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Nazismo e Shoah in Italia. Carnefici e vittime

Centro Buonarroti di Milano, conferenza online, 26 gennaio ‘21

Introduzione

Una precisazione prima di iniziare. La mia relazione prenderà in considerazione solo il destino degli ebrei italiani dall’8 settembre del ’43 alla fine della guerra. Per ragioni di tempo non parlerò della deportazione dei civili e degli oppositori politici ( i Triangoli rossi) nei lager nazisti e neppure delle tante forme di violenze (le stragi naziste) avvenute durante il governo della RSI di Mussolini.

La mia tesi principale è che gli italiani furono responsabili del genocidio del popolo ebraico perché molti italiani (carabinieri, poliziotti, brigatisti neri, burocrati, delatori, avventurieri ..) parteciparono a vari livelli nell’arresto, deportazione e successivo sterminio degli ebrei italiani ad Auschwitz.

E’ opportuno parlare di questi temi perché per troppo tempo in Italia si è parlato delle vittime, dei salvatori (i Giusti), ma il tema dei carnefici è stato spesso eluso con troppa facilità.

Ci aiuta ad affrontare questi temi un bel libro di Simon Levi Sullam, “I carnefici italiani. Scene dal genocidio degli ebrei, 1943-45” pubblicato nel 2015. Levi Sullam insegna a Cà Foscari.

Di chi è la responsabilità di Auschwitz?

Se dovessimo chiedere a una persona di media cultura di chi è la responsabilità di Auschwitz? Sicuramente risponderebbe che è del nazismo, dei tedeschi dell’epoca (almeno di coloro che collaborarono nella deportazione). Auschwitz era nel territorio polacco occupato e annesso alla Germania già nel settembre del ’39 (il nome originario è Oswiecym). Tedesche sono la direzione del campo e le strutture di messa a morte: ferrovie, gas, forni crematori…

Invece le cose non sono così. In tutta l’Europa occupata i tedeschi poterono mettere in opera la cosiddetta “soluzione finale del problema ebraico” perché trovarono in ogni paese molti collaborazionisti che, appunto, collaborarono da vicino con le autorità tedesche per porre fine alla presenza ebraica nel loro paese.

Potremmo parlare a lungo del collaborazionismo francese (repubblica di Vichy), del collaborazionismo in Belgio, Olanda, Polonia, Lituania, Bielorussia, Ucraina.. e appunto Italia. E come vedremo, per quanto riguarda l’Italia, fu un fenomeno rilevante e ancora oggi poco studiato.

Le Leggi Razziali

Il punto di partenza della mia relazione sono le Leggi Razziali (meglio razziste) del 1938 sulle quali non mi fermerò più di tanto perché vorrei invece mettere meglio a fuoco il biennio 1943-45. Però qualcosa si può dire.

Primo aspetto importante: le Leggi Razziali (che iniziano a partire dal settembre del ’38) furono volute dalla classe dirigente fascista senza alcun intervento da parte di Hitler.

In un paese mai antisemita venne introdotta una legislazione discriminatoria contro gli ebrei a imitazione delle Leggi di Norimberga di tre anni prima.

Queste leggi agirono su una popolazione di circa 46mila individui (di cui 9.400 ebrei stranieri), esattamente l’1,1 per mille della popolazione italiana (44 milioni).

Responsabilità solo italiane

Come detto non ci furono quindi pressioni tedesche nell’instaurazione delle leggi antiebraiche. Quindi le responsabilità furono tutte italiane.

– Il re Vittorio Emanuele III firmò tutti i decreti senza battere ciglio

– All’interno del PNF non ci furono opposizioni, al di là di qualche mugugno

– Il Vaticano con Pio XI tace / la Chiesa protesta solo per la questione dei “matrimoni misti” (matrimonio tra ariani ed ebrei battezzati), che ora sono proibiti

– Il mondo della cultura non prese posizione

– La popolazione italiana fu indifferente

– Anche l’antifascismo in Francia non fece sentire la sua voce: molto probabilmente vigeva ancora lo stereotipo dell’ebreo capitalista

Ferocia e collaborazionismo nel 1943-45

Abbiamo detto che nel biennio 1943-45 molti italiani collaborano da vicino con i tedeschi nella deportazione degli ebrei. Andiamo con ordine.

L’occupazione tedesca dell’Italia inizia subito dopo il comunicato del generale Badoglio dell’8 settembre del ’43 che annunciava la fine delle ostilità con le truppe anglo-americane. Di fronte al “tradimento” italiano Hitler decide di occupare l’Italia.

