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Oliver Twist

Oliver Twist

E’ il secondo romanzo di Charles Dickens e venne pubblicato su una rivista dal 1837 al ’39. Grande fu il successo di pubblico.
In quel periodo era di moda il “racconto d’appendice” o feuilleton, ossia i racconti erano pubblicati a puntate su alcune riviste e giornali. Vedremo poi le tecniche di costruzione del romanzo tipiche di Dickens.
La storia è nota. Oliver è un povero trovatello (orfano di madre che muore subito dopo il parto) nato in un orfanotrofio. Il padre era morto da poco.
La sua è una storia a lieto fine perché si scoprirà che il padre era una persona importante e aveva destinato a lui un ricco patrimonio. Così Oliver potrà rifarsi una vita accanto a persone che gli vogliono bene.
Tutto ciò solo nel finale. Dall’inizio alla fine Oliver deve combattere contro un mondo popolato da adulti violenti e interessati solo all’utile personale che minacceranno più volte la sua vita oppure vorranno portarlo verso la delinquenza.

In breve la trama.
Una donna di umili condizioni sociali partorisce in un orfanotrofio e poco dopo il parto muore. Il bambino riceve un nome dal sacrestano della parrocchia da cui dipende l’orfanotrofio. L’ultimo orfano aveva ricevuto un nome con la lettera S, al bambino capita quindi la T di Twist (nome inventato al momento) e il nome Oliver.
Fino all’età di nove anni rimane nella struttura facendo la fame fino a quando viene portato in un workhause dipendente dalla stessa parrocchia. Qui bambini e adolescenti devono lavorare in cambio di poco cibo e totale mancanza di rispetto e dignità.
Oliver un giorno viene allontanato e trattato come un delinquente perché aveva osato chiedere ancora cibo. Tre volte al giorno gli “ospiti” ricevevano una mestolata di farinata che non bastava a nessuno.
Considerato un asociale incorreggibile Oliver è espulso dalla workhause e messo a disposizione di chiunque lo voglia. Rischia di finire nelle mani di uno spazzacamino. Viene preso invece da un becchino (costrutture di casse da morti) di nome Sowerberry.
La moglie è una megèra assolutamente priva di umanità. Appena arrivato a Oliver vengono dati gli avanzi del cane che lui mangia con avidità.
Nel laboratorio artigianale dove lavora, mangia e dorme, c’è un giovane apprendista che lo insulta perché Oliver è privo dei genitori. Un giorno Oliver picchia il giovane e per evitare ulteriori punizioni scappa verso Londra.
Appena arrivato, senza un soldo e con le scarpe sfondate, incontra Jack Dawkins, chiamato “Furbacchione”, un adolescente molto destro nel furto di fazzoletti di seta e orologi.
Oliver si lascia convincere a seguirlo e Furbacchione lo porta a casa sua. In realtà è un’abitazione fatiscente dove un vecchio ebreo di nome Fagin sfrutta una banda di adolescenti specializzati nei piccoli furti.
Fagin è un vero genio del male. E’ il secondo personaggio che troneggia nel romanzo dopo Oliver. Scaltro, avido, ipocrita, untuoso, capace di cose terribili, ha accumulato un bel tesoro frutto di tanti anni di “lavoro”. Fagin è una sorta di ricettatore di oggetti rubati poi da lui venduti a piccoli negozi.
In sostanza, seppur nell’ ”economia” dei furti compiuti dai suoi “ragazzi”, Fagin è un parassita.
Spesso capita da Fagin un ladro famoso nel giro, Sikes, alcolizzato, brutale, violento; tiene con sé Nancy, amante e prostituta, e se necessario anche ladra.
In questo ambiente perverso Oliver viene iniziato alla delinquenza spicciola ma al primo colpo viene catturato dalla polizia.
Rischierebbe grosso ma viene aiutato proprio dalla persona che Furbaccione doveva derubare, il vecchio e onesto Brownlow, un ricco signore anziano che intuendo il dramma del piccolo Oliver lo prende a casa sua. Qui Oliver passa alcune settimane liete in una casa in cui è ben trattato. Sono le prime settimane di vita umana da quando è nato.
Per timore di essere arrestato dalla polizia, se Oliver parla, Fagin fa rapire Oliver e il piccolo si ritrova nella topaia di Fagin.
Per timore che scappasse passa alcuni mesi chiuso dentro.
Una notte Sikes porta con sé Oliver perché vuole rubare in una elegante villetta e ha bisogno di un bambino che passi attraverso una finestrella per aprire la porta di casa.
Le cose non vanno come devono andare perché i servi di casa sentono rumori: nasce un conflitto a fuoco e Oliver viene ferito.
La proprietaria, una donna gentile con la nipote Rose, decide di tenere con sé il bambino affascinati dal suo aspetto gentile e dalla delicatezza dei suoi lineamenti.
Ma intanto entra in scena un personaggio inquietante. Si fa chiamare Monks e si rivolge a Fagin e Sikes per riportare Oliver da loro. Non tralascia neppure l’idea di ucciderlo.
Nancy, l’amante di Sikes, sente i piani diabolici per rapire una seconda volta Oliver e li rivela a Rose e al vecchio signore che già aveva ospitato Oliver.
Venuto a sapere del tradimento di Nancy, Sikes la uccide con una mazza ed è costretto a fuggire.
Tutta Londra parla del terribile delitto e la polizia è sulle tracce di Sikes ma anche Fagin ha le ore contate.
Alla fine del romanzo Fagin e la sua banda sono arrestati. Sikes muore nel tentativo di scappare dalla giustizia e si capisce chi si cela dietro Monks.
Si tratta del fratellastro di Oliver il quale vuole per sé tutta l’eredità del padre comune ai due. Ecco perché cercava di ucciderlo oppure di farlo arrestare per sempre.
Alla fine si viene a sapere che il padre di Oliver era una persona facoltosa. Dopo il primo figlio tradisce la moglie con una donna del popolo che partorisce Oliver ma muore prima del riconoscimento. In ogni caso destina al piccolo tutto il suo ingente patrimonio.
Monks, che in realtà si chiama Edward, ottiene da Oliver metà del patrimonio che poi sperpererà in America.
Oliver cresce nel modo migliore nella casa di Rose e Fagin è impiccato dopo aver rifiutato l’invito di Oliver a pregare e ravvedersi.

