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Il rapporto tra l’uomo e le malattie nel corso dei millenni.

Riflessioni al tempo del Covid-19

Appena si diffuse il Coronavirus in Europa e poco dopo negli USA (primi mesi del ’20), subito qualcuno gridò al “virus cinese”, ossia furono accusate le autorità di Pechino di aver diffuso consapevolmente il virus per “atterrare” le economie occidentali oppure i politici cinesi furono accusati di negligenza per non essere stati in grado di evitare che il Covid-19 si diffondesse tra la popolazione mondiale.

L’accusa nel primo questo caso era pesante: la Cina conduce esperimenti di guerra batteriologica e quanto è accaduto a Wuhan è frutto di un esperimento andato a male.

Anche a Pechino all’inizio del ’20 si cercò il capro espiatorio e la stampa cinese additò la responsabilità del governo americano di aver portato consapevolmente, proprio a Wuhan, il virus approfittando di alcune gare atletiche, nell’estate del ’19, che avevano visto la presenza di atleti statunitensi.

Fantapolitica e magari anche un po’ di fantascienza! Non c’è nulla di vero in tutto questo, né il “virus cinese” né tanto meno il “virus americano”.

Il tentativo di attribuire al proprio nemico principale la responsabilità del virus è da attribuire al “buttare in politica” la pandemia colpendo l’avversario di turno con accuse pesanti; da non trascurare anche una forte componente di ignoranza della storia.

Uomini e malattie

Ci aiuta moltissimo a capire un ottimo saggio di Jared Diamond, “Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni” (Einaudi, 1998).

Il ragionamento di Diamond è in sintesi questo. Il rapporto tra specie umana e malattie data da almeno 10.000 anni, cioè da quando l’uomo è diventato allevatore e agricoltore. Da questo momento il rapporto tra uomini e animali diventa molto stretto.

Da una parte l’allevamento e l’uso degli animali in agricoltura fa fare all’uomo passi in avanti decisivi (prime agglomerazioni umane, riserve di cibo, prime tecniche colturali…), dall’altra si creano le condizioni affinché pericolose malattie passino all’uomo. Quali?

Secondo l’autore tutte le malattie che nei millenni e nei secoli hanno falcidiato l’uomo hanno origini animali: vaiolo (buoi), influenza (maiali e anatre), tubercolosi (buoi), malaria (uccelli), morbillo (buoi), e poi il colera, la peste, la pertosse. Nello stesso modo l’Aids è stato originato da alcune scimmie africane.

Poi queste malattie cambiarono geneticamente le proprie caratteristiche divenendo indipendenti rispetto al mondo animale. Ma all’inizio nacquero nel passaggio dagli animali all’uomo.

In quali condizioni le malattie passano dagli animali all’uomo?

Quando l’uomo diventa allevatore deve stare a stretto contatto con gli animali in ogni momento della giornata: l’urina animale può infettare l’acqua che beve, lo sterco animale può passare nel cibo che mangia, le mani sporche possono causare infezioni così come l’aria che animali e uomini respirano nelle stalle può essere veicolo di malattie.

Pensiamo solamente nel mondo contadino alle lunghe ore serali di intere famiglie nella stalla (l’unico ambiente caldo d’inverno) o all’abitudine di collocare gli animali nella propria abitazione durante le ore notturne per evitare l’abigeato, ossia il furto del bestiame. E così il maiale grugniva accanto alla culla dei bambini! E poi i contadini convivono con altri animali portatori di malattie: roditori (veicolo per la peste) e zanzare (la malaria).

Come si diffondono le malattie?

Tra gli animali e l’uomo esiste (per fortuna) una barriera genetica che impedisce all’uomo di essere infettato dallo stesso virus che magari in quel momento sta provocando la morte di migliaia di suini. Però, in particolari condizioni del tutto casuali, la malattia animale muta la propria composizione genetica e passa all’uomo con un vero e proprio “salto di specie”.

E’ quanto è accaduto a Wuhan alla fine del 2019 quando un nuovo virus influenzale è passato da un animale del mercato della città a un inserviente. Da lui a un uomo d’affari cinese il quale è volato nello stesso giorno a Francoforte infettando uomini d’affari tedeschi e uno di loro il giorno dopo è arrivato a Codogno… In trentasei ore il virus è arrivato in Europa.

