Torna a La rivoluzione d’Ottobre e lo stalinismo

La conferenza di Zimmerwald (5-8 settembre 1915)

La conferenza di Zimmerwald
(5-8 settembre 1915)

Il “filo della storia” che si riannoda
La conferenza si tenne dal 5 all’8 settembre del 1915, quindi poco più di un anno dopo l’inizio del “grande macello”.
E’ interessante quanto scrisse su Zimmerwald Leon Trotsky, che fu tra la quarantina dei partecipanti (“La mia vita”):
“L’organizzazione della conferenza era stata affidata a Grimm, leader dei socialisti di Berna, che in quel periodo cercava di elevarsi al di sopra del livello di filisteismo del suo partito (e suo). Per le riunioni aveva scelto un locale a dieci chilometri da Berna, nel piccolo villaggio di Zimmerwald, su in montagna. Pigiandoci prendemmo posto in quattro carrozze e salimmo verso la montagna. I passanti guardavano con curiosità lo strano convoglio. I delegati scherzavano facendo notare che mezzo secolo dopo la fondazione della I Internazionale tutti gli internazionalisti potevano entrare in quattro carrozze. Ma in quelle battute scherzose non c’era alcun scetticismo. Il filo della storia spesso si interrompe: bisogna riannodarlo. E’ quello che ci accingevamo a fare a Zimmerwald”.
Trotsky ben sintetizza lo spirito dei partecipanti alla conferenza: riannodare il filo dell’internazionalismo proletario che era stato tagliato di netto nei primi giorni d’agosto ’14 quando i maggiori partiti socialisti si unirono ai nazionalisti del proprio paese tradendo il proletariato.
Il fatto che fossero solo una quarantina e la conferenza si tenesse in un paese nautrale la dice lunga sulla gravità di quanto era accaduto.

Grimm e Morgari
Il merito di aver organizzato l’incontro va dato ad almeno due persone. Una è Robert Grimm, della direzione del partito socialista svizzero e redattore della Berner Tagwacht, quotidiano critico nei confronti del Bureau dell’Internazionale di Bruxelles. Il suo giornale era vietato in Germania per paura che arrivasse nelle trincee. L’altro invece è Oddino Morgari, della direzione del Partito socialista italiano.
I due si erano incontrati con altri esponenti svizzeri a Lugano nel settembre ’14 (quindi un anno prima di Zimmerwald) ed erano arrivati alla conclusione che era necessario convocare una riunione urgente dell’Internazionale. Morgari ne parlò con Vandervelde che allora era il segretario dell’Ufficio a Bruxelles ma niente da fare. Vandervelde non ne volle sapere.
In un incontro tra Morgari e Vandervelde il socialista italiano usò toni duri con il socialsciovinista alla guida dell’Internazionale e ministro nel governo belga. Di fronte al rifiuto di convocare un incontro Morgari sbottò: “Ma voi tenete in ostaggio l’Internazionale!”. “Convocheremo noi una riunione!”. “Ve lo impedirò!”. Valdervelde non ci riuscì.

Presenze a Zimmerwald
E’ molto importante vedere chi era presente a Zimmerwald. Si trattava della sinistra socialista europea che non aveva ceduto ai “cannoni d’agosto”.
Nella località svizzera erano presenti alcuni partiti socialisti con delegazioni ufficiali: il Partito socialista italiano, il partito di Lenin, ossia il Partito operaio socialdemocratico russo, il Partito socialista rivoluzionario russo, il Partito socialista rumeno, il partito socialista di Bulgaria, delegazioni ufficiali dalla Svezia e dalla Norvegia, dall’Olanda il piccolo ma coraggioso partito legato alla rivista “De Internationale”, poi delegazioni dalla Polonia e dai paesi baltici.
Dalla Francia poche presenze perché sia il partito socialista che la CGT appoggiavano con anima e corpo il governo belligerante. Dalla Germania due deputati socialisti rappresentanti la debole opposizione alla socialdemocrazia tedesca.
Non poterono partecipare delegati dell’Indipendent Labourt Party e del British Socialist Party perché non erano stati concessi i passaporti.
Non poterono partecipare soprattutto alcuni socialisti molto noti per le loro campagne veementi contro la guerra e contro il tradimento dell’Internazionale: Clara Zetkin e Rosa Luxenburg erano in carcere e così anche Karl Liebknecht che nel dicembre del ’15 fu l’unico deputato al Reichstag a votare contro i nuovi crediti di guerra chiesti dal governo.

