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Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello

Appunti per lezione a UNITER di Agrate Brianza

marzo ’19

Introduzione al ciclo di romanzi

Il Novecento italiano è ricchissimo di romanzi straordinari. Difficile trovare alcune persone d’accordo sulla scelta di quattro romanzi. Inevitabilmente prevalgono le scelte personali, i gusti, le proprie letture…

I quattro romanzi che vi propongo non sono i migliori in assoluto: sono solo 4 romanzi che per me vogliono dire molto.

Il fu Mattia Pascal di L. Pirandello; Fontamara di I. Silone (il fascismo nell’anno del centenario); Marcovaldo di I. Calvino (il boom economico) e Il nome della Rosa di U. Eco.

Altro motivo di scelta:

Sono romanzi che molti conoscono e ricordano e romanzi da cui sono stati tratte delle riduzioni televisive o cinematografiche che ci permettono di andare oltre il romanzo stesso.

Il fu Mattia Pascal

E’ uno dei primi romanzi di Luigi Pirandello, uno scrittore che non richiede particolari presentazioni. È pubblicato su una rivista nel 1904 ed è considerato il capolavoro del Pirandello romanziere.

A me piace in particolare questo romanzo perché c’è una felice sintesi tra narrazione e filosofia, tra sviluppo della trama e interventi dell’autore in chiave intellettuale.

Spesso sono state criticate diverse opere del Pirandello perché la sua filosofia (la sua visione del mondo) ha il sopravvento sulla trama e nella raffigurazione dei personaggi. Pur con qualche sbavatura sono la caratterizzazione dei personaggi e il ritmo della vicenda a prevalere nel romanzo di cui parleremo oggi.

Un’opera come “Uno, nessuno e centomila”, opera celebrata e nello stesso tempo criticata, la filosofia (ossia l’ansia di presentare il suo “credo”) ha il sopravvento sulla narrazione. E così assistiamo al paradosso di un’opera narrativa (“Uno, nessuno…”) in cui la trama è esile mentre la filosofia (il profondo contrasto tra “Vita” e “Forma”) ha il sopravvento.

Camilleri racconta Pirandello, yt

La trama

Protagonista assoluto nel romanzo è Mattia Pascal. Vive a Miragno (cittadina immaginaria della Liguria) e fino alla morte del padre è un giovane indolente che vive alla giornata. Il padre è ricco e alla sua morte Pascal si ritrova tra le mani una grande ricchezza, soprattutto terre intorno a Miragno.

Mattia perché è un poco matto, Pascal perché come il filosofo giansenista del ‘600 Mattia Pascal ama più “filosofeggiare” che agire. Naturalmente Mattia è la caricatura del vero Pascal.

Non avendo nessuna esperienza nella gestione di patrimoni terrieri si affida ancora al vecchio amministratore Batta Malagna (nomen omen) il quale approfitta della dabbenaggine di Pascal per derubarlo sistematicamente.

Pascal sa che Malagna è un ladro ma non fa nulla né per sostituirlo né (meglio) per imparare lui stesso ad amministrare il suo patrimonio.

Emerge qui una caratteristica del romanzo novecentesco e in particolare nella narrativa di Svevo e Pirandello: l’inettitudine, ossia Mattia è inetto alla vita. Si sveglia tardi alla mattina, corre dietro alle gonnelle, appare deresponsabilizzato (prende la vita come viene), è privo di carattere.

Ma in realtà la sua inettitudine si esprime meglio in un altro modo: ciò che fa si traduce in un risultato comico e spesso non voluto. Cerca di dare un senso alla propria vita ma le cose vanno sempre nel modo imprevisto e sbagliato.

Per esempio odia Malagna, sa che ruba in maniera sistematica. Che cosa fa? Mette incinta la moglie di Malagna così l’amministratore si ritrova un bambino non suo e deve tacere per evitare lo scandalo. In ogni caso Malagna, avendo ora un erede, ruba con maggiore convinzione!

Non vuole sposarsi per evitare le noie di un matrimonio e si ritrova sposato senza quasi accorgersi. Vi racconto come.

Un suo amico, Pomino, si è invaghito di una parente di Malagna: si chiama Romilda ed è una donna affascinante. Pomino è un po’ goffo e sa di non piacere. Quindi incarica l’amico Mattia di conoscere Romilda e parlarle di lui.

Come va a finire? Mattia conosce Romilda. Lei è una bella donna, si innamora ricambiato da lei e la mette incinta!

E così il matrimonio riparatore costringe Mattia a vivere con Romilda e soprattutto con la suocera, la terribile vedova Pescatore, che odia Mattia perché lo giudica un inetto che ha messo nei guai la figlia.

Nel frattempo Mattia ha perso anche la bella villa in cui era nato e deve trasferirsi con la vecchia madre nella casa di Romilda e della di lei madre.

La vita diventa subito un inferno e la stessa Romilda, bella donna prima, ora mostra un un brutto carattere che prima sembrava non avere.