Sì, perché ora i virus viaggiano in aereo mentre a tempo della Febbre Spagnola (1918-1920) viaggiavano in nave e treno. Al tempo dell’uomo preistorico i virus si muovevano grazie ai piedi dell’uomo con la differenza che oggi i virus trovano nelle enormi aggregazioni umane il miglior terreno fertile mentre nel passato (soprattutto millenni fa) l’uomo viveva sparso nel territorio e le grandi città erano poche.

In sostanza, quando l’uomo era raccoglitore-cacciatore un eventuale virus animale infettava piccoli gruppi umani e moriva con loro. Con agricoltura e allevamento nascono le città, l’ambiente migliore per far proliferare virus, microbi e batteri.

Fa bene Diamond a scrivere che agricoltura, allevamento, le prime città (con condizioni igieniche pessime) “furono una manna per i nuovi virus”.

Il ruolo delle malattie nella storia

Il saggio di Diamond è straordinario perché esemplifica in modo molto chiaro il ruolo spesso decisivo delle malattie nella vittoria o nella sconfitta in guerra. Qualche esempio famoso.

Nel 1519 Cortes arriva nell’attuale Messico con 600 uomini. L’obiettivo è conquistarlo perché nel territorio ci sono miniere d’oro e d’argento che sono il miraggio della conquista. Gli Aztechi sono invece 20 milioni. Il vaiolo, che infuriò tra gli indigeni nel 1520, fu fondamentale nella vittoria degli spagnoli perché decimò l’esercito e la popolazione azteca mentre risparmiava gli invasori.

Stessa cosa per Pizarro. Nel 1531 arriva in Perù con 168 uomini alla conquista di un territorio molto abitato. Pizarro fu molto fortunato perché il vaiolo era già arrivato e l’elevata mortalità tra i nativi fu un fattore fondamentale nella conquista spagnola. Così come il genocidio dei nativi americani (i “pellerossa”) fu favorito ancora dal vaiolo che i colonizzatori di origine inglese avevano portato inconsapevolmente con sé dall’Europa.

Alla fine scomparve il 95 per cento degli indiani d’America (tra Settecento e Ottocento) per l’azione non solo del vaiolo ma anche del morbillo, influenza, tifo, tubercolosi.

Da non sottovalutare naturalmente le violenze dei conquistadores spagnoli e dei colonizzatori americani, accanto al lavoro schiavile nelle piantagioni del sud America.

Al contrario non è accaduto nulla di simile: quando imperversò la famosa “peste nera” narrata dal Boccaccio (1346-49) non c’era nessuna potenza mondiale capace di mangiarsi con un boccone l’Europa nonostante in quegli anni fosse facile la conquista visto che la peste del 1348 si portò via fino a un europeo su due e in alcune zone due su tre.

Perché l’Europa non è stata devastata da virus amerindi?

Perché non è accaduto il contrario? Ossia perché virus amerindi non hanno infettato gli europei?

Anche in questo caso Diamond è molto preciso. Nel sud America c’era un solo animale che avrebbe potuto infettare gli europei: il lama. Ma per proprie caratteristiche il lama preferisce vivere all’aperto e quindi non è un animale facilmente addomesticabile.

I primi coloni inglesi lungo la costa orientale degli attuali Stati Uniti trovarono il tacchino. Anch’esso animale poco propenso a farsi ingabbiare in grandi allevamenti. Buoi e maiali in Europa erano un veicolo di contagio ben maggiore.

Dove gli europei sono stati infettati è stato in Africa e in alcune zone dell’Asia dove imperversavano malattie ignote all’Europa per esempio la malaria (Asia tropicale) e la febbre gialla in Africa o il colera in Indonesia e in Nuova Guinea. Non è un caso che la conquista europea dell’Africa durò 400 anni mentre la conquista di tutto il territorio americano fu molto più rapida.

Virus e batteri “europei” hanno notevolmente facilitato la conquista dell’Australia e della Nuova Zelanda provocando un’altissima mortalità tra i nativi: gli aborigeni australiani e i maori della Nuova Zelanda. Addirittura i maori rischiarono la completa estinzione così come i nativi del Sud Africa, della Hawaii e di altre zone del mondo.

In sostanza l’Europa ha “donato” agli altri continenti i microbi, frutto di millenni d’intimità tra uomini e animali addomesticabili.

Dietro le prodigiose conquiste di un piccolo continente, l’Europa, estrema propaggine occidentale della grande massa euro-asiatica, non dimentichiamo mai il ruolo delle malattie.

Note

– per passare all’uomo una malattia animale ha bisogno spesso di un vettore: la zanzara per la malaria, la pulce per la peste, il pidocchio per il tifo…

Il rapporto tra l’uomo e le malattie nel corso dei millenni.

