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Italiani brava gente? Un mito duro a morire. Testo introduttivo

Italiani brava gente?”

Mini corso di aggiornamento per docenti presso l’Isis Bernocchi di Legnano.

Ottobre 2020

Se c’è un mito che trova spazio nell’immaginario pubblico negli ultimi 70-75 anni è proprio questo: “Italiani brava gente”.

Se fosse una domanda la risposta sarebbe per molti italiani di oggi sicuramente positiva.

La leggenda di una presunta diversità degli italiani rispetto alle altre popolazioni nasce subito dopo il 1945 a evidente copertura dei profondi legami tra Germania nazista e Italia mussoliniana e delle tante violenze compiute da reparti militari italiani non solo durante il II conflitto mondiale.

Potremmo citare subito le pagine più nere del colonialismo italiano da Crispi a Giolitti fino all’Etiopia e le stragi di civili compiute dall’esercito italiano durante la seconda guerra mondiale in Slovenia, Montenegro, Grecia di cui esiste per fortuna un’abbondante documentazione storiografica.

Che cosa vuol dire “Italiani brava gente”? Vuol dire indicare una sostanziale differenza, quasi “genetica”, tra noi e altre popolazioni in guerra.

Mentre altri popoli hanno compiuto efferatezze di ogni genere: tedeschi, inglesi, francesi, spagnoli, americani… noi italiani invece abbiamo sempre avversato la guerra e mentre altri eserciti provocavano forme di violenza riprovevoli, noi italiani abbiamo al contrario aiutato le popolazioni soggette, difendendole talvolta dalle oppressioni e, in ogni caso, senza mai forme palesi di violenze.

Non è vero e come tutti i miti nasconde realtà di fatto che tra poco Gloria ci racconterà.

Un film che ha rinforzato questo mito è “Mediterraneo” di Gabriele Salvatores (1991).

Siamo nel 1941 e un gruppetto eterogeneo e piuttosto scalcinato di soldati italiani viene letteralmente dimenticato su un’isoletta greca che dovrebbe presidiare e mentre tutto il mondo combatte, da “italiani” dimenticano chi sono e vivono insieme agli abitanti dell’isola in palese spregio alle tracotanti affermazioni del regime sulla superiorità razziale degli italiani su altre “stirpi”.

Del resto ogni popolo ha cercato di edulcorare la propria storia coloniale e militare. Pensiamo all’Inghilterra con il famoso “fardello dell’uomo bianco” di Rudyard Kipling oppure pensiamo alla “missione civilizzatrice” del colonialismo francese (“La battaglia di Algeri” di Gillo Pontecorvo può dare un’idea dei metodi dei francesi in colonia); oppure ricordiamo la presunta difesa e diffusione del cattolicesimo quale motivazione dello spietato colonialismo spagnolo e portoghese in America Latina e in Africa.

Il nostro è stato invece il “colonialismo che ha costruito le strade”, ossia il fascismo fa propria venti secoli dopo la missione di Roma imperiale: portare la “pax romana” ovunque e nello stesso tempo diffondere la “civiltà” romana presso i barbari (!).

Certo, non dobbiamo esagerare e passare dalla leggenda di una nostra presunta “diversità” positiva rispetto ad altri popoli all’altrettanto deleterio mito degli “Italiani cattivi e sanguinari”.

Potremmo dire che gli italiani in guerra si sono comportati come tante altre popolazioni nelle medesime circostanze, senza apprezzabili diversità.

E’ vero che il nazismo arriva a creare Auschwitz e ad attuare il genocidio del popolo ebraico. Però dall’altra parte la nostra storia è anche storia di campi di concentramento che trovano il loro apice durante la II guerra mondiale con lager in funzione antislava diffusi dalla Slovenia (occupata dall’aprile del ’41 fino all’8 settembre ‘43), per arrivare ai campi concentramento in Montenegro, Grecia e sul territorio italiano (Gonars, Visco, Renicci, Ferramonti tra i più importanti). Ma anche Crispi e Giolitti avevano istituito campi di concentramento in Eritrea, Somalia e Libia.

Sappiamo da Carlo Capogreco (“I lager del duce”, Einaudi) che i lager italiani furono almeno un centinaio, anche se in quasi tutte le località non è rimasto praticamente nulla.

E poi le stragi sui civili, compiute da reparti militari e fascisti, durante la II guerra mondiale di cui non è rimasto alcun ricordo nell’opinione pubblica italiana. Una lunga scia di sangue contro i partigiani delle zone occupate dall’esercito italiano coinvolgendo troppe volte anche i civili, accusati di collusione con il “nemico”.

E infine non dimentichiamo che il fascismo nasce in Italia. Prima nel mondo non esisteva niente di simile. L’Italia fu quindi una sorta di “laboratorio” politico-sociale in cui sperimentare l’efficacia di un’ideologia apertamente razzista, anticomunista e nazionalista. E molti dittatori successivi (esempio Hitler) hanno guardato all’esperienza italiana con notevole interesse (Franco in Spagna).

Italiano brava gente” in giro per l’Europa

Non dobbiamo neppure stupirci che qualcosa di analogo all’”italiano brava gente” si ritrovi in molte parti d’Europa.

Finita la guerra l’Austria si proclama la prima vittima del nazismo quando invece fu proprio il nazismo austriaco ad alimentare la classe dirigente tedesca (Hitler, Eichmann, Kaltenbrunner…). Anche la Francia reclamò una sorta di “verginità” dimenticando con troppa facilità l’aperto collaborazionismo della Francia di Vichy. In molti paesi le deportazioni e lo sterminio ebraico furono possibili solo grazie alla collaborazione con i nazisti di formazioni militari ispirate all’antisemitismo feroce: pensiamo alle “Croci Frecciate” di Ferenc Szàlasi in Ungheria, alla “Guardia di Ferro” di Corneliu Codreanu in Romania, agli “Ustascia” di Ante Pavelic in Croazia.

