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La guerra civile spagnola

La guerra civile spagnola

Premesse
Un buon punto di partenza per capire la guerra civile spagnola è la crisi del ’29 che provoca in Europa la salita al potere di Hitler e quindi profondi squilibri rispetto all’Europa uscita dalla Grande guerra.
In Spagna la crisi del ’29 mette in ginocchio l’economia e intensifica le lotte di classe nelle fabbriche e nelle campagne.
Carattere prevalente nella Spagna tra fine Ottocento e inizio Novecento è l’estrema povertà dei contadini e degli operai a fronte di condizioni di potere da parte dei latifondisti i quali pur essendo l’1% della popolazione detengono il 46% delle terre. Il resto è sminuzzato in una grande quantità di piccole e piccolissime proprietà basate sulla sussistenza dei contadini.
In alcune zone della Spagna però il livello di industrializzazione è alto, in particolare a Barcellona e nelle Asturie, dove è nato un proletariato molto combattivo legato alle ideologie anarchiche.
Le elezioni dell’aprile 1931 provocano la vittoria delle sinistre (repubblicani e socialisti) e la fine della monarchia: Alfonso XIII è costretto all’esilio.

Il “bienio reformista” (1931-33)
Grandi speranze di profondi cambiamenti scuotono la Spagna povera che si attende mutamenti sociali radicali. La Spagna, la Nina bonita come veniva chiamata, aveva bisogno di una grande riforma agraria che spezzasse il latifondo e di leggi per modernizzare il paese con la contemporanea diminuzione del potere della Chiesa all’interno della società spagnola.
Tutto questo non accade perché le nuove forze governative temono il radicalismo dei contadini e degli operai e sono soprattutto espressione di una borghesia urbana ancora timida e indecisa. Le uniche riforme sono quelle istituzionali: suffragio universale anche femminile, separazione tra Stato e Chiesa, autonomia della Catalogna e dei Paesi Baschi ecc. Tutto ciò però non bastava per soddisfare le attese di un proletariato in condizioni servili. Il movimento anarchico in Andalusia è represso con la violenza dopo alcuni scioperi sconfitti.
Il “bienio reformista” (1931-33) riesce però a spaventare la vecchia classe dirigente fatta di grandi agrari, monarchici, settori dell’esercito, chiesa, burocrazia di stato… e a scontentare i lavoratori.

Il “bienio negro”, 1933-34
Nuove elezioni consegnano il potere alla vecchia classe dominante (“bienio negro”, 1933-34) la quale smantella subito quel poco di legislazione sociale nata nei due anni precedenti. Espressione della combattività della classe operaia è la rivolta della regione mineraria delle Asturie con il conseguente intervento dell’esercito e migliaia di morti (ottobre del ’34).
I più combattivi sono gli anarchici con le loro organizzazioni: la CNT (sindacato anarchico) e la FAI (espressione politica del movimento); anche il sindacato socialista UGT è combattivo, ancora debole è PCS (partito comunista spagnolo).

Vince il “Frente popolar”
Nel febbraio del ’36 nuove elezioni e come nel ’31 vince una coalizione di centro-sinistra: il Fronte popolare antifascista. La maggioranza è netta: 278 seggi contro 134 delle destre. Repubblicani, socialisti, comunisti, anarchici le componenti più importanti. L’Internazionale moscovita facilitava in Europa le aggregazioni tra socialisti, comunisti e sinistra moderata (VII congresso dell’Internazionale, 1935).

18 luglio, l’”alzamiento”
Ma a questo punto, esattamente il 18 luglio dello stesso anno, inizia l’alzamiento, ossia il golpe militare voluto da settori forti dell’esercito in accordo con le vecchie forze sociali e politiche che temono i cambiamenti sociali.
Protagonisti sono i generali Sanjurio, Queipo de Llano, Mola e Franco (i 4 generali); l’espressione politica del golpe è invece la CEDA (partito clerico-fascista guidato da Gil Robles e Calvo Sotelo).

