Torna a Resistenza

Milano nella Resistenza

Milano nella Resistenza

Nella mia relazione vorrei mettere in evidenza la centralità di Milano nella Resistenza italiana e il ruolo propulsivo che ha avuto lungo tutta la lotta di liberazione.

Centralità di Milano

Centralità di Milano già all’inizio del secolo quando diviene il più importante centro industriale, commerciale e finanziario nazionale.

Milano è anche culla del “fascio primigenio”, ossia la nascita del fascismo il 23 marzo del 1919 in Piazza San Sepolcro. Nello stesso tempo Milano è l’epicentro durante il Ventennio dell’antifascismo nonostante l’attiva opera di repressione esercitata dall’Ovra.

Nel ’34 è a Milano che nasce un Fronte unico antifascista a cui partecipano comunisti, socialisti e alcuni repubblicani. Tra i più attivi Ernesto Rossi e Rodolfo Morandi. Soprattutto sono i comunisti i più dinamici nel tentativo di creare una rete clandestina nei distretti industriali. Tutto ciò verrà pagato con migliaia di incarcerati, condannati dal Tribunale Speciale e al Confino.

Marzo ‘43

Gli scioperi del marzo ’43 sono l’occasione tanto attesa per ricostruire il rapporto precedentemente lacerato dalla repressione poliziesca tra il Partito comunista e la classe operaia. Anche qui la centralità di Milano, con la sua imponente classe operaia, è evidente.

8 settembre

L’8 settembre coglie tutti impreparati, non i nazisti che già il 12 settembre hanno occupato Milano con violenze e saccheggi indiscriminati. Il 13 settembre la Gestapo si insedia all’Hotel Regina e inizia la caccia ad ebrei e antifascisti. Negli stessi giorni Aldo Resega ricostituisce il partito fascista e Franco Colombo fa nascere le squadre d’azione “Ettore Muti” con 3000 militi un anno dopo impiegate nella lotta antipartigiana nel Milanese e in Piemonte.

I più attivi nella Resistenza sono i comunisti con le Brigate Garibaldi a cui poi si affiancarono socialisti, giellisti e repubblicani. Tra non trascurare l’attività dei democristiani in aiuto ad ebrei, ex-prigionieri di guerra, antifascisti che rischiavano il carcere…

Brigate Garibaldi, GAP e SAP

Le Brigate Garibaldi nascono il 20 settembre in un appartamento delle case popolari di via Lulli. Nello stesso tempo nascono i GAP (Gruppi di Azione Patriottica). Nel giro di poche settimane sono una cinquantina i volontari gappisti reclutati soprattutto tra gli operai di Milano e Sesto. A tenere a battesimo i GAP sono alcuni reduci della Guerra di Spagna quali Ilio Barontini, Francesco Scotti e poco dopo Giovanni Pesce.

Tra le azioni più eclatanti compiute dai GAP ricorderei la distruzione del deposito di benzina dell’aeroporto di Taliedo (2 ottobre ’43), lo scoppio di una bomba in un ufficio tedesco nella Stazione Centrale, l’eliminazione in pieno giorno del federale Aldo Resega (18 dicembre) e l’attacco alla Casa del Fascio di Sesto San Giovanni del 10 febbraio ’44.

Contemporaneamente riprendevano le agitazioni nelle fabbriche a partire dall’autunno del ’43 dopo gli scioperi del marzo. Particolarmente importante lo sciopero a metà dicembre che per una settimana paralizzò l’attività produttiva a Milano.

Era la risposta migliore al tentativo dlla RSI di porsi a difesa degli interessi operai con la socializzazione, estremo tentativo di trovare spazio nella classe operaia.