Riflessioni al tempo del Covid-19

Appena si diffuse il Coronavirus in Europa e poco dopo negli USA (primi mesi del ’20), subito qualcuno gridò al “virus cinese”, ossia furono accusate le autorità di Pechino di aver diffuso consapevolmente il virus per “atterrare” le economie occidentali oppure i politici cinesi furono accusati di negligenza per non essere stati in grado di evitare che il Covid-19 si diffondesse tra la popolazione mondiale.

L’accusa nel primo questo caso era pesante: la Cina conduce esperimenti di guerra batteriologica e quanto è accaduto a Wuhan è frutto di un esperimento andato a male.

Anche a Pechino all’inizio del ’20 si cercò il capro espiatorio e la stampa cinese additò la responsabilità del governo americano di aver portato consapevolmente, proprio a Wuhan, il virus approfittando di alcune gare atletiche, nell’estate del ’19, che avevano visto la presenza di atleti statunitensi.

Fantapolitica e magari anche un po’ di fantascienza! Non c’è nulla di vero in tutto questo, né il “virus cinese” né tanto meno il “virus americano”.

Il tentativo di attribuire al proprio nemico principale la responsabilità del virus è da attribuire al “buttare in politica” la pandemia colpendo l’avversario di turno con accuse pesanti; da non trascurare anche una forte componente di ignoranza della storia.

Uomini e malattie

Ci aiuta moltissimo a capire un ottimo saggio di Jared Diamond, “Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni” (Einaudi, 1998).

Il ragionamento di Diamond è in sintesi questo. Il rapporto tra specie umana e malattie data da almeno 10.000 anni, cioè da quando l’uomo è diventato allevatore e agricoltore. Da questo momento il rapporto tra uomini e animali diventa molto stretto.

Da una parte l’allevamento e l’uso degli animali in agricoltura fa fare all’uomo passi in avanti decisivi (prime agglomerazioni umane, riserve di cibo, prime tecniche colturali…), dall’altra si creano le condizioni affinché pericolose malattie passino all’uomo. Quali?

Secondo l’autore tutte le malattie che nei millenni e nei secoli hanno falcidiato l’uomo hanno origini animali: vaiolo (buoi), influenza (maiali e anatre), tubercolosi (buoi), malaria (uccelli), morbillo (buoi), e poi il colera, la peste, la pertosse. Nello stesso modo l’Aids è stato originato da alcune scimmie africane.

Poi queste malattie cambiarono geneticamente le proprie caratteristiche divenendo indipendenti rispetto al mondo animale. Ma all’inizio nacquero nel passaggio dagli animali all’uomo.

In quali condizioni le malattie passano dagli animali all’uomo?

Quando l’uomo diventa allevatore deve stare a stretto contatto con gli animali in ogni momento della giornata: l’urina animale può infettare l’acqua che beve, lo sterco animale può passare nel cibo che mangia, le mani sporche possono causare infezioni così come l’aria che animali e uomini respirano nelle stalle può essere veicolo di malattie.

Pensiamo solamente nel mondo contadino alle lunghe ore serali di intere famiglie nella stalla (l’unico ambiente caldo d’inverno) o all’abitudine di collocare gli animali nella propria abitazione durante le ore notturne per evitare l’abigeato, ossia il furto del bestiame. E così il maiale grugniva accanto alla culla dei bambini! E poi i contadini convivono con altri animali portatori di malattie: roditori (veicolo per la peste) e zanzare (la malaria).

Come si diffondono le malattie?

Tra gli animali e l’uomo esiste (per fortuna) una barriera genetica che impedisce all’uomo di essere infettato dallo stesso virus che magari in quel momento sta provocando la morte di migliaia di suini. Però, in particolari condizioni del tutto casuali, la malattia animale muta la propria composizione genetica e passa all’uomo con un vero e proprio “salto di specie”.

E’ quanto è accaduto a Wuhan alla fine del 2019 quando un nuovo virus influenzale è passato da un animale del mercato della città a un inserviente. Da lui a un uomo d’affari cinese il quale è volato nello stesso giorno a Francoforte infettando uomini d’affari tedeschi e uno di loro il giorno dopo è arrivato a Codogno… In trentasei ore il virus è arrivato in Europa.

