Raoul Achilli, Medaglia d’oro al valor militare
Fronte russo – 26 gennaio 1943
“Tutto il Reggimento gli deve essere riconoscente, perché se noi siamo vivi lo dobbiamo in parte alla sua resistenza.
Noi avevamo bisogno di una persona di fiducia, egli ha difeso col suo petto e coi suoi uomini tutto il Reggimento”
Il comandante del V Reggimento Alpini
Dal Bollettino Parrocchiale di San Vittore Olona:“Il 26 gennaio 1943 sul fronte russo è caduto da prode il sergente maggiore degli alpini Raoul Achilli del glorioso battaglione Edolo della Divisione Tridentina. Il babbo, la mamma e i fratellini Mario e Giuliano ed i parenti tutti offrono a Dio il loro immenso dolore affinchè l’olocausto di una sì pura giovinezza conquisti alla Patria la più consolante vittoria”.
Nelle belle pagine di Giacomo Agrati (“Quelli della neve… Persone, esperienze, fatti legati all’intervento nella campagna di Russia 1943-1945, pp. 165-166) si racconta che la famiglia di Raoul era originaria di Pesaro ma si era trasferita a San Vittore Olona negli anni Trenta, probabilmente per trovare lavoro in una delle tante aziende della cittadina. Pochi anni dopo la famiglia si trasferì a Legnano.
Sergente maggiore nel Battaglione “Edolo”, V Reggimento alpini – Divisione Tridentina, Raoul si trova ad affrontare nelle terribili giornate della seconda metà del gennaio ’43, segnate dalla rotta dell’ARMIR, tre terribili nemici:
– il freddo che di notte scendeva fino a 40 gradi sotto zero
– l’insidia dei carri armati sovietici che tendevano ad accerchiare i reparti italiani dispersi e annientarli
– la prigionia in qualche improvvisato campo di concentramento
Dal momento in cui fu dato con colpevole ritardo l’ordine di abbandonare le postazioni lungo il Don (per le divisioni alpine la data è il 17 gennaio) decine di migliaia di soldati abbandonati a se stessi dai comandi, incapaci di dare ordine alla ritirata, furono costretti a combattere più volte per evitare gli accerchiamenti dei russi e conquistarsi così la via libera verso ovest.
A Nikolajevka (26 gennaio) vi fu la battaglia più cruenta perché i sovietici sbarrarono il passo con molti carri armati, truppe ben addestrate e con un vestiario adatto ai combattimenti a quelle temperature mentre è noto che i nostri soldati affrontarono la campagna militare con attrezzature del tutto inadatte.
I nostri fanti e alpini, soprattutto i combattenti della divisione Tridentina, si comportarono con immenso coraggio rompendo più volte le varie sacche in cui rischiavano di essere intrappolati e soprattutto combattendo con vero furore a Nikolajevka.
In prima fila nei combattimenti Raoul Achilli il quale apparteneva a un reparto di esploratori e quindi ancora più esposto sia nelle ricognizioni e sia negli attacchi alla baionetta. Morì così all’attacco di posizioni russe ma prima fu ferito più volte mentre continuava a coordinare con i suoi uomini altri attacchi.
Le motivazioni della medaglia d’oro parlano di “nobile sacrificio e singolare valore”, di morte “sul campo dell’onore. Luminoso esempio di salde virtù militari…”. Sicuramente di fronte al nemico mostrò tutto il coraggio che tanti altri alpini e fanti espressero in quelle ore tragiche.
