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Il contesto storico della conferenza di Zimmerwald (5-8 settembre 1915)

Il contesto storico della conferenza di Zimmerwald

Per capire le ragioni della conferenza di Zimmerwald (5-8 settembre 1915) è necessario riflettere su quanto è accaduto un giorno particolare: il 4 agosto del 1914. Da notare che la guerra è appena iniziata.
Dopo la dichiarazione di guerra dell’Austria-Ungheria alla Serbia del 28 luglio la guerra inizia il primo agosto con la dichiarazione di guerra della Germania alla Russia.

Berlino, 4 agosto 1914
Il 4 agosto siamo a Berlino e in particolare nel Reichstag, sede del parlamento tedesco.
Quel giorno vengono votati i crediti di guerra, procedura fondamentale per permettere la mobilitazione dell’esercito e sostenere le prime spese belliche.
Con grande sorpresa e costernazione nel mondo socialista europeo l’SPD, ossia il partito socialdemocratico tedesco, forte di più di un centinaio di deputati, il partito socialista più forte nell’Europa in quel periodo, vota a favore. Tutti gli altri partiti tedeschi naturalmente non hanno esitazioni.
Il mondo nazionalistico tedesco esulta per questa “comunità d’intenti” in cui il popolo tedesco appare finalmente (dal loro punto di vista) unito e compatto come mai è stato. Venne chiamato Burgfrieden, ossia “pace civile”.
La lotta di classe è scomparsa, le contrapposizioni sociali ormai appartengono al passato, il popolo tedesco si erge come un tutt’uno per la vittoria finale. Quello stesso giorno il Kaiser disse che d’ora in poi “non avrebbe riconosciuto più dei partiti ma soltanto tedeschi”.
Il socialismo europeo invece passa immediatamente dal biasimo nei confronti dei socialisti tedeschi (“tradimento del socialismo”, dell’Internazionale, dell’”umanità”…) a fare la stessa cosa nei rispettivi parlamenti i cui paesi sono in guerra.
Così avviene in Austria-Ungheria, in Francia (lo stesso 4 agosto con circa cento deputati che cantano con gli altri la “Marsigliese”), in Gran Bretagna, non invece in Russia perché il partito bolscevico alla Duma sceglie il voto contrario. La stessa cosa farà il piccolo partito socialista serbo.

La II Internazionale
Ciò che avviene il 4 agosto è di particolare importanza. Non è esagerato dire che è il giorno in cui l’Internazionale cessa di esistere.
L’Internazionale socialista era nata nel 1889 dopo la sfortunata esperienza della Prima Internazionale fondata da Marx e dissolta nel 1876 per i forti contrasti tra marxisti e bakunisti.
Nei suoi 25 anni di vita la II Internazionale aveva rappresentato l’unione dei tanti partiti socialisti nazionali che avevano voce a Bruxelles, dove c’erano gli uffici centrali. La II Internazionale era una poderosa organizzazione che contava su due milioni di iscritti, un potenziale di 10 milioni di voti e 172 quotidiani. Anche le varie organizzazioni sindacali, soprattutto in Francia, Germania e Gran Bretagna, apparivano solide e in buona salute.

Molte volte era stato affrontato il tema della guerra, ossia che cosa avrebbero dovuto fare i socialisti in caso di guerra locale o generalizzata. Si era discusso tantissimo soprattutto negli ultimi congressi di Basilea (1910) e Stoccarda (1912).
Pesava come un macigno però quanto era stato stabilito nel congresso di Basilea del 1912: “Nel caso in cui tuttavia scoppiasse la guerra, i socialisti hanno il dovere di intervenire per farla cessare prontamente, e utilizzare con tutte le loro forze la crisi economica e politica creata dalla guerra per sollevare i più vasti strati popolari e precipitare la caduta del dominio capitalista”. Era stato Lenin a nome del suo partito a inserire questo emendamento e a farlo votare.
Si discusse molto nei vari congressi anche sullo sciopero generale come strumento per fermare subito la guerra impedendo la mobilitazione, ma in diverse assise non si era arrivato a nulla di certo.

Rimaneva però impegnativo per tutti quanto era stato discusso e deciso a Basilea nel 1912:
– la guerra creerà crisi economiche e politiche
– i lavoratori considerano la partecipazione ad un’eventuale guerra “un delitto” e ritengono criminoso “sparare gli uni sugli altri per il profitto dei capitalisti, per l’orgoglio delle dinastie e per la stipulazione dei trattati segreti”
– i socialisti hanno il dovere di utilizzare la crisi “per affrettare la caduta del dominio capitalistico”
– i governi devono ricordare la Comune parigina del 1870 e la rivoluzione russa del 1905

Parole forti che però rimasero sulla carta.

