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La scuola operaia Bernocchi (1919): idee per il futuro



La scuola operaia Bernocchi (1919): idee per il futuro

1. Nell’anno di Caporetto
Il 1917, come si sa, è un anno cruciale per le vicende militari, e lo è – per molti e diversi motivi – anche per la popolazione civile di Legnano. Ai tanti problemi legati al periodo, in primavera si aggiunge l’alluvione: alla fine di maggio l’Olona straripa e una violenta inondazione coinvolge il territorio cittadino paralizzando le fabbriche. L’autunno è poi funestato dalla tragedia di Caporetto: sono ventitré i Legnanesi che vi perdono la vita e circa venti quelli che finiranno – in gran parte prigionieri – travolti dall’avanzata austro-tedesca.
La notizia delle difficoltà e delle condizioni in cui versano gli Italiani, nonché i  suoi concittadini, raggiunge un imprenditore destinato a segnare la storia di Legnano: Antonio Bernocchi. E’, all’epoca, un uomo di 58 anni che ha già dato prova di spirito civico e anche in questa occasione non indugia, parte per il fronte per portare materiali ed incoraggiamenti morali ai soldati; dona per primo L.400.000 per dar vita all’istituzione denominata “La Patria Riconoscente” che diventerà poi l’Opera Nazionale dei Combattenti.
Se per il Paese il 1917 è un anno  da associare soprattutto ad una tragica disfatta militare, per la cittadina lombarda è anche un periodo in cui prendono forma nuove idee. Già si pensa al ‘dopo’. Si elaborano progetti che vengono discussi e perseguiti coinvolgendo l’Amministrazione, quasi che non si voglia permettere al conflitto di deprimere le speranze di un possibile sviluppo economico, sociale e culturale della comunità. Così, proprio nel 1917, l’Amministrazione comunale, per rispondere ad istanze da tempo avanzate da più parti, a seguito di una Convenzione stipulata con la Provincia, dà vita all’Istituto Tecnico comunale: ospitata temporaneamente nel palazzo del Comune, la scuola assumerà nel 1923 la denominazione di Regio Istituto Tecnico “C. Dell’Acqua”.
L’anno di Caporetto è anche quello in cui Antonio Bernocchi, allenato dall’infanzia a rimboccarsi le maniche e a superare ostacoli d’ogni tipo, comincia a pensare  alla realizzazione di una “scuola operaia”. E’ una di quelle imprese che in quel momento doveva apparire possibile solo a chi pur dotato di mezzi fosse anche tenace e lungimirante. Quello dell’istruzione professionale era infatti un campo ancora da dissodare: Bernocchi vi si dedica con convinzione e senza badare a spese. Lo spirito pionieristico con cui sostiene e persegue il suo progetto ce lo fa assimilare – a dispetto dell’età – ad uno di quei “giovani esploratori” legnanesi che, tra gli altri, proprio nel 1917 furono toccati dalla sua generosità.

2. In riva all’Olona
Nato a Castellanza il 17 gennaio del 1859, veniva da una famiglia di modeste condizioni: in località Gabinella, il padre gestiva una piccola attività di candeggio. A soli quindici anni Antonio assume la direzione del laboratorio, dove lavorano, oltre ai suoi fratelli minori, cinque o sei operai. L’incarico non gli consente di completare gli studi iniziati presso la scuola Tecnica di Busto Arsizio ma – come il resto della sua biografia dimostra – ciò non gli impedisce di continuare a considerare molto importante l’istruzione e la formazione specifica dei lavoratori. Guadagna sul campo le competenze necessarie a diventare quello che oggi si direbbe un grande manager: la sua intraprendenza lo porta ad avere una delle più grandi industrie cotoniere d’Italia, che a conclusione della sua vita comprende dieci stabilimenti, “dove lavorano 5000 operai con 170.000 fusi di filatura, 3000 telai, e riparti completi di tintoria, candeggio, mercerizzazione, stamperia, e i cui prodotti sono oggetto di esportazione mondiale”.
Quella di Antonio Bernocchi è sicuramente una figura poliedrica, umanamente ricca di sfaccettature: “Abbiamo in lui il lavoratore, il costruttore, l’italiano, il benefattore, il mecenate, l’educatore”. Lungo è infatti l’elenco delle onorificenze da lui ottenute e delle cariche istituzionali che ricoprì: sindaco  di Legnano dal 1901 al 1902, nel 1905 ottenne la nomina di Cavaliere del lavoro e fu insignito anche dell’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia; nel 1929, un anno prima della morte, divenne senatore del Regno.
Cittadino munifico, la sua generosità non fu sollecitata solo dall’emergenza della guerra, nel corso della quale visitò in più di un’occasione i soldati al fronte. Colpisce infatti la varietà degli ambiti che lo videro impegnato come benefattore e figura di riferimento: dall’Ospedale Civile di Legnano, di cui fu più volte presidente, al Football Club Legnano, che anche grazie ai suoi finanziamenti acquistò visibilità, per non parlare dei suoi contributi a progetti legati al capoluogo lombardo, come la realizzazione del Palazzo dell’Arte (oggi sede della Triennale) o il sostegno dato al restauro del Palazzo di Brera e della Scala di Milano. Ma quella che qualcuno considera “massima fra le Sue innumeri benemerenze” è proprio l’istituzione della scuola professionale: un progetto che nasce incentrato sulla necessità di “istruire i figli del popolo” con una scuola in grado di formare gli allievi attraverso una base di cultura generale e insegnamenti che li preparino al lavoro nelle fabbriche.

