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Quel 5 gennaio 1944. I lavoratori della Tosi tra Grande Guerra e Resistenza

Quel 5 gennaio 1944

Perché un semplice sciopero per un aumento di stipendio e una miglioria alla mensa aziendale ha implicato l’intervento dei fascisti e poi addirittura dei tedeschi?
Tutte le fabbriche di Legnano erano militarizzate, ciò voleva dire che realizzavano prodotti vari per la guerra e, dall’armistizio dell’8 settembre ’43 e la conseguente invasione nazista, lavoravano per la guerra del Grande Reich. Fermare gli scioperi era quindi importante politicamente e militarmente.
Bisogna considerare che la Franco Tosi allora aveva circa seimila operai e da sempre, fin dalla loro fondazione, Tosi e Cotonificio Cantoni erano non solo le industrie con il maggior numero di maestranze nel legnanese, ma anche le più attive nell’organizzare gli scioperi, anche solo per solidarietà, a tutte le industrie dell’interland.
Non a caso uno dei primi scioperi in Italia di cui si ha la documentazione scritta è nel settore tessile legnanese, partito dalla Cantoni.
I lavoratori della Tosi tra Prima e Seconda guerra mondiale
Durante la Prima guerra mondiale la settimana dei grandi scioperi del 1915 del settore cotoniero nel Nord Italia ha visto protagonista la Cantoni ma non solo: sul quotidiano “Cronaca Prealpina” del 30 settembre leggiamo infatti: “A Legnano lo sciopero delle arti tessili si è propagato ad altre industrie per solidarietà … i rappresentanti della Camera del Lavoro dovettero persino tenere dei comizi perché si permettessero – per esempio – agli operai del Franco Tosi di riprendere il lavoro“.
Durante la seconda guerra mondiale era invece la Franco Tosi che più frequentemente proponeva lo sciopero e le altre industrie, sia meccaniche che tessili, la seguivano.
Quindi fermare lo sciopero alla Tosi significava evitare che si propagasse a tutte le industrie del legnanese. Andava fatto, semplicemente.
Ma c’è di più. Lo sciopero tra la fine del ’43 e l’inizio del ’44 aveva una connotazione che andava al di là dei meri problemi economici tra maestranze e datore di lavoro. Lo sciopero significava ora anche “no alla guerra”. E questo per i tedeschi era un problema in più. Ed era quindi un problema anche per i fascisti, che non potevano non mostrarsi solidali con i tedeschi e attivi nello stroncare sul nascere eventuali grattacapi ai loro camerati germanici. Salvo poi non riuscirci, come nel caso del 5 gennaio ’44 alla Tosi, ed invocare l’intervento risolutivo del generale delle SS Otto Zimmerman.
Era abbastanza evidente la differenza nelle fabbriche militarizzate rispetto alla Grande Guerra.
E’ pubblicato su internet un catalogo della produzione bellica della Franco Tosi nel 1916 (LINK: http://www.museoindustrialelegnanese.it/Franco_Tosi/storia.html).
Durante gli anni della Grande Guerra vediamo tante donne al lavoro nella produzione di bombe di piccolo e medio calibro, uomini in divisa militare per quelle più grosse e pesanti; vediamo mine, bombarde, cannoni, un fantastico carretto di legno chiodato a trazione animale con installato un generatore di idrogeno per gonfiare i dirigibili. Alla Tosi si producevano motori per navi e sommergibili che venivano inviati tramite ferrovia a Taranto, dove nel cantiere navale Franco Tosi venivano utilizzati per la costruzione di navi e sottomarini militari. E alla Tosi a Legnano si costruivano motori per aerei che venivano consegnati in via XX Settembre alla fabbrica legnanese Wolsit, collegata alla Tosi, per la costruzione di aerei, in particolare il modello Wolsit Jacchia e Newport.
La Cantoni nel 1915-18 contribuiva allo sforzo bellico con le stoffe ad uso militare ma soprattutto producendo in esclusiva per tutte le industrie belliche italiane il colorante nero allo zolfo, indispensabile per le “grisette” (le divise militari) e le tende. Era un piccolo prodigio creato da chimici, fatti arrivare direttamente dalla Svizzera dall’ing. Carlo Jucker, a partire da materie prime diverse dalle classiche, non più disponibili in quanto importate dalla Germania contro cui eravamo allora in guerra.
Legnano durante la prima guerra mondiale lavorava in vari modi per la vittoria. Durante la seconda la faccenda era molto più complicata.
La Tosi negli anni ’40-45 non produceva più ordigni ma si limitava a turbine e motori per navi e sommergibili. La Cantoni si limitava alle stoffe per uso militare. Ma non c’era più il clima della Grande Guerra: ora né le maestranze né i “padroni” volevano quella produzione, vi erano costretti ma non la volevano. E perciò boicottavano.
Lo sciopero era solo uno dei tanti mezzi, ma più spesso si trattava di “scioperi bianchi”, brevi astensioni dal lavoro, rallentamenti, errori volontari che rendevano difettoso e inutilizzabile il prodotto finale.
Fascisti e tedeschi, armi alla mano, controllavano i ritmi di produzione? Bene, alla Tosi venivano messi i ragazzetti di 14-15 anni nei punti nevralgici della catena, su macchinari complicati, in ruoli che richiedevano esperienza e manualità: erano, sì, più lenti ma in fondo dovevano pur imparare anche loro! O no? La scusa era buona e i controllori non potevano che ingoiare la loro rabbia sentendosi beffati e impotenti.
Quello che invece i nazi-fascisti non sapevano era il ruolo degli industriali stessi, che sovvenzionavano in denaro la Resistenza. Vi è traccia documentata di ciò nei bilanci economici delle Brigate Garibaldi stilati da Carlo Venegoni.
Gli industriali tessili fingevano di non accorgersi che dalla fabbrica uscivano pezze, rubate dagli operai come merce di scambio alla borsa nera per acquistare alimentari. Alla Cantoni erano gli stessi titolari a far bagnare i prodotti in uscita in modo che pesassero quanto le materie prime in entrata, ingannando così i tedeschi a cui andava l’intera produzione, sottraendo loro una certa quantità di stoffe che, rivendute al mercato nero, si traducevano in alimenti per operai e partigiani. Allo stesso scopo la Cantoni aveva segretamente mantenuto la produzione vietatissima di velluti, inutili a scopo militare ma ben pagati al mercato nero.
Insomma. La prima e la seconda guerra mondiale avevano coinvolto tutte le aziende legnanesi ma c’era una differenza sostanziale: nella prima lavoravano per la guerra, nella seconda… “facevano guerra” alla guerra.
E Zimmermann questo lo aveva capito bene…
Renata Pasquetto
– Per approfondire
http://www.legnanonews.com/news/cronaca/911745/5_gennaio_i_lavoratori_tosi_deportati_a_mauthausen