Da questo momento l’Italia sarà l’”alleato-occupato” secondo la bella espressione utilizzata dallo storico Lutz Klinkammer in un suo celebre saggio.

Che cosa voleva dire “Alleato-occupato”? Sfruttamento dell’apparato produttivo italiano a vantaggio dei tedeschi, sfruttamento della manodopera italiana a vantaggio dell’economia bellica tedesca, requisizioni, grassazioni ai danni dei contadini, repressioni violente del movimento partigiano con stragi di civili (Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto …), deportazioni di migliaia di operai verso i Kz e i campi di lavoro in Germania: saranno queste le nuove condizioni poste dall’ ”alleato” tedesco al nostro paese.

Dalla persecuzione dei diritti alla persecuzione delle vite

Punto di forza della RSI 8dopo l’8 settembre ’43) è l’antisemitismo fanatico.

Gli ebrei italiani sono accusati di far parte dell’Internazionale ebraica che ha voluto la guerra e trama contro Germania e Italia per la loro sconfitta. E’ il vecchio slogan della “congiura ebraica” per il dominio del mondo.

Se le Leggi Razziali colpiscono i diritti degli ebrei (esempio docenti e studenti ebrei sono espulsi dalle scuole del Regno), le nuove disposizioni della RSI impartiscono l’ordine dell’arresto immediato di tutti gli ebrei residenti nel territorio italiano con immediata confisca del patrimonio e deportazione nei campi di sterminio, in primis Auschwitz (“persecuzione delle vite”).

Potremmo dire, seguendo lo storico Michele Sarfatti, che dal ’38 al ’43 ci sono importanti cambiamenti per gli ebrei italiani e tutti in negativo: dalla “persecuzione dei diritti” alla “persecuzione delle vite”.

Il Congresso di Verona (nov ’43), atto costitutivo della RSI, stabilisce che gli ebrei in Italia sono “stranieri” e “nemici” (articolo n. 7, Congresso di Verona).

Gli ebrei nel ‘43

Quanti sono gli ebrei in questo periodo? In Italia nel settembre del ’43 c’era una piccola minoranza di ebrei .

In particolare gli ebrei sono circa 33mila su una popolazione di 44 milioni di abitanti, meno dell’ 1 per mille! Eppure si scatenò su di loro una terribile ondata di arresti perché l’obiettivo nazista e fascista era quello di deportare tutti gli ebrei ad Auschwitz.

Quindi l’Italia fu complice di piani nazisti di genocidio ebraico perché aiutò le SS nella quotidiana caccia agli ebrei. Seppure con gradi e modalità diverse rispetto all’alleato tedesco, anche l’Italia fu corresponsabile della tragedia di Auschwitz.

Da notare che nel ’38 gli ebrei sono 46.000, dopo cinque anni sono scesi a 33.000. Chi poteva ha lasciato l’Italia. Questo vuol dire che le persecuzioni nazifasciste si accaniscono sulla parte più povera e debole degli ebrei italiani.

Ghetto di Roma, 16 ottobre

Sono tanti gli episodi che potremmo ricordare. Uno almeno: la razzia nel ghetto di Roma del 16 ottobre del ’43.

A Roma nel settembre del ’43 c’erano circa 12mila ebrei. Più di mille nel solo ghetto, ossia la parte più povera della città. Gli ebrei del ghetto dovevano essere i primi da mettere sottochiave. Gli altri sarebbero stati stanati casa per casa.

Nella notte del 16 ottobre del ’43, 250 SS circondarono il ghetto durante la notte e alle prime ore del mattino penetrarono nel quartiere ebraico per arrestare tutti gli ebrei che vi vivevano.

Alla fine furono arrestate 1223 persone. Dopo avere separato gli ebrei “puri” dagli ariani e dai coniugi ariani, individuarono 1023 ebrei per Auschwitz.

Dopo pochi giorni partirono nei carri-bestiame per il lager polacco. All’arrivo 879 finirono subito nelle camere a gas. Gli altri furono introdotti nel lager per il lavoro coatto.

Finita la guerra dei 1023 ebrei tornarono 17 persone: 16 uomini e una donna.

Altri 600 ebrei di Roma vennero arrestati da polizie e fascisti italiani nelle settimane successive.

Auschwitz, non Mauthausen

C’è un aspetto importante legato alla razzia nel ghetto di Roma. Anni fa la storica Liliana Picciotto Fargion del Centro di Documentazione Ebraica di Milano, ha trovato un documento in cui le autorità naziste di Roma, prevedendo una reazione del Papa, indicavano come meta degli ebrei di Roma Mauthausen e non Auschwitz. Costatando dopo il 16 ottobre la tiepida reazione di Pio XII optarono per Auschwitz.
Mauthausen voleva dire avere qualche possibilità di vivere. Auschwitz no.

