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Mostra di Zoran Music a Legnano Errore in una didascalia

Buongiorno Direttore (Legnanonew),

prendo spunto dalla visita di Giuseppe Marazzini e dei suoi amici alla mostra di Zoran Music al Palazzo Leone da Perego di Legnano per segnalare un errore nelle didascalie della mostra che per me ha del clamoroso.

Ho già segnalato da settimane l’errore ai curatori della mostra: “Ufficio Stampa CLP Relazioni Pubbliche”, ma non mi è arrivata alcuna risposta.

La didascalia di cui sto parlando è questa:

“Non esiste assurdità che non possa essere vissuta con naturalezza e sul mio cammino, lo so fin da ora, la felicità mi aspetta come una trappola inevitabile. Perchè perfino là, accanto ai camini, nell’intervallo tra i tormenti c’era qualcosa che assomigliava alla felicità. Tutti mi chiedono sempre dei mali, degli “orrori”: sebbene per me, forse, proprio questa sia l’esperienza più memorabile. Sì, è di questo, della felicità dei campi di concentramento che dovrei parlare loro, la prossima volta che me lo chiederanno”.

Ebbene questa riflessione non è di Zoran Music ma è del Premio Nobel Imre Kertèsz, ebreo ungherese, deportato ad Auschwitz e Buchenwald nel romanzo “Essere senza destino”, Feltrinelli, 2006, p.220.

La stessa riflessione con le stesse parole compare anche nella sequenza finale del film “Senza destino” di Lajos Koltai, ispirato a Kertesz.

http://lafrusta.homestead.com/rec_kertesz.html

Mi chiedo come sia stata possibile la svista, anzi la doppia svista perché il passo citato compare anche nel retro di copertina della pubblicazione ufficiale della mostra e attribuito sempre a Music.

Il romanzo di Kertèsz con il titolo “Sorstalangsas” fu pubblicato nel 1975 da una casa editrice di Berlino. Sono gli stessi anni in cui Music realizza il suo ciclo “Noi non siamo gli ultimi”.

È immaginabile che Music si sia impossessato dalla riflessione di Kertèsz? Oppure, come è probabile, il testo è stato attribuito con una certa disinvoltura dai curatori della mostra a Music?

Non è solo una questione “filologica”. Probabilmente solo Kertèsz (forse anche Primo Levi nel “Canto di Ulisse” in “Se questo è un uomo”) ha parlato della “felicità nei campi di concentramento” e non solo degli “orrori” come tutti i sopravvissuti.

La “felicità” nel lager si spiega con il fatto che Kertèsz, nato nel 1929 a Budapest, si ritrova ad Auschwitz nel 1944 all’età di 15 anni. È un adolescente che fino a quel momento non ha conosciuto l’amore e ha fantasticato molto (come tutti gli adolescenti) sulla vita e sulle sue promesse.

L’impulso a vivere in lui ragazzino è fortissimo, è un attaccamento viscerale alla vita che solo un giovane può avere: una forza vitale che gli impone di ritornare a casa perché della vita non ha ancora conosciuto nulla. La “felicità in mezzo ai camini” di cui parla Kertèsz è la speranza di tornare a Budapest per abbeverarsi alla vita.

In questo sentimento di “felicità a Buchenwald” è vivo anche il forte legame che il piccolo Imre aveva stabilito con un altro deportato ebreo ungherese, di qualche anno più grande, che gli salverà la vita spronandolo e sorreggendolo quando le forze fisiche e mentali stavano per esaurirsi in lui consegnandolo alla morte precoce. Nei campi di concentramento talvolta i legami erano molto più saldi rispetto alla vita ordinaria, da qui il sentimento di una “felicità”che a noi sembra inspiegabile.

Music nel 1945 ha 36 anni (è nato nel 1909). È difficile inquadrare il passo citato in un uomo che ormai ha già vissuto da un pezzo l’adolescenza e conosce bene la vita (il lager) con le sue false illusioni.

Probabilmente Music avrebbe apprezzato il concetto di “felicità nei campi di concentramento” di Kertèsz (il suo dipingere frenetico nel lager gli permette di sopravvivere e sentirsi sempre un uomo). Il problema è che il passo citato non appartiene alle sue riflessioni.

Spero che questa lettera stimoli nei curatori della mostra una risposta che serva di chiarificazione.

In ogni caso l’errore nella didascalia su Music mi ha permesso di ricordare due capolavori: un libro, “Senza destino”, e un film “Essere senza destino” che raccomando a tutti, soprattutto a scuola (tra poco arriva il Giorno della Memoria!).

Cordiali saluti

Giancarlo Restelli

“Senza destino” (2005) di Lajos Koltai è un film bellissimo con le musiche stupende di Morricone. Un assaggio

http://www.youtube.com/watch?v=NOWII02KPCY&feature=related

La “felicità” in Imre Kertèsz

“Sentii parlare molto del passato, molto del futuro, e soprattutto sentii parlare moltissimo – e posso dire: da nessuna parte pare che se ne senta parlare tanto come appunto tra i prigionieri – della libertà, e in fondo, credo, è più che comprensibile… Esiste un determinato momento della giornata, tra il ritorno dalla fabbrica e l’appello della sera, un’ora particolare, sempre vivace e senza costrizioni, che nel campo aspettavo più di ogni altra cosa e che amavo molto – del resto coincide generalmente con l’ora del rancio”

“Essere senza destino”, Feltrinelli, 2006, p. 121

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