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Negazionismo: storia di una menzogna

Negazionismo: storia di una menzogna

Potremmo iniziare chiedendoci chi sono i negazionisti.

Detto in termini concisi: i negazionisti negano l’esistenza delle camere a gas nei lager nazisti perché vogliono ripulire la storia del nazismo e renderlo presentabile politicamente.

A grandi linee il negazionismo è questo: si tratta di un gruppo di sparuti “storici” che da tempo negano l’esistenza di un progetto nazista di sterminio degli ebrei, sostenendo che la Shoah non sarebbe mai avvenuta, che si tratterebbe del frutto di una colossale falsificazione storica a opera dei soliti ebrei per estorcere denaro alla Germania e finanziare contemporaneamente lo Stato d’Israele.

Ma non c’è solo questo: si rivaluta la Germania nazista affermando che è stata costretta a entrare in guerra per difendere se stessa dai suoi nemici più implacabili: gli ebrei e il comunismo sovietico. E poi, sempre che i crimini del nazismo siano veri, i negazionisti puntano il dito contro altre ignominie, quelle commesse dagli Alleati durante la Seconda guerra mondiale: Dresda, Hiroscima, fino ad arrivare alla politica “genocida” di Israele in Palestina.

Il discorso è complesso. Una definizione sintetica del negazionismo potrebbe essere questa: ad Auschwitz sono state gassate solo le pulci. La Shoah è una grande menzogna. Le camere a gas non sono mai esistite. Lo Stato d’Israele e gli ebrei nel mondo sono i propagantisti della tesi del genocidio per difendere e legittimare il proprio ruolo e per prevenire ogni forma di critica al proprio operato.

In ordine di tempo potremmo dire che sono stati i nazisti i primi negazionisti: quando alla fine della guerra facevano saltare con la dinamite le camere a gas, uccidevano i testimoni, distruggevano i documenti non facevano altro che negare che il crimine era stato realizzato.

I precursori

Dopo la guerra il primo in ordine di tempo fu Maurice Bardeche a partire dal 1947, fascista francese al tempo di Vichy. Evita per un pelo l’epurazione subito dopo la guerra. Il cognato, Robert Brasillach, fu invece fucilato.

In lui c’è già tutto l’armamentario dei negazionisti con tesi che poi saranno riprese da altri in una continua ripetitività degli stessi assiomi.

Bardeche parte da lontano per arrivare al chiodo fisso della non esistenza delle camere a gas.

Dice che la guerra è stata voluta dagli ebrei contro la Germania nazista e le presunte atrocità tedesche fanno pari con le atrocità compiute dagli Alleati nel corso della guerra: Dresda, Amburgo, Hiroscima e Nagasaky. La leggenda sui campi di sterminio è nata anzi per nascondere questi veri crimini. I decessi nei lager non sono negati: vengono minimizzati e vengono imputati alle violenze dei Kapo e ai bombardamenti americani.

Paul Rassinier

Le tesi di Bardeche paiono verosimili perché nel 1948 l’ex deportato politico a Dora e Buchenwald, Paul Rassinier, sostiene le stesse cose. A sconcertare è il fatto che lui è stato veramente nei Kz ma non nei “campi di sterminio” dove furono installate le camere a gas.

A Buchenwald c’era la camera a gas, Rassinier sa dell’esistenza, ma sa anche che quella camera a gas “gestiva” piccoli numeri. Infatti lui non nega totalmente le camere a gas, dice che “ce ne sono state, ma non tante quanto si crede”.

Rassinier in passato era stato comunista libertario poi espulso dal partito per il suo antistalinismo. Successivamente al ’45 milita in gruppi pacifisti e anarchici. Il suo passato di uomo di sinistra sembra avvalorare il suo discorso.

A spiegare il suo negazionismo c’è una forte avversione nei confronti dello Stato d’Israele (nato nel ’48), nutrita da un antisemitismo del resto molto diffuso nella cultura francese novecentesca.

Sostiene esplicitamente, come facevano i nazisti, la presenza di un complotto mondiale giudaico di cui il presunto genocidio “sarebbe la più tragica e macabra impostura di tutti i tempi”. Naturalmente la colpa di aver scatenato il conflitto mondiale è degli ebrei.

