Torna a Storia dell’emigrazione italiana

Emigranti italiani e clandestini nell’Italia di oggi

 

“Quando gli albanesi eravamo noi”

Le condizioni di vita degli emigranti italiani negli Usa e la realtà dei clandestini nell’Italia di oggi

Legnano, 2009

Dal “Corriere della Sera”, 6 maggio 2009.

“In via Mussi 10, i poliziotti hanno fatto irruzione in uno squallido seminterrato su due livelli, dove sono stati trovati 27 materassi e 16 clandestini. “Nessuna finestra, fili della luce penzoloni, un solo bagno, igiene precaria”, ha raccontato il dirigente del commissariato, Antonio D’Urso. Altro blitz in via Aicardo 10. In 60 metri quadrati sono stati trovati 10 cinesi clandestini. Gli immigrati pagavano cifre da 10 a 20 euro a notte”.

Il professor Restelli, nella serata, citava l’ “Inchiesta Jacini”, pubblicata nel 1880: “Nelle valli delle Alpi e degli Appennini, e anche nelle pianure, specialmente dell’Italia meridionale, e perfino in alcune province fra le meglio coltivate dell’Alta Italia, sorgono tuguri ove in un’unica camera affumicata e priva di aria e di luce vivono insieme uomini, capre, maiali e pollame. E tali catapecchie si contano forse a centinaia di migliaia”.

Il parallelismo è evidente. Sono trascorsi 129 anni, eppure sfruttamento, lavoro nero e “malsania”sono condizioni sociali che non temono le mode.

Restelli ha tracciato un quadro dell’emigrazione italiana. “I primi a partire furono i settentrionali – ha detto -. Dal 1876, che potremmo considerare l’anno primo del fenomeno, partirono principalmente dal Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Veneto. Poi arrivò il turno dell’Italia del Sud, dal 1901. Le medie annuali dalla Campania furono di 63mila persone, 75mila dalla Sicilia, 40mila dalla Calabria. A partire erano i più giovani, e lasciavano genitori, anziani oppure mogli con tanti figli piccoli. Per arrivare nel continente americano era necessario viaggiare per circa un mese sulle navi a vela, 15-18 giorni con le navi a vapore. L’oceano era affrontato su quelle che venivano chiamate ”navi di Lazzaro” (oggi “navi carretta”’), sempre a rischio di incendi e naufragi”.

Tra questi ultimi ha ricordato i più disastrosi. “Naufragò l’Ortigia” nel 1880 con 149 morti, il “Sudamerica” nel 1888 con 80 morti, l’ “Utopia” nel 1891 ebbe 576 annegati, il “Principessa Mafa1da” nel 1927 registrò 657 morti.

Forse il naufragio piu famoso fu quello del “Sirio”, avvenuto il 4 agosto 1906. Morirono tra le 440 e le 500 persone (il numero non potè mai essere precisato, perchè l’armatore aveva fatto salire più passeggeri rispetto alla cifra ufficiale). E nessuno pagò. Come sempre”.

Un poco di attualità: “Da 1996 a oggi si calcola che nelle acque italiane siano annegati 1291 emigranti clandestini, che diventano 3230 se consideriamo le acque di Libia, Egitto, Tunisia”. 3230 persone sono sei-sette “Sirio” che si inabissano con il loro carico umano in 13 anni”.

E poi Restelli passa a esaminare la cattiva nomea degli italiani: prima il linciaggio ad Aigues Mortes, il 21 agosto 1893 (mai raccontato dai testi scolastici francesi e italiani). Qui l’unica ricchezza era data dalle saline, che attiravano non solo lavoratori francesi ma anche tanti gruppi di siciliani e piemontesi, disposti ad accontentarsi di salari inferiori.

Da un giornale francese dell’epoca: “Gli imprenditori preferiscono gli italiani, mentre fuori le mura bivaccano 2mila francesi in attesa della chiamata. Chi sia stato il primo ad attaccare lite non è chiaro. Gli italiani erano 500 e contro di loro si scagliarono in migliaia armati di forche, fucili, pistole, armi da taglio. Il bilancio ufficiale fu di 9 operai morti e 16 dispersi. Si raccontò che questi sedici avevano preferito tornare in patria o emigrare in Brasile, invece furono ammazzati a bastonate, affogati nei canali, calpestati”.

