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Gli scioperi del ’43–44. La Resistenza operaia

Gli scioperi del ’43–44. La Resistenza operaia

Appunti

L’incontro di questa sera è dedicato ai grandi scioperi del ’43-44 che rappresentano sicuramente un momento importante nella storia della Resistenza italiana.

Anzi, se vogliamo un elemento capace di distinguere la Resistenza italiana da quella europea dobbiamo cercarlo appunto nell’entità degli scioperi del ’43 e ’44, che non hanno confronti con il resto della resistenza al nazismo.

Ma sarebbe anche sbagliato non vedere i tanti fili che legano gli scioperi che scuotono dalle fondamenta prima il fascismo nel 1943 e poi il dominio tedesco nel ’44 con la contemporanea azione dei partigiani in montagna.

Prima di tutto perché gli operai più compromessi dovettero diventare partigiani in montagna per evitare l’arresto e la deportazione in Germania ma poi perché, seppure in mezzo a tante difficoltà, il legame montagna-fabbrica non si ruppe mai del tutto, neppure nei momenti più difficili.

E poi non c’è dubbio che dietro la defenestrazione di Mussolini del 25 luglio ’43 (arresto per volontà del re) ci siano anche gli scioperi del marzo; mentre gli scioperi del ’44 squalificano sempre di più il presunto consenso del fascismo nelle fabbriche e mostrano il vero volto del nazismo in Italia

** L’Italia monarchico-fascista aveva iniziato la guerra con il 10 giugno del ’40 con molta baldanza immaginando subito una guerra breve e vittoriosa. Poche settimane e“alcune migliaia di morti per sedere al tavolo della pace” (Mussolini).

Le cose non andarono così: la Grecia, la perdita dell’Impero (Etiopia, Somalia, Eritrea già nel ’41), la perdita della Libia nel ’43, i bombardamenti a tappeto sulle città italiane (più di 40mila morti), la fame di milioni di italiani cambiano in profondità gli orientamenti della popolazione italiana.

All’inizio del ’43 c’è molta sfiducia nella guerra ma tutto questo sta per risvegliare la combattività delle masse operaie, che sono state compresse da vent’anni di fascismo e di “pace sociale” imposta dai sindacati fascisti e dalla politica repressiva del regime.

Precedenti scioperi e sommesse solo nell’agosto del 1917 e durante il Biennio Rosso (1919-20).

** “Vogliamo vivere, vogliamo le 192 ore, vogliamo il carovita!”

Gli scioperi iniziarono il 5 marzo del ’43 tra gli operai di Mirafiori e della Fiat Grandi Motori. Poi lo sciopero si estende all’intera Fiat e ad altre aziende torinesi. Sono 100mila gli operai in sciopero, 50mila solo alla Fiat.

A Milano si inizia a scioperare dal 23 marzo. Genova sarà passiva per tutto il tempo.

Non c’è un coordinamento a livello nazionale e questo spiega come mai si scioperi in tempi diversi.

** Aspetti sindacali degli scioperi

Il motivo scatenante dello sciopero sono le 192 ore di gratifica pagate soltanto ai capifamiglia sfollati con la loro famiglia, ma ci sono altri motivi:

. compressione salariale durante il Ventennio

. i prezzi sempre più alti dei generi alimentari / gli operai chiedono l’aumento dell’indennità del carovita

. orari massacranti (11 ore e mezza, anche 12 con cottimo individuale!)

. assegni al posto del denaro contante

. pagamenti in ritardo degli stipendi che rendono più acuta la fame

. denutrizione con dimagrimenti dai 5 ai 14 kg (indagine Fiat Grandi Motori)  .aumenta il numero dei malati

E’ evidente che la classe dirigente fascista sta cercando di far pagare alla classe operaia i costi della guerra.

I disagi degli operai sono aumentati dallo sfollamento quotidiano su carri ferroviari talvolta scoperti e con gravi ritardi, così che le ore di sonno erano sempre insufficienti.