19 luglio, la sollevazione popolare contro il golpe
Ma a questo punto avviene qualcosa che nessuno aveva previsto, né tra i golpisti e neppure tra le forze governative: ossia la sollevazione popolare davanti al pronunciamento dei militari con l’assalto a caserme e uffici pubblici in molte parti del paese (19 luglio). Per l’insurrezione servono le armi.
Operai e contadini capiscono che è in gioco soprattutto la loro sopravvivenza in caso di vittoria dei generali. I generali se vinceranno faranno tabula rasa di quanto conquistato negli anni precedenti e opereranno per smantellare ogni organizzazione politico-sociale dei lavoratori.
Non è in gioco la democrazia borghese (parlamento, elezioni, libertà di parola…) ma la sopravvivenza fisica del movimento operaio spagnolo.
La rivolta popolare spaventa anche il governo nato dalle elezioni di febbraio il quale tarda a dare le armi alla gente che chiede di combattere contro Franco, Mola e gli altri golpisti. Anzi spesso sono gli stessi operai che in accordo o meno con la Guardia civil si impadroniscono delle armi e organizzano colonne di uomini armati per andare a combattere nelle zone dove i fascisti stanno prendendo il sopravvento. Se a Madrid, Barcellona, Valencia e Bilbao il “pronunciamento” fallisce, il merito va solo alla sollevazione popolare!
Non è esagerato sostenere che se la rivolta popolare non fosse nata, i golpisti avrebbero sicuramente vinto subito vista la debole reazione del governo legittimo (tre primi ministri dimissionari nella stessa giornata del 18!).
In realtà il governo legale persegue una sua politica: fa di tutto per non dare le armi ai lavoratori per non inimicarsi l’appoggio, per ora solo virtuale, di Francia e Gran Bretagna e intanto cerca un compromesso con i generali golpisti.
Il tentativo di compromesso va in fumo perché la rivolta popolare segue la direzione della lotta aperta contro il franchismo. In ogni caso il governo Giral chiede aiuto inutilmente a Leon Blum (leader del Fronte popolare francese e capo del governo).

1936
Le forze di Franco hanno occupato dopo il pronunciamento del 18 luglio una parte minoritaria del paese. Franco poi ha il grosso problema di trasportare le sue truppe (reparti spagnoli e marocchini di stanza in Marocco) in Spagna visto che la marina da guerra è repubblicana. Verrà aiutato dal primo ponte aereo della storia voluto da Mussolini e Hitler.
Federico Garcia Lorca è fucilato da milizie della CEDA (partito di destra ultracattolico) il 19 agosto nei pressi di Granada perché di sinistra e omosessuale.

Hitler e Mussolini in Spagna
Germania nazista e Italia fascista si impegnano in Spagna con forti contingenti di navi, aerei e uomini (Mussolini dal 22 novembre e Hitler dal 2 dicembre ‘36) perché vogliono con la vittoria di Franco scalzare il diktat di Versailles che condanna i due paesi all’impotenza rispetto a Francia e Gran Bretagna.
Franco dominatore in Spagna vuol dire per Mussolini mettere in difficoltà il dominio inglese nel Mediterraneo (controllo dello Stretto di Gibilterra) mentre una Spagna fascista vorrebbe dire mettere in crisi la Francia la quale si sentirebbe indifesa rispetto alla morsa dei tre fascismi italiano, tedesco e spagnolo.
Francia e Gran Bretagna scelgono la linea del “non intervento” in Spagna perché temono la presa del potere da parte degli anarchici e quindi tra i due mali, anarchismo e fascismo, scelgono per loro il minore. Una Spagna franchista assicurerebbe meglio di quanto possano fare gli anarchici o un debole governo repubblicano la tutela dei loro investimenti.