In questi atteggiamenti pilateschi della chiesa pesava fortemente la lunga e secolare tradizione dell’antigiudaismo cattolico che nel corso dei secoli aveva provocato effetti perversi nella percezione degli ebrei.

Gli italiani ebbero un ruolo nei fatti del 16 ottobre? Non nell’esecuzione degli arresti e neppure nella traduzione sotto scorta armata del migliaio di ebrei da Roma-Termini ad Auschwitz.

Il ruolo fondamentale fu nell’aver fornito ai poliziotti tedeschi gli elenchi degli ebrei di Roma: nomi, vie, quartieri, numeri civici, elenchi di parenti “ariani” dove eventualmente cercarli. E poi ci furono altri italiani a guidare i soldati SS nelle vie di Roma, accertando l’identità delle persone da identificare, conducendo gli interrogatori.

I tedeschi da soli non sarebbero mai riusciti, per problemi di lingua e conoscenza della città, a operare una retata in grande stile come quella del 16 ottobre ’43.

In primis collaborarono i fascisti: reparti della Guardia Nazionale Repubblicana, Brigate Nere, bande fasciste che agivano per proprio conto (banda Kock a Roma, banda Collotti a Trieste); e poi le forze dell’ordine: prefetti, questori, polizia, carabinieri, guardia di finanza; la burocrazia con segretari comunali, impiegati, dattilografe, autisti…

Tutte queste persone d’ora in poi collaborarono con i tedeschi in Italia per individuare, arrestare, rapinare, deportare e consegnare gli ebrei alle autorità naziste per la deportazione in Polonia.

Sintetizza bene una studiosa italiana: Alla polizia italiana le ricerche degli ebrei, il loro arresto e concentramento a Fossoli; alla polizia tedesca la successiva deportazione”.

Fossoli

Gli ebrei rastrellati vennero portati nel campo di concentramento di Fossoli (Carpi, Modena) che fino al febbraio ’44 fu retto da forze di polizia italiane. Poi subentrarono i tedeschi.

Da Fossoli partivano i treni con destinazione Auschwitz ma anche Dachau, Mauthausen, Buchenwald (destinazione dei Triangoli Rossi, ossia gli oppositori politici).

Da notare che i treni della deportazione di ebrei e politici erano forniti dalle Ferrovie Italiane. La scorta fu sempre fornita dai carabinieri. I macchinisti erano italiani, almeno fino al confine.

Ghetto di Venezia

Altra retata di ebrei avviene a Venezia. Nella notte del 6 dicembre ’43 furono prelevati dalle loro case a Venezia e dintorni 163 ebrei (114 uomini e 49 donne). 

Gli arresti furono opera solo degli italiani: commissariati di Pubblica sicurezza, comando dei carabinieri e reparti della Milizia Volontaria di Sicurezza Nazionale.

Nelle stesse ore i beni degli ebrei, talvolta ingenti, erano sequestrati e spesso spartiti tra le stesse autorità che avevano pianificato la razzia.

Firenze

Nello stesso giorno (6 dicembre ’43) una retata a Firenze assicurava nelle mani dei nazisti un centinaio di ebrei. In questo caso i tedeschi, casa per casa, erano accompagnati da solerti collaboratori italiani.

Le ruberie

Non dimentichiamo poi le tante ruberie ai danni dei patrimoni degli ebrei che vennero confiscati nel momento della cattura.

La legge diceva che i beni degli ebrei erano sequestrati a vantaggio dello Stato. Era stato costituito a questo proposito un ente pubblico: l’EGELI (Ente Gestione e Liquidazione Immobiliare dei Beni Ebraici). In realtà il più delle volte mobili e quadri antichi, gioielli, argenteria… erano subito trasferiti nelle belle case di qualche gerarca importante. Così come non si contano le estorsioni ai danni di famiglie di ebrei per evitare l’arresto.

Il Rapporto parlamentare Anselmi del 2001 ha messo in evidenza una quantità davvero impressionante di ruberie e malversazioni.

Probabilmente i vertici fascisti lasciavano fare perché i beni trafugati degli ebrei aumentavano il consenso di quella parte degli italiani che partecipavano alle ruberie.

I delatori

Tanti arresti e tanti furti furono possibili perché nell’Italia di quel tempo c’erano tanti delatori, ossia persone che in cambio di una taglia (da 5000 a 9000 lire) oppure per vendetta o altro denunciarono gli ebrei che si nascondevano favorendo il loro arresto e la successiva deportazione ad Auschwitz.