Cerca di sfruttare il malcontento il PCI clandestino, ma al di là di qualche manifesto inneggiante la cacciata di Mussolini e la fine della guerra, non si va. Dopo l’8 settembre ci saranno più opportunità per i partiti politici, quindi anche per il Pci. Le autorità probabilmente amplificano il ruolo dei comunisti nelle fabbriche in questa fase.

** Con l’andare dei giorni le richieste tendono ad aumentare:

. le 192 a tutti gli operai ed operaie

. indennità per il caroviveri

. l’aumento della razione di pane, grassi, olio, latte …

. la liberazione degli operai arrestati

. rappresentanza sindacale

. gomme per le biciclette

Gli operai utilizzano nuovi strumenti di lotta come gli scioperi di mezzora (scioperi a singhiozzo) che tendono ad allargarsi a macchia d’olio.

Reazione delle autorità fasciste

Le autorità sono sorprese e preoccupate, temono soprattutto l’infiltrazione dei comunisti. La polizia reagisce con arresti fuori dai cancelli o nella notte. Ma lo sciopero dilaga in provincia e talvolta gli elementi più attivi e arrabbiati sono le donne.

Di fronte alle incertezze dell’intervento delle autorità fascista Hitler disse ad alcuni suoi collaboratori: “Ma per me è impossibile che un popolo possa scioperare in otto fabbriche durante la guerra. E nessuno osa intervenire. Sono riusciti ad arginare lo sciopero ma lo hanno fatto solo dopo essere stati incerti se intervenire o no in maniera radicale. Sono convinto che in questi casi chi mostra la minima debolezza è perduto”.

Più che Mussolini sono gli imprenditori che suggeriscono di accogliere parte delle rivendicazioni operaie.

A Torino il 18 marzo gli scioperi hanno termine a causa dei tanti arresti e di qualche concessione economica. I rapporti di forza sono questi.

A questo punto l’iniziativa tocca a Milano, fino a quel momento silenziosa.

* Gli scioperi a Milano del ‘43

Gli scioperi a Milano iniziano dal 23 marzo fino al 28 (nascita Fasci di combattimento) (Pirelli, Falk, Borletti, Ercole Marelli). Tentativo del Pci milanese di coordinare gli scioperi.

Mussolini è furibondo: “Non ho avuto l’impressione che gli organi di polizia abbiano avuto il mordente necessario. Se avessero sparato le autoblinde, io avrei assunto subito la responsabilità di ciò. Quando gli operai italiani assassinano gli altri che combattono, io faccio sparare”.

Farinacci, lettera a Mussolini: “Ho vissuto stando nell’ombra le manifestazioni degli operai di Milano. Ne sono rimasto profondamente amareggiato come fascista e come italiano. Non siamo stati capaci né di prevenire né di reprimere ed abbiamo infranto in principio di autorità del nostro regime. A Milano gli avvenimenti hanno esautorato il Federale, che è un ottimo camerata e valoroso combattente, ma con le spalle impotenti a reggere questa situazione, poi Liverani degli industriali e Malusardi degli operai, i quali non hanno potuto farsi prendere sul serio dalle maestranze. Se ti dicono che il movimento ha assunto un aspetto esclusivamente economico ti dicono una menzogna”.

Fascisti e carabinieri sono cacciati dalle fabbriche in lotta. Gli scioperi dilagano nel milanese ma contemporaneamente aumentano gli arresti.

Alla fine di marzo il governo concede molti punti chiesti dagli scioperanti. Ordine di Mussolini.

Ritorna per qualche mese la calma in fabbrica.

Importanza degli scioperi del ‘43

Bisogna tener conto che tutto ciò avviene in un paese dittatoriale e in guerra dove le fabbriche erano quasi tutte di carattere bellico (lo sciopero è reato).

La verità è che il regime ha subito un grande scacco. Non solo la sua burocrazia ha mostrato imprevidenza e inefficienza, non solo gli organi repressivi sono stati colti di sorpresa, ma il partito fascista ha visto per la prima volta che la sua base di massa è erosa.