3. Il “Sciur Antoni” e il professore
Benché la legge n. 854 del 1912 avesse istituito la “scuola popolare operaia per arti e mestieri di primo grado” da iniziare dopo il percorso elementare, nel secondo decennio del ‘900 l’offerta nell’ambito dell’istruzione professionale in Italia era ancora indubbiamente scarsa. Emblematica in questo senso è la dichiarazione che si trova in una pubblicazione a cura della Società Umanitaria di Milano, la storica istituzione milanese tra le prime in Italia a istituire corsi professionali:
“Il problema dell’insegnamento professionale è uno dei più urgenti. Finora si è molto discusso e si è molto operato. Abbiamo alcune libere iniziative lodevolissime, ma esse non possono costituire che uno stimolo ed un esempio. Azione organica e generale manca assolutamente”.
A fronte di dichiarazioni ufficiali di ministri, le politiche del governo centrale si limitavano a esercitare un controllo amministrativo, lasciando che fosse l’interesse manifestato dagli industriali nell’ambito dell’istruzione operaia a realizzare iniziative concrete.
Proprio il conflitto mondiale riaccese l’attenzione sull’importanza di avere operai specializzati e in generale maestranze istruite per rendere sempre più efficiente la produzione industriale. Così, mentre i soldati di diversi stati europei si fronteggiavano nell’”inutile strage”, qualcuno pensava a “eserciti di lavoratori abili ed esperti, pronti e duttili” per istruire i quali bisognava uscire dall’impasse in cui versava l’istruzione professionale, nella convinzione che “attendere degnamente ad essa è portare degno contributo alla soluzione dei problemi del dopo guerra”.
A Legnano l’idea di una scuola per i lavoratori era germinata anni prima, in seno al dibattito che aveva coinvolto gli industriali. Già all’inizio del Novecento, quando nella cittadina lombarda si poteva dire avviato il sistema d’istruzione elementare, gli imprenditori avvertivano quanto fosse necessario colmare le carenze nell’ambito della formazione  professionale, tecnica e superiore in genere.
Fondato nel 1876, il collegio “Silvio Pellico” era nei primi anni del XX secolo l’unica scuola superiore, i cui costi ne facevano però un istituto per studenti di famiglie benestanti; oltretutto il “Pellico” non era pareggiato, pertanto anche i corsi complementari, i cui programmi potevano essere assimilati a quelli di scuole tecniche governative, obbligavano i frequentanti a recarsi altrove per sostenere l’esame finale.
Al di là di corsi organizzati dalle aziende locali, al loro interno, chi voleva ottenere una specializzazione con indirizzo industriale doveva scegliere tra gli Istituti di Milano, Bergamo, Biella, Novara.
Così, proprio mentre nella vicina Busto Arsizio nel 1912, con la fondazione del Ginnasio, si andava istituendo il Liceo Classico che a Legnano avrebbe dovuto attendere il 1960 per vedere la luce, tecnici e imprenditori legnanesi discutevano della necessità di arricchire l’“offerta formativa”, come oggi si direbbe, con l’istituzione di una scuola tecnica “comunale o pareggiata”.
Se questo punto trovava tutti concordi in modo generico, divergenze si profilavano quando si trattava di decidere quale scuola, nello specifico, rispondesse più adeguatamente alle esigenze del tessuto economico di quella che sarebbe stata definita la “piccola Manchester d’Italia”.
A prevalere, inizialmente, fu l’orientamento di chi pensava a un indirizzo commerciale e così, su iniziativa prima di un “Comitato per la costituzione di una scuola tecnica pareggiata in Legnano” e poi dell’intervento diretto dell’Amministrazione comunale, nel 1917 si dette vita all’Istituto Tecnico Comunale.
Ma Bernocchi era uomo determinato. Fermo nel suo proposito di fornire alla città una scuola operaia. Era la sua filantropia? Liberalismo illuminato o paternalismo industriale (come poi si dirà a proposito di quella generazione di imprenditori)? Forse. Ma non si può escludere che oltre a queste e ad altre tante ragioni legate all’epoca, come la necessità di maestranze specializzate, ve ne fosse anche un’altra: l’imprenditore legnanese non aveva dimenticato di essere stato un “figlio del popolo” e il suo interesse per la formazione fu forse acuito dal fatto di aver lui dovuto rinunciare a completare i suoi studi.
Il “Sciur Antoni” coinvolge così Egidio Assi, figura di spicco del panorama culturale cittadino, docente di italiano e storia presso il collegio Silvio Pellico (di cui fu proprietario) nonché insegnante presso la scuola tecnica. Al professore viene affidato l’incarico di elaborare il progetto, il quale prende forma in una prima relazione dove sono ben chiari gli obiettivi e gli intendimenti dell’imprenditore ai quali Assi dà voce e definizione: in primis la nuova scuola vuole contribuire a colmare un vuoto formativo ed educativo lasciato dalle Istituzioni nazionali. Si trattava di fornire una formazione anche a chi non aveva i mezzi per proseguire dopo le elementari, nella convinzione che le masse operaie necessitassero di educazione e d’istruzione anche per affrontare l’influsso di ideologie che in quella fase storica potevano facilmente attrarre i lavoratori italiani: “La scarsa educazione – sosteneva infatti il docente – lascia la massa operaia alla mercé di tutti gli avventurieri della politica (e ciò sia detto senza distinzione di partito)”.
