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La storia di Domenico Leccisi, il trafugatore della salma del duce

Buongiorno Direttore (Legnanonews),

leggo che alla manifestazione del 30 aprile ’19 dedicata a Carlo Borsani ci sarà anche il “Circolo Domenico Leccisi – Fiamma Tricolore” (spero di non sbagliare il nome).

Potrebbe essere interessante (ed entro certi limite curioso) vedere come è nato il “Circolo Leccisi” perché la storia di Domenico Leccisi sfiora Legnano in alcune circostanze.

L’anno cruciale di Leccisi è il 1946. Ha 26 anni ed è conosciuto negli ambienti del neofascismo italiano come un “duro e puro”.

Dopo una breve esperienza militare in Francia e Jugoslavia dopo l’8 settembre del ’43 si batte anima e corpo per far rifiorire il fascismo e l’Italia finiti nel pantano dell’armistizio badogliano.

Infatuato dalla socializzazione promessa da Mussolini durante i mesi della Repubblica sociale, Leccisi si occupa di vigilanza annonaria (approvvigionamento dei generi alimentari per la popolazione) portando addirittura in piazza alcune centinaia di operai milanesi a protestare contro la generale corruzione e inefficienza di funzionari fascisti, grossisti, negozianti e tedeschi.

Un uomo senza paura, capace di agire d’istinto fino a inimicarsi anche i vertici politici milanesi del fascio. Un uomo, tutto di un pezzo, da scrivere su “La Repubblica fascista” del 25 aprile ’45 (!) che la “ferrea volontà realizzatrice” dei repubblicani prometteva l’avvento di una “nuova era di giustizia distributiva ed equitativa”. Ripeto, scrive ciò il 25 Aprile del ’45! “Equitativa”, mah.

Caduto il fascismo ed avendo evitato di finire in un fosso come altri fascisti, il nostro Leccisi si mette a lavorare e ogni giorno prende treni per spostarsi da una città all’altra. Nella primavera del ’46 ogni giorno prendeva il Milano-Torino con il treno che sfiorava il muro del cimitero del Musocco dove in una fossa comune era stato messo quanto si era salvato di Mussolini dalla furia popolare a Piazzale Loreto.

In questo continuo passare avanti e indietro sfiorando il Musocco Leccisi ardisce il grande progetto: “Scoperchiare quel sepolcro… per richiamare l’attenzione degli italiani sulla necessità di chiudere con il passato”. “Aprire una bara per chiudere una storia?” si chiede Sergio Luzzatto (“Il corpo del duce”, Einaudi 1998) in un mirabile saggio in cui Leccisi è uno dei protagonisti di quel magma incandescente che è il neofascismo scampato al “sangue dei vinti”.
In realtà con quel gesto Leccisi voleva dimostrare che il fascismo non era morto.

Detto fatto. Approfittando della Pasqua, nella notte tra il 22 e il 23 aprile del ’46, Leccisi e altri due uomini si calano dal muro di cinta del Musocco e individuano senza problemi la fossa in cui sta l’ex-duce, anche perché a Milano era il segreto di Pulcinella: dopo Piazzale Loreto le autorità fecero di tutto per nascondere la collocazione della salma, ma ogni giorno antifascisti (con gesti irripetibili) e fascisti (con saluto romano) si sfidavano su poche zolle. Erano di più gli antifascisti con il loro corteo di sberleffi (è un eufemismo) e improperi. Da qui la decisione di trafugare il corpo per sottrarlo ai “vili comunisti”.

Leccisi e i suoi scavarono la fossa, aprirono la bara e Leccisi prese tra le sue mani quel coso informe che era la salma di Mussolini a un anno esatto dalla sua morte. Nella concitazione della fuga misero il duce su una carriola da becchini per raggiungere un’automobile che aspettava fuori. Polizia e custodi nelle ore successive trovarono due falangi per terra, probabilmente di Mussolini.

Sentiamo come Leccisi raccontò il momento tanto sognato, quando il duce fu di fronte a lui: “Era perfettamente riconoscibile quantunque il tempo avesse lasciato i suoi segni sulle dure fattezze” (!). La figura ancora integra del duce serviva per avvalorare il miracolo. “La mancata decomposizione del corpo ne attestava la santità”, scrive Luzzatto (p.186). In realtà Leccisi prese tra le sue mani un informe cumulo di ossa e brandelli di carne che emanavano un odore sconvolgente.

Costernazione in tutta Italia per la scomparsa delle ossa del duce. Nell’Italia che si apprestava al referendum del 2 giugno e all’Amnistia Togliatti, il trafugamento del corpo del duce fu l’argomento più trattato e discusso. Non si contarono allora le segnalazioni fantasiose da parte di gente anonima che rivelò di sapere dove era nascosta la salma. La più curiosa, comparsa in un giornale, era quella che diceva che la salma in quel momento stava attraversando il Canale della Manica, destinazione Londra, per volontà di Churchill (!).