Farinacci (stessa lettera a Mussolini): “Il partito è assente e impotente. Ora avviene l’inverosimile. Dovunque nei tram, nei caffè, nei teatri, nei cinematografi, nei rifugi, nei treni si critica, si inveisce contro il regime e si denigra non più questo e quel gerarca ma addirittura il Duce. E la cosa gravissima è che nessuno più insorge. Anche le questure rimangono assenti, come se l’opera loro fosse ormai inutile. Andiamo incontro a giorni che gli avvenimenti militari potrebbero far diventare più angosciosi. Difendiamo la nostra rivoluzione con tutte le forze… E poi, caro Presidente, perché non convochi il Gran Consiglio? Lascia che ognuno sfoghi il suo stato d’animo, che ognuno dica il suo pensiero e fa in modo che tutti tornino rincuorati dalla tua parola”

Manca poco al 24 luglio!

Il rapporto tra gli scioperi del ’43 e la Resistenza

Radio Londra parla molto degli scioperi. Nel quadro della Resistenza europea gli scioperi del marzo ‘43 vennero giudicati i più significativi su scala europea di tutta la guerra (furono i primi).

Per il nostro paese gli scioperi furono il primo capitolo della Resistenza italiana, prima ancora dell’8 settembre (data tradizionale di inizio della Resistenza). Seguiranno poi gli scioperi dell’estate (caduta di Mussolini), dell’autunno-inverno del ’43 e del marzo del ’44.

** Sarebbe sbagliato vedere nella caduta di Mussolini solo un regolamento di conti nella classe dirigente fascista: i collegamenti tra il marzo e il luglio sono indubitabili.

– Alla luce della defenestrazione di Mussolini contano molto anche lo sbarco in Sicilia degli Alleati (10 luglio) e il bombardamento di Roma del 19 luglio (San Lorenzo).

Lo sciopero generale del marzo del ’44 / Il contesto storico

* Ora il Centro-Nord Italia è nelle mani dei tedeschi. Dopo il marzo del ’43 c’è stato il 25 luglio e poi l’8 settembre.

La politica tedesca si inquadra nelle tendenze a sfruttare le risorse dei territori occupati: asportare tutto quello che si può, rastrellare prodotti e beni di consumo per il Reich, utilizzare l’apparato industriale del Nord (anche per la difficoltà di trasferire macchinari in Germania), chiudere gli impianti considerati non essenziali, fare incetta di manodopera.

La miseria operaia

Torino e Milano sono città semidistrutte. Il 50% della case a Torino sono sinistrate. 100mila persone sono sfollate. Per gli operai ogni mattina c’era un interminabile viaggio dai centri vicini alle fabbriche. A Milano i senza tetto sono 200mila (lo sfollamento interessa quasi i 2/3 della popolazione). Meno distrutta è Genova ma è maggiore la disoccupazione.

Molti operai sono denutriti e ammalati. I prezzi sono cresciuti tre volte dal ’41.

Un operaio Fiat guadagna 240 lire la settimana per 44 o 48 ore di lavoro. 260 lire costa un kg di burro; l’olio è a 600 lire il litro, il riso costa 22 lire al kg.

Gli scioperi del marzo ’44 sono scioperi politici organizzati dal PCI clandestino, fenomeno che si iscrive nella Resistenza europea e non ha riscontri in nessuno dei Paesi occupati. Le grandi fabbriche si fermano una settimana, la produzione per la Germania subisce un colpo.

Si sciopera in Piemonte, Lombardia e Liguria. Il primo giorno è un grande successo.

Scioperano 500mila lavoratori (forse 1 milione contando anche le fermate saltuarie).

** Ancora la Fiat protagonista

Il via viene dato da Torino il 1 marzo, in particolare la prima azienda a scioperare è Mirafiori. Il prefetto Zerbino comunica che in caso di sciopero gli stabilimenti rimarranno chiusi, gli scioperanti saranno licenziati oppure arrestati e deportati mentre sarebbe stato ritirato l’esonero per il servizio militare.