Marzo ‘44

Il marzo del ’44 segna il culmine delle lotte operaie con uno sciopero che dal 1 all’8 marzo coinvolse attivamente non meno di mezzo milione di operai. Grande risultato politico ma non economico perché la violenza della repressione nazista e fascista segnò la sconfitta dello sciopero creando molto malcontento tra la classe operaia che dovette nei mesi successivi far fronte alle deportazioni nei lager nazisti degli elementi più in vista del sindacato mentre permanevano gravi problemi legati soprattutto al costo della vita e all’esiguità del salario.

Ad acuire il senso della sconfitta l’arresto di tutta l’organizzazione gappista (con l’intero comitato militare del Pci) poco prima dell’inizio degli scioperi che privò gli operai di un minimo di difesa armata.

Sappisti in azione

Nei mesi precedenti la repressione nazifascista non si era fatta attendere con la fucilazione all’Arena di otto partigiani (20 dicembre). Altri cinque fucilati in quei giorni al poligono di tiro della Cagnola.

Dopo alcuni mesi di inattività militare a Milano arriva Giovanni Pesce trasferito a Milano dopo aver diretto i GAP di Torino e con lui le cose cambieranno presto.

Altra importante innovazione militare è la comparsa delle Squadre SAP impegnate in azioni militari minori quali la protezione dello sciopero delle mondine nel novarese o il sabotaggio delle mietitrebbria per evitare gli ammassi. Le Sap si diffondono subito dalle fabbriche ai quartieri alla campagna.

Le SAP (nate da un’intuizione del garibaldino Italo Busetto) furono un importante salto di qualità che dimostra quanto il partigianato fosse in grado di imparare dalle sconfitte introducendo nuove modalità di lotta. In breve le SAP a Milano reclutano circa 3000 uomini da cui arruolare giovani per i compiti più impegnativi nei GAP. In ogni caso le SAP si specializzano in azioni di saboaggio nelle fabbriche, azioni di propaganda, disarmi e semina di chiodi squarciagomme. Le SAP milanesi diventeranno presto un modello da imitare in altri contesti.

Estate di sangue

La speranza di una rapida fine della guerra nell’estate del ’44 con la risalita degli alleati da Roma verso Firenze e poi oltre il Po provoca a Milano la nascita del Corpo Volontari della Libertà, ovvero del comando generale del movimento partigiano.

Di fronte agli oggettivi rischi che la Linea Gotica fosse superata dagli alleati aumenta la repressione da parte delle forze nazifasciste, soprattutto in prima linea ci sono reparti della “Muti”. Ricordo soprattutto la fucilazione di tre ferrovieri il 16 luglio a Greco, il 21 luglio cinque civili sono fucilati a Robecco sul Naviglio (con 56 deportati), il 31 luglio 6 gappisti fucilati all’aeroporto Forlanini e il 10 agosto a Piazzale Loreto 15 partigiani e antifascisti, il 28 agosto 4 garibaldini in via Tibaldi.

La spiegazione di tanta ferocia sta nei possibili rischi di tenuta della Linea Gotica da parte tedesca. In caso di difesa dell’Italia settentrionale lungo il Po erano da escludere forme di resistenza alle spalle. Anche da parte gappista c’erano molte attese sullo sfondamento della Linea Gotica, da qui una maggiore pressione militare nell’estate del ‘44.

Le cose non andarono così e la Linea Gotica resse alla pressione alleata.

Trieste autunno e drammatico inverno ’44-45

L’autunno-inverno ’44-45 fu sicuramente il momento peggiore del movimento partigiano con l’offensiva tedesca verso le repubbliche partigiane nel nord, la repressione nelle città, il Proclama Alexander, l’idea che gli alleati avrebbero ripreso l’iniziativa solo nella primavera del ’45.

A pagarne il prezzo fu ancora la classe operaia con la deportazione di 167 operai della Pirelli nei lager nazisti dopo il fallito sciopero del 23 novembre. E’ anche il momento dell’arresto di personaggi importanti nella Resistenza a Milano e nel resto d’Italia come Ferruccio Parri, Giuliano Pajetta (finito a Mauthausen); l’assassinio di Eugenio Curiel, Sergio Kasman e Mauro Venegoni (31 ottobre ’44). Non si contano in questi mesi a Milano e provincia i gappisti e i sappisti fucilati. Ricordo i 5 gappisti fucilati il 2 febbraio ’45 al Campo Giuriati.

