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Marcovaldo di Italo Calvino

Marcovaldo”, di Italo Calvino

Appunti per lezione – UTE Concorezzo, aprile ’19

** “Volare” di D. Modugno **

Marcovaldo, ovvero Le stagioni in città” è una raccolta di 20 brevi racconti pubblicati nel 1963. Sono scritti a partire dal 1952 (1952-62). I primi racconti sono pubblicati sull’Unità fino alla sua uscita dal Pci nel ’56 (fatti d’Ungheria).

Chi è Italo Calvino?

** Video introduttivo a Calvino **

Abbiamo detto che “Marcovaldo” è pubblicato nel 1963. Il ’63 è un anno cruciale.

Dopo una lunga gestazione, l’Italia vede i primi governi di centro-sinistra ma soprattutto il ’63 è l’anno in cui molti sogni legati al “Miracolo economico” devono fare i conti con una breve ma intensa crisi economica che riporta molta gente con i piedi per terra.

Il “Miracolo economico” / un video per capire

** “Video Boom **

Marcovaldo nei racconti di Calvino è un manovale “non qualificato” che lavora in una grande azienda dove fa di tutto. Ha famiglia: la moglie e 4 figli, di cui 3 ancora piccoli e una ragazzina.

Nei racconti vivono talvolta in un seminterrato (due stanzette) o in una mansarda dove quando piove, piove all’interno.

L’unico introito in famiglia è il suo e basta appena (spesso non basta) per pagare tasse, affitti arretrati, il salumiere, il medico…

Probabilmente Calvino è stimolato a scrivere questi racconti perché aveva ben chiara la percezione che il “Miracolo economico” non era per tutti. Lavatrici, frigoriferi, automobili, lambrette… non entrano in casa Marcovaldo. La modestia del salario e il peso dei figli (con la moglie costretta a fare la casalinga) permettono al massimo voli pindarici con la fantasia.

Sotto accusa è la società borghese del “Boom economico” in cui tutto è sacrificato in nome del più bieco affarismo a causa del quale le città sono diventate contenitori artificiali dove la gente vive una vita innaturale.

– Ma Marcovaldo vive male il suo tempo non tanto per la modestia della sua condizione sociale quanto invece perché in città si trova a disagio nella “giungla d’asfalto” quotidiana dove non crescono alberi oppure vivono alberi rachitici, dove di sera non può guardare le stelle perché le scritte pubblicitarie glielo impediscono.

M. rappresenta quel disagio della civiltà moderna nel momento in cui la civiltà contadina scompare progressivamente di fronte all’avanzare della “civiltà” urbana. Il suo sguardo di contadino inurbato coglie le tante contraddizioni della vita nelle città affollate facendo di lui un emarginato.

Il suo stesso nome, che sa di Medioevo (o di romanzetti ambientati nel M.) sembra sottolineare il suo essere di un’altra epoca, il suo essere “fuori posto”.

I° episodio di Marcovaldo / yt, da 9 a 15min /

M. ricorda Chaplin in “Tempi moderni”

– Per esempio in “Funghi in città”, emerge il suo sguardo diverso rispetto ai più: p. 7

Da una parte M. è un romantico sognatore, dall’altra mostra di essere molto pratico: la frittura di funghi! Sorta di “duplicità” nel personaggio.

Da notare che i bambini, nati in mezzo al cemento, non sanno cosa siano i funghi e non ne hanno mai visto uno.

L’idea della frittura poi finisce male perché per mettere in difficoltà Amadigi, il netturbino che si era accorto dei funghi, Marcovaldo chiama a raccolta molta gente per raccogliere i pochi funghi. Tutto bene fino a quando si ritrovarono in una corsia d’ospedale perchè erano velenosi!

– “La villeggiatura in panchina” è un altro racconto in cui affiora prepotente il suo bisogno di un contatto vero con la terra, l’umido delle piante e il fresco della notte.

Nel bugigattolo in cui dormiva con moglie e figli la temperatura d’estate era insopportabile e quindi una sera tardi decise di lasciare il letto arroventato per dormire su una panchina nel misero parchetto a due passi da casa. Sognava il “fresco e la pace”.

L’unica panca utilizzabile era occupata da due fidanzati che stavano litigando: p. 12

Finalmente i due se ne vanno dopo aver ammesso ciò che dovevano ammettere. La panchina è libera. Può stendersi e dormire. Ma la luce di un semaforo lo disturba.

Trova un rimedio con una vecchia corona d’alloro messa sulla punta della spada di un cavaliere in marmo. Ma poco più lontano ci sono operai intenti con la fiamma ossidrica e lo sfrigolio gli impedisce di addormentarsi.

Passati gli operai arrivò il camion della spazzatura e un orribile tanfo si diffuse nel parchetto. Per difendersi dalla puzza colse molti fiori e se li schiacciò alle narici. Finalmente si addormentò che era quasi l’alba.

Fu svegliato dallo spruzzo di un idrante per annaffiare le aiuole: p. 17

Insomma, non è possibile che la città diventi come la campagna, neppure di notte. La città è sempre “sveglia”.

È come se leopardianamente M. abbia bisogno ogni volta di illudersi ma ogni volta la realtà, implacabile, vince sulle sue “fole”.

– Lo stesso bisogno di inventare una città che non esiste emerge in un altro racconto: “La città smarrita nella neve”:

p. 22-23

Potremmo dire che M. è un’anima leopardiana, sempre alla ricerca dell’evasione fantastica di fronte a un mondo che istintivamente rifiuta perché brutto esteticamente: è la città sporca dei quartieri periferici. La città sfavillante dei quartieri centrali non appartiene a M.perchè è a priori escluso.