Sì, perché ora i virus viaggiano in aereo mentre a tempo della Febbre Spagnola (1918-1920) viaggiavano in nave e treno. Al tempo dell’uomo preistorico i virus si muovevano grazie ai piedi dell’uomo con la differenza che oggi i virus trovano nelle enormi aggregazioni umane il miglior terreno fertile mentre nel passato (soprattutto millenni fa) l’uomo viveva sparso nel territorio e le grandi città erano poche.

In sostanza, quando l’uomo era raccoglitore-cacciatore un eventuale virus animale infettava piccoli gruppi umani e moriva con loro. Con agricoltura e allevamento nascono le città, l’ambiente migliore per far proliferare virus, microbi e batteri.

Fa bene Diamond a scrivere che agricoltura, allevamento, le prime città (con condizioni igieniche pessime) “furono una manna per i nuovi virus”.

Il ruolo delle malattie nella storia

Il saggio di Diamond è straordinario perché esemplifica in modo molto chiaro il ruolo spesso decisivo delle malattie nella vittoria o nella sconfitta in guerra. Qualche esempio famoso.

Nel 1519 Cortes arriva nell’attuale Messico con 600 uomini. L’obiettivo è conquistarlo perché nel territorio ci sono miniere d’oro e d’argento che sono il miraggio della conquista. Gli Aztechi sono invece 20 milioni. Il vaiolo, che infuriò tra gli indigeni nel 1520, fu fondamentale nella vittoria degli spagnoli perché decimò l’esercito e la popolazione azteca mentre risparmiava gli invasori.

Stessa cosa per Pizarro. Nel 1531 arriva in Perù con 168 uomini alla conquista di un territorio molto abitato. Pizarro fu molto fortunato perché il vaiolo era già arrivato e l’elevata mortalità tra i nativi fu un fattore fondamentale nella conquista spagnola. Così come il genocidio dei nativi americani (i “pellerossa”) fu favorito ancora dal vaiolo che i colonizzatori di origine inglese avevano portato inconsapevolmente con sé dall’Europa.

Alla fine scomparve il 95 per cento degli indiani d’America (tra Settecento e Ottocento) per l’azione non solo del vaiolo ma anche del morbillo, influenza, tifo, tubercolosi.

Da non sottovalutare naturalmente le violenze dei conquistadores spagnoli e dei colonizzatori americani, accanto al lavoro schiavile nelle piantagioni del sud America.

Al contrario non è accaduto nulla di simile: quando imperversò la famosa “peste nera” narrata dal Boccaccio (1346-49) non c’era nessuna potenza mondiale capace di mangiarsi con un boccone l’Europa nonostante in quegli anni fosse facile la conquista visto che la peste del 1348 si portò via fino a un europeo su due e in alcune zone due su tre.

Perché l’Europa non è stata devastata da virus amerindi?

Perché non è accaduto il contrario? Ossia perché virus amerindi non hanno infettato gli europei?

Anche in questo caso Diamond è molto preciso. Nel sud America c’era un solo animale che avrebbe potuto infettare gli europei: il lama. Ma per proprie caratteristiche il lama preferisce vivere all’aperto e quindi non è un animale facilmente addomesticabile.

I primi coloni inglesi lungo la costa orientale degli attuali Stati Uniti trovarono il tacchino. Anch’esso animale poco propenso a farsi ingabbiare in grandi allevamenti. Buoi e maiali in Europa erano un veicolo di contagio ben maggiore.

Dove gli europei sono stati infettati è stato in Africa e in alcune zone dell’Asia dove imperversavano malattie ignote all’Europa per esempio la malaria (Asia tropicale) e la febbre gialla in Africa o il colera in Indonesia e in Nuova Guinea. Non è un caso che la conquista europea dell’Africa durò 400 anni mentre la conquista di tutto il territorio americano fu molto più rapida.

Virus e batteri “europei” hanno notevolmente facilitato la conquista dell’Australia e della Nuova Zelanda provocando un’altissima mortalità tra i nativi: gli aborigeni australiani e i maori della Nuova Zelanda. Addirittura i maori rischiarono la completa estinzione così come i nativi del Sud Africa, della Hawaii e di altre zone del mondo.

In sostanza l’Europa ha “donato” agli altri continenti i microbi, frutto di millenni d’intimità tra uomini e animali addomesticabili.

Dietro le prodigiose conquiste di un piccolo continente, l’Europa, estrema propaggine occidentale della grande massa euro-asiatica, non dimentichiamo mai il ruolo delle malattie.

Note

– per passare all’uomo una malattia animale ha bisogno spesso di un vettore: la zanzara per la malaria, la pulce per la peste, il pidocchio per il tifo…