Contro Franco e a favore della socializzazione
Parigi e Londra hanno ben ragione di temere quanto potrebbe accadere in Spagna perché gli anarchici, i socialisti di sinistra e i comunisti non solo si armano per combattere Franco ma procedono contemporaneamente a socializzazioni di terre e a forme di controllo della produzione delle singole fabbriche dove la tutela tradizionale della proprietà privata è annullata.
Nelle campagne i contadini mettono le mani sulle terre dei latifondisti e della chiesa e decidono di dividersele oppure di iniziare forme di collaborazione nella produzione (socializzazione delle terre); nelle città le banche, i servizi pubblici, le fabbriche sono nazionalizzate e i servizi e la produzione sono gestiti da gruppi di operai legati alla CNT e all’UGT. Insomma sta nascendo in Spagna, tra l’estate e l’inizio autunno del ’36, un qualcosa che si può chiamare “socialismo”.
Il limite maggiore di tutte queste forme di socializzazione della produzione è che non si va mai al di là di una dimensione locale: manca totalmente qualunque tentativo di centralizzare la socializzazione rendendola più forte e pericolosa per le classi dominanti. Non si va al di là di quella che Munis chiama “atomizzazione” del potere a livello locale.
Il motivo di questo limite sta nella forte vocazione antistatale dell’anarchismo, cioè del rifiuto di tutto ciò che poteva sembrare centralizzazione, statalismo e burocrazia.
Nonostante questi limiti il movimento va avanti: nelle aree controllate dai lavoratori e nelle aree strappate al nemico si socializza subito con il fondamentale appoggio delle masse popolari che intravedono nel socialismo la fine della loro miseria secolare.

Il governo getta acqua sul fuoco
Il governo invece non vuole le socializzazioni, altrimenti avrebbe ordinato ai contadini delle zone occupate da Franco a insorgere (in seguito a una profonda riforma agraria) in nome dei propri interessi di classe. Ciò non è stato fatto.
Il paradosso è che nel paese che ha inventato la guerrilla al tempo di Napoleone non ci fu nessun movimento militare nelle zone occupate dal nemico fascista. Non si proclama neppure l’indipendenza del Marocco. Ciò avrebbe unito nella comune lotta i popoli coloniali ai lavoratori antifascisti.

“Primero ganar la guerra”? o “fare la rivoluzione e vincere la guerra”?
Il motto del governo di centro-sinistra è “primero ganar la guerra” (“prima vincere la guerra”); invece dalla CNT al POUM di Andres Nin si sostiene con forza che prima si fa la rivoluzione per conquistare l’appoggio delle masse, poi si vince la guerra. La forza delle masse era già sotto gli occhi di tutti nell’estate-autunno del ’36.
In realtà il governo di Largo Caballero non ha nessuna voglia di fare la rivoluzione né prima né dopo la vittoria.

Interviene Stalin
Intanto c’è una svolta nell’agosto del ’36 perché Stalin decide, dopo alcune settimane di riflessione, di intervenire militarmente e politicamente in Spagna.
Sono due i paesi nel mondo intero che si schierano a favore della repubblica: Messico e Unione Sovietica. Il Messico non può fare nulla, l’Urss invece interviene con navi cariche di armi, carri armati, aerei, consiglieri militari, commissari politici. Tutto questo non è gratis. Il governo di Largo Caballero consegna a Mosca buona parte dell’oro della Banca nazionale spagnola (400 tonnellate).
Ma al di là di questo Stalin persegue altre finalità politiche. Stalin teme molto l’espansionismo tedesco verso Est. Sa bene che il lebensraum è uno dei pilastri della politica estera tedesca. Per parare il prevedibile attacco a Est nel ’34 Stalin si era alleato con la Francia in un Patto di collaborazione in chiave anti-tedesca. Nello stesso anno Stalin fa entrare l’Urss nella Società delle Nazioni.
Combattere contro Franco e Hitler e sconfiggerli vuol dire fare un favore alla Francia e convincere una recalcitrante Inghilterra delle buone intenzioni di Mosca (la classe dirigente inglese ancora non si fidava della dirigenza moscovita).
Ma in Spagna si stanno effettuando forme di socializzazione della terra e delle industrie che stanno allarmando Parigi e Londra. Quindi l’intervento di Stalin deve essere soprattutto contro gli anarchici e le varie forze politiche di sinistra marxista e trotckista che stanno prendendo piede nel territorio iberico. L’alleanza con Londra e Pargi si può mantenere solo se Mosca disarma il proletariato iberico.
La consegna che Stalin dà ai suoi uomini impegnati in Spagna e alla Terza Internazionale ormai stalinizzata è di disarmare e reprimere la sinistra spagnola cancellando le collettivizzazioni delle fabbriche e della terra. La Spagna deve restare repubblicana contro i fascisti e contro gli “estremisti” della CNT e del POUM (Partito operaio di unificazione marxista). Tutto ciò esploderà con le giornate di maggio del ’37 a Barcellona.