Liebknecht e Zimmerwald
E’ interessante quanto Liebknecht scrisse ai partecipanti di Zimmerwald non potendo essere con loro (“Sono prigioniero del militarismo, incatenato, quindi non posso venire a voi”).
“Avete due compiti gravi… Resa dei conti, inesorabile resa dei conti per i disertori e i transfughi dell’Internazionale in Germania, Inghilterra, Francia e altrove. Reciproca intesa, incoraggiamento, incitamento di quanti sono rimasti fedeli alle consegne, decisi a non cedere di un passo di fronte all’imperialismo internazionale”. E poi “Guerra civile, non tregua civile! Lotta di classe internazionale per la pace, per la rivoluzione socialista!”.
Così concludeva: “Sorgerà la nuova Internazionale, sorgerà sulle rovine della vecchia su fondamenta nuove, più solide. A voi amici, socialisti di tutti i paesi, sta di gettare oggi la prima pietra della futura costruzione…”. “Proletari di tutto il mondo, tornate ad unirvi!”

Secondo Liebknecht quindi gli obiettivi erano tre:
– denucia del fallimento definitivo della II Internazionale
– necessità di fondare al più presto la III Internazionale
– La nuova Internazionale avrebbe lavorato alla rivoluzione comunista mondiale

Programma impegnativo che solo pochi condividevano tra i congressisti. Per la grande maggioranza l’incontro di Zimmerwald aveva lo scopo di ristabilire e mantenere le relazioni internazionali tra i partiti socialisti dopo il terremoto dello scoppio della guerra e il voto del 4 agosto.
L’appello di Liebknecht l’avrebbero sottoscritto subito Lenin, Trotsky, Zinoviev e pochi altri. Non sicuramente la delegazione italiana rimasta legata al motto “Né aderire né sabotare”, formulato dalla segreteria del partito quando l’Italia entrò in guerra. Non avrebbero condiviso l’appello di Liebknecht neppure le due delegazioni tedesca e francese (in totale quattro rappresentanti), che se denunciavano i propri falsi socialisti erano molto esitanti sulla necessità di fondare una nuova Internazionale e tantomeno lavorare per la guerra civile sulla base del “disfattismo rivoluzionario” propugnato dai bolscevichi.

“Non avevamo tutte le rotelle a posto”
C’è un curioso aneddoto riferito da Zinoviev anni dopo e getta luce sui limiti politico-ideologici di molti partecipanti a Zimmerwald, in questo caso gli svizzeri:

“Quando abbiamo dichiarato che si sarebbe dovuto trasformare questa guerra imperialista in guerra civile, in una guerra contro la borghesia, allora cominciarono a farci notare seriamente che evidentemente noi “non avevamo tutte le rotelle a posto”. A quel punto ci rivolgemmo a quelli che erano più a sinistra della sinistra nella Seconda Internazionale, in particolare a Robert Grimm, e lo pregammo di stampare brevi estratti del nostro appello; ci guardò profondamente dispiaciuto, come si guardano di solito le persone poco sane di mente, e ci disse che non poteva stampare documenti che sembravano frutto di una follia politica.” (Grigorij Zinov’ev, 1923)

Anche il primo incontro tra Grimm e Lenin non deve essere stato piacevole per il socialista svizzero. Dopo aver brevemente narrato le traversie per arrivare in Svizzera dalla Galizia allo scoppio della guerra, Lenin chiese con decisione a Grimm:

“Qual è la sua posizione rispetto alla guerra mondiale? La ritiene conseguenza dell’imperialismo? La vuole combattere? Bene, allora c’è una sola decisione possibile che lei deve prendere immediatamente, per la Svizzera e per gli altri paesi: rivolta armata!”. Facile immaginare lo sconcerto di Grimm.
Erano due mondi politico-ideologici che fino a quel momento non si erano ancora incontrati nonostante la comune militanza socialista. Il “marxismo” di Grimm era espressione dei limiti opportunistici della II Internazionale, il marxismo di Lenin strategia per la futura III Internazionale rivoluzionaria.