Non conosciamo invece le idee di Raoul sulla guerra di Russia, ossia che cosa pensasse un ragazzo di 23 anni (nel momento della morte) sulla guerra voluta dal fascismo contro l’Unione Sovietica; quali idee si era fatto a proposito della decisione di inviare più di 200.000 uomini a combattere a più di 3.000 chilometri contro i nemici che disponevano di potenti carri armati mentre i nostri avevano cannoncini da montagna; nemici che avevano in dotazione il “parabellum” (fucile-mitragliatore, 90 colpi al minuto) mentre i nostri il “glorioso” ma inadatto “Modello 91” (entrato a far parte della dotazione del soldato nel 1891!); il “nemico” si muoveva agile sul terrono calzando i comodi e caldi valenki mentre i nostri avevano scarponi che con la neve si indurivano così tanto da richiedere un coltello per liberare i piedi congelati…
Un altro legnanese racconta
Eloquente testimonianza della tragedia della ritirata dal Don sono le parole di un altro legnanese, Mario Viganò:
“Così è cominciata la ritirata: non si vedeva più nessun ufficiale, nessuno comandava. La strada era disseminata di gradi, che gli ufficiali si strappavano perché, nel caso fossero stati fatti prigionieri dei russi, avrebbero corso più rischi degli altri. La prima tappa è già un inferno: c’è la tormenta di neve, non si vede niente, così non si può fare altro che seguire le orme di quelli davanti; ma basta distaccarsi un po’ che la neve ricopre le impronte, e ci si ritrova in un deserto bianco, senza sapere da che parte andare (è quello che capiterà a me e ai miei amici dopo la prima tappa). Si fa sosta quando si arriva in un paese, ma basta essere rimasti in fondo alla colonna che quando si raggiungono le isbe sono già tutte occupate: soldati tedeschi, rumeni, ungheresi, italiani. In quel caso bisogna andare avanti, arrivare al paese successivo: ma nella pianura ucraina i villaggi distano anche 10-15 chilometri uno dall’altro, in mezzo non c’è niente. Così chi ce la fa va avanti, gli altri si lasciano cadere sulla neve e muoiono lì, a mucchi. Noi pensavamo che almeno in quel modo non soffrivano più: la chiamavano morte bianca, era come addormentarsi” (G. Vecchio, N. Bigatti, A. Centinaio, “Giorni di guerra. Legnano 1939-1945”, 2009, p.112).
Un altro “sergente nella neve”
Che cosa pensasse Raoul della spedizione in Russia e se condividesse la disperazione di Viganò non lo sappiamo. Conosciamo invece il suo valore e la sua umanità e anche la profondità della sua cultura che traspaiono in alcune pagine del “Sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern:
“Anche Raoul mi ha lasciato quel giorno. Raoul, il primo amico della vita militare. Era su un carro armato e nel saltar giù per andare ancora avanti, verso baita ancora un poco, prese una raffica e morì sulla neve. Raoul, che alla sera prima di dormire cantava sempre “Buona notte amore mio”. E che una volta, al corso sciatori, mi fece quasi piangere leggendomi “Il lamento della Madonna” di Jacopone da Todi” (Mario Rigoni Stern, “Il sergente nella neve”, edizioni Corriere della Sera, Milano 2003, p. 125).
“Salutate i miei cari e dite a mio padre che ho fatto il mio dovere”
Raoul Achilli poco prima di morire, dal Bollettino Parrocchiale di San Vittore Olona
Da non dimenticare che Raoul Achilli è una delle quattro medaglie d’oro di Legnano.
Le altre tre:
– Tenente colonnello Aurelio Robino, caduto il 16 maggio del 1917 durante la Grande guerra
– Mauro Venegoni, partigiano comunista, ucciso dai fascisti a Cassano Magnago il 31 ottobre 1944
– Carlo Borsani, presidente dell’Associazione nazionale Mutilati di guerra e figura di spicco nella Rsi, ucciso dai partigiani a Milano il 29 aprile 1945
– Per il testo siamo debitori del bel libro di Giacomo Agrati (“Quelli della neve… Persone, esperienze, fatti legati all’intervento nella campagna di Russia 1943-1945, ISSRAM 2001). R. Achilli è citato anche in G. Agrati, “San Vittore Olona. Storia di una comunità, 1940-1945”, Edizioni LT 1990, p. 115
– “Soldatino canta canta” di Marco Paolini