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“Acqua che porta via” di Fabrizio Canciani

Acqua che porta via” di Fabrizio Canciani

Iniziare con “Dolcenera” di F. De Andrè

Nera che porta via che porta via la via…

nera che picchia forte che butta giù le porte

nera di malasorte, che ammazza e passa oltre…

nera di falde amare che passano le bare”

In sintesi potremmo dire che “Acqua che porta via” di Fabrizio Canciani è l’Olona “nera di malasorte” che porta via tutto con sé. Ma la colpa non è del fiume perché “ogni posto ha il fiume che si merita”.

Chi è Fabrizio Canciani?

Purtroppo l’autore non è qui con noi perché è scomparso nel 2014. Mi fa piacere parlare di lui alla presenza di Maria Mantovani. Maria è la moglie di Canciani.

Canciani era davvero un artista poliedrico: scrittore, artista del teatro-canzone, cantautore, disegnatore, cabarettista… Si era laureato al DAMS di Bologna in Storia del Cinema.

Amava soprattutto il giallo come suo genere prediletto nella narrativa. Il giallo come specchio della società, strumento per parlare di ciò che più sta a cuore. In “Acqua che porta via” protagonista assoluto è l’Olona.

Perché un romanzo sull’Olona?

L’Olona esiste davvero – scrive Canciani – ed è per me una ferita aperta. Io sono nato sulla sua sponda destra. E questo racconto vuole essere un omaggio a un fiume tanto bistrattato (ma che non muore mai)”.

Curiosità: ogni capitoletto è una citazione da canzoni di De Andrè ma il romanzo è pieno di citazioni di gruppi musicali e canzoni rock degli anni Settanta e Ottanta. Canciani era anche un musicista e un vero appassionato di musica!

Struttura del romanzo

Prima di tutto il romanzo di basa su un costante rimando tra il 1919 e il giorno d’oggi. L’anno potrebbe essere il 2013, anno di pubblicazione. Sono due vicende separate ma il lettore sospetta fin da subito un legame.

In sostanza nella primavera del 1919 c’è una strana epidemia che colpisce uomini e animali. Gli animali stramazzano a terra senza vita e lo stesso fanno gli uomini dopo un’incubazione di pochi giorni. Uno strano malessere con debolezza in tutto il corpo, forte febbre, vomito, scariche terribili di diarrea e poi, fulminante, la morte.

Passando ai giorni nostri invece in una cittadina di 8mila abitanti (Nerviano?) viene trovato nell’Olona il cadavere di una persona che poi si scopre essere Francesco Grandi, insegnante di chimica in una scuola vicina.

La prima ad accorrere è l’avvenente Paola Martini, comandante della Polizia Locale della cittadina perché avvertita da un pescatore (pescava nell’Olona!). Subito l’inchiesta passa al comando dei Carabinieri.

Chi è il morto?

L’autorità stabilisce che il Grandi è stato colpito alla testa ed è morto affogato in poca acqua. C’entra l’Olona? Probabilmente sì, così sospetta la Martini, perché il Grandi da anni conduceva ricerche sull’inquinamento delle acque e aveva scritto articoli per la stampa locale in cui denunciava con toni forti il degrado storico del fiume. Secondo i carabinieri invece è un caso di omosessualità finito male perché il Grandi era individuo sospetto.

Paola Martini

Paola Martini è la vera protagonista del romanzo accanto al fiume Olona. Alta, bellissima, fascinosa, occhi verdi, “farebbe girare la testa degli uomini anche se vestisse come un palombaro”, così è scritto nel romanzo. La divisa le dona un di più di seduzione.

Quarant’anni, single, ha un rapporto abbastanza stretto con un “tagliacadaveri”, un medico-patologo che lavora per la polizia. Riccardo Boifava è sposato, quindi vede la Martini di tanto in tanto.

Il penultimo amante è stato Bruno Kernel, detective spiantato ma lucido. Personaggio bizzarro viaggia con un’auto scassatissima cercando di dare invano un ordine alla sua vita.

Intanto intorno a Paola scorre la vita di questa città di periferia tra pettegolezzi (è single, bella e comandante dei vigili), “mamy gang” e carabinieri che sanno tutto perché tutti sorvegliano tutti e tutti parlano volentieri.

L’indagine sulla morte di Grandi non spetta a lei ma ai carabinieri. Ma la Martini è sempre attratta dai casi giudiziari, quindi porta avanti discretamente le indagini per conto suo.

Oggi o 1919?

Spesso alcuni capitoli riportano ancora al 1919 dove muoiono bestie e uomini. Di fronte al fermento dei contadini il Consorzio dell’Olona incarica il dott. Flumani (personaggiorealmente vissuto) di indagare sulle morti sospette. Flumani sospetta che l’Olona sia il veicolo del contagio. Ma qual è la causa?

La Martini ha modo di conoscere due studenti del Grandi i quali la indirizzano ancora di più verso la pista degli industriali che inquinano. Ma perché uccidere se poi le leggi sono a favore degli inquinatori? Multa neanche salata e via!

Parlando con loro emerge la storia dell’Olona nell’ultimo secolo, la storia di un fiume che è stato violentato, alterato, abbruttito come poche volte è capitato a un corso d’acqua.

Miei ricordi della scuola elementare De Amicis

– Secondo l’Enciclopedia dei Ragazzi della Mondadori (primi anni settanta) l’Olona era il fiume più inquinato del mondo!