Il romanzo d’appendice
A grandi linee la trama è questa. In realtà è più complessa perché il meccanismo del racconto a puntate (come oggi nelle telenovelas) obbliga l’autore a interrompere il racconto sul più bello, a seguire contemporaneamente storie diverse, a creare effetti di suspance, a inserire spesso personaggi misteriosi, a variare i toni del racconto passando dal comico al patetico con una vasta gamma di sfumature.

Perché Dickens scrive questo romanzo?
I motivi sono tanti. Soprattutto mostrare quanto la società inglese che allora viveva intensamente la rivoluzione industriale fosse ingiusta e violenta soprattutto con bambini e adolescenti.
Il mondo degli adulti appare all’autore una realtà dominata dal malaffare, dall’ipocrisia e dall’avidità. Il comportamento degli adulti risponde solo a questi disvalori. Su tutto l’egoismo individuale, anche all’interno della chiesa anglicana (es. il sacrestano).
Nell’orfanotrofio la direttrice, nonché proprietaria, tiene i bambini nel sudiciume e in una condizione di fame perché sfamarli e tenerli puliti costerebbe.
I poveri, compresi i bambini, devono obbligatoriamente lavorare nelle workhause dove producono ricchezza ma in cambio sono alla fame e muoiono di malattia. Londra era diventata un covo di delinquenza dove si aggiravano loschi individui che sfruttavano donne e bambini. La giustizia (giudici, poliziotti) appare all’autore non solo impotente ma stupida nella sua essenza e nei suoi comportamenti.
Dovunque domina una sfacciata ipocrisia tra le persone-bene dietro la quale si agitano sordi rancori e forme di avidità senza limiti.