Soprattutto, con l’istituzione della nuova scuola, si vuole rispondere ad una finalità la cui importanza dovrebbe essere riconosciuta in tutta la sua evidenza anche nell’ambito dell’economia nazionale: addestrare meglio le maestranze perché le industrie italiane possano reggere il confronto con la concorrenza. “L’iniziativa – si legge infatti nel testo del professore – corrisponde ad un’urgente necessità pel dopo guerra, facile essendo la previsione che subito verrà, senza dubbio, impegnata accanitissima lotta per la conquista dei mercati. Non è quindi questo un problema dopo ma per dopo guerra al quale ci si deve pertanto applicare subito ed accelerarne la soluzione”.
A tali ambiziosi scopi deve quindi corrispondere un progetto che ne sia all’altezza:
“Non dev’essere pertanto una delle solite scuole di disegno, sebbene una vera e propria scuola professionale di I° grado fondata con solide basi, con fini e programmi ben determinati, con insegnamenti ben definiti in corsi completi in conformità all’apposita legge sull’istruzione professionale. La scuola vuol essere diurna per giovanetti aspiranti operai e serale festiva per gli operai effettivi”. Inevitabile che si pensi anche a favorire il reinserimento nella vita civile degli ex combattenti; si legge infatti nella prima pubblicazione della scuola che “dopo guerra i nostri soldati potranno essi pure (nella scuola) migliorare la loro istruzione tecnica e colturale in corsi speciali di perfezionamento”.
Dichiarazioni, queste, dalle quali si evince non solo il senso dell’urgenza dell’iniziativa ma anche la fiducia che essa possa ragionevolmente interessare gli industriali dei comuni limitrofi oltre a quelli legnanesi.
L’appello dell’imprenditore e del professore non cade nel vuoto, viene anzi accolto dagli industriali legnanesi che per iniziativa del Comm. Bernocchi si riuniscono una prima volta il 22 luglio 1918 e una seconda volta il 3 settembre successivo per istituire un Comitato a sostegno del progetto. I contributi vengono oltre che dalla famiglia del fondatore dalle aziende cittadine: la Ditta Fabio Vignati, i cotonifici F.lli Dell’Acqua e Cantoni, la Ditta Giulini & Ratti e molte altre; con le somme raccolte tra il 1918 e il 1919 si raggiunge la cifra di 123. 200 lire (comprensive di 15.000 offerte da Antonio Bernocchi): è solo l’inizio di una sottoscrizione che durerà cinque anni.
Il 16 ottobre del 1919 la scuola apre i battenti nella sue sede provvisoria, ovvero in locali presi in affitto nel Palazzo Cornaggia, in quella che era un tempo la piazza Carroccio, più nota come piasö di püi (oggi piazzetta Assi), sotto la direzione del professor Giovanni Strobino, docente di chiara fama, autore di numerose pubblicazioni, esperto nel settore della tessitura meccanica e già insegnante di tecnologia tessile al Regio Istituto “E.Bono” di Biella; si decide che il prof. Egidio Assi sarà il segretario economo dell’Istituto.
Le lezioni cominciano con un numero di iscritti che supera ogni ottimistica previsione: sono 281 gli allievi, suddivisi nei corsi per Avviamento e Maestranze. I corsi sono organizzati in tre sezioni: una di I° grado, diurna, che prevede un biennio di studi di avviamento con l’aggiunta di un terzo anno a carattere di tirocinio meccanico tessile; due sezioni definite interdiurne (ovvero serali, con orario dalle 18 alle 20) delle quali una di perfezionamento per allievi assistenti di tessitura (triennale) e una con corsi femminili (di cucito e sartoria, biennali; di economia domestica, semestrali).
Nella sua relazione ispettiva datata 10 ottobre 1923, l’architetto Cesare Mazzocchi giudica la scuola legnanese “ottima” e prima tra 45 lombarde sottoposte a ispezione. Il successo dell’iniziativa rafforza la motivazione del suo promotore: Antonio Bernocchi scrive al Comune informando di “voler dare immediata esecuzione alla sua promessa di far costruire il nuovo edificio per la Scuola sul terreno all’uopo acquistato”; stanzia un’iniziale somma di 300.000 lire e mette a disposizione un terreno di circa 9.000 mq. situato nella zona (tra le odierne via Bernocchi e via Calini). Gli scavi cominciano nel dicembre del 1923 e l’edificazione verrà ultimata in soli nove mesi su progetto dell’ingegner Enrico Freguglia. Il 2 maggio 1924 l’imprenditore legnanese firma la convenzione con la quale dona al Comune la struttura, che verrà inaugurata con tutti gli onori, alla presenza di Mussolini, il 5 ottobre del 1924: per Antonio Bernocchi era un sogno che si realizzava, per la città l’inizio di un’esperienza destinata a durare ed evolvere nel tempo.

