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Riflessioni dopo il viaggio nei lager nazisti del maggio 2011

“Viaggio in un mondo fuori dal mondo”

Riflessioni dopo il viaggio nei lager nazisti del maggio 2011

Sala del Consiglio Comunale di Legnano, 14 ottobre 2011

Buonasera a tutti i presenti. Prima di iniziare un ringraziamento al dott. Paolo Campiglio, presidente del Consiglio comunale, agli amici dell’Anpi di Legnano, al presidente Luigi Botta; un saluto e un grazie ai “Numantini” che sono sempre presenti a questi appuntamenti.

Un ringraziamento soprattutto agli studenti e insegnanti delle scuole di Legnano qui con noi questa sera.

La serata di riflessione dopo il Pellegrinaggio di maggio nei lager nazisti è diventata ormai una tradizione a Legnano. Ormai è il settimo anno consecutivo che ci ritroviamo qui in questa sala.

Vorrei chiarire che l’obiettivo di questo incontro non è il semplice rivederci dopo il viaggio di maggio.Tra pochi mesi ci sarà il Giorno della Memoria (27 gennaio ‘12). Sarebbe importante che in questo incontro nascessero idee, forme di collaborazione, voglia di fare qualcosa insieme per dare sostanza a questa ricorrenza.

Il bilancio della collaborazione con le scuole di Legnano è ampiamente positivo, anche in seguito a questo incontro. Come Anpi abbiamo lavorato con quasi tutte le scuole della nostra città. Quest’anno la collaborazione per il Giorno della Memoria è con il Liceo Galilei.

Prima di dare la parola agli studenti, qualche breve appunto di carattere storico.

Oggi è il 14 ottobre e ci è parso il giorno migliore per questa riunione. Il 16 ottobre del 1943, ossia 68 anni fa, ci fu la terribile razzia nel ghetto di Roma che si concluse con 1.023 ebrei italiani deportati ad Auschwitz di cui ritornarono solo 17 persone finita la guerra.

Ma l’8 ottobre, sempre del ’43, da Mantova partiva un convoglio con destinazione Mauthausen (13 ottobre) composto da 26 ex-militari italiani catturati dalle truppe tedesche dopo l’8 settembre.

Nello stesso giorno partiva da Sulmona un convoglio per Dachau (13 ottobre) composto da 393 deportati di cui 166 italiani: erano partigiani, civili accusati di aver aiutato i partigiani, ex militari.

Un altro convoglio di deportati era partito ancora l’8 ottobre da Cairo Montenotte con destinazione Mauthausen-Gusen. Si trattava di 355 italiani. Appena arrivati a Mauthausen divennero “Triangoli Rossi”.

Come si può vedere la prima metà del mese di ottobre del 1943 fu tragica dal punto di vista della deportazione nei lager nazisti.

Ritroviamo in questi giorni tutte le categorie di italiani poi duramente colpite fino al ’45 dai nazisti e dai fascisti: ebrei, partigiani, militari, civili (e tra di loro tante donne). Ma i mesi successivi non furono meno tragici. La deportazione toccò anche Legnano.

Pensiamo solamente ai nove operai e tecnici della Franco Tosi che furono deportati a Mauthausen dopo il fallito sciopero del 5 gennaio del ’44. Di questi nove, sette furono uccisi a Mauthausen, Ebensee, Gusen.

Un’altra ondata di arresti e deportazioni colpì gli operai legnanesi nel marzo del ’44 dopo gli imponenti scioperi che bloccarono le fabbriche del Nord in quelle settimane.

Altri quattordici lavoratori di Legnano finirono nei lager nazisti di cui nessuno tornò alle proprie case finita la guerra. Lavoravano nelle maggiori aziende della zona: Pensotti, Emilio Bozzi, Ercole Comerio, Franco Tosi.

Il contributo di sangue e sofferenze dei lavoratori e partigiani legnanesi nei lager nazisti è davvero notevole: ho contato in totale trenta persone delle quali solo sei sopravvissero.