Il pacifismo ha il sopravvento
A grandi linee la maggior parte dei presenti a Zimmerwald si poneva questi obiettivi:
– denunciare il carattere imperialista della guerra in cui non c’erano vittime e aggressori
– denunciare il soffocante nazionalismo tra i propri partiti nazionali e nella II Internazionale
– rifondare su basi nuove la II Internazionale
– lottare per la pace immediata senza indennità e conquiste territoriali, ma senza indicare i mezzi per questa azione

Il Manifesto di Zimmerwald: luci e ombre
Alla fine il “Manifesto” elaborato da Trotsky, firmato da tutti i congressisti, aveva queste caratteristiche.
Un nobile appello ai “PROLETARI d’EUROPA” in cui si denunciava che:

– L’ ”Europa è diventata un gigantesco mattatoio di uomini”
– “La guerra è il prodotto dell’imperialismo”
– “I capitalisti di tutti i paesi mentono affermando che la guerra servirà alla difesa della patria, della democrazia, alla liberazione dei popoli oppressi”
– “Miserie e privazioni, disoccupazione e rincaro della vita, malattie, epidemie, questi sono i suoi veri risultati”
– “A Stoccarda, a Copenaghen, a Basilea, i congressi socialisti internazionali hanno tracciato la strada che il proletariato deve seguire”
– “I loro rappresentanti hanno indotto i lavoratori ad abbandonare la lotta di classe… hanno accordato alle classi dirigenti i crediti di guerra; si sono messi al servizio dei governi… hanno fornito ai governi ministri socialisti come ostaggi dell’ “Unione sacra”
– Quindi “ci siamo riuniti per riannodare i legami spezzati delle relazioni internazionali, per chiamare la classe operaia a riprendere coscienza di sé e trascinarla nella lotta per la pace”

L’ultimo è un punto focale: la lotta internazionale per la pace. Ma con quali mezzi? Con quali alleanze? Con quali strategie? Di tutto ciò il “Manifesto” non dice nulla, specchio in questo momento della debolezza del socialismo internazionalista e rivoluzionario.
Anche l’altro punto fondamentale, il socialismo, rimaneva nel vago: “Oggi è necessario… agire per il fine sacro del socialismo, per l’emancipazione dei popoli oppressi e delle classi asservite”.
Nonostante fosse il redattore del “Manifesto” Trotsky non condivideva tutti questi limiti teorici e politici. Sapeva però da buon rivoluzionario che in tempi difficili era opportuno entrare in contatto con uomini e organizzazioni che al momento giusto avrebbero potuto lavorare per la rivoluzione. E poi il manifesto diffuso nelle trincee e nelle retrovie avrebbe avuto sicuramente un effetto dirompente.

“Un passo in avanti”
Nonostante tutti i limiti del manifesto Lenin non ebbe esitazioni e votò a favore e così fecero tutti gli altri congressisti.
Lenin definì il manifesto un “passo in avanti”. Certo la lotta contro il “falso socialismo” avrebbe richiesto molti e rapidi “passi in avanti” ma era passato solo un anno dal terremoto che aveva distrutto l’Internazionale e i tempi per la ripresa del movimento rivoluzionario apparivano molto lenti. Ma un “passo in avanti” era molto meglio che rimanere fermi e impotenti.
Aveva ragione Lenin perché solo due anni dopo ci sarebbe stato l’ ”Ottobre” bolscevico e nel marzo del ’19 la fondazione della III Internazionale.