Il negazionismo negli Stati Uniti

Un radicalismo negazionista è presente soprattutto negli Stati Uniti fin dal ’48. Ricordo per esempio “Il mito dei sei milioni” del ’69. Il campione è Arthur Butz, ingegnere elettronico, professore universitario, il quale mette in dubbio il genocidio con argomentazioni tecniche (impossibilità di funzionamento delle camere a gas). Negli Stati Uniti ci sono riviste, fondazioni, università dove il verbo negazionista trova ascolto.

In ogni caso fino agli anni Settanta questi personaggi non arrivano a una dimensione pubblica: sono autori di nicchia e non vengono presi in considerazione dalla storiografia più accreditata. Anche a livello di opinione pubblica sono pressochè sconosciuti.

Ma con gli anni Settanta cambiano molte cose: i negazionisti hanno un palcoscenico spesso offerto da prestigiosi quotidiani in cerca degli scoop e del sensazionalismo.

Ma prima che scoppi lo scandalo Faurisson soprattutto negli Stati Uniti si mettono a fuoco i punti fermi del  negazionismo (sono i famosi otto punti):

1)  La Soluzione Finale consisteva nell’emigrazione e non nello sterminio

2)  Non ci furono gassazioni ad Auschwitz e in altri lager. Anzi a essere gassati furono solo i pidocchi

3)  La maggior parte degli ebrei scomparsi emigrò in America o in URSS facendo perdere le tracce

4)  I pochi ebrei giustiziati erano criminali sovversivi

5)  La comunità ebraica mondiale perseguita chiunque voglia arrivare alla verità

6)  Non ci sono prove del genocidio

7)  Gli “sterminazionisti” devono ancora mostrare prove inconfutabili

8)  Le differenze di calcolo degli ebrei uccisi, da uno storico all’altro, rivelano la natura menzognera del presunto sterminio

A questi punti è facile ribattere:

1) La Soluzione Finale consisteva nell’emigrazione e non nello sterminio: dove sono andati tre milioni di ebrei? Come è stato possibile che abbiano del tutto fatto perdere le proprie tracce? In realtà sono morti nei campi di sterminio

2) Non ci furono gassazioni ad Auschwitz e in altri lager:…. e coloro che lavorarono nei Sonderkommando? Esempio Shlomo Venezia. Non li consideriamo?

3) La maggior parte degli ebrei scomparsi emigrò in America o in URSS facendo perdere le tracce: come è possibile che tre milioni di persone siano scomparse nel mondo senza lasciare tracce? Dove sono emigrate? Quando?

4) I pochi ebrei giustiziati erano criminali sovversivi: in realtà a essere uccisi furono sei milioni di cui tre milioni nei campi di sterminio dell’Est e morirono anche donne e bambini

5) La comunità ebraica mondiale perseguita chiunque voglia arrivare alla verità: non c’è solo la comunità ebrica mondiale a indignarsi, chiunque abbia un po’ di buonsenso non puo non rifiutare queste tesi

6) Non ci sono prove del genocidio: le testimonianze di kapò e di SS a Norimberga furono molte e spesso confessavano di aver avuto parte attiva nelle varie operazioni di gassaggio

7) Gli “sterminazionisti” devono ancora mostrare prove inconfutabili: le prove sono nei documenti che sono venuti alla luce e nelle tante testimonianze. In più c’è il materiale fotografico

8) Le differenze di calcolo degli ebrei uccisi, da uno storico all’altro, rivelano la natura menzognera del presunto sterminio: è normale che ci siano numeri diversi sul genocidio ebraico, fa parte della normale dialettica storica

Il processo Eichmann

Il processo Eichmann (1960, condanna a morte nel ’62) è una sconfitta per i negazionisti, ma è facile immaginare la loro reazione. Eichmann ha parlato sotto costrizione con la promessa della sua liberazione.

Il caso Faurisson

Robert Faurisson nel 1978 è docente di letteratura francese all’università di Lione. Fino a quel momento è conosciuto solo in ambito accademico. Aveva già iniziato mettendo in dubbio l’autenticità del “Diario” di Anna Frank, ma senza molto clamore.

Faurisson non si proclama né fascista né nazista: ambisce a una sorta di neutralità politica per dare senso alle sue ricerche.