Anche a Milano si sciopera dal 1 marzo compresa la provincia (Legnano, Busto Arsizio). Dal primo giorno A Legnano si sciopera nella Manifattura Lombarda (1200 operai) e nella De Angeli-Frua (1000 operai). In totale sono 300mila scioperanti.

Si sciopera anche Varese: dalla Censa (1700 operai) alla Isotta Fraschini (2300 operai). Agitazioni anche a Saronno e a Como. Genova invece tace. Si sciopera in Toscana e a Porto Marghera

Scioperano i tipografi del “Corriere della Sera”, si fermano i tram e all’università si solidarizza con gli operai.

** Errori nella gestione dello sciopero

Il Pci aveva puntato molto sullo sciopero insurrezionale che avrebbe fatto finire la guerra (arrivo degli anglo-americani e dei partigiani, azioni eclatanti dei GAP): delusione tra le masse già a partire dal secondo giorno.

Le aziende replicano con la serrata a partire dal secondo giorno (gli operai stannno a casa ) e intanto iniziano gli arresti. La serrata indubbiamente indebolisce lo sciopero. Gli operai hanno paura di restare intrappolati nelle aziende.

Deportazioni e fine sciopero

A differenza dei fascisti, i tedeschi non cedono. La conseguenza sono 2000 operai deportati consegnati dai fascisti ai tedeschi. Gli arresti iniziano dal 3 marzo senza alcuna opposizione armata.

Il 5 marzo solo a Varese 50 arresti con successiva deportazione. A Milano 150 arresti-deportati. Solo alla Caproni (fabbrica di aerei) di Via Mecenate (5mila operai) ci sono 39 deportati. A Sesto San Giovanni 225.

Hitler aveva chiesto la deportazione del 20%. In Germania si mette in evidenza la forte presenza dei comunisti.

Il 5 marzo viene presa la decisioni di far rientrare lo sciopero. Preoccupazioni e delusione sono molto presenti. Le richieste economiche non sono soddisfatte. Dall’8 il lavoro riprende ovunque.

Le rivedicazioni non sono state accolte, neppure quelle alimentari (nessuna promessa di miglioramenti futuri) ma la prova di forza è stata notevole: 500mila lavoratori che bloccano la produzione di guerra per una settimana, forse 1 milione di lavoratori considerendo anche le brevi fermate

Dopo la prova di forza del marzo ’44 che si conclude con la sconfitta operaia bisogna aspettare la primavera del ’45 per vedere di nuovo le fabbriche protagoniste (epicentro dello scontro finale).

Riflessi sulla Resistenza

Dopo il duro inverno 1943-44 gli scioperi danno molto ottimismo ai partigiani che sono rimasti in montagna e si preparano alla stagione migliore della Resistenza: la primavera-estate del ’44.

Non si realizza però la saldatura tra i gruppi che combattono in montagna e la resistenza nelle fabbriche, anzi dopo il marzo del ’44 la classe operaia appare passiva fino all’insurrezione del ’45.

Bilancio finale

.gli scioperi del ’43 e 44 mostrano in controluce la debolezza dell’apparato statale fascista e la politica di rapina dei tedeschi

.gli scioperi del ’44 hanno un marcato aspetto politico (Via il fascismo!)

.rafforzano la Resistenza in montagna con nuovi arrivi dalle fabbriche

.contribuiscono alla caduta del fascismo nel luglio del ’43 e all’8 settembre

.gli scioperi sono esperienza politica e militare che diverrà utile con l’aprile del ‘45

Quindi, seppure gli operai ebbero la sensazione di uscire sconfitti nel marzo del ’44, analizzandoli nei tempi lunghi della crisi del fascismo (dal marzo del ’43 al marzo-aprile del ’45), gli scioperi entrano a buon diritto nella storia della Resistenza.

G. Restelli