Olona protagonista

Infatti potremmo dire che più che la Martini o la morte del docente, il vero protagonista del romanzo è l’Olona, “fiume misterioso e scuro”, ma ancora di più il romanzo è un atto di accusa contro gli industriali che ne hanno fatto un pericoloso ricettacolo di scarichi industriali che ora nel 1919 sta provocando morti sospette.

Ogni posto ha il fiume che si merita” recita un poeta locale. Ed è questo il cuore del romanzo e il suo significato.

Così scriveva il Grandi sull’Olona: p. 140 / lettura

Tutto ciò è vero. La zona in cui abitiamo ha conosciuto nel giro di pochi decenni, tra fine Ottocento e inizio Novecento, uno sviluppo incredibile.

Spesso si parla con nostalgia e rispetto di Legnano “piccola Manchester”. Non dimentichiamo però i costi di tutto questo “progresso”: il radicale stravolgimento che subì l’Olona e i profondi mutamenti dei ritmi di vita contadina quando gli ex contadini diventarono operai di fabbrica.

Scioglimento della trama

Intanto la storia va avanti e potrebbe avere conseguenze drammatiche per la Martini. Prima alcune telefonate anonime, poi trova davanti a casa la testa di un coniglio infine una sera rischia lo stupro da parte di due delinquenti quando viene tramortita e portata in un campo per essere violentata.

Nel momento in cui i vestiti le sono strappati via come in una scena surreale due cani feroci si avventano sui due aguzzini strappando le loro carni mentre Paola approfitta della situazione per scappare. Verrà trovata da una pattuglia di Carabinieri praticamente nuda e con diverse ferite ai piedi e alle mani.

Questa disavventura che poteva costarle molto non disarma Paola la quale continua ad indagare conoscendo la sorella del Grandi la quale non crede alla omosessualità del fratello.

Grazie alla sorella la Martini scopre che Francesco Grandi aveva una villettina in un luogo ameno. Potrebbe esserci del materiale che potrà chiarire che cosa è accaduto.

Qui Canciani è bravo nel creare la giusta suspence mentre la Martini entra nella casa priva di luce e scopre che c’è una persona in quella casa.

1919. Il caso è risolto

Nel frattempo Flumani risolve il caso delle morti sospette individuando il morbo nelle pelli contaminate provenienti dalla Cina le quali già nel 1910 avevano provocato la morte di alcuni uomini e animali. Ora a distanza di nove anni la stessa ditta aveva ancora importato le stesse pelli sperando che nessuno mettesse in correlazione le morti del ’10 con le morti del ’19. La causa è il carbonchio (l’epidemia ci fu veramente nelle nostre zone nel ‘1910 e nel ‘19) che poi finiva nelle acque e dalle acque finiva per aggredire animali e uomini. L’acqua contaminata inquinava a sua volta i terreni e gli animali mangiavano l’erba così come gli uomini mangiavano senza avvedersene gli animali già ammalati.

Inquinatori cento anni dopo

Nella villetta di Grandi, immersa nel buio, Paola si trovava di fronte un uomo con la pistola puntata su di lei.

E’ il nipote dell’inquinatore e assassino di cento anni prima. Il suo nome è Claudio Torretta il quale agisce per mantenere integro il nome della sua famiglia e per evitare lo scandalo se Grandi pubblicasse le sue ricerche su quanto è accaduto nel ’19. Per ottenere ciò è disposto anche all’omicidio.

Ora con la Martini è pronto a usare l’arma contro di lei. Ma come in molti gialli il poliziotto è più agile del delinquente di turno e seppure ammaccata e in parte spaventata riesce ad avere la meglio sul Torretta.

In sostanza Grandi aveva riscoperto l’indagine del Flumani ed era pronta a pubblicarla per difendere l’Olona che tanto amava. Venutolo a sapere Torretta decise di dare una lezione al Grandi ma il prof. cadendo in acqua morì affogato mentre la Martini doveva subire l’oltraggio dello stupro per essere distolta dall’indagine personale. Alla fine tutto è chiarito e Torretta è assicurato alla legge.

A mio parere il movente del Torretta è debole: difendere l’onore della famiglia dopo poco meno di cento anni!

Sarebbe stato meglio forse immaginare che la stessa ditta, ora nelle mani del nipote, attentava ancora alla vita della gente lungo l’Olona non più con le concerie ma con nuove attività, magari ancora più pericolose.

Alla fine della storia rimane l’Olona con le sue piaghe aperte da cento anni di sfruttamento bestiale delle acque fino a manipolare il corso del fiume per renderlo ancora più sfruttabile dalle industrie.

L’”Olona era stato maltrattato, avvelenato, umiliato”. Quindi è il fiume la vittima principale dell’intero romanzo.

Già nel 1919 la sitazione era drammatica: Pag. 96-97 / lettura

Conclusione

Appunto. Siamo noi che dobbiamo preservarne lo stato di salute. Questo credo che sia il messaggio migliore del romanzo.

Quindi quello di Canciani è un romanzo nato dall’amore per un fiume, non uno qualunque, ma il fiume vicino al quale si è nati e dove si è cresciuti. E fa male vederlo sempre ridotto così dall’incuria o dallo sfruttamento a cui è stato assogettato.

Quindi un romanzo che ci parla del dovere di tutelare la natura e di preservarla per le prossime generazioni.

Concluderei con queste parole che mi sembrano la sintesi migliore di quello che l’autore voleva dire:

La parola Olona deriva dalla radice celtica Ol, che significa magnus, validus, ovvero grande, come l’uso che può farsi delle sue acque. E come i danni che può fare se s’incazza”.

Un filmato di presentazione del romanzo di Canciani con i suoi disegni