Tra i sopravvissuti vorrei ricordare il signor Candido Poli, deportato a Dachau per la sua attività di partigiano. Ora è vicepresidente dell’Anpi di Legnano. Lo ricordo volentieri perché per molti anni nel “Giorno della Memoria” al Cinema Ratti ha sempre parlato con passione ai giovani presenti in sala della sua esperienza nei lager nazisti senza che dalla sua bocca sia mai uscita una parola di odio nei confronti dei suoi carcerieri.

Per dare memoria a tutti questi nostri concittadini è nata nei mesi scorsi una ricerca con l’obiettivo di delineare il loro percorso individuale dal momento dell’arresto fino al lager e per molti il giorno della morte.

Abbiamo utilizzato un’imponente ricerca dell’università di Torino dal titolo “Il libro dei deportati” in cui sono elencati quasi 24mila nomi di deportati italiani non ebrei e non militari tra cui i nostri concittadini.

Leggendo i dati a nostra disposizione si scoprono aspetti interessanti. I deportati legnanesi erano quasi tutti operai (molti della Tosi) e svolgevano le mansioni tipiche dell’epoca: calderari, modellatori metallurgici, fresatori, tornitori, meccanici di precisione, installatori elettrotecnici…

Il più anziano tra loro era nato nel 1882 (quandi aveva 62 anni nel momento dell’arresto), il più giovane era nato nel 1922 e quindi aveva 22 anni. La maggioranza di loro era nata nel primo decennio del Novecento, quindi aveva tra i trenta e i quarant’anni quando decise di partecipare agli scioperi del ’44 per difendere la propria famiglia dalla fame.

Altro dato che fa rabbrividire: dei trenta nomi che conosciamo solo sei sopravvissero alla deportazione: ventiquattro di loro morirono di fame, di stenti, di malattie, di lavoro inumano nella solitudine dei lager.

È una percentuale incredibilmente alta, soprattutto in rapporto al totale dei Triangoli Rossi morti nei lager: circa il 40 per cento.

Dove morirono? Furono uccisi in gran parte nei lager che abbiamo visitato nel mese di maggio: Dachau (che ebbe circa 8.500 deportati), Mauthausen (con 6.500 deportati), Gusen, Ebensee e il Castello di Hartheim.

Molti giovani oggi non sanno nulla di tutto questo e neppure conoscono le località in cui sorsero queste vere e proprie strutture nate per uccidere.

Per i giovani delle scuole di Legnano che hanno partecipato al “Viaggio della Memoria” tutto questo non è vero e sono sicuro che serberanno il ricordo della loro esperienza nel tempo.

Vorrei terminare questo mio intervento ricordando le parole di un giovane partigiano legnanese morto ad Ebensee nel febbraio del ’45. Aveva solo ventidue anni ed era studente universitario di chimica. Il suo nome è Gianni Moro.

Fu arrestato nella sua abitazione e dopo due mesi giunse a Mauthausen. Morì dopo undici mesi di lager. Per chi conosce in quali terribili condizioni si vivesse nei lager nazisti, undici mesi erano davvero troppi per sopravvivere!

Dopo l’arresto si ebbero pochissime notizie su di lui. Le ultime parole furono quelle da lui scritte su due foglietti alla famiglia poco prima della deportazione. Sono parole che danno l’idea della tempra morale di Gianni.

“Carissimi,

ricevo ora la conferma della mia partenza per Innsbruck. Vi mando il mio ultimo saluto e pensiero per iscritto, che nulla è in confronto del ricordo perenne che mi lega a voi e che mi sarà di sostegno durante l’esilio. Ci penseremo entrambi intensamente, però, come vi ho già detto, vi voglio sereni come lo sono io, in una fiduciosa attesa. Parto sorridendo poiché tutti siamo entusiasti di dare qualcosa per la patria i cui destini, che ci stanno a cuore più di ogni altra cosa, sono decisamente segnati e sono quelli per i quali i nostri antenati diedero la vita. Non si tratta che di attendere qualche mese. Raccomando a Mimì di curarsi la salute e a papà di non commettere imprudenze politiche. Salutatemi tanto gli zii e tutti quelli che mi hanno voluto bene. Non vi devono scendere lacrime nel leggere queste righe, non lo desidero e mi farebbe male, ma vi sia motivo di fiero orgoglio.

Un bacio affettuosissimo a tutti!”

3 marzo 1944

Vostro Gianni

Giancarlo Restelli