– Miseria familiare e città che hanno cancellato la natura si trovano in “Il bosco sull’autostrada”. A casa di M. fa freddo, la poca legna è finita. A questo punto M. dice: ”Vado per legna!”: p. 42

Anche qui il fatto di essere nati in una città nega ai bimbi di M. l’aver visto nella loro vita un bosco! P. 44

Alla fine M. rischia l’arresto perché un poliziotto aveva notato qualcosa di sospetto lungo l’autostrada ma quando si avvicinò vide una grande testa e sopra un uomo con una sega in mano: era la pubblicità di un prodotto contro l’emicrania! E se ne andò.

Calvino: “Ma esiste ancora la natura? Quello che trova è una natura dispettosa, contraffatta, compromessa con la vita artificiale”.

** Il ragazzo della via Gluck **

  • Un viaggio con le mucche” permette a Calvino di evitare di idealizzare troppo la campagna.

Una notte di gran caldo la famiglia di M. vede passare una mandria di mucche che saliva verso l’alpeggio. L’emozione è tanta che tutti loro scendono in strada per veder passare le mucche.

Anche in questo caso emerge la meraviglia dei bambini ma anche uno sguardo infantile che non sa andare al di là dell’unica cosa che che i bambini conoscono: la città. P. 52.

Improvvisamente scompare Michelino, il più grande dei maschi di M. Aveva deciso di seguire le mucche e i pastori!

Al commissariato gli dicono di non preoccuparsi: lassù Michelino averebbe mangiato bene e respirato aria buona!

Dopo un paio di mesi tornò a casa con la stessa mandria che lasciava i pascoli montani: p. 55

– Negli anni sessanta c’era la stessa paura di oggi per quello che si mangiava. L’industria e l’affarismo sembravano entrati di prepotenza sulla tavola. P. 71

Appena finiti i turni M. cerca un posto incontaminato dove pescare. Con il suo ciclomotore girò parecchio ma ovunque trovava miseri corsi d’acqua malata.

Un giorno la sua costanza fu premiata. Il corso d’acqua azzurra era davanti a lui e all’interno c’era un vivace giuzzare di pesci: p. 72. Il titolo del racconto? “Dov’è più azzurro il fiume”.

– “Luna e Gnac” è uno dei raccontipiù divertenti e amari nello stesso tempo. P. 75 (lettura).

Nei venti secondi di buio Marcovaldo cercava di spiegare ai figli la disposizione dei corpi celesti: p. 76

Michelino, il più sveglio dei figli di M., improvvisamente con una fionda spegne la scritta GNAC suscitando inquietudine (teme multe, indagini…) nel padre ma anche la suggestione del cielo ora buio e infinito: p. 78.

Il giorno dopo si presentò un tizio, rappresentante della ditta “Cognac TomawaK”, ditta concorrente la Spaak.

M. accetta il contratto che gli è proposto: i figli avrebbero tirato sulla scritta Gnac ogni volta che sarebbe stata riattivata.

Ma c’è un’amara sorpresa: p. 80

– In “Marcovaldo al supermarket” emerge con particolare chiarezza la critica di Calvino alla società dei consumi. Consumi sì, ma non per tutti! E poi i consumi ci divorano.

P. 88. Una vera babele! Abbiamo detto che l’imperativo “Consumate!” è rivolto a tutti, ma non sicuramente a M.: p. 88

Il supermarket era una novità in quegli anni e si può capire il fascino che emanava: nessuno prima di allora aveva visto tanto ben di Dio in uno spazio relativamente piccolo.

Portare tutta la famiglia al supermarket non era facile, soprattutto perché i bambini volevano fare come gli altri, ossia mettere nel carrello quello che vedevano. Ma anche M. è affascinato da tutte quelle merci invitanti che sembrano dire: “Prendimi!”: p. 90-91.

Ad un certo momento, quando una voce suadente annuncia che il supermarket stava per chiudere, M. vede con raccapriccio che tutti i famigliari avevano avuto la sua idea: ossia riempire i carrelli di ogni prodotto! Ora sono sei i carrelli che si muovono verso le casse! Cosa fare ora? Dove andare? A ogni angolo c’era una cassiera di sentinella con “una macchina calcolatrice crepitante come una mitragliatrice contro tutti quelli che accennavano ad uscire”.

Ad un certo punto vagando nel labirinto dei corridoi M. vede un grande buco praticato dai muratori per opere di nuova costruzione. Preso dal panico porta la famiglia attraverso quel buco e si ritrova in alto su un’impalcatura sospesa nel vuoto! Alla fine dell’impalcatura una sorpresa: p. 92-93

E’ una società che divora se stessa: da una parte si consuma dall’altra si distrugge con la stessa indifferenza mostrata nella produzione di massa.

– “La città tutta per lui” è un racconto ambientato in agosto quando la città si svuota e tutti partono. Tutti tranne uno: il nostro Marcovaldo.

Ora gli piaceva camminare per ore, tutta la città era per lui: p. 101-102

Improvvisamente questa tranquillità è annullata dall’arrivo repentino di un vero set cinematografico per una campagna pubblicitaria: p. 104

Dopo un’allucinata e stentata intervista il regista propone a M. di rimanere per dare una mano: p. 104

Altro tema: in tutti questi racconti il Pci e il sindacato non ci sono! Critica dell’autore alla sinistra dell’epoca che dimenticava con troppa facilità molte persone deboli socialmente?