Ma parlare in termini critici dello stereotipo dell’ “italiano bonario e pietoso” non è solo un utile esercizio di ricostruzione storica. Ci sono implicazioni che arrivano fino ad oggi.

Mi sto riferendo a un recente testo che mi ha molto colpito: “Ma perchè siamo ancora fascisti?” di Francesco Filippi (2020).

Bella domanda pensando che il fascismo ha avuto fine rovinosa in Italia più di 75 anni fa. Eppure ci sono molte formazioni politiche che si richiamano esplicitamente al fascismo oppure in molti italiani (anche non dichiaratamente fascisti) permane un atteggiamento indulgente verso il fascismo e il suo fondatore, Mussolini.

Quante volte abbiamo sentito frasi del tipo: “Queste cose non accadevano quando c’era Lui”; “Mussolini è stato un grand’uomo. L’unico errore è stato allearsi con Hitler”; “Mussolini amava il suo popolo, molto di più dei politici che abbiamo ora a Roma”… fino ad arrivare al famoso “I treni arrivavano sempre in orario” (!).

Perché questo atteggiamento antistorico ma anche palesemente di simpatia verso una delle più feroci dittature del Novecento?

  • perché non c’è mai stata una Norimberga italiana che avrebbe fatto un po’ di chiarezza
  • perché è sempre prevalso un giudizio assolutorio sul fascismo, per esempio le Leggi Razziali furono imposte da Berlino. Non era vero. Furono un parto del fascismo
  • perché non è mai stata colpita tutta quella parte di italiani che ha collaborato a vario titolo alla deportazione degli ebrei
  • perché i criminali di guerra non furono mai estradati per essere giudicati (Badoglio, Roatta, Graziani, Pinzio Biroli, Grazioli…)
  • perché solo il fascismo di Salò è stato posto sotto accusa (il cosiddetto “nazifascismo”), non invece il fascismo monarchico del Ventennio
  • perché i vari processi di epurazione del fascismo, finita la guerra, non raggiungono alcun risultato. Nella burocrazia, a tutti i livelli, chi era impiegato o funzionario rimane al suo posto nonostante talvolta aperte collusioni con il regime. Anche nel mondo economico l’epurazione fu un fallimento. Così nella scuola e nella magistratura
  • perché con l’Amnistia Togliatti (giugno ’46) in pochi mesi escono dalle carceri migliaia di fascisti già condannati o in attesa del processo. Quindi l’Italia si scopre senza fascisti solamente dopo un anno o due dalla fine della guerra
  • perché è facile dare la colpa di tutto quanto è accaduto a un uomo (Mussolini) e al regime (compresa la guerra). Eppure l’ingresso in guerra del 10 giugno ’40 era stato accolto con tripudio da molti italiani; la nascita dell’impero sui “Colli fatali” di Roma (9 maggio ’36) aveva visto l’apice del consenso tra gli italiani

La stessa enfasi sulla Resistenza dal ’45 in avanti aiuta il processo di formazione dello stereotipo del “Cattivo tedesco e il bravo italiano” (Filippo Focardi, 2013), ossia gli italiani si sarebbero ribellati e avrebbero vinto da soli il fascismo e il tedesco occupatore. La Repubblica prima e poi la Costituzione sarebbero espressione della nuova Italia che ora non ha più nulla da spartire con il fascismo.

Da qui la leggenda degli “Italiani brava gente”, specchio di tanti problemi irrisolti nella storia del nostro paese.

Una strana “invasione” in Italia

Prevalse quindi dopo il ’45 l’interpretazione che Benedetto Croce dette del fascismo quale “invasione degli Hyksos”, ossia di un corpo estraneo alla storia dello stato italiano che per Croce coincide essenzialmente con il liberalismo, dopo il quale riprendere la strada interrotta dai “barbari venuti da fuori”.

Se dopo il ’45 fosse stata efficacemente rielaborata l’interpretazione di Gobetti (il fascismo quale “malattia morale degli italiani”) o di Gramsci (il fascismo quale espressione dell’arretratezza italiana e della “rivoluzione mancata” del Risorgimento) avremmo avuto almeno qualche elemento di riflessione. Invece prevalse Croce.

Prevalse quindi il tema dell’estraneità del popolo italiano rimasto sostanzialmente buono e laborioso nonostante la tracotante presenza del fascismo e dei misfatti da esso compiuti.

Italiani brava gente” è sicuramente un mito fuorviante come abbiamo visto. C’è però il rischio di coinvolgere tutti gli italiani al tempo del II conflitto, se vogliamo parlare di questo periodo storico, oppure degli italiani in altri contesti storici.

Eviterei però di coinvolgere più di tanto gli italiani nello loro globalità: da una parte ci sono stati coloro che hanno davvero sofferto il fascismo e i governi precedenti: dai contadini poveri (la grande maggioranza) agli operai, i quali dovettero convivere con un regime che attuò a livello economico una smaccata politica favorevole agli interessi di industriali, banchieri, proprietari terrieri… fino ai tanti antifascisti che pagarono con l’esilio, il carcere, il confino, le condanne a morte la loro opposizione al fascismo.

Dall’altra invece ci fu chi (non pochi) fece affari ed ebbe legittimità politica con il fascismo, grazie al quale ebbe onori, prebende, ricchezze: la borghesia in tutte le sue articolazioni.

Insomma, ci furono italiani e italiani. La distinzione è importante. Anzi, distinguere su base sociale è sempre fondamentale.

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