1937
Il ’37 vede l’allargarsi dei territori conquistati dalle truppe di Franco con la conquista di Malaga. Madrid è sempre più assediata e se non è ancora caduta lo dobbiamo solamente alla grande mobilitazione delle forze popolari e delle Brigate internazionali che difendono la città in vere e proprie battaglie che si accendono alla periferia.
Barcellona è ancora lontana dal fronte ma nel febbraio è sottoposta a grandi bombardamenti aerei (aviazione di Mussolini). Nel marzo del ’37 la battaglia di Guadalajara mostra l’eroismo e la combattività delle Brigate internazionali, e in particolare degli italiani, ossia delle decine di migliaia di uomini venuti da 53 paesi di cinque continenti diversi a combattere per la libertà spagnola. E’ importante ricordare che a Guadalajara si scontrarono per la prima volta antifascisti italiani e fascisti italiani nei reparti di Mussolini. Per la prima volta il fascismo usciva sconfitto.
Se la guerra va avanti a rilento una delle cause è la politica omicida seguita da Franco: dopo ogni vittoria, prima di proseguire, Franco ordina di “ripulire” (limpieza, “pulizia”) il territorio uccidendo tutti gli oppositori, anche chi aveva espresso una semplice simpatia per le sinistre (50mila vittime solo nei primi mesi di guerra).

Le Brigate internazionali
Quanti furono i volontari? Stime accreditate ci dicono 60.000 uomini. I caduti furono 14.000, una percentuale altissima! I francesi ebbero 9.000 volontari, i tedeschi 5.000, gli italiani 4.000, gli americani 3.000, gli inglesi 2.000, la Polonia (in chiave antitedesca) fornì 5.000 combattenti. Gli ebrei erano probabilmente il 20% del totale dei combattenti. Nell’ottobre del ’36 nacque il Battaglione Garibaldi che organizzava tutti i volontari italiani al di là delle diverse fedi politiche.

Guernica
Il 26 aprile gli aerei tedeschi della Legione Condor martellano per tre ore Guernica, città basca, distruggendola interamente. Centinaia le vittime. L’Italia ha contribuito allo scempio con tre Savoia Marchetti e dodici aerei Fiat.
Da notare che essendo il primo bombardamento vero e proprio non esiste la contraerea e neppure sono ancora nati i rifugi in profondità.
E’ il primo bombardamento a tappeto della storia. Guernica anticipa di poco i bombardamenti su Londra, Coventry, Amburgo, Milano, Dresda… fino ad Hiroscima.

Il Majo sangriento
Ma il ’37 vede arrivare i nodi al pettine tra le forze repubblicane sempre più egemonizzate dai comunisti perché gli unici aiuti che arrivano dall’estero sono quelli dell’Urss.
Da una parte ci sono le forze sociali e politiche che difendono la repubblica ma soprattutto attuano forme di socializzazione della produzione che non piacciano a Stalin, dall’altra i comunisti spagnoli e i comunisti delle Brigate internazionali favorevoli a Stalin (Anton Ovseenko, ambasciatore a Madrid, Dimitrov, Togliatti, Longo, Vidali, Thorez…), che creano un clima di odio e sospetto verso la Milizia che combatte al fronte e nei confronti dei partiti politici che ne sono espressione.
Le tensioni degenerano a Barcellona subito dopo il 1 maggio quando reparti di polizia ormai nelle mani dei comunisti assaltano la centrale telefonica controllata dagli anarchici e questo è l’avvio del rapido processo che porterà allo scioglimento della Milizia, la messa fuori legge della CNT, del POUM con l’arresto di migliaia di attivisti e di capi con centinaia di persone che scomparvero dopo la condanna a morte.
Andres Nin, il leader del POUM, fu sequestrato, torturato e poi fatto sparire. La stessa cosa accadde all’anarchico italiano Camillo Berneri, uno dei primi ad accorrere in Spagna accanto ai fratelli Rosselli (Giustizia e Libertà).
La tesi diffusa dagli stalinisti è che queste organizzazioni in realtà da tempo erano le “quinte colonne” di Franco e Hitler in Spagna (!), veri fascisti mascherati che fino a quel momento non avevano fatto altro che smantellare dall’interno la repubblica. Erano solo grossolane falsità per giustificare la repressione.
Con la messa fuori causa delle forze autenticamente rivoluzionarie in Spagna, Stalin non vuole solo fare un “regalo” a Londra e Parigi che hanno paura del “contagio rivoluzionario” (anche in Inghilterra e Francia c’è un proletariato combattivo) ma vuole far sparire ogni opposizione troctkista alla linea dell’Internazionale ormai asservita totalmente agli interessi nazionalistici russi. Anarchici, pumumisti, socialisti di sinistra rappresentano un potenziale punto di coagulo di forze antistaliniste che possono diventare pericolose. Un’eventuale loro vittoria in Spagna potrebbe avere eco in altri partiti comunisti.
Proprio nell’estate del ’36 a Mosca ci sono i famosi processi in cui l’intera dirigenza bolscevica che ha fatto la rivoluzione nel ’17 sta per essere condannata a morte (Zinoviev, Kamenev ….). Una vittoria della linea antistalista in Spagna potrebbe avere esiti imprevedibili in altri paesi nonostante l’azione dei vari servi di Mosca come Togliatti, Thorez e Carrillo.
La vittoria di Stalin in Spagna è schiacciante: ormai esiste solo l’esercito popolare comandato dai comunisti a combattere Franco. Le collettivizzazioni sono cancellate, spesso con la violenza.
È inutile pensare agli effetti negativi sul morale di decine di migliaia di combattenti e civili nel vedere quello che stava accadendo. “Ma chi è il vero nemico?”, questa era la domanda che molti si ponevano.