La svolta avviene nel ’78 e ’79 quando “Le Monde” e “Le Matin” pubblicano alcuni suoi articoli in cui ribadiva che ad “Auschwitz sono state gassate solo le pulci”. L’università di Lione lo sospende dal suo incarico di docente e questo offre a Faurisson un’ottima occasione per apparire nel ruolo di vittima. Infatti incautamente qualche intellettuale prende posizione a favore della libertà di pensiero come l’autorevole Noam Chomsky, che pur senza leggere alcun testo di Faurisson lo difende ricordando l’imperativo di Voltaire (“Odio quello che dici, ma morirei per garantirti il diritto di dirlo”).

La notorietà mediatica di F. fa uscire dal guscio i negazionisti i quali nel 1979 possono organizzare il primo convegno mondiale sul negazionismo (“studi revisionistici”) in cui Faurisson è naturalmente la star incontrastata.

Con Faurisson nasce una sorta di “Internazionale del negazionismo”.

Visto che la stampa appare ben disposta nei loro confronti, i negazionisti elaborano una sorta di strategia vincente:

–        provocazione negazionista

–        scandalo mediatico: voci che si levano contro di loro

–        difesa della libertà di espressione con frange di consenso nei loro confronti (sono le “vittime” della “corporazione” degli storici e di interessi finora occulti).

Perché proprio nel ’78 il negazionismo diventa argomento pubblico? Il ’78 è l’anno di Holocaust negli Usa (100 milioni di spettatori). Subito dopo la fiction è trasmessa da altre reti europee. Quando finalmente la Shoah emerge a livello mondiale emerge anche la sua negazione/contrario.

Il metodo negazionista

– prende in considerazione personaggi noti: Anna Frank, Rudolf Hoss o pochi altri

– legge con cura maniacale ogni dettaglio fino a trovare inevitabili contraddizioni nel loro discorso da cui ricava l’idea che se c’è un errore allora vuol dire che tutto è falso (falsus in uno, falsus in omnibus).

Per esempio Kurt Gerstein, ex SS poi morto suicida in un carcere americano, parla di montagne alte 35-40 metri di vestiti da lui vistea Treblinka. Tutto ciò non può essere vero e quindi tutto è falso. Gerstein racconta ciò che vogliono gli americani per salvarsi la vita.

Potrebbe essere il caso di Rudolf Hoss (primo comandante di Auschwitz) che parla di 2.500.000 morti nel lager. Non è vero al massimo sono 1.100.000 persone. Il dato sbagliato scredita interamente la sua testimonianza redatta prima della condanna a morte.

In un altro punto Gerstein dice che dopo la gassazione gli ebrei del Sonderkommando cercavano oro e gioielli tra i genitali. Prima usa “brillanten” (gioielli) e poi poche righe dopo “brillen” (occhiali). Mattogno conclude dicendo che ad Auschwitz si cercavano gli “occhiali nei genitali”. Così anche la testimonianza di Gerstein è fatta a pezzi.

Quindi il metodo negazionista consiste in questi punti:

– non considerano le prove addotte dagli storici

– screditano i testimoni

– traducono in modo approssimativo o per loro favorevole i documenti

“Trovare una screpolatura, infilarci una lama e far leva; non si sa mai, potrebbe anche crollare l’edificio, per quanto robusto”, così Primo Levi sintetizzava nel ’79 il metodo dei negazionisti.

L’obiettivo è anche quello di generare nel lettore ingenuo il dubbio e l’idea di essere stato preso in giro fino a quel momento.

Il negazionismo tecnico

Nel 1988 un presunto ingegnere, Fred Leuchter (americano), viene contattato per una perizia tecnica ad Auschwitz: deve analizzare alcuni campioni dei mattoni delle camere a gas di Auschwitz e accertare l’eventuale presenza dello Ziklon B (acido cianidrico). Tutto ciò per difendere un negazionista a processo.

Leuchter con 35mila dollari in tasca (è anche in luna di miele) parte per Auschwitz e lì preleva illegalmente alcuni campioni dei muri delle camere a gas e dei locali dove si disinfettavano gli indumenti dei deportati.