Gabriella Oldrini,
Istituto “Bernocchi” di Legnano

BIBLIOGRAFIA
AA.VV. L’ opera di un costruttore – La scuola professionale operaia Antonio Bernocchi, Varese Arti grafiche varesine, 1924
Città di Legnano, La scuola professionale Antonio Bernocchi: decennale 1919/29, Legnano, Tip. M. Marini, 1930
D’Ilario Giorgio [et al.], Profilo storico della città di Legnano, Famiglia Legnanese, Legnano, 1984
D’Ilario Giorgio (a cura di), Cento anni di scuola tecnica e professionale a Legnano, [s.n.]Legnano, 1999
Gianazza Egidio (a cura di), I settant’anni dell’Istituto professionale di Stato Antonio Bernocchi, Legnano, 1994
Società umanitaria, L’istruzione professionale nel dopo guerra, Milano, 1918
Strobino Giovanni, Antonio Bernocchi – In memoria, Legnano, 1931
La scuola professionale operaia Antonio Bernocchi dal 1919 al 1949, Legnano Soc. An Proverbio, 1949

Doppio anniversario. 1919 e 1959

Come è stato detto dal nostro dirigente l’anno prossimo la nostra scuola festeggia due compleanni: il centenario del professionale Bernocchi e il sessantesimo del Tecnico. 1919 e 1959 sono le due date che ci interessano.
Non è mia intenzione tracciare per filo e per segno la storia delle due scuole nel tempo. Solo individuare alcuni aspetti caratteristici, se vogliamo anche curiosi.
Il 1919 non è una data qualunque. Il mondo e in particolare l’Europa sono appena usciti da una guerra rovinosa che ha provocato milioni di morti, nella sola Italia poco più di un milione contando soldati e civili morti per cause di guerra.
I problemi sono enormi in quell’anno: i nazionalismi in Europa, la “vittoria mutilata” in Italia, la difficile riconversione dell’apparato produttivo dalla guerra alla pace…
Eppure a Legnano c’era un imprenditore che guardava avanti, guardava al dopoguerra, alla ripresa produttiva, e si rendeva conto che il sistema produttivo italiano era gravato da un problema finora non affrontato da nessuno: ossia la mancanza di scuole di formazione tecnica che dessero ai bambini delle elementari (dopo i 4 anni regolamentari) la possibilità di accedere al mondo del lavoro con una qualifica tecnica. Mancavano insomma (oggi diremmo) le scuole professionali.
Antonio Bernocchi, imprenditore autodidatta (aveva acquisito la sola licenza elementare) si pose il problema e lo affrontò nell’unico modo possibile: finanziando una scuola operaia con il proprio denaro per ovviare all’indifferenza delle istituzioni pubbliche.