I limiti maggiori di Zimmerwald secondo Lenin erano:
– Non si danno chiare direttive per una lotta implacabile contro il “falso socialismo” nazionalista. Come lottare all’interno dei vari partiti? Come costringere i ministri socialisti alle dimissioni? Non bastava la denuncia del loro tradimento
– La Commissione socialista eletta a Zimmerwald non ha come compito la creazione di una nuova Internazionale
– Sui problemi della pace e del socialismo non si andava al di là di parole nobili

Lenin e Zinoviev in ogni caso non avevano dubbi: Zimmerwald era “la prima pietra della nuova Internazionale” (Zinoviev).

Le posizioni di Lenin
Le posizioni dei bolscevichi erano state chiarite con un progetto di risoluzione che ci consente anche di cogliere la grande distanza ideologica tra Lenin e la maggior parte dei congressisti.

“AI POPOLI CHE VENGONO STERMINATI E UCCISI!
Proletari di tutto il mondo unitevi!”.

Proprio in quelle settimane imperversava la tremenda battaglia di Verdun, vera e propria “guerra nella guerra”, che provocherà centinaia di migliaia di vittime.
Dopo la denuncia del carattere imperialista della guerra a tutto vantaggio di coloro che non la combattono (“i privilegiati”), dopo la denuncia di tutte le menzogne per portare i proletari nelle trincee seguiva

L’Appello ai PROLETARI

“Lottate per imporre immediatamente la pace senza annessioni… il dovere delle classi operaie è farsi avanti per far finire prontamente la guerra. Pertanto, esercitate il massimo di pressione possibile sui vostri eletti, sui vostri parlamentari e sui vostri governi, contro la guerra.
Esigete la fine immediata della collaborazione socialista ai governi capitalisti di guerra! Esigete dai parlamentari socialisti che votino d’ora in avanti contro i crediti richiesti per prolungare la guerra.
Con tutti i mezzi in vostro potere, mettete fine alla carneficina mondiale.
Reclamate un armistizio immediato! Popoli che venite distrutti e uccisi, sollevatevi contro la guerra!
Coraggio! Non dimenticate che malgrado tutto voi siete ancora la massa e che potrete essere la forza.
Che in tutti i paesi i governi sentano aumentare in voi l’odio della guerra e la volontà della riscossa sociale, e l’ora della pace sarà prossima.
Abbasso la guerra!
Viva la pace! La pace immediata e senza annessioni
Viva il socialismo internazionale!”

Anche la prospettiva del socialismo usciva dalle nebbie del pacifismo piccolo borghese:
“C’è un unico modo per evitare la guerra in futuro: la conquista del potere politico e l’abbattimento della proprietà capitalistica ad opera della classe operaia. Una “pace duratura” potrà essere portata solo dalla vittoria del socialismo”.

Simbolicamente il “Manifesto” era stato firmato dai congressisti il 1° maggio (1916), data storica nel movimento operaio vilmente cancellata dalla guerra e dal tradimento dei socialisti “ufficiali”.
Non è solo il tono più veemente che colpisce rispetto a Zimmerwald. Kienthal vede la radicalizzazione dei movimenti di protesta e di opposizione all’interno dei partiti collaborazionisti. Vuol dire che Zimmerwald aveva svolto la sua opera e tramite il “Manifesto” era stato possibile raggiungere gli operai nelle fabbriche e i soldati nelle trincee.