Il suo referto è molto chiaro (200 pagine): sui muri dove si disinfettavano i vestiti lo Ziklon B è molto presente, invece è quasi assente nei campioni presi dalle camere a gas.

I negazionisti esultano: è la prova che cercavano da tempo!

In realtà il problema è molto semplice: per uccidere i parassiti occorrevano maggiori quantità di gas e per maggior tempo. Per uccidere esseri umani invece quantità minori e minor tempo.

Il tribunale non accettò la perizia di Leuchter e il negazionista canadese perse la causa.

Per i seguaci del negazionismo il “Rapporto Leuchter” è la “prova provata” della montatura sionista e della menzogna di Auschwitz (la “pistola fumante”).

La sinistra negazionista

Esiste anche un negazionismo di estrema sinistra, nato in Francia (es. Garaudy o prima di lui Rassinier) ma arrivato in Italia in area bordighista. Visto che lo sterminio degli ebrei non si può spiegare in termini economicisti (perché sprecare tanta manodopera che poteva essere utile alla vittoria della Germania?), il genocidio non è avvenuto. Anzi è stato l’ebraismo mondiale a crearlo perché dietro ci sono le trame del capitalismo mondialista di cui l’ebreo è la quintessenza.

Naturalmente non è vero che lo sterminio non può essere spiegato in chiave marxista. In Italia questa tendenza (“il socialismo degli imbecilli”) è rappresentata da Cesare Saletta.

Il negazionismo italiano

Il MSI era poco attento al negazionismo perché tendeva a far emergere la peculiarità del fascismo italiano visto  diverso o alternativo rispetto all’esperienza nazista. È esclusa anche la partecipazione italiana alle deportazioni e alle uccisioni. Più che negazionista l’Msi era “rimozionista”.

Giorgio Pisanò a proposito delle Leggi Razziali dice che furono gli ebrei con l’antifascismo a dichiarare guerra a Mussolini. Pisanò non nega la Shoah, solo la minimizza e la diluisce nella più generale violenza della guerra. Tutti hanno compiuto massacri orrendi, soprattutto i sovietici e il PCI (“Triangolo della morte”).

Il neofascismo oggi tende ad avvalorare la memoria positiva del fascismo. Da qui la scarsa presenza in Italia del negazionismo. Più che negazionismo si può parlre in area italiano di “rimozionismo”, ossia rimuovere quanto è accaduto semplicemente dimenticandolo. Pisanò più che negare lo sterminio lo diluisce in un discorso in cui tutti sono colpevoli e le stragi dei partigiani e degli americani sono sicuramente peggiori.

L’unico spazio che il negazionismo ha avuto in Italia è quello di Faurisson, di Rassinier ecc., ossia quello “apolitico” oppure dove i temi più marcatamente nazisti e razzisti sono stati messi da parte. È una sorta di “negazionismo presentabile”.

Per esempio Carlo Mattogno, sicuramente un negazionista di livello internazionale, non sbandiera una collocazione politica precisa. Sicuramente è estrema destra (per Vidal-Naquet “è un fascista dichiarato”), però ha sempre evitato qualificazioni politiche che poi potevano andare a suo danno.

Il suo obiettivo è denunciare la “congiura del silenzio” su Auschwitz, la “menzogna di Auschwitz” con argomentazioni serrate e di natura tecnica, accusando gli storici di ignoranza, partigianeria e malafede oppure ingenuità.

Finora però tutti suoi studi (una ventina di titoli) non sono mai arrivati a essere considerarti dagli storici maggiori.

Mattogno riconsce solo i Kz e non VL. La differenza non è di poco. Gli ebrei per lui sono finiti solo nei Kz e quindi la mortalità è stata molto minore rispetto a quanto dichiarono gli “sterminazionisti”. I Kz erano solo “campi di lavoro” dove gli ebrei sono morti anche a causa del bombardamenti degli Alleati. I VL non sono mai esistiti.

Altri temi a lui cari: l’impossibilità tecnica dello sterminio, la documentazione totalmente mancante, l’inattendibilità dei testimoni, l’ignoranza degli storici, la “congiura del silenzio” nei suoi confronti.

