Tre domande sul Giorno del Ricordo (2021)

Tre domande sul Giorno del Ricordo

1) Chi ha istituito il Giorno del Ricordo?

L’iniziativa è stata presa dal Parlamento italiano nel 2004 con l’adesione di tutti i partiti dell’epoca con gli unici voti contrari dei partiti dell’estrema sinistra: Rifondazione comunista e il Partito dei Comunisti italiani.

L’istituzione della legge è stata sicuramente una buona cosa. Fino a quel momento si trattava di vicende negate o poco conosciute in Italia.

La legge del 2004 ha obbligato gli italiani (almeno quelli che si occupano di storia e di memorie) a cercare di capire che cosa è accaduto al confine orientale d’Italia. Dal 2004 ci sono stati dibattiti, ricerche e pubblicazione di libri (a volte buoni) e articoli di giornale. C’è stato anche il tentativo anche di parlarne a scuola.

Nella legge però c’è una lacuna. Si accenna giustamente alla tragedia delle foibe e al dramma dell’esodo ma non c’è alcun accenno alla politica seguita dallo Stato italiano in Istria e Dalmazia dal 1918 fino al 1943-45.

E’ il tema dell’ “Italianizzazione forzata” delle popolazioni slovene e croate, ossia la fascistizzazione della maggioranza slava nei territori ora italiani.

Esempio, l’imposizione della sola lingua italiana nelle scuole e negli uffici pubblici, l’italianizzazione dei nomi e cognomi slavi, la forte riduzione della proprietà contadina slava in Istria a vantaggio della proprietà italiana e tante altre leggi vessatorie.

Poi con l’invasione dell’esercito di Mussolini di Slovenia, Croazia e Montenegro, a partire dal 1941 fino al ‘43, dobbiamo parlare di veri e propri crimini di guerra commessi dall’esercito italiano e dalle formazioni militari fasciste.

Alla fine avremo decine di migliaia di vittime slovene e croate nei campi di concentramento italiani e vittime delle rappresaglie italiane in questi territori.

Anche se poteva essere formulata meglio, a mio parere questa legge era necessaria, perché era doveroso riconoscere e dare dignità alle vittime italiane dei crimini del nazionalismo jugoslavo (infoibamenti ed esodo forzato degli italiani).

2) Chi fu ucciso nelle foibe?

In gran parte furono italiani delle terre di confine: istriani, dalmati, goriziani, triestini, fiumani. Ma anche sloveni e croati contrari alla politica di Tito. Le cifre le vedremo dopo.

Le vittime delle foibe furono uccise in due momenti diversi:

  • nel settembre-ottobre del ’43 al tempo delle cosiddette “foibe istriane” (subito dopo l’armistizio dell’8 settembre)
  • nel maggio-giugno del 45 quando il Movimento di Liberazione jugoslavo guidato da Tito occupò Trieste e la Venezia Giulia con l’obiettivo di annettere queste terre al neonato Stato jugoslavo

Perché furono uccisi?

Dobbiamo capire la logica seguita da Tito. Occupare stabilmente la Venezia Giulia e annetterla alla Jugoslavia voleva dire mettere nella condizione di non nuocere quella vasta categoria di italiani che mai avrebbe accettato che queste terre divenissero jugoslave.

Quindi finirono nelle foibe:

– i militari delle Repubblica Sociale Italiana di Mussolini

  • poliziotti, carabinieri, guardia di finanza, ossia chi portava le armi
  • esponenti del defunto potere fascista
  • la classe dirigente italiana nelle sue varie articolazioni: giornalisti, insegnanti, sacerdoti, impiegati statali, politici anche democratici
  • dirigenti dei CLN contrari alla annessione alla Jugoslavia

Non tutti furono uccisi nelle foibe. In maggioranza nei campi di concentramento di Tito (es. Borovnica in Slovenia).

Furono uccisi non perché italiani ma perché “volevano l’Italia” (Raoul Pupo). La differenza è importante.

“I volonterosi carnefici” di Tito erano espressione di una “violenza politica” funzionale al progetto di totale controllo del territorio.

In sostanza Tito porta avanti un pianificato progetto di annessione nazionalistica dei territori della Venezia Giulia e per questo mette a tacere tutti coloro che sicuramente prima o poi si sarebbero opposti all’idea di fare Trieste città jugoslava.

3) Quali sono i numeri delle foibe e dell’esodo?

Sui numeri si è sempre esercitata una vera e propria guerra.

– si va dai negazionisti che quantificano le vittime delle foibe in poche centinaia di fascisti (!)

  • le forze politiche di destra al contrario parlano di decine di migliaia di vittime (30.000 o oltre)
  • Da qui l’uso di espressioni assolutamente fuori luogo quali “genocidio degli italiani”, “olocausto italiano”, “pulizia etnica” e simili

In realtà le vittime furono circa 6000-6500:

  • 1200-1500 nelle foibe dell’autunno del ’43 (Istria, Zara, Fiume)
  • 4500-5000 nelle foibe del ’45 (Gorizia, Trieste, Istria)

Le cifre scorporate città per città sono significative:

  • Gorizia 900 vittime
  • Fiume 650 vittime
  • Trieste 1500 vittime
  • Pola 500-600 vittime
  • Istria… non sapremo mai. Era territorio controllato dalle autorità jugoslave le quali non fornirono mai i numeri della repressione

Per quanto riguarda l’esodo non c’è o quasi “guerra dei numeri”:

  • 350.000 secondo le associazioni degli esuli (es. l’associazione “Venezia Giulia e Dalmazia”)
  • 300.000 secondo le ricerche degli storici dell’università di Trieste
  • 200.000 secondo le autorità jugoslave dell’epoca

L’esodo delle popolazioni dell’Alto Adriatico durò dal 1944 al 1956:

Inizia con l’esodo da Zara nel ’44 quando stanno per entrare le truppe di Tito

– Nel ’45 è la volta di Fiume

– Il momento più drammatico è quando avviene l’esodo da Pola (inverno ’46-47) con 28mila partenti su una popolazione di 32mila abitanti.

– L’esodo termina quando anche la zona di Capodistria e Pirano (oggi Slovenia) diventa jugoslava nel 1956 e anche da lì alcune migliaia di italiani scelsero di lasciare le proprie terre ora jugoslave

In Italia furono accolti piuttosto male perché la guerra era finita da poco e l’Italia era distrutta. Ma c’era anche il pregiudizio politico per cui chi lasciava la Jugoslavia di Tito doveva essere per forza un fascista. Inutile dire che non era vero.

Pesò molto la campagna del PCI di Togliatti contro i profughi, che a mano a mano arrivavano in Italia, accusati di essere nazionalisti, fautori del passato regime e gente di malaffare.

Quindi, per concludere, il Giorno del Ricordo non deve essere una semplice ricorrenza nel calendario civile ma un momento in cui ricordiamo tanti italiani (ma anche sloveni e croati) che hanno subito violenze efferate (foibe e lager titini) mentre altri sono stati sradicati dalle loro terre (esodo) senza dimenticare le vittime slovene e croate dell’Italia fascista nel Ventennio.