Un settimanale della zona scrisse: “Gli italiani cominciano a esagerare con le loro pretese. Presto ci tratteranno come un paese conquistato. Fanno concorrenza alla manodopera francese e si accaparrano i nostri soldi a vantaggio del loro paese”. Frasi che sembrano scritte oggi: “gli stranieri vogliono conquistare l’Italia, ci tolgono il lavoro”.

E poi un altro linciaggio contro i “dago”, il nomignolo più adoperato per apostrofarci con disprezzo: gli “accoltellatori” (dago deriva da dagger, coltello). New Orleans, 1890.

“La sera del 15 ottobre 1889 qualcuno sparò al capo della Polizia di New Orleans, il tenente David Hennessy, il quale prima di spirare ebbe il fiato di dire solo “latini”. Latini voleva dire italiani, ma anche spagnoli, messicani, greci, francesi. Ma questa parola basto per scatenare una violenta repressione nei nostri confronti.

ll sindaco ordinò di “arrestare tutti gli italiani” di New Orleans. Sessanta persone armate fecero irruzione nel carcere, altre quaranta impedivano ai più di entrare, e undici italiani furono linciati.

Restelli torna al presente: “Oggi in Italia gli stranieri producono l’8% del prodotto interno lordo. Nascono piccole imprese con titolari immigrati. Accendono mutui per acquistare case, iscrivono i figli a scuola: ma sugli stranieri regna sempre lo stigma del degrado e malaffare”.

Scorre un filmato che racconta le vicende di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, condannati alla sedia elettrica nel 1927, dopo sette anni di carcere e un processo senza prove.

Altro argomento tragico della nostra emigrazione. La tragedia di Marcinelle, Belgio, 8 agosto 1956: nel Bois du Cazier muoiono 256 minatori, 136 dei quali sono italiani.

E poi il maggior disastro minerario a Mononga, in Virginia, il 6 dicembre 1907. Un’esplosione a 70 metri di profondità fece 350 vittime, di cui l7 italiane. Per arrivare alla vicina Svizzera, che ci ha visto clandestini per lunghi anni.

“Lucia viveva nella stanza di un appartamento abitato anche da altre famiglie. Quando i genitori andavano al lavoro, la chiudevano dentro a chiave. Uscì per la prima volta solo a 13 anni. Anche Anna stava chiusa in casa, e quando poteva scendeva in giardino ma non doveva parlare con nessuno. Solo a 8 anni, per andare a scuola, è uscita dal nascondiglio. La maestra la descrive assente, impaurita, mentra disegna animali minacciosi di fronte a una piccola bambina. Rosina invece era ancora piccola. Un giorno cadde in casa e si incrinò due costole. Fino al rientro dei genitori non fece un lamento. Lucia, Anna e Rosina sono bambine italiane che a cavallo fra gli anni Sessanta  e Settanta  vivevano in Svizzera illegalmente. Fuorilegge, clandestine.

Nel film ”Pane e cioccolata”, interpretato da un indimenticabile Nino Manfredi, il protagonista, un cameriere italiano stagionale, dice che negli armadi degli italiani in Svizzera ci sono più bambini che vestiti.

Marina Frigerio e Simone Burgher, due studiosi elvetici, hanno scritto un libro sui nostri bambini in Svizzera costretti a vivere chiusi in casa. Si intitola “ Bambini nascosti”, è un testo del 1992.

Quando esce il libro, le prime navi cariche di albanesi sono già arrivate a Brindisi. E in Svizzera avevamo ancora un migliaio di bambini clandestini!

Abbiamo rischiato la vita e in tanti casi anche persa. Restelli conclude citando Angelo Trambusti, ultimo clandestino italiano morto presso Mentone. “Aveva 26 anni e faceva il panetterie a Bagno di Ripoli. Il negozietto non gli permetteva di vivere e così tentò di passare in Francia per fare lì il panettiere. Cadde nel vuoto nel 1962 … solo l’altro ieri”.

E’ interessante notare che le organizzazioni che si occupavano di far passare il confine ai clandestini erano sempre di italiani soprattutto del Nord. Erano i “ passeur”, contrabbandieri, ma spesso veri e propri delinquenti che si facevano pagare lautamente il passaggio e poi consegnavano alle guardie di confine i clandestini, o peggio li abbandonavano in cima ai passi d’inverno, oppure in prossimità di crepacci e burroni.

Esattamente oggi come gli scafisti, che ci riempiono di sdegno quando si sbarazzano del loro carico umano buttandolo a mare.

Silvia Vignati, “Il Giorno”, 2009