La Notte San Lorenzo
Appunti per la presentazione del film
Protagonisti sono alcuni abitanti di San Martino (in realtà San Miniato al Monte tra Empoli e Pisa) che cercano di raggiungere le linee alleate. In questo caso il film ci ricorda che tra le tante vittime della guerra ci sono stati i civili italiani presi tra due fuochi: tra i tedeschi che arretrano e gli anglo-americani che avanzano. Tutta la penisola italiana diviene terreno di battaglia tra il luglio ’43 e la primavera del ‘45
Ill film ci ricorda che i due anni della Resistenza sono stati anche anni di guerra civile tra italiani: italiani dalla parte della Resistenza e italiani dalla parte del fascismo con nel mezzo la maggioranza della popolazione che aveva timore a schierarsi ma anche difficoltà a capire ciò che stava accadendo. Nella battaglia del Campo di Grano la componente “guerra civile” si capisce perfettamente. Si conoscono tra di loro e per questo si ammazzano con particolare crudeltà.
Altro aspetto. Nel film è narrata la terribile strage di San Miniato, avvenuta il 22 luglio del ’44 che i fratelli Taviani (nati a San Miniato) attribuiscono ai fascisti in combutta con i tedeschi. Probabilmente le cose non sono andate così come vedremo dopo il film. A San Miniato si litiga ancora sulla paternità della strage. Bomba americana casuale (“fuoco amico”) o mine tedesche nel duomo, l’esempio di San Miniato ci mostra quanto in Italia la memoria sia ancora fratturata tra verità diverse e in competizione tra loro.
La strage di San Miniato al Monte
Il momento centrale nel film è la strage del 22 luglio ’44. Morirono 55 persone e molte di più furono mutilate e ferite gravemente. I tedeschi avevano dato l’ordine alla popolazione (circa 1000 persone) di radunarsi nella piazza.
Il vescovo Ugo Giubbi invece propose di aspettare tutti in duomo l’arrivo degli americani anche perché sulla città piovevano bombe alleate e di lì a poco buona parte della città sarebbe stata fatta saltare in aria per volontà dei tedeschi (rallentare l’avanzata dei tedeschi). Intorno alle 10 del mattino si sentì una terribile esplosione all’interno del duomo.
Da notare che Giubbi non era in chiesa, stava tornando da una messa in un’altra chiesa. Giubbi rimase illeso. Morì di crepacuore nel ’46 accusato da molte parti di aver collaborato con i tedeschi nella strage. Di Giubbi si conoscevano le forti simpatie fasciste. Aveva definito i partigiani “criminali”. Ora nessuno a San Miniato dopo altre indagini pensa che Giubbi fosse responsabile di qualcosa.
Appena arrivati gli americani la versione più accreditata era di una bomba tedesca posta all’interno della chiesa con un comando a orologeria. Altri invece parlavano di bomba americana, di cui furono trovati dei frammenti.
Una inchiesta condotta da un giudice fiorentino nel ’45 concludeva ambiguamente che la “cattedrale fu colpita da due granate, una tedesca, l’altra americana, ma l’eccidio fu causato esclusivamente dalla granata germanica”.
Nel clima del ’45 questa era la versione destinata a diventare verità ufficiale: mina tedesca
Nel ’54 fu affissa una targa in città scritta da Ferruccio Parri in cui si incolpavano i tedeschi della strage.
I fautori della sola bomba americana non furono ascoltati, esempio per lungo tempo di memoria “sotterranea”.
Intanto negli anni ottanta e novanta nei pressi del duomo venivano affisse altre tre targhe che ricordavano le vittime ma significativamente evitavano l’attribuzione.
La politica a San Miniato non stava con le mani in mano e interveniva pesantemente. Per la sinistra la bomba era tedesca, per la destra la bomba era americana e con essa si tendeva a screditare l’intero discorso resistenziale post ’45.
La guerra delle lapidi
Nel 2002 di fronte al riaffiorare della memoria carsica che attribuiva l’eccidio agli americani il Comune di San Miniato si rivolse per una nuova inchiesta a storici universitari toscani e i risultati non lasciavano ombra di dubbio: la bomba della strage era americana. Da “strage” si parlò di “eccidio”.
In poche parole una bomba americana sparata da un cannone penetrò nella chiesa attraverso il rosone e scoppiò proprio accanto alle panche dove la maggioranza dei rifugiati era riunita.
Se era così San Miniato non doveva fregiarsi di località in cui era avvenuta una strage nazista con quel che comportava sul piano dell’identità della cittadina.
Una nuova targa fu affissa nel 2007 e fu firmata da Oscar Luigi Scalfaro in cui si diceva che “la responsabilità di quell’eccidio è delle forze alleate” ma i tedeschi erano responsabili della guerra al pari dei repubblichini che “proprio in questa terra avevano seminato distruzioni, tragedie e morte”.
Che cosa fare della prima targa? Toglierla per lasciare spazio alla seconda? Anche qui la comunità si divise e in alcuni casi si spaccò. Finchè si decise di lasciale tutte e due una accanto all’altra (!). Soluzione pirandelliana (la verità non esiste, è ambivalente).
Memorie divise
Oggi non è interessante attrubuire a tutti i costi la paternità della strage ai tedeschi o agli americani quanto rilevare, con il caso estremo di San Miniato, quanto la memoria storica dell’Italia repubblicana sia stata fratturata in un insieme eterogeneo di “verità” non dialoganti tra loro ma una opposta all’altra.
Via Rasella (responsabilità dei partigiani più che dei tedeschi), Sant’Anna di Stazzema e Marzabotto (anche qui reazione tedesca a scriteriati attentati partigiani) fino ad arrivare a Piazza Fontana (1969), l’omicidio Calabresi (1972), il sequestro Moro (78), l’Italia e gli italiani sono stati sempre percorsi da linee di faglia tra memorie divise, antagoniste e quindi conflittuali tra loro, specchio di un paese eternamente diviso su tutto, dal calcio, alla politica e alla storia.
Poi c’è l’altro aspetto della guerra civile tra italiani ben esemplificata nella Battaglia del campo di grano che la bambina interpreta come scontro tra greci e troiani, suggestionata dal nonno che ricordava a memoria interi passi dell’Iliade.
E poi i civili in fuga, oggetto di violenze tra americani avanzanti e tedeschi in ripiegamento. Anche questa è stata la seconda guerra mondiale, una vera e propria “guerra ai civili” che è costata ben 80mila morti solo conteggiando gli italiani finiti sotto le macerie dei bombardamenti aerei anglo-americani.
Tante sfaccettature, tante memorie, soprattutto tante vittime (bombardamenti americani, rappresaglie fasciste, vendette tedesche), che spesso si sono perdute nel discorso pubblico del 25 Aprile, spesso oggetto di retorica fine a se stessa, meno sui libri di storia dove tutto ciò continua ad essere oggetto di analisi.