Uno dei temi tipici di Pirandello è la famiglia come luogo non di affetti e amore, non “nido” pascoliano; al contrario spazio di rancori, maldicenze e violenze. È un tema che vedremo meglio più avanti.

Disgustato dalla sua vita familiare, stanco del suo inutile lavoro di bibliotecario, Mattia decide di scappare di casa, semplicemente stare qualche giorno lontano dalla “bella” famiglia che si ritrova e intanto capire che cosa deve fare.

Da Miragno supera il confine e finisce a Montecarlo.

Video Pascal arriva a Montecarlo

Per caso finisce al Casinò ed è straordinariamente baciato dalla Fortuna perché vince una grossa somma di denaro. Sera dopo sera vince. Quando comincia a perdere è ancora fortunato perché il suicidio di un giocatore che ha perso tutto gli fa capire che deve smettere.

A questo punto è diventato ricco e finalmente ha stima di se stesso, una stima che non gli deriva da un progetto andato bene e perseguito con tenacia, ma solo dalla “ruota” della Fortuna.

Sempre casualmente, mentre sta tornando a Miragno, scopre che è morto! Un tale è stato ripescato in una gora vicino a casa e la moglie e la suocera hanno riconosciuto in lui Mattia Pascal! La prima idea è: “Mi presento a casa e vedranno le due sciagurate che sono vivo!”.

Ma poi si affaccia un’altra idea. Se Pascal è morto posso rifarmi un’altra vita: viaggiare dove voglio, senza responsabilità, libero di andare e fare quello che ho sempre sognato di fare.

Si dà un nuovo nome, Adriano Meis, inventa per sé una storia personale e viaggia per tutta l’Italia e una parte dell’Europa (perché Adriano).

Sono due anni felici per lui. Finalmente può osservare la vita meschina degli altri senza vivere come fan tutti: fingendo, mettendosi maschere ogni volta diverse, recitando sul grande palcoscenico della vita quotidiana.

Il suo sguardo, libero da ogni rapporto con gli altri, può appuntarsi sugli altri e scorgervi il lato comico della vita.

  • Lettura, p. pp. 80-89/90

Dopo due anni come girovago tra Milano, Firenze, Torino, Venezia… sente il desiderio di avere uno spazio proprio e non saltare da un albergo a un altro. Non è nostalgia della famiglia, solo il desiderio di stare in un posto e considerare come proprio uno spazio in cui vivere a lungo.

Decide di spostarsi a Roma e di andare a vivere in una pensioncina familiare. Trova la pensione Paleari. Una bella stanzetta nel cuore di Roma. Paleari è una brava persona anche se un po’ strambo perché si occupa di teosofia e di occultismo (vedremo più avanti). La figlia di lui, Adriana, è bella, di buon carattere e rapidamente si innamora (ricambiato) di lei.

Ma qui sorgono i primi problemi. Come pensare di sposare Adriana se Mattia Pascal è morto e Adriano Meis non esiste da nessuna parte? Già si era reso conto di questo problema quando appena arrivato a Roma per vincere la solitudine aveva pensato di acquistare un cagnolino. Ma come fare per la piastrina e i documenti del cane? Quindi aveva lasciato perdere.

A casa Paleari la situazione precipita quando il cognato di Adriana, losco figùro dedito ad attività poco chiare, deruba Mattia di un’ingente somma di denaro. Adriana urla e strepita che è necessario andare dalla polizia e denunciare il furto mentre Mattia minimizza. Per evitare la denuncia Mattia è costretto a fingere il ritrovamento del denaro! L’aveva messo in un altro cassetto. Adriana non ci crede.

Questo fatto fa precipitare la situazione. Mattia capisce che non può protrarre la finzione. Deve tornare a essere lui, riprendersi la sua identità, tornare tra i “vivi” dopo aver conosciuto la condizione di chi è “morto”.

Che cosa fa? Abbiamo detto che l’inetto a vivere fa sempre il contrario di quello che dovrebbe fare e soprattutto immagina che le proprie azioni debbano produrre determinati risultati mentre in realtà tutto va alla rovescia.

Decide di tornare a casa, a Miragno, nonostante siano passati due anni e nonostante il ricordo della terribile suocera: la temibile vedova Pescatore. Prima però fa “suicidare” Adriano Meis.

Lascia su un ponte di Roma alcuni oggetti personali così la polizia (e Adriana) non avranno difficoltà a pensare al suicidio dell’ “uomo-finzione”.

Una volta a casa non ci vuole molto per capire le novità: Romilda si è risposata. E con chi? Con Pomino, colui che avrebbe voluto per sé Romilda mentre poi era finita nelle braccia di Pascal. Come se non bastasse i due hanno anche una bambina appena nata!

Pascal capisce che non può rimanere a casa sua. Va a vivere con una vecchia zia e riprende il lavoro di prima: bibliotecario in una biblioteca frequentata solo dai topi!

L’unico svago era quando andava al cimitero a portare fiori allo sconosciuto seppellito in una tomba che però riportava il suo nome.