Sequenza da Terra e libertà: i miliziani sono disarmati

Stalin si defila
Ma nel ’38 avviene un’altra svolta che spiega poi la vittoria di Franco: di fronte al Patto di Monaco tra Italia, Germania, Francia e Gran Bretagna, Stalin prepara quello che sarà poi il Patto di non aggressione con la Germania (Patto Molotov-Ribbentrop dell’estate del ’38). Di fronte alla volontà di Londra e Parigi di scaricare verso Est l’aggressività nazista Stalin corre ai ripari alleandosi con la nemica Germania (allontanando temporaneamente lo spettro dell’aggressione).
Dal ’38 quindi gli aiuti sovietici diminuiranno sempre di più senza che nasca un seppur minimo apporto francese e inglese ai combattenti repubblicani.

1938
Nell’estremo tentativo di avere aiuti da Francia e Inghilterra il governo Negrin dà l’ordine alla Brigate internazionali di ritirarsi dalle zone di combattimento e di rimpatriare (28 ottobre ’38). Ormai il cerchio si stringe su Madrid, quasi circondata, e Barcellona, ancora sottoposta a furiosi attacchi dall’aria nel marzo dello stesso anno (bombardamenti italiani). Alla fine dell’anno il governo catalano fugge dalla città che sta per cadere nelle mani dei franchisti.

1939
Il 26 gennaio del ’39 le truppe franchiste insieme a quelle italiane entrano a Barcellona mentre l’esercito repubblicano ripiega verso il confine francese.
L’esercito repubblicano è ormai in rotta: sono almeno 500mila persone, tra civili e soldati, che fuggono verso la Francia dove poi saranno internate in veri e propri campi di concentramento. E quando Hitler invaderà la Francia moltissimi combattenti in Spagna saranno deportati a Mauthausen (1940).
Già il 27 febbraio Stati Uniti, G. Bretagna e Francia riconoscono il governo Franco (i governi “democratici” gettano la maschera). Il 28 marzo i nazionalisti entrano a Madrid. Infine Franco il 1 aprile proclama la fine della guerra.

Le vittime
Difficile calcolare le vittime. Secondo lo storico Marin Rubio i militari nazionalisti morti nella guerra civile sarebbero stati 68.000 di cui 12.000 stranieri; i repubblicani ebbero 71.000 perdite di cui 13.700 stranieri. Si conterebbero inoltre 20.600 morti a causa dei bombardamenti. La repressione, principalmente ad opera dei nazionalisti, fece 110.000 morti durante la guerra stessa e oltre 30.000 dopo la fine della guerra. Sono più di 300.000 su una popolazione che nel 1935 era di 24.500.000 abitanti!
Altre fonti governative invece ci dicono (dopo il ritorno della democrazia) che solo dopo la guerra Franco fa assassinare ben 200.000 spagnoli!