La denuncia delle Workhause
Soprattutto è il funzionamento delle workhause sotto la lente d’ingrandimento dell’autore.
Una legge del 1834 aveva abolito l’aiuto che lo Stato aveva sempre dato ai poveri di tutto il regno. Ora la carità pubblica è vietata e i poveri se non vogliono morire di fame devono lavorare in queste strutture dove sono sfruttati e in cambio non hanno nulla.
La motivazione della legge contro i mendicanti è che gli aiuti pubblici favorivano la mendicità mentre l’abolizione degli aiuti avrebbe fatto dei poveri veri cittadini inglesi i quali avrebbero imparato un mestiere e sarebbero usciti dal loro stato di abulia e vizio. In sostanza se c’erano i poveri la colpa era solo loro: perché alcolisti, viziosi, lussuriosi ecc. ecc.
In realtà nell’Inghilterra industriale i poveri non sono solo gli accattoni di professione ma attraversano le classi sociali con gli operai licenziati o disoccupati, le mogli cacciate di casa, le ragazze povere da marito, i piccoli artigiani senza lavoro, i bambini senza famiglia e così via.
Obbligarli a lavorare e sfruttarli in cambio di poco-niente era un modo per avere molta più manodopera a buon mercato e sostenere nel contempo che nella civile e cristiana Gran Bretagna la povertà non esisteva!

Fanno troppi figli!
E poi l’ipocrisia della classe dominante, l’ipocrisia di chi non capiva come mai il proletariato quanto più viveva in condizione deplorevoli tanto più faceva figli invece di risparmiare il poco denaro per i primi bambini nati.
In realtà in quelle condizioni di vita i figli erano l’unica ricchezza dei padri, fonte di piccoli ma essenziali guadagni, l’unica assicurazione sulla vita e la vecchiaia; da qui il termine “PROLETARI” che li identificava come “ricchi di prole”.

Vediamo un paio di sequenze dal film di Polansky del 2005:

“Ne voglio ancora!”
Vediamo dopo come l’autore ha raffigurato la stessa scena, pp. 19-20

– Arrivo di Oliver a Londra / straordinario l’affresco della Londra dell’epoca: città vitale, fervida di attività economiche, però sporca, povera dove i bambini crescono in ambienti malsani.

Lettura, pp. 70-71

Il “Ventre nero” di Londra
Londra appare all’autore come una città fortemente dissociata. Da una parte i quartieri borghesi dove ricchi nobili, banchieri, imprenditori vivono un’esistenza gradevole e la rispettabilità è ovunque assicurata. Dall’altra il “ventre nero” dei sordidi quartieri popolari dove vive un’umanità degradata da analfabetismo, alcolismo, povertà endemica, sordi rancori, delinquenza diffusa.
Disoccupazione, malattie, sfratto e denutrizione sono gli incubi quotidiani di questa massa di nuovi proletari moderni.
Sono i quartieri dove vive il nuovo proletariato di fabbrica, in genere proveniente dalla campagna dove la morte per fame era certa. Uomini e donne che lavoravano nelle tetre e inquinanti fabbriche dei sobborghi in cambio di un salario che non bastava neppure per pagare l’affitto, sfamarsi, e vestirsi in modo adeguato visto i rigori del clima inglese e far studiare i bambini.
Quartieri dove i bambini crescono da soli e sulla strada visto che i genitori devono lavorare per sopravvivere e dalla strada vengono i bambini di Fagin. Quando poi saranno un po’ gradicelli i bambini dalla strada saranno messi in fabbrica o in carcere.
In Gran Bretagna una legge del 1833 proibiva l’uso dei bambini al di sotto dei 9 anni! e nel 1842 nelle miniere! In altri paesi la situazione è simile ma in queste realtà mancò un Dickens.