Lenin e il 4 agosto
Lenin il 4 agosto si trovava a Cracovia e rimase molto colpito da quanto lesse sui giornali. Conosceva bene il mondo della socialdemocrazia tedesca ed europea e non credo che si facesse illusioni sulla capacità e volontà di combattere dei socialisti. Però una caduta così repentina, così rovinosa, nessuno se lo aspettava.
E’ come se un esercito il primo giorno di battaglia si arrende al nemico senza neppure sparare un colpo, ben sapendo che l’aspetterà l’infamia e la prigionia.

Il tradimento dell’SPD
Come mai i socialisti tedeschi invece di mobilitare il proletariato contro la guerra e per dovere di solidarietà internazionalista con i lavoratori russi e francesi, si unirono ai guerrafondai guidati dal Kaiser?
L’SPD era l’erede del partito comunista fondato da Marx e da Engels nel 1848. Alle spalle aveva una lunga storia ricca di momenti di coraggio e determinazione, per esempio entrò nella storia del movimento operaio internazionale la lotta che i socialisti tedeschi fecero contro Bismarck al tempo delle Leggi antisocialiste. Nel 1889 furono soprattutto i socialisti tedeschi e francesi a volere la rifondazione dell’Internazionale.
Ma ora nel 1914 il partito socialdemocratico era diventato un partito riformista guidato da esponenti di prestigio ma ormai passati a difendere gli interessi della classe dirigente dl proprio paese.
Il socialismo era diventato una meta sempre più lontana e in ogni caso si sarebbe raggiunta senza violenze o crisi grazie a un capitalismo pienamente maturo (tesi di Berstein). La lotta di classe esisteva solo nell’attivtà sindacale. Il marxismo rivoluzionario era messo in discussione da teorici come Berstein, Kautsky e altri.
Quello che contava di più nell’SPD era l’integrità della pletorica organizzazione del partito con i suoi sindacati, le cooperative, i tanti quotidiani, le riviste. Fiore all’occhiello i 122 deputati che nel 1914 che garantivano al Reichstag la maggioranza relativa.
Pochissimi volevano lo scontro con la classe dirigente guerrafondaia con il rischio di buttare all’aria tutto questo e poi il veleno del nazionalismo era penetrato largamente tra i dirigenti e anche in alcuni settori del proletariato.
Scrisse Lenin: “Si è formato tutto uno strato sociale di parlamentari, di giornalisti, di burocrati del movimento operaio, di impiegati privilegiati e di alcune categorie proletarie, che si è fuso e adattato alla propria borghesia nazionale, la quale ha saputo apprezzarlo e adattarselo”.
“Ci avrebbero arrestati” dichiarò un giorno in una riunione operaia un deputato tedesco. Esemplare la risposta di un operaio: “E che cosa ci sarebbe stato di male?”.
E così l’Spd fu passiva ai primi di agosto del ’14 e la Germania entrò in guerra senza difficoltà di nessun tipo. La stessa cosa accadde anche in Francia e in altri paesi nei giorni immediatamente successivi. Alla fine gli operai vennero mandati al massacro: socialisti contro socialisti. Operai contro operai!

In Francia neppure l’omicidio di Jean Jaures per opera di un nazionalista (31 luglio) cambiò le cose. All’annuncio della mobilitazione tedesca e dell’invasione del Belgio i deputati del Psf non solo votarono compatti per i crediti di guerra ma si inserirono subito con un paio di elementi di spicco nel governo Viviani assicurando la presenza socialista anche nei governi successivi.
Qui siamo in grado di misurare l’enormità di quanto accadde: esponenti socialisti, difensori dei diritti dei lavoratori, non solo non difendevano i propri iscritti ma si mettevano a disposizione di coloro che stavano organizzando e pianificando il “ grande macello” del primo conflitto mondiale!
Come scrisse qualcuno in quei giorni, “La guerra ha già fatto una vittima: la classe operaia”, oppure si disse che quando la guerra è dichiarata è alla classe operaia che si fa la guerra. Ossia lotta di classe della borghesia contro il proletariato.

Fallimento di altri internazionalismi
Non ci fu solo il fallimento della II Internazionale naufraga nel mare magnum del nazionalismo. Miserabile fine fece il pacifismo, nonostante l’articolazione delle sue organizzazioni internazionali. Semplicemente molti pacifisti si convertirono rapidamente alla propaganda guerresca. Esemplare è il caso del socialista pacifista Gustave Hervè il quale si firmava “Il senza patria”. Dopo il 4 agosto la sua indomita energia fu convertita a un altrettanto strenua propaganda bellicista.
Fallì l’internazionale anarchica incapace di analizzare il carattere della guerra e di dare ordine alle diverse federazioni nazionali. Ma fallì anche il pacifismo borghese rappresentato da quegli scienziati ma anche politici e uomini d’affari i quali pensavano che con la diffusione della scienza e la mondializzazione degli scambi, la guerra sarebbe stata messa in soffitta.
Fa sorridere ma nel 1914 la II Internazionale è tra i candidati al premio Nobel per la pace (!).
Insomma, quell’inizio dell’agosto del ’14 fece sfumare molte illusioni diffuse in molti settori della società europea.