Ritorna a Milano Giovanni Pesce per ridare fiato a un’organizzazione ormai falcidiata dagli arresti.

Le SAP in azione

Le SAP ormai sono pronte ad un ruolo sempre di maggiore importanza a sostegno del Gruppi di Difesa della Donna, a difesa del taglio degli alberi, all’assalto dei treni carichi di carbone, nei comizi volanti.

L’azione che ben esprime la piena maturità del movimento sappista è l’assalto in simultanea a ben 22 caserme e sedi nazifasciste il 6 febbraio del ’45 con mitra e bombe a mano.

Ma non c’è solo la data del 6 febbraio. Dal dicembre del ’44 quando SAP e GAP compiono 450 azioni militari al mese alle 632 del febbraio ’45 fino ad arrivare alle 781 dei primi giorni dell’aprile assistiamo ad un continuo aumento delle potenzialità di questo organismo militare la cui organizzazione alla fine si rivelò più convincente di quella dei GAP.

Milano “capitale della Resistenza”

All’inizio del ’45 ormai Milano è diventata a tutti gli effetti la “capitale della Resistenza” in quanto sede del CLNAI, dei partiti antifascisti e dei comandi di tutte le formazioni militari della Resistenza.

Alla viglia dell’insurrezione abbiamo solo a Milano 13mila sappisti e altrettanti in provincia. Di contro a Milano c’erano 3600 tedeschi e 12mila delle varie formazioni armate fasciste.

Le giornate del 25 Aprile

L’insurrezione nacque spontaneamente nella mattinata del 24 aprile a Niguarda. Contemporaneamente Pertini, Valiani e Sereni diramarono l’ordine di sciopero generale a partire dalle 13 del 25.

La proclamazione dell’insurrezione avviene il 25 aprile da parte del Clnai presieduto da Rodolfo Morandi. Intanto in molti punti di Milano si accedevano conflitti a fuoco tra reparti sappisti e reparti tedeschi e fascisti.

Alle ore 17 del 25 all’Arcivescovado il cardinale Schuster riunisce un Mussolini desideroso di patteggiare la sua resa con Marazza, Arpesani e Lombardi. Sappiamo come le cose sono andate.

Il 26 Riccardo Lombardi assunse la carica di prefetto mentre Antonio Greppi quella di sindaco. Alle ore 9 Milano era liberata nonostante nutriti reparti fascisti e tedeschi si asserragliassero in alcuni punti della città attendendo gli americani.

La mattina del 27 giunsero i primi reparti partigiani a Milano, in particolare 600 partigiani delle Garibadi dell’Oltrepò Pavese. Il 28 giunsero i garibaldini della Valsesia di Moscatelli.

Il 29 i corpi di Mussolini, della Petacci e di altri 15 alti esponenti di Salò vennero esposti a Piazzale Loreto. Nello stesso 29 entrò in città l’avanguardia della V armata americana.

Gli americani trovarono una città che già funzionava con negozi aperti, erogazione del gas ed energia elettrica. Non si verificarono casi di saccheggio. I fascisti fucilati sommariamente o dopo la sentenza di un tribunale speciale furono 622.

Partigiani uccisi

Il numero di caduti tra i partigiani e civili milanesi alla fine fu impressionante: 4100 uomini e donne di cui 2300 a Milano e provincia, 552 ad Auschwitz, 324 erano IMI, 460 nei KZ, 166 partigiani milanesi combatterono e morirono nei vari movimenti partigiani fuori Italia. Gran parte di loro appartenevano alla classe operaia, la più attiva nella lotta.

Un grosso contributo di sangue che rafforza l’immagine evocata all’inizio, ossia del protagonismo di Milano nella Resistenza.