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2 giugno 1946: monarchia o repubblica?

2 giugno 1946: monarchia o repubblica?

Gli italiani al voto

Per decidere se l’Italia sarebbe stata una repubblica o ancora una monarchia gli italiani andarono alle urne il 2 giugno del ’46 con un referendum.

Il risultato fu la vittoria della repubblica ma con uno scarto poco ampio di voti: 12.717.923 per la repubblica e 10.719.284 per la monarchia a cui dobbiamo aggiungere un milione e mezzo di schede bianche e nulle. La repubblica ottiene quindi poco più del 54 per cento dei voti.

Nord e Sud divisi

A esprimersi nel referendum è un’Italia spaccata tra Nord e Sud. Il Nord vota a maggioranza repubblicana mentre il Sud è compattamente monarchico.

Vediamo qualche percentuale. In Piemonte, culla dei Savoia, la repubblica ottiene il 57 per cento, in Lombardia il 64 per cento, in Toscana il 71; percentuali simili l’Umbria e le Marche. La regione dove il consenso alla repubblica è più alto è il Trentino con l’85 per cento. Per la monarchia la percentuale più elevata è nella circoscrizione Napoli-Caserta con il 79.9 per cento.

I partiti di sinistra (Partito comunista, Partito socialista, Partito d’Azione) si espressero decisamente per la repubblica mentre la Dc non diede indicazioni di voto perché nel partito c’era una forte spaccatura sulla questione istituzionale. La chiesa dà indicazioni di voto a favore della monarchia. Gli americani cautamente si esprimono per la repubblica. Churchill per la monarchia, ma Churchill non è più al potere in Gran Bretagna.

Perché questa spaccatura tra Nord e Sud? A parte le storiche differenze tra le due parti d’Italia contarono molto le diverse esperienze delle due aree durante la guerra: il Nord conobbe la Resistenza (il “vento del Nord”) e una presa di coscienza politica che invece il Sud non ebbe perché l’avanzata anglo-americana fu relativamente rapida almeno fino a Montecassino e quindi non ebbe tempo di formarsi la resistenza ai nazifascisti.

Ma dietro il voto monarchico si celava il timore che le forze di sinistra mutassero l’Italia sulla base dei propri obiettivi. Spaventava molto il legame fortissimo tra il Pci e l’Unione Sovietica e nello stesso tempo il forte radicamento del partito di Togliatti tra gli operai del Nord e i contadini del Centro-Sud.

La monarchia era vista quindi come baluardo conservatore di fronte alle incognite del dopoguerra. Dopo aver appoggiato il fascismo per i propri interessi, ora masse di borghesia piccola e media votavano a favore della conservazione politica identificandosi con i Savoia.

Il “colpo di coda” dei Savoia: Umberto II

Vittorio Emanuele III tentò un colpo a sorpresa per “lavare” l’immagine fosca della monarchia in Italia: abdicò a favore del figlio Umberto (molto meno compromesso con il fascismo rispetto al padre), che così divenne Umberto II. Il passaggio di potere avvenne alla vigilia del referendum nel maggio ’46, così Umberto II divenne il “re di maggio”.

Nonostante l’estremo e tardivo tentativo di salvare il trono, la monarchia è sconfitta perché ha dato il potere al fascismo al tempo della Marcia su Roma, non ha agito contro Mussolini quando Matteotti fu assassinato, ha accolto con soddisfazione la nascita dell’ “Impero”, ha firmato senza battere ciglio le Leggi Razziali, ha voluto la guerra al pari di Mussolini e si è dissociata da Mussolini e dal fascismo solo quando la guerra era compromessa (25 luglio ’43) per conservare il trono. Con l’8 settembre del ‘43 il re, fuggendo vergognosamente da Roma, condannava il Paese al caos dell’armistizio.

Ci furono brogli?

È una delle tante leggende che continuano a circolare nel nostro Paese: la presenza di brogli che avrebbero favorito la vittoria della repubblica. Oggi non c’è storico serio che dia credito a questa tesi.

Furono i monarchici a sostenere l’idea di una vittoria ottenuta manipolando i voti perché in quei giorni ci fu, dopo il voto, una imbarazzante confusione agli alti livelli dello Stato. Basta pensare che i risultati definitivi furono proclamati dalla Cassazione solo il 18 giugno (!), sedici giorni dopo il voto. Altro fatto sconcertante, dopo la conta le schede furono subito bruciate in tutta Italia, quindi fu impossibile il riconteggio.

Mentre la Cassazione tardava a fornire i risultati definitivi corsero voci di golpe da parte delle forze monarchiche che cercarono di coinvolgere Umberto II nel rovesciamento del governo retto in quel momento da De Gasperi. Non ci fu nessun tentativo significativo di colpo di Stato probabilmente perché Umberto II si rese conto che l’eventuale azione militare non avrebbe riscosso molto successo nell’esercito e nel mondo economico; anche gli americani non volevano che l’Italia precipitasse di nuovo nella guerra civile.

Fu così che il “re di maggio” lasciò l’Italia il 13 giugno per il Portogallo non attendendo neppure il risultato definitivo del referendum.

Tra entusiasmi e delusioni

L’entusiamo per la nascita della Repubblica durò pochi giorni perché sempre nel giugno ’46 Togliatti (leader e figura storica del Pci), in quel momento ministro di Grazia e Giustizia, emanò la famosa amnistia grazie alla quale migliaia di fascisti furono scarcerati e tornarono a occupare posti di potere. La reazione di molti partigiani fu prima di incredulità e poi di aperta protesta ma le cose non cambiarono. Fu così che Togliatti diventò“ministro della Grazia ma non della Giustizia”.

Altra delusione di quei giorni fu l’elezione a Capo provvisorio dello Stato dell’avvocato Enrico De Nicola, notorio monarchico così come per la monarchia si era espresso il suo partito, il Partito liberale italiano.

De Nicola, esponente di quella classe dirigente liberale che con troppa facilità aveva ceduto al fascismo al tempo della Marcia su Roma, è colui che aveva spedito a Benito Mussolini un telegramma di auguri per il Congresso di Napoli dei Fasci che preparò gli avvenimenti del 28 ottobre 1922. Ma De Nicola fu anche colui che elogiò il re Vittorio Emanuele III quando conferì a Mussolini l’incarico di formare il primo governo di fascisti e liberali nei giorni convulsi della Marcia.

Insomma un monarchico a capo della repubblica!

Si vota anche per la Costituente

Contemporaneamente il 2 giugno del ’46 si votò a favore della Costituente, ossia di quella assemblea che avrebbe avuto  il compito di redigere la nuova Carta costituzionale (1 gennaio ’48).

I risultati sono a favore della Dc che ottiene il 35 per cento mentre il Pci è fermo al 19 e il Psi al 20. Scompare il Pd’A di Parri, Valiani, Bauer, Calamandrei, ossia un partito che nella Resistenza espresse quadri politici e militari di notevole livello e fu a capo di numerose organizzazioni partigiane. Ormai il sistema politico ruota attorno ai tre partiti di massa mentre monarchici, repubblicani, liberali sono ridotti a percentuali irrisorie.

L’anno dopo, il 1947, le sinistre sarebbero state escluse dal governo (maggio ’47, quarto governo De Gasperi) e la prima repubblica italiana si preparava a una lunga egemonia democristiana.

Giancarlo Restelli

restellistoria.altervista.org/author/admin/

– Per avere altre informazioni storiche

http://www.youtube.com/watch?v=kQIvW1LItjw

– I fascisti escono dal carcere, i partigiani entrano…

http://www.youtube.com/watch?v=wF6fkLTVubw