Le prefetture e le questure spesso erano inondate di lettere anonime che denunciavano tutto: strani comportamenti di vicini di casa o conoscenti, ruberie di piccoli truffatori locali… fino ad arrivare alla denuncia di ebrei nascosti o in procinto di tentare la fuga in Svizzera.

Fughe in Svizzera

I dati che abbiamo per l’espatrio in Svizzera sono significativi: 6000 ebrei italiani accolti, 8700 respinti e subito dopo arrestati da tedeschi ma anche da guardie confinarie italiane, polizia, guardia di finanza, carabinieri.

Spesso intere famiglie ebree furono tradite da guide interessate alla taglia che pendeva sul capo di ogni ebreo arrestato. Si facevano pagare prima dai fuggitivi e poi si facevano pagare dalle autorità italiane.

La Legione Monterosa dai primi di ottobre al dicembre ’43 aveva arrestato 58 ebrei. Così descrisse il proprio operato: p. 92 (vero esempio di fanatismo antisemita).

Lettura da Levi Sullam, p. 92

L’Indifferenza

Cosa pensavano gli italiani dell’epoca? Se andate al Binario 21 di Milano (stazione centrale, via Ferrante Aporti), dove partivano i convogli carichi di ebrei, all’ingresso del museo trovate a caratteri cubitali la scritta INDIFFERENZA” (voluta da L. Segre).

Che cosa passava per la testa agli italiani dell’epoca si chiede Levi Sullam? Difficile dire. Molti disapprovarono, altri plaudirono, altri semplicemente girarono la testa da un’altra parte.

Certamente non dobbiamo dimenticare che in Italia al potere c’era un governo autoritario retto da polizie spietate.

– Quanti collaborazionisti pagarono finita la guerra?

Scrive Levi Sullam (“I carnefici italiani. Scene dal genocidio degli ebrei”, 1943-45) che “nessuno fu processato nel dopoguerra per la partecipazione alla politica antiebraica del fascismo: né a quella risalente al 1938, né a quella della Repubblica Sociale italiana. Generalmente la persecuzione degli ebrei non venne ritenuta un reato o una colpa specifica, né un’aggravante.

Non ci fu mai una “Norimberga italiana” che avrebbe ripulito il paese dal ventennio fascista incriminando i gerarchi di maggiore importanza ma anche quella vasta “zona grigia” che per 25 anni circa aveva condiviso il potere pronta ora a entrare nei nuovi partiti dell’Italia repubblicana, compreso il PCI di Togliatti e il PSI di Nenni.

All’oblio generale contribuì anche la comunità ebraica italiana la quale, finita la guerra, ha fortemente minimizzato le colpe italiane, probabilmente per integrarsi il più possibile. Allo stesso tempo creava imbarazzi la massiccia adesione di molti ebrei al fascismo dalla Marcia su Roma e lungo tutto il Ventennio.

Amnistia Togliatti

A cancellare ogni possibilità di fare luce su tanti episodi e quindi fare i conti con il fascismo intervenne la cosiddetta Amnistia Togliatti” che nel giugno del ’46 cancellò di botto moltissimi processi già avviati liberando circa 10mila persone che rischiavano lunghe condanne. Infatti venne liberata gente come Giuseppe Bottai, Luigi Federzoni, Carlo Scorza. Anche i torturatori dei partigiani e degli antifascisti uscirono presto dal carcere sulla base di sentenze che oggi appaiono ridicole.

Il problema è che la magistratura non era stata epurata e quindi a giudicare i fascisti era la stessa magistratura fascista che aveva operato durante il Ventennio.

Una curiosità. Potremmo considerare Togliatti uno dei tanti autori della leggenda del “bravo italiano” perché nella sua amnistia si parla della “riconciliazione e della pacificazione di tutti i buoni italiani”. Il problema è che tra i “buoni italiani” c’erano tantissimi criminali a tutti i livelli che Togliatti contribuì a rimettere a piede libero.

Due casi limite

Poté quindi capitare che un personaggio come Gaetano Azzariti, già presidente del Tribunale della Razza dal ’38 al ’43 potesse diventare stretto collaboratore di Togliatti nel suo ufficio di Ministro di Grazia e Giustizia.

Il capo dei comunisti italiani che collabora strettamente con uno dei responsabili del razzismo anti ebraico dal ’38 in avanti! L’Italia è davvero un paese “strano”.

Ma non è finita qui. Azzariti concluse la sua carriera come presidente della Corte Costituzionale negli anni cinquanta.