La formazione di un’opposizione di sinistra
Non tutto era perduto però. Il fermo atteggiamento dei deputati bolscevichi alla Duma e di Lenin all’estero, il rifiuto di schierarsi a favore della guerra dei socialisti serbi, le parole dure di Karl Liebknechk al Reichstag nel dicembre del ’15 facevano pensare che c’erano forze sane su cui ricostruire le fondamenta di una nuova Internazionale le cui macerie giacevano a terra.
Accanto a Liebknechk in Germania c’erano altri autentici internazionalisti come Franz Mehring, Clara Zetkin, Rosa Luxenburg. In Scandinavia vi erano formazioni socialiste non conquiste dallo sciovinismo, in Olanda c’erano i “Tribunisti”, così chiamati perché erano raccolti intorno alla rivista “La Tribuna”; nei Balcani era d’esempio il comportamento dei due deputati serbi che non avevano votato i crediti di guerra. Il Psi il 20 maggio del 1915 non vota i pieni poteri accordati al governo. Forze socialiste, seppure variegate, che si ritroveranno a Zimmerwald.

Lenin e il fallimento della II Internazionale
Negli scritti di queste prime settimane di guerra l’atteggiamento di Lenin è molto risoluto:
– condanna senza appelli nei confronti dei traditori dell’Internazionale e di tutti i “socialsciovinisti”
– rottura inevitabile con loro così come i bolscevichi da tempo avevano rotto ogni rapporto con menscevichi e socialisti rivoluzionari
– definizione della guerra come “guerra imperialistica” dovuta alle contraddizioni del capitalismo
– ne deriva la “Trasformazione della guerra imperialistica nella rivoluzione comunista” (in guerra civile)
– necessità di costruire organizzazioni illegali capaci di operare per la rivoluzione
– lotta implacabile contro tutte le ideologie che avevano portato il proletariato nelle rispettive trincee
– necessità di una nuova Internazionale che indichi al proletariato la via del socialismo

Lenin non era solo. Queste idee erano condivise da Trotsky e da pochi altri al di fuori del partito bolscevico russo. Non certamente dal Psi che aveva fatto proprio il motto “Né aderire né sabotare” e neppure da parte dei menscevichi e socialisti rivoluzionari (ma solo di nome!) russi.

Karl Liebknechk e Rosa Luxenburg ripetevano slogan carichi di significato:
– “Questa guerra non è la nostra guerra”
– “Guerra alla guerra”
– “Gli operai non hanno patria” (dal “Manifesto” di Marx ed Engels)
– “Il nemico è in casa nostra”
– “Fraternizzazione nelle trincee”
E così Liebknechk diventò un punto fermo per tutti coloro che in Germania non si rassegnavano allo sciovinismo dominante.

Qualcosa si stava muovendo anche in Francia: l’ “unione sacra” con i socialisti nel governo non poteva evitare la nascita di forme di opposizione sempre più radicali nel sindacato e nello stesso partito.
In Gran Bretagna se il Labour Party collaborava a pieno regime con Lloyd George era nato a sinistra il piccolo ma combattivo Indipendent Labour Party guidato da un minatore gallese, Keir Hardie.
E poi a favorire la nascita di forme di opposizione di sinistra contribuiva la lunghezza della guerra, gli enormi costi umani, le spese pazze per mantenere eserciti di milioni di uomini al fronte, l’evidenza di obiettivi imperialistici che ogni contendente perseguiva.

“Disfattismo rivoluzionario” e prospettiva della pace
La maggioranza dei convenuti a Zimmerwald era molto lontana politicamente dalla prospettiva del disfattismo rivoluzionario e della “trasformazione della guerra imperialistica in guerra civile” che agitava gli scritti di Lenin e Trotsky.
La maggioranza dei convenuti era su posizioni sinceramente pacifiste. L’obiettivo era trovare il modo di parlare ai popoli e obbligare le classi dirigenti a far cessare la guerra. Ne derivava la ricostruzione della II Internazionale.
Nonostante queste differenze Lenin e Trotsky vollero essere a Zimmerwald perchè giustamente la conferenza svizzera poteva essere un primo passo per ricucire il filo della storia che era stato vergognosamente tagliato il 4 agosto.