Ed è così che dopo aver elaborato il progetto nei due anni precedenti nacque la scuola che porta il suo nome esattamente il 16 ottobre del ’19.
La sede allora non era questa. Si trovava nel Palazzo Cornaggia a un passo da Piazza San Magno e da Piazza Carroccio oggi: esattamente in Piazzetta D’Assi.
Il successo è immediato: 281 studenti subito, altri si iscriveranno più avanti.

L’edificio in cui ci troviamo fu costruito con denaro ancora di Antonio Bernocchi a partire dal 1923 e inaugurato il 5 ottobre del 1924 quando Legnano divenne “città”. Quel giorno a portare il diploma di “città” e a inaugurare la scuola venne a Legnano il capo del governo dell’epoca: Benito Mussolini. L’attuale edificio dopo l’inaugurazione venne donato alla città di Legnano.
In quel 1924 venne inaugurata anche la prima autostrada al mondo, la Milano-Laghi con casello a Legnano.
Insomma possiamo dire che il legame tra Legnano e l’Istituto Bernocchi dura nel tempo.

Oggi ricordiamo Antonio Bernocchi non solo per la fondazione della nostra scuola: Bernocchi è sindaco di Legnano all’inizi del Novecento; nel 1905 è Cavaliere del lavoro; nel 1929 è senatore del Regno.
Non si contano le opere filantropiche: l’asilo di Cerro Maggiore, la colonia elioterapica inaugurata sempre nel ’24, il padiglione di chirurgia dell’ospedale di Legnano. Muore nel 1930 e con un lascito testamentario nel ’33 nasce il Palazzo della Triennale a Milano.
Nel 1919, lo stesso anno in cui la nostra scuola apre i battenti, Bernocchi trova il tempo anche per inaugurare una delle più famose gare nazionali di ciclismo: la Coppa Bernocchi (quest’anno saranno cento gare).
Anche qui un altro legame tra la nostra scuola e Legnano, in particolare lo sport.

1959, altra data ma lo stesso importate per noi. E’ il primo anno scolastico nel nuovissimo istituto tecnico che porta ancora il nome Bernocchi.
I tempi sono cambiati rispetto a 40 anni prima: dalla “vittoria mutilata” al “Miracolo economico” che nel giro di un decennio cambia letteralmente il volto dell’Italia.
E’ l’Italia della Vespa, della Lambretta, della 500 e della 600 Fiat, delle autostrade, della lavatrice e del frigorifero… è l’Italia di “Volare” (1958, D. Modugno) ma soprattutto è il momento in cui il nostro Paese deve dotarsi di nuove scuole tecniche per tenersi al passo con i tempi: meccanica ed elettrotecnica rappresentano le nuove frontiere del mondo del lavoro.
Il 1958 è anche l’anno del MEC (Mercato Comune Europeo), l’antesignano dell’Europa di Mastricht e dell’Euro. Da qui la necessità di rivedere il sistema scolastico italiano alla luce delle nuove dinamiche europee.

Non dimentichiamo che all’inizio del Novecento Legnano era stata definita la “piccola Manchester italiana” per le sue cento ciminiere ma soprattutto perché era l’unica città in Italia ad avere grandi fabbriche sia nel settore tessile (Cantoni, Bernocchi, Agosti, Giulini e Ratti…) sia nel settore meccanico (Franco Tosi, Pensotti……).
Alla fine degli anni Cinquanta se il tessile appariva in difficoltà la meccanica era sempre settore di punta.

Quindi le due scuole non furono due “cattedrali nel deserto” ma operarono in sinergia con il cuore pulsante dell’industria legnanese nel corso di un secolo. Furono entrambe l’espressione di eccellenze sul piano della formazione professionale di giovani.

Dopo cento anni dalla fondazione del Professionale e sessant’anni dalla fondazione del Tecnico, a noi spetta il dovere di continuare lungo la stessa strada.

G. Restelli