Oggi la destra italiana preferisce concentrare la sua polemica contro il mondialismo (la globalizzazione) che causa crisi economiche, destabilizza le nazioni e spinge a emigrazioni che snaturano l’integrità delle popolazioni con una sorta di meticciato culturale e interrazziale.

La polemica è contro l’euro e per l’uscita dell’Italia dall’euro, contro i nomadi, la microdelinquenza (la sicurezza), a difesa della famiglia, contro le “unioni di fatto”…

Il negazionismo è troppo lontano da queste tematiche che invece consentono di capitalizzare facilmente lo scontento di giovani e meno giovani.

Il negazionismo potrebbe rientare solo nei discorsi in cui si imputa all’”internazionale ebraica” di volere per i propri fini la crisi economica. Quindi negare Auschwitz potrebbe diventare importante per svelare la “grande congiura” delle banche e del capitalismo finanziario in mano agli ebrei.

Il negazionismo nei Paesi arabi

Ben maggiore d’intensità è il negazionismo nei paesi arabi in questi ultimi decenni (dalla fine degli anni Ottanta, in relazione alle varie guerre in Medio Oriente). L’obiettivo è politico: delegittimare lo stato d’Israele mostrando la falsità di un mito originario: il genocidio ebraico. Anzi, il nesso immediato è “menzogna” della Shoah e nascita dello Stato d’Israele.

La differenza rispetto al mondo occidentale è che nel mondo arabo il negazionismo è ideologia di Stato, come nell’Iran di Ahmadinejad.

Una differenza importante è che nei paesi arabi i negazionisti non sono né razzisti né nazisti: prendono dal negazionismo solo quanto a loro serve per alimentare il discredito su Israele. Altra differenza è la capacità di diffusione del negazionismo potendo contare su tutti o quasi i mass media, esempio la televisione che raggiunge anche le masse che non leggono.

Uno dei primi negazionisti è stato Abu Mazen, presidente dell’Autorità palestinese il quale nel 1982 presenta la sua tesi di laurea nella quale denuncia l’accordo tra Germania nazista ed ebrei per l’emigrazione in Palestina (in funzione anti inglese). Diminuisce i dati dell’Olocausto e rimanda a Faurisson sull’inesistenza delle camere a gas. Queste tesi verranno poi da lui negate.

A livello tematico i negazionisti arabi non introducono più di tanto novità: sono largamente dipendenti dal negazionismo occidentale.

L’obiettivo non è tanto il riscatto del nazismo, verso il quale molti commentatori sono indifferenti, quanto dimostrare la fallacia e la menzogna del sionismo (“siamo stati costretti ad abitare la Palestina perché in Europa siamo stati massacrati con i pogrom e sterminati nei lager”).

Altro tema forte è l’equiparazione tra i nazisti di allora e gli israeliani di oggi, mentre le vere vittime sono solo i palestinesi.

Gli obiettivi sono sempre polemici, mai storiografici. Per esempio l’accostamento tra la Striscia di Gaza e il ghetto di Varsavia. Le sofferenze ebraiche sono relativizzate: si citano altri massacri nella storia e poi si indica il dramma della condizione palestinese (“Solo gli ebrei hanno sofferto?, Nasser). Si imputa agli ebrei di essere i veri razzisti.

I maggiori film sulla Shoah non sono stati mostrati al pubblico arabo con vari pretesti.

Nel 2005 si è tenuta a Tehran una conferenza con i maggiori negazionisti europei e arabi. Nel 2006 l’incontro è stato replicato.

Se una ideologia si appropria di un fatto storico non vuol dire che questo fatto non è accaduto.

È possibile criticare Israele?

Criticare Israele non vuol dire essere né antisemiti né antisionisti: è un diritto di critica che spetta a chiunque. Nello stesso tempo parlare della Shoah non vuol dire portare acqua al mulino israeliano: tra storia e presente (come polemica) le distanze devono essere mantenute rigide.

Sicuramente lo Stato israeliano ha usato e continuerà a farlo l’Olocausto in funzione legittimante ma questo non inficia il discorso sul genocidio ebraico che è stato e deve essere studiato nelle sue peculiarità.

