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A proposito della manifestazione in ricordo degli operai della Tosi deportati (gennaio ’19). Con quale facilità si “ricorda” la storia

Cari amici,

ieri venerdì 11 gennaio ’19  sono stati ricordati all’interno della Franco Tosi  gli otto tra operai e tecnici che furono deportati dopo l’irruzione alla Tosi di reparti armati SS  il  5 gennaio del ’44.

Molto bene! Non è solamente giusto ma giustissimo ricordare questi lavoratori che lottarono per un’Italia diversa.
Il problema è che in questa manifestazione e neppure nelle precedenti è stato mai ricordato che oltre agli otto deportati del 5 gennaio ’44 Legnano ebbe altri 28 deportati!
In totale furono ben 35-36 i deportati e solo 11 sopravvissero. Sono dati rabbrividenti e non sarebbe male ricordarli.

E’ strano che l’Anpi Legnano non ricordi questi altri lavoratori finiti nel tritacarne di Mauthausen nonostante una pubblicazione sponsorizzata dallo stesso Anpi dal titolo “I deportati legnanesi nei lager nazisti” (Mimesis, 2014).

http://www.legnanonews.com/news/11/38446/l_anpi_presenta_i_deportati_politici_dell_alto_milanese_nei_lager_nazisti

I libri sono fatti per essere letti e soprattutto per rinnovare il discorso pubblico.

Immagino la replica dell’Anpi Legnano: “A gennaio noi ricordiamo i fatti del 5 gennaio del ’44 e non altri momenti storici, che pure ci riguardano”.
Obiezione legittima, ma mi permetto di dire che mentre i deportati del 5 gennaio hanno una manifestazione che li ricorda, gli altri non hanno la stessa fortuna.
Il 25 aprile c’è il rischio della bulimia commemorativa dovendo ricordare giustamente i partigiani, i deportati, i soldati vittime del secondo conflitto bellico, gli Internati militari, le vittime dei bombardamenti…
L’unico momento per i deportati (ripeto 35-36 persone) è a gennaio.
E poi è strano che l’Anpi non faccia questo esercizio di memoria nonostante le belle parole spese durante la commemorazione: “Questi uomini ci hanno lasciato un’eredità politica e morale legata a valori di libertà e di democrazia che sono racchiusi dentro la nostra carta Costituzionale” (Minelli).
Dimenticare 28 nomi non è un bel regalo a chi vuole minimizzare quanto è accaduto?

E poi c’è qualcosa che mi ha lasciato di sasso. Perchè il discorso di Bentivogli è così “simile” (è un gentile eufemismo) a quello pubblicato a cura dell’Anpi in data 4 gennaio?

Dall’intervento in Tosi di Bentivogli (segretario CISL)
“Teodoro Sant’Ambrogio ci ha raccontato che le trattative con la dirigenza avevano ottenuto migliorie sia economiche sia per la mensa aziendale, che prima prevedeva per gli impiegati “minestra e pietanza”, cioè un secondo piatto, e per gli operai, che facevano un lavoro decisamente più pesante ed energeticamente dispendioso, la sola “minestra”. Gli operai erano radunati in cortile in attesa delle novità che avrebbero messo fine allo sciopero. Furono i fascisti italiani, fuori dai cancelli della fabbrica che telefonarono a Milano chiedendo l’intervento dei tedeschi. Questi, agli ordini del generale delle SS Otto Zimmermann, partirono subito per raggiungere la fabbrica.

Intanto le SS erano giunte non a Legnano ma, per un’errata interpretazione della telefonata, a Melegnano e, dopo aver scoperto l’equivoco, furibondi, stavano raggiungendo Legnano. Gli operai erano tutti in cortile. Arrivarono le SS che entrarono in fabbrica con camionette e mitragliatrici. E iniziò l’inferno. Quel giorno, innanzi tutto, ci fu un atteggiamento di ribellione da parte di tutti i dipendenti, semplicemente perché erano, eravamo stufi; poi si era diffuso un certo entusiasmo, al punto tale che il piazzale principale dell’azienda era stipato di lavoratori, convinti che la direzione, avrebbe sicuramente accolto le nostre richieste economiche…”

http://www.legnanonews.com/news/cronaca/923683/lavoratori_tosi_deportati_a_mauthausen_l_intervento_di_marco_bentivogli

Articolo dell’Anpi del 4 gennaio ’19
http://www.legnanonews.com/news/cronaca/923398/franco_tosi_la_deportazione_dei_lavoratori_il_5_gennaio_1944

“Teodoro Sant’Ambrogio ci ha raccontato che le trattative con la dirigenza avevano ottenuto migliorie sia economiche sia per la mensa aziendale che prima prevedeva per gli impiegati “minestra e pietanza”, cioè un secondo piatto, e per gli operai, che facevano un lavoro decisamente più pesante ed energeticamente dispendioso, la sola “minestra”. Gli operai erano radunati in cortile in attesa delle novità che avrebbero messo fine allo sciopero.
Intanto le SS erano giunte non a Legnano ma, per un’errata interpretazione della telefonata, a Melegnano e, dopo aver scoperto l’equivoco, furibondi, stavano raggiungendo Legnano.
5 gennaio 1944, ore 14 circa.
Gli operai erano tutti in cortile. Arrivarono le SS che entrarono in fabbrica con camionette e mitragliatrici. E iniziò l’inferno.
Franco Landini, ex Presidente ANPI di Legnano, racconta la sua esperienza:
“Quel giorno, innanzi tutto, ci fu un atteggiamento di ribellione da parte di tutti i dipendenti, semplicemente perché erano, eravamo stufi; poi si era diffuso un certo entusiasmo, al punto tale che il piazzale principale dell’azienda era stipato di lavoratori, convinti che la persona attesa, inviata dalla direzione, avrebbe sicuramente accolto le nostre richieste economiche”.

Il “copia e incolla” continua con altre frasi. Il lettore può divertirsi a individuare altri passi precedenti e successivi scritti con questa tecnica ben nota agli studenti (a certi studenti).
Oltretutto Bentivogli cita una famosa memoria di Franco Landini. Forse Bentivogli non lo sa ma Landini è stato protagonista di quel 5 gennaio e poi per molti anni compianto presidente dell’Anpi Legnano.

Perchè Bentivogli non cita lo scritto dell’Anpi e quello di Landini? magari ringraziando. Mah!

Perchè avvengono queste cose? Il problema è che l’”ospite” che parla dal palco, spesso un nome importante, non sa nulla di quello di cui dovrebbe parlare e qualche giorno prima “studia”… con questi risultati. Ma non è offensivo per la memoria di chi è stato ucciso? Non è offensivo anche per i presenti ieri in Tosi? E gli studenti pure presenti?

Lascio la risposta ai lettori che hanno avuto la pazienza di arrivare fino a qui.

Giancarlo Restelli