Altro caso clamoroso (degno di un film di Totò) fu quello di Mario Cortellini, responsabile dei sequestri ai danni degli ebrei a Venezia.

Poi, dopo la Liberazione, lo vediamo a capo dell’Ufficio Recupero Beni Ebraici. Da sequestratore di beni a restitutore degli stessi beni, magari alle stesse persone.

La mancata “Norimberga italiana” contribuì alla creazione dello slogan dal quale siamo partiti, ossia “Italiani brava gente”, perché la responsabilità di tutto quello che era accaduto fu addebitata al solo di Mussolini e a pochi suoi accoliti. E fu così che moltissime persone che per molti versi avevano collaborato concretamente con il fascismo, si sentirono assolte.

I Giusti

Per arrivare alle conclusioni… in Italia si parla molto dei Giusti, ossia dei non ebrei che aiutarono gli ebrei nei momenti più difficili in cui dovettero lasciare le loro case e nascondersi. Molti italiani li aiutarono aprendo le loro case, nascondendoli e fornendo loro del cibo.

Lo Yad Vascem di Gerusalemme riconosce circa 600 Giusti italiani. Ma furono molti di più.

Più i Giusti o i carnefici?

Ma verrebbe da chiedersi: numericamente parlando sono stati più i Giusti o i carnefici? 

Sicuramente i secondi, i carnefici. Non solo tra chi arrestava ma anche tra chi semplicemente stilava elenchi, individuava nomi e metteva a disposizione gli indirizzi dove cercare gli ebrei.

La macchina della deportazione prevedeva molte funzioni apparentemente neutre come lo stare alla scrivania a compilare elenchi e confrontare tra loro diversi documenti, funzioni in ogni caso importanti nel meccanismo deportativo.

Quindi parliamo dei Giusti! Additiamoli ancora oggi come modelli da seguire, esempi virtuosi di uomini e donne che rischiarono spesso per degli sconosciuti… ma parliamo anche e soprattutto dei “carnefici”! 

Gente animata da obbedienza agli ordini, conformismo, lealtà verso lo Stato, oppure da motivazioni quali la riscossione della taglia, talvolta da componenti antisemiti… in ogni caso gente che non esitò a consegnare singoli o famiglie intere alle SS.

– Le cifre della deportazione

Nel periodo 1943-45 furono deportati complessivamente 8.869 ebrei che vivevano in Italia. Ricordiamo che gli ebrei erano 33mila.

Di questi 6.000 morirono ad Auschwitz e 300 in Italia (Risiera di San Sabba, Fosse Ardeatine, eccidio di Meina e altri). Praticamente uno su cinque.

Gli arresti effettuati da soli italiani sono la metà complessiva: 2210.

2400 furono invece arrestati da tedeschi (per 2300 casi non sappiamo).

Ma occorre tenere in considerazione che gli arresti operati dai tedeschi videro sempre una presenza italiana a livello informativo, organizzativo con funzione di supporto.

Per fare un esempio di collaborazione italo-tedesca, Piero Terracina fu arrestato con la sua famiglia da SS, che irruppero in casa a Roma, mentre due fascisti stavano sulla porta (sono coloro che li avevano denunciati)

La mancata Norimberga italiana

Da notare che lo Stato italiano non ha mai riconosciuto responsabilità e complicità in tutto quello che è accaduto. Non c’è nessuna legge che riconosca i torti e abbia dato un indennizzo ai sopravvissuti.

Non ha aiutato neppure la stessa legge dell’anno 2000 che istituisce il Giorno della memoria nella quale non si cita neppure una volta il fascismo e si parla delle vittime, dei Giusti ma non dei carnefici.

Quindi parlar di questi argomenti non è solo un esercizio di memoria storica. 

La mancata “Norimberga italiana” ha generato anche una benevola interpretazione del passato fascista e coloniale italiano impedendo agli italiani di fare veramente i conti con il proprio passato.

Da qui i tanti che credono ancora ingenuamente che Mussolini è stata una “brava persona” e che l’Italia nelle colonie abbia portato strade e acquedotti.

L’immagine edulcorata del nostro paese fu responsabilità anche dell’antifascismo post-’45 desideroso di cambiare rapidamente strada addossando ogni colpa al solo fascismo.

Conclusione

Potremmo concludere con un aneddoto raccontato da Primo Levi. Così Levi si rivolse a un carabiniere italiano che era di guardia al convoglio in partenza per Auschwitz il 22 febbraio 1944:

– “Si ricordi di quello che sta vedendo, si ricordi che lei ne è complice e si comporti di conseguenza”

– “Ma che cosa posso fare io”

– “Faccia il ladro, è molto più onesto”