Le leggi della memoria

Nel 1990 il parlamento francese approva la lege Gayssot in cui si vieta di negare quelli che sono i “crimini contro l’umanità”. Seguono a ruota altri Paesi europei: Austria, Belgio, Spagna, Svizzera, Portogallo, Lussenburgo, Polonia, poi Ungheria e Romania tra gli ultimi. La Germania introduce nel ’94 il reato di negazionismo come “aizzamento del popolo”. Negli Usa invece non ci sono leggi del genere.

Secondo Vidal-Naquet queste leggi “non servirebbero ad altro che a moltiplicarne la specie” (“Gli assassini della memoria”).

In Francia storici e intellettuali si dividono: da una parte gli storici che obiettano che la storia non è una religione e neppure un dogma, dall’altra alcuni intellettuali, tra cui Claude Lanzmann, i quali sostengono che dietro il negazionismo c’è una ideologia antisemita e antisionista pericolosa nella quale all’odio contro gli ebrei si unisce l’astio per l’esistenza dello Stato d’Israele.

Tutto ciò è vero ma la Pisanty afferma che i negazionisti escono rafforzati ogni volta che una sentenza li condanna.

Per esempio nel ’95 le autorità canadesi bloccarono un sito apertamente nazista e negazionista ma i simpatizzanti fecero circolare ancora meglio i contenuti del sito.

Roger Garaudy nel ’96 fu condannato a una forte multa per aver detto che i lager di sterminio non sono mai esistiti e la memoria dei lager è funzionale alla politica di colonizzazione imperialistica svolta da Israele nel Medio Oriente. L’abbè Pierre prese posizione per Garaudy in nome della libertà di espressione. Dopo la condanna Garaudy venne accolto al Cairo come un eroe, anche perché questo ex comunista ed ex cattolico integralista era da tempo diventato mussulmano.

Per la Pisanty la Francia è “la fabbrica del negazionismo” con le sue leggi a tutela della memoria: del genocidio armeno, del crimine della tratta dei neri e a difesa dei “buoni risultati” del colonialismo francese nel Nord Africa (!).

La situazione legislativa in Italia

In Italia esiste una legge contro l’apologia del razzismo e del fascismo ma non una legge contro il negazionismo.

“L’introduzione anche in Italia del reato di “negazionismo” era stata annunciata da più di un Ministro negli ultimi anni ma si era sempre arenata anche a seguito del diffuso dissenso da parte di storici e giuristi.
Ora l’ipotesi viene frettolosamente e pressoché unanimemente riesumata dalla Commissione Giustizia del Senato, con un emendamento che, oltre ad ampliare ed aggravare le ipotesi di apologia di reato, porterebbe ad introdurre nell’art. 414 del codice penale una sanzione per chi “nega crimini di genocidio o contro l’umanità”.

La comunità ebraica italiana è favorevole alla legge, visto come uno strumento contro la violenza del negazionismo.

Gianfranco Morra: “E dove va a finire l’art. 21 della Costituzione: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione»?

Lo Stato, con una legge siffatta, entra nella libertà e nella coscienza dei cittadini, obbligando alcuni di loro a credere in qualcosa su cui essi sono dubbiosi o increduli. Punisce un reato di opinione. Nato dall’antifascismo e dalla resistenza, il nostro Stato si corrompe se diviene educatore. La proibizione del negazionismo non è una legge, ma una ideologia. Non è mossa dalla ragione, ma dalla passionalità. E apre la strada al ritorno delle inquisizioni, dell’indice delle idee proibite, delle colonne infami”.

Poche settimane fa un professore di Liceo di Roma non è stato condannato perché non esiste una specifica norma sul negazionismo. Aveva affermato che gli ebrei sono “furbi”, che il numero di morti è inferiore alla realtà e via discorrendo.

Quindi, legge sì o no contro il negazionismo?

Io sono contrario perché non serve a tenere sotto controllo il fenomeno. Anzi da fenomeno minoritario e periferico il negazionismo potrebbe arrivare alla ribalta nel momento in cui una qualunque Corte di giustizia dovesse perseguire penalmente uno o più membri che negano la Shoah.

In ogni caso con la diffusione planetaria di Internet qualunque provvedimento tradizionale contro i negazionisti è vanificato.

Molto meglio il medodo di un istituto di ricerca israeliano specializzato contro il negazionismo: “Il modo per combattere idee perniciose è attraverso altre idee”.