settimanale delle famiglie italiane mentre il “Corriere della Sera” e il settimanale “La Lettura” si rivolgeranno ad un pubblico più elitario (la classe dirigente italiana).
Dal 1899 fino alla morte la collaborazione di Beltrame con la “Domenica del Corriere” non conosce soste e alla fine saranno ben 4.662 le tavole pubblicate.
Ogni settimana sono due i disegni di Beltrame: il disegno di copertina e quello finale che chiude la rivista.
Beltrame prende spunto da fatti di cronaca di cui si parla in quei giorni oppure avvenimenti di risonanza nazionale o internazionale e così in un paese ancora parzialmente analfabeta (46% nel 1911) o con larghe sacche di precaria scolarizzazione i suoi disegni acquistano una particolare importanza fino al punto da identificare Beltrame con la “Domenica del Corriere” e viceversa.
Nel 1913 si stampano 495mila copie settimanali della “Domenica”, salgono a 923mila nel ’14 per poi stabilizzarsi a 700mila negli anni del conflitto.

L’attentato di Sarajevo
Giustamente la mostra si apre con l’attentato di Sarajevo. Del 28 giugno del ’14. Il disegno è così coinvolgente da diventare la “fotografia” dell’attentato, causa seppure occasionale dello scoppio della Grande guerra.

Scoppia la guerra, agosto ‘14
Appena scoppia la guerra europea (agosto ’14) la “Domenica” racconta l’evento e Beltrame è tra i protagonisti (1 agosto del ’14). L’Italia vive i dieci mesi della neutralità.

Il “Maggio radioso”
E’ con il “Maggio radioso” del ‘15 che la classe politica e il “Corriere” prendono decisamente posizione a favore della guerra. Ora la decisione di entrare in guerra deve essere difesa e tutti devono fare il proprio dovere: politici, soldati e giornalisti, cittadini comuni.
Uno spunto di Luigi Albertini, pubblicato sul “Corriere della Sera”, indica la strada da percorrere anche per Beltrame: “L’intervento è stato deciso. Adesso tutti gli italiani devono sentirlo come proprio”.
Se gli articoli interni alla “Domenica” non sempre vengono letti e capiti, i suoi disegni sono immediatamente compresi ed entrano a far parte dell’immaginario popolare. Nell’ambito di quello che venne definito il “consenso alla guerra” i disegni di Beltrame dettero un grande contributo.

Tavole del “Maggio Radioso”
5) Re, tricolore e folla, 6 giugno ’15 / prima pagina / chi guarda il disegno non sale dalla folla alla bandiera ma al contario dal re e dalla bandiera scende verso la folla. Gli italiani devono rimanere uniti così come è unita la famiglia reale

Inizia la guerra italiana
Con il 24 maggio del ’15 inizia la guerra italiana.
In questo contesto le tavole della “Domenica del Corriere” sono assai più utili degli articoli di fondo del quotidiano, perché il testo scritto è letto da pochi, mentre i disegni sono intelleggibili a tutti.
Compito delle tavole è parlare agli occhi e all’emozione della gente comune; rendere accettabile ad un pubblico “popolare” un evento traumatico come la guerra; rassicurare e motivare i lettori che vedranno partire i propri figli sulle tradotte verso il fronte.
Beltrame non si chiede mai quali sono le cause della guerra al di là del mito di “Trento e Trieste italiane”. La guerra è una dura necessità, deve essere combattuta con tenacia e patriottismo, deve essere vinta a tutti i costi perché è dovere di ogni italiano combatterla e vincerla. Ora l’imperativo è “Fabbricare la vittoria!”.
Gli italiani sono tutti eroi e nessuno deve temere della vittoria finale (ottimismo).
Achille Beltrame si mette dunque al lavoro e il suo ragionamento è semplice: inutile (e probabilmente impossibile) spiegare con il disegno in modo persuasivo le ragioni della guerra; inverosimile alludere a presunte minacce austriache o tedesche; elitari (e dunque impraticabili) sia il richiamo alla memoria del Risorgimento e alla quarta guerra di indipendenza, sia il rinvio al conflitto come “sola igiene del mondo” (secondo la famosa formula di Marinetti), meglio allora evitare domande difficili e spiegazioni incerte e partire dal presupposto che la guerra è ormai un fatto compiuto, un impegno irrevocabile, una realtà in atto in cui tutti gli Italiani sono a vario titolo coinvolti e dalla quale non possono sottrarsi.
Nel momento in cui lo scontro armato è iniziato, il “prima” e i “perché” non hanno più nessuna importanza: ciò che conta, ora, è solo il presente.

Immagini che devono rassicurare
Inizia la guerra e dai disegni successivi emerge la volontà da parte di Beltrame di non spaventare la gente, ossia di mandare messaggi rassicuranti alle madri a casa, alle spose fino ai soldati che stanno partendo.
Sarà una guerra rapidamente vittoriosa perché gli italiani hanno troppa voglia di vincere e perché la Storia è dalla loro parte.
Tutte le implicazioni inquietanti della lotta devono essere epurate. Il dramma della sofferenza, il sangue, la paura della morte, il fango e i pidocchi delle trincee, i corpi sventrati dalle esplosioni, i cadaveri devono rimanere rigorosamente fuori pagina.

Da notare che solo nella primavera del ’16 ottiene il permesso di visitare le zone di guerra. Fino a quel momento aveva utilizzato le fotografie che erano poi proposte sul “Corriere” oppure affluivano sulla scrivania di Albertini.
Non c’è Caporetto
Non c’è la rotta di Caporetto non tanto per nascondere quanto per non intaccare il consenso così faticosamente costruito nei due anni precedenti. Animare il popolo italiano vuol dire continuare a spronarlo alla vittoria anche e soprattutto nei momenti peggiori con la certezza che la vittoria arriderà al migliore.

Vittorio Veneto
Particolarmente toccanti sono le ultime immagini della mostra: la strenua difesa lungo il Piave, il Grappa e il Montello e poi la prodigiosa avanzata verso Vittorio Veneto fino all’apoteosi del 4 novembre ’18 con la capitolazione austriaca.

Tra coloro che hanno creduto e operato per la vittoria italiana, nel bene e nel male, dobbiamo sicuramente annoverare Achille Beltrame.  Se la Grande guerra è diventata un mito ancora seducente a cento anni di distanza, lo dobbiamo anche a lui.