Lenin a Kienthal
Lenin a Kienthal porta avanti le stesse posizioni già esposte a Zimmerwald intuendo che il tempo stava lavorando per la rivoluzione. Pochi mesi dopo ci sarebbe stato il Febbraio russo con la caduta dello zarismo e l’inizio del processo che avrebbe portato all’Ottobre.
La storia stava accelerando ma nella “sinistra di Zimmerwald” c’erano ancora molte esitazioni.
Né Trotsky, né gli spartachisti né altri delegati che poi aderirono alla III Internazionale si schierarono a Kienthal e Zimmerwald con Lenin. Trotsky faceva ancora parte dei “menscevichi internazionalisti”. Aderirà al bolscevismo solo nell’estate del ’17 tornando in Russia dall’esilio canadese.
In questo momento Trotsky non vuole rompere con Martov e con il “menscevismo di sinistra”, così come Martov non voleva rompere con il “Centro” tedesco di Kautsky e Kautsky non voleva rompere con Scheidemann e soci, ossia con quella parte della SPD che dopo il tradimento del 4 Agosto continuava a collaborare alla vittoria del Kaiser.
Lo stesso discorso la sinistra tedesca di Rosa Luxenburg e di Karl Liebknecht. I due sono veri rivoluzionari e credono nel socialismo ma temono scissioni premature dalla SPD, hanno paura di isolare il proletariato rivoluzionario tedesco, aspettano che siano le masse a muoversi e intanto prezioso tempo viene perso. E quando finalmente nascerà il Partito comunista tedesco (KPD, gennaio ’1918) sarà il tempo della controrivoluzione.
Per Lenin invece non bisognava esitare: “Gli olandesi + noi + i tedeschi di sinistra + 0, non fa niente, perché poi non sarà zero, ma tutto!”

“Il crollo dell’Internazionale di Zimmerwald” (Lenin)
“Bisogna fondare la III Internazionale!” scrive Lenin in “I compiti del proletariato nella nostra rivoluzione” (10 – 23 aprile ’17) e ciò era ostacolato dalla maggioranza zimmerwaldiana ormai palesemente passata “armi e bagagli” al socialsciovinismo più evidente.
“Il difetto principale dell’Internazionale di Zimmerwald, la ragione del suo crollo (perché essa ha già subito un crollo ideologico e politico) sono i suoi ondeggiamenti, la sua indecisione sulla questione più essenziale, che determina praticamente tutte le altre, della rottura col socialsciovinismo e con la vecchia Internazionale diretta da Vandervelde, Huysmans, ecc”.
C’è n’è per tutti, per Grimm, “presidente di Zimmerwald e Kienthal”, il quale “ha fatto blocco nel gennaio 1917 con i socialsciovinisti del suo partito contro i veri internazionalisti”; per “Turati e consorti… ove il partito intero ha preso un atteggiamento socialpacifista e ove Turati è scivolato (non a caso, certamente), nel suo discorso del 17 dicembre 1916, sino ad affermazioni nazionaliste destinate ad abbellire la guerra imperialista”.
Alla fine l’appello alla “sinistra di Zimmerwald”: “Non si può oltre tollerare la palude di Zimmerwald… Bisogna rompere senza indugio con questa Internazionale”. La via per la fondazione della III Internazionale dei lavoratori è tracciata.

La diffusione del “Manifesto” di Kienthal
Nonostante l’imperversare della censura il manifesto di Kienthal ebbe una grande diffusione. In Italia furono fatte 150mila copie che vennero poi diffuse nei modi più vari. Fu il Psi a occuparsi della stampa e della diffusione di massa. Anche nel resto dell’Europa l’eco fu vivissima.
Una nuova coscienza critica stava nascendo, il proletariato non era più abbandonato a se stesso e l’opposizione al socialnazionalismo si stava radicando sempre di più. Una diga di classe ormai si ergeva a difesa dei principi del socialismo.

Il primo e secondo “anello debole” dell’imperialismo
Per concludere potremmo dire che Zimmerwald e Kienthal vennero soggette a due diverse letture. Da una parte i socialsciovisti potevano mettere in evidenza che i loro rivali erano “quattro gatti” e che il loro potere di capi del “socialismo ufficiale” appariva ancora molto solido. Dall’altra Lenin e i bolscevichi capiscono che le due conferenze erano quel “passo in avanti” che portava alla rivoluzione, che la rivoluzione sarebbe scoppiata in uno dei paesi belligeranti e avrebbe coinvolto anche gli altri paesi.
L’inizio sarebbe stato in Russia, “anello debole della catena imperialista mondiale”, il passo successivo in Germania, “secondo anello debole”, con la saldatura delle due rivoluzioni.
La rivoluzione in Russia e in Germania doveva essere la prima tappa della rivoluzione mondiale di cui la III Internazionale sarebbe stata la grande regista.