Dickens cantore e critico della società industriale
L’Inghilterra vittoriana e industriale trova in Dickens il suo cantore e il suo critico implacabile.
Eppure Dickens non era un socialista, anzi. Il suo era lo sguardo di un borghese illuminato che proponeva alla borghesia più sensibile (nel romanzo il vecchio Baunlowe, la giovane Rose, il medico Lansborne…….) di intervenire subito sanando le piaghe sociali più gravi per prevenire la ribellione inevitabile prima o poi di quella massa grigia e cenciosa.
Quindi una politica oggi diremmo riformista e illuminata che affrontasse i proiblemi più gravi della nuova realtà (es. l’abbandono e lo sfruttamento dei bambini) prima che fosse troppo tardi.
Il tutto rispettando il “sacrosanto” diritto borghese a mantenere la proprietà privata!

Un romanzo per l’oggi
E’ quindi un romanzo che ci parla dei tempi nostri. Dei bambini delle favelas brasiliane, dei bambini a cui vengono messe in mano armi per sparare oppure dei bambini nati praticamente in fabbrica dove vengono sfruttati, maltrattati e affamati come Oliver.
Ma è un romanzo che ci parla anche della realtà odierna di milioni di lavoratori che abbandonano le campagne per andare a lavorare nelle grandi città africane, asiatiche e latino-americane dove la Londra dickensiana rivive in forme se possibile ancora più mostruose.
Lucenti megalopoli di cemento e acciaio (nei quartiri centrali e di rappresentanza) con accanto vaste aree dove, come ai tempi di Dickens, si insegna ai bambini a rubare, a uccidere, a vivere in quartieri e case degradate dalla miseria e dall’abbandono.
Quindi “Oliver Twist” non è per nulla un romanzo invecchiato legato a epoche lontane. Anzi, è difficile trovare nel pur multiforme e infinito mondo della letteratura ottocentesca un romanzo così legato all’oggi.

Tra i personaggi difficilmente dimenticabili del romanzo ricorderei l’inquietante Fagin. Vediamolo in azione nel film di Polansky

Lettura Fagin, pp. 74-76

Fagin l’ebreo
Se Dickens può essere rimproverato nel suo romanzo è appunto per aver fatto di Fagin un ebreo. La parola ebreo compare molto spesso al posto del nome del persoanggio.
Dell’ebreo Fagin ha tutto quello che in genere si associa a questa figura: è avido, ricco nonostante viva in una topaia, è vecchio (ha 70 anni) potrebbe ritirarsi dagli affari” ma continua come una sanguisuga a sfruttare i “suoi” ragazzi avviando al crimine anche il piccolo Oliver. Fagin veste con abiti stracciati, è sporco, ipocrita, forte con i deboli e succube con i forti di cui trama la vendetta per le umiliazioni subite.
Sono una serie di stereotipi già molto diffusi in un ambiente cristiano come quello inglese per alimentare l’odio nei confronti degli ebrei. Sicuramente il successo di questo romanzo ha rinvigorito una certa idea demoniaca dell’ebreo visto come pericoloso criminale, dedito al malaffare, pessimo esempio per i giovani.
Anche il rifiuto di Fagin di pentirsi in extremis, a poche ore dal boia, su sollecitazione di Oliver, depone a favore di una figura demoniaca fino alla fine dei suoi giorni. In realtà Fagin in quel momento è poco cosciente di quello che gli sta succedendo.

Buoni e cattivi
Altra critica che possiamo fare (ed è stata fatta da critici autorevoli) è la netta dicotomia tra BUONI e CATTIVI.
I personaggi di Dickens sono privi di sfumature:
– I Buoni sono Oliver (che mai ha la tentazione di unirsi a Fagin), il primo protettore di Oliver, Rose e la nonna e pochi altri minori
– I Cattivi sono in netta maggioranza: a partire da Fagin per arrivare a Sikes c’è tutto un campione di varia umanità degradata tra i quali ricorderei il sacrestano che un giorno decide di sposare la proprietaria dell’orfanotrofio perché ha sei cucchiaini d’argento che vuole fare suoi. Avrà un gran brutto matrimonio e finirà i suoi giorni in una casa per poveri.

L’unico personaggio che nella lista dei cattivi passa dall’altra parte è Nancy la quale pagherà con la vita il suo desiderio di far evitare a Oliver tutto ciò che lei aveva patito e subito.

Conclusione
Un romanzo quanto mai attuale …