La polizia arriva quasi subito alla banda Leccisi ma mentre Leccisi non parla gli altri sono disposti a trattare.

Alla fine la polizia arriverà al piccolo baule dove la salma di Mussolini era stata schiacciata per alcuni mesi. Il baule si trovava nella Certosa di Pavia dopo un lungo giro da Milano alla Valtellina e poi ancora dalla Valtellina a Milano fino a Pavia. Sempre in un piccolo baule dove le povere ossa dell’ex-duce erano state incredibilmente schiacciate e contorte per farcele stare.

A questo punto le autorità decisero che la salma dovesse raggiungere un luogo veramente segreto: sarà il convento dei Cappuccini a Cerro Maggiore dove rimase fino al 1957. Poi la tomba di famiglia a Predappio. E così le ossa di Mussolini da Milano arrivarono a Cerro Maggiore (via autostrada) sfiorando Legnano.

Leccisi fu condannato a sei anni di carcere non per il trafugamento della salma ma per aver stampato denaro falso. Dopo 21 mesi di prigionia era libero e con un capitale politico da spendere. Era il “trafugatore del corpo del Duce” e negli ambienti dell’estremismo nero era già un eroe. Perché con la sua azione aveva sottratto le spoglie di Mussolini dalla turba degli antifascisti compiendo un gesto sacro. In prossimità della Pasqua del ’46 sembrava che il gesto di Leccisi segnasse più la resurrezione di Mussolini che di Gesù.

Intanto era nato il Msi (“Mussolini Sempre Immortale”) grazie all’Amnistia Togliatti (giugno ’46), generosissima nel permettere alla canaglia fascista di uscire rapidamente e impunemente dalle carceri.

Leccisi non ebbe difficoltà a entrare in Parlamento con le elezioni del 1953, in cui ebbe 12mila voti. Alla inaugurazione della nuova Camera si potè assistere al curioso spettacolo di due persone (comunista e fascista) che avevano molto in comune: da una parte Walter Audisio (il presunto fucilatore del duce), dall’altra il “trafugatore del Duce”, ai due estremi del Parlamento. Per la cronaca non ci fu tra i due alcun alterco. Tra Leccisi e Pajetta sì, ma si sa che Pajetta era fatto di materia infiammabile. “Taci becchino!”, lo apostrofò.

Ora il “Circolo Leccisi” è diretto dal figlio Gabriele che i legnanesi dovrebbero ricordare quando al tempo della Giunta Centinaio tentò un paio di volte di fare irruzione nella Sala consiliare. C’è una fotografia in cui lo si vede trattenuto a fatica dai messi e minaccioso di fronte al sindaco Centinaio, un po’ preoccupato per quanto stava accadendo.
Chissà se ha pensato: “Voglio sprangare questo parlamento e farne un governo esclusivamente di fascisti. Voglio fare di quest’aula sorda e grigia… un garage per la bicicletta e il motorino. Potrei, ma almeno in questo primo tempo, non voglio”. Chissà se l’ha pensato, la storia è sempre bizzarra.

Ora con questo passato da necrofori il Circolo Leccisi sfilerà per Legnano con riti e slogan che sanno di morte nel senso che appartengono a un passato morto. Ogni volta è il tentativo di riportare il vita un cadavere, che non è quello di Mussolini, ma quello del fascismo del Ventennio. Almeno CasaPound afferma di voler svecchiare il vecchio armamentario fascista. Un po’ di “aria nuova” in tanto tanfo di cimiteri violati, di tombe aperte e di mani nude che afferrano poltiglia informe.

Un’ultima cosa per i giovani di “Legnano odia i fascisti”. State a casa! State a casa e mettetevi a studiare.

Settant’anni e passa di antifascismo a senso unico vi hanno convinto che il vero nemico è il fascismo. Non è così. Il nemico è il capitalismo di cui il fascismo è al massimo una conseguenza politica ed ideologica. Ne consegue che se c’è il capitalismo è inevitabile la presenza del fascismo.

Per combattere contro il capitalismo occorrono un partito che non avete e una visione critica della società che vi manca in gran parte.

Quindi miei cari giovani “marxisti immaginari”, state a casa! A studiare i classi del marxismo, naturalmente!

Con simpatia, nonostante tutto.

G. Restelli

Se qualcuno dei lettori non ne avesse abbastanza di tanfi e puzze cimiteriali, di ossa scomparse e riapparse, e volesse approfondire queste vicende, rimando al saggio di S. Luzzatto citato in precedenza. La storia di Domenico Leccisi è narrata con molti più particolari.