Ogni tanto qualcuno lo vedeva nell’atto di portare i fiori sulla sua tomba e gli chiedeva: “Ma lei chi è?”. E lui rispondeva: “Mah, io sono il fu Mattia Pascal!”.

Riflessioni

Certo la trama può apparire bizzarra ma emergono bene alcuni temi a cui Pirandello dava molta importanza:

  • La vita come caos. In ogni momento nel romanzo è il caos a vincere sulla trama delle singole volontà umane. Esempio migliore la “Fortuna” a Montecarlo oppure quando sposa Romilda senza volerlo

  • La famiglia come inferno sulla terra. Spesso nella narrativa dell’autore emerge questo tema che era nato in lui anche a causa della pazzia che colpisce la moglie in seguito a un dissesto familiare. Per Pirandello non fu facile convivere con lei, almeno fino al momento in cui la fece ricoverare in una casa di cura

  • Il tema della libertà finalmente acquisita è forse uno dei momenti più belli del romanzo. È quando Mattia, ora ricco e soddisfatto di se stesso, viaggia in lungo e in largo, lontano da ogni angustia. In realtà in Pirandello l’uomo non può mai liberarsi da ciò che lo opprime

  • Il finale infatti nega per l’uomo la possibiltà della liberazione. Non c’è fuga o possibilità di uscire dal “cerchio della vita” nella narrativa di Pirandello. L’uomo deve prendere coscienza amaramente della sua condizione. La vita è Forma in cui essere e la forma sociale ed individuale presuppone la Mascherata

  • Mattia Pascal è uno dei tanti personaggi che nella narrativa del Novecento si possono definire inetti. Inetto alla vita (“inetto a tutto”) come Zeno Cosini nella “Coscienza di Zeno” in Italo Svevo, “L’uomo senza qualità” (Musil), come l’”Uomo senza patria“ di Joyce, “Lo straniero” di Camus che si barcamenano in una vita grigiastra dalla quale non si può uscire

  • Mattia Pascal, personaggio tipico della narrativa novecentesca. Nel romanzo il protagonista è una sorta di “io debole”, una sorta di “uomo ombra” che è sempre travolto dagli avvenimenti, vive costantemente di fantasie, rifiuta la realtà in nome di progetti impossibili a realizzarsi.

  • Nulla a che vedere con la forza di carattere di molti personaggi della narrativa ottocentesca. Pensiamo alla forza di carattere di Madame Bovary (suicidio finale), alla voglia di superare i limiti dell’uomo nel dott. Jekill (streben faustiano), alla caparbietà di Renzo nei “Promessi sposi”… I personaggi del Decandentismo sono antieroi che vivono nel caos quotidiano in cui sono travolti

  • Tema del relativismo: le grandi Idee sono tramontate e l’uomo è solo con i suoi dubbi privi di risposte

  • Maledetto sia Copernico” dice Mattia Pascal all’inizio del romanzo. E’ colui che con la sua concezione eliocentrica ha cambiato i destini del mondo perché se una grande concezione è tramontata per sempre (il geocentrismo) anche le altre grandi Idee possono essere false: la Patria, Dio, la Bellezza… e così l’uomo si trova a vivere su una “terra-piccolo atomo” sperduto nel vasto cosmo privo di punti di riferimento

  • La Lanterninosofia: 152-153. Le “grandi Lampade” si sono spente. Chi trova refrigerio in Dio, chi nella scienza mentre in realtà viviamo in un universo incomprensibile

  • Tutto il romanzo è percorso da una sottile vena umoristica che è lo sguardo di Mattia prima e poi di Pirandello sul vasto mondo. E’ un umorismo amaro attraverso il quale Pirandello mette in evidenza l’assurdo della vita: pp. 82-84-233. Citare episodi umoristici: es. l’anello nuziale lasciato cadere nel wc; quando torna a Miragno fa spaventare la suocera…

  • Ne deriva uno stile volutamente sciatto, ben lontano dal “parlar bello” dannunziano, perché lo stile deve riflettere il vano agitarsi di piccoli uomini che nelle loro piccole vite cercano impossibili vie d’uscita

  • Ma ci sono altri temi più sottili nel romanzo, esempio la vita come mascherata: p. 233 / l’”uomo-ombra”, p. 185

  • Carattere umoristico della caratterizzazione fisica dei personaggi (descrizioni espressionistiche): p. 13. Del resto anche Mattia è un personaggio umoristico: è strabico tanto che un occhio guarda sempre da una parte e l’altro dalla parte opposta. Simbolo della sua dissociazione a vivere

  • Contro la scienza: 102-103

Conclusione

Insomma, un bel romanzo espressione della crisi dell’uomo nel Decadentismo nel quale l’uomo cerca vanamente di dare ordine al proprio mondo e dare senso al mondo intero. Progetti impossibili perché è lo stesso mondo che appare restio a farsi comprendere (il mondo è “fuori di sesto”).