Conclusioni
Vedere la guerra civile spagnola solo come un lungo conflitto tra fascismo e antifascismo è unilaterale. Nessuno vuole svalutare l’antifascismo che si espresse con le migliaia di combattenti delle Brigate internazionali o con decine di migliaia di sinceri combattenti spagnoli i quali poi morirono per la causa della democrazia.
Il problema è però che nelle file dell’antifascismo c’erano personaggi che avrebbero preferito la vittoria di Franco alla vittoria degli anarchici e delle forze popolari, come gli agenti di Mosca e dei deboli governi repubblicani timorosi più della CNT che della Falange franchista (che non avrebbe toccato i “sacrosanti” diritti della proprietà e rispettato la Chiesa).

Come interpretare allora la guerra in Spagna?
La Spagna dopo l’esperienza bolscevica del ’17 fu attraversata da profonde lotte di classe che rappresentano un unicum nell’Europa dell’epoca. Masse di contadini e operai non volevano affatto il ritorno della democrazia parlamentare: volevano il socialismo, ossia la collettivizzazione delle terre e delle fabbriche come l’anarchismo e il socialismo spagnoli avevano sempre predicato.
Del resto per gli anarchici e i marxisti che operarono in Spagna la democrazia borghese era solo “fumo negli occhi” per nascondere i veri interessi della classe politica repubblicana. Per i capi della CNT e del POUM democrazia e fascismo erano solo due facce della stessa medaglia, due diverse forme dell’oppressione capitalistica.

Perché fu sconfitta la rivoluzione?
La rivoluzione fu sconfitta anche per i limiti dei dirigenti operai dell’epoca: gli anarchici soprattutto furono molto bravi nelle collettivizzazioni locali ma mancarono completamente nell’obiettivo di centralizzare le nuove conquiste. Anarchici e pumisti mancarono anche all’appuntamento della conquista del potere rimanendo sempre all’interno del Frente popular e non ponendosi mai il problema della conquista del potere, come fecero prima i rivoluzionari francesi dell’89 e poi i bolscevichi nel ’17.
Ci fu la stridente contraddizione tra un “magnifico proletariato” (Cervetto) da una parte, mentre dall’altra i capi espressero forti limiti politico-ideologici o addirittura passarono dall’altra parte.
Le masse popolari furono alla fine sconfitte e la Spagna conobbe fino alla morte di Franco un regime durissimo e reazionario. Furono sconfitte perché la situazione internazionale dopo la crisi del ’29 non era rivoluzionaria e poi furono sconfitte per il tradimento dell’Unione Sovietica che perseguiva propri obettivi di politica estera in Spagna e non voleva certo forme di socialismo antagonista rispetto alla dittatura del capitalismo di Stato in Urss.
La stessa Internazionale, nata nel ’19 come punta avanzata della rivoluzione mondiale, era diventata uno strumento nelle mani degli stalinisti e degli interessi dell’Urss.
Non è neppure in caso di passare sotto silenzio il ruolo controrivoluzionario del governo repubblicano, che deve essere considerato in Spagna il maggior responsabile della vittoria del franchismo.

Quindi il conflitto in Spagna deve leggersi soprattutto come contrapposizione tra fascismo (capitalismo) e rivoluzione socialista.

La vittoria finale del franchismo non deve nascondere ancora oggi la grande combattività della classe operaia spagnola che tentò dopo la rivoluzione di Lenin l’”assalto al cielo”.

– Per questo testo sono debitore nei confronti del Circolo Buonarroti di Milano e in particolare dell’Agenda 2016-2017, “La Guerra civile spagnola 1936-1939. Per chi suona la campana”, ottimo strumento per tentare di capire e approfondire quanto accaduto in Spagna in quegli anni

– Si veda anche la mostra sui bombardamenti italiani sulla Catalogna e su Barcellona del 1937-38 sempre del Circolo Buonarroti di Milano
www.mostracatalognabombardata.it

– Ottimo anche di Paul Preston, “La guerra civile spagnola”, Mondadori
– Da leggere attentamente anche George Orwell, “Omaggio alla Catalogna”, Mondadori e G. Munis, “Lezioni di una sconfitta promessa di vittoria”, ed. Lotta Comunista

Giancarlo Restelli