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Aggrediti e aggressori nella guerra russo-ucraina

Aggrediti e aggressori nella storia.

Qualche esempio

Leggo spesso che tra aggrediti e aggressori c’è una bella differenza. E quindi non dovrebbe mancare la nostra solidarietà al popolo ucraino aggredito dall’ “orso russo”.

Bene, potrei anche essere d’accordo in merito alla solidarietà al popolo ucraino. Non sono d’accordo invece sulla solidarietà estesa anche alla classe dirigente di Kiev e tanto meno a quella di Mosca.

Non dimenticherei – sarebbe grave – anche la solidarietà nei confronti del popolo russo perché il popolo (i lavoratori, i soldati, la gente comune …) è sempre realtà ben diversa da chi decide guerre e quant’altro.

Ma è sempre lecita la solidarietà all’aggredito? Soprattutto quando è una grande nazione ad attaccare una piccola nazione? Vediamo qualche esempio storico.

Come inizia la prima guerra mondiale?

Il 28 luglio 1914 il grande impero austro-ungarico attacca la piccola Serbia. Con il metro di oggi dovremmo avere un atteggiamento di condanna nei confronti della Vienna asburgica.

In realtà la Serbia non era senza colpe perché aveva armato a Sarajevo la mano di Gavrilo Princip contro l’arciduca Francesco Ferdinando (28 giugno ’14) ed era responsabile di atteggiamenti nazionalisti fortemente aggressivi verso gli altri Stati balcanici che contribuiranno allo scatenamento della Grande Guerra.

Pochi giorni dopo il Belgio viene invaso dalle truppe tedesche del Kaiser Guglielmo II. E’ l’inizio vero e proprio della Prima guerra mondiale.

Molti in Europa in quei giorni piansero per la sorte del “piccolo Belgio” aggredito e distrutto dal potente esercito tedesco. Ma il “piccolo Belgio” aveva creato nel cuore dell’Africa uno dei più grandi e più spietati imperi coloniali di sempre. Il Congo belga diventò rapidamente l’emblema dei disastri del colonialismo europeo in Africa. Gravi responsabilità del Belgio anche nel genocidio in Ruanda dei Tutsi ad opera degli Hutu (1994).

Vediamo qualche altro episodio

La seconda guerra mondiale inizia con l’aggressione della Polonia da parte dell’esercito tedesco (1 settembre 1939). Anche qui una piccola nazione si trova a fare i conti con uno degli eserciti più potenti al mondo. La Polonia nel giro di quindici giorni fu addirittura divisa a metà tra Germania e Unione Sovietica (Patto Molotov-Ribbentrop).

Solidarietà alla Polonia del maresciallo Pilsudski? Anche qui è necessario distinguere.
La Polonia del 1939 è uno stato autoritario governato dai militari, dove l’antisemitismo è fortemente radicato all’interno della memoria nazionale. I nazisti non sarebbero stati in grado di uccidere tre milioni di ebrei polacchi se non ci fossero state ampie forme di collaborazionismo tra la stessa popolazione polacca.

L’Italia invade la piccola Grecia nell’ottobre del ’40. Invasione deleteria viste poi le conseguenze sulla stabilità del regime fascista.

La Grecia si difese bene, non c’è da dire. I soldati italiani si accorsero bel presto di quanta volontà ci fosse nel combattente greco.

Eppure la Grecia nel 1940 non era per niente uno Stato democratico. Anzi il dittatore – Ioannis Metaxas – aveva spesso espresso apprezzamenti positivi su Mussolini e la politica del fascismo in Italia. Inutile parlare di sindacati e di libertà dei lavoratori nella Grecia di Metaxas.

Quando Davide applaude Golia

Un caso apparentemente straordinario avvenne nel 1941 quando la Germania nazista aggredisce l’Unione Sovietica e a Kiev i soldati tedeschi sono accolti con fiori e manifestazioni di esultanza. L’odio verso i russi spinge gli ucraini a fidarsi dei nazisti e a organizzare con loro il massacro sistematico degli ebrei e dei polacchi nei territori ucraini.

Un massacro come quello di Babij Jar (settembre 1941) non poteva certo essere attuato dalle sole forze tedesche. Erano necessari “volonterosi carnefici” ucraini che volevano approfittare dell’occasione per operazioni di pulizia etnica. Il battaglione Azov è in fondo un legame con quei tempi.

Un caso emblematico

Ma passiamo forse al caso più conosciuto sul quale probabilmente vorranno esercitarsi i fautori della difesa a oltranza delle piccole nazioni in balia delle più grandi.

La guerra tra Stati Uniti e Vietnam sembrerebbe dare ragione a chi sta dalla parte di Davide contro Golia. Pensiamo anche alle tante forme di mobilitazione in tutto il mondo negli anni sessanta e settanta a favore della resistenza vietnamita contro il “mostro Usa”. Il parallelo tra il massacro di My Lai (marzo 1968) e di Bucha non è per nulla fuori luogo.

Eppure il Vietnam – tanto caro nei campus universitari in Occidente – dopo la cacciata degli americani iniziò un lungo e sanguinoso conflitto con la Cambogia che aveva come obiettivo l’unificazione del sud-est asiatico (1977-91).

Nel nostro secolo non sono mancate guerre dei grandi contro i piccoli

Guerra contro l’ Irak di Saddam Hussein, contro l’Afghanistan dell’Isis e dei Talebani, contro la Libia di Gheddafi. In Irak, Afghanistan e Libia sono protagonisti i tanto vituperati americani.

Ma – chiediamoci – il giusto sdegno verso gli Usa voleva dire stare dalla parte di Saddam, Gheddafi e dell’integralismo religioso?

In quei casi la solidarietà avrebbe dovuto essere estesa solo alle popolazioni martoriate da guerre, carestie, fame endemica e guerre di rapina ad opera delle loro stesse classi dirigenti.

A questo punto la solidarietà al popolo ucraino la estendiamo anche a Zelensky e ai suoi oligarchi?

Scrive Fulvio Scaglione in “Zelensky e il peso degli oligarchi”: “… quanto agli oligarchi parliamo di giganti dell’acciaio, del petrolio, della finanza e dell’industria, personaggi che figurano nelle classifiche di “Forbes” e che da molti anni, ormai, hanno messo al riparo il grosso dei capitali tra Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti, Israele e altri Stati” (“Limes”, “La Russia cambia il gioco”, febbraio ’22).

Oligarchi che al primo colpo di cannone, se non prudentemente prima, hanno lasciato l’Ucraina andando a vivere nelle loro ville in giro per il mondo.

Oppure pensiamo a Zelensky, che ha messo al riparo tra Cipro e le Isole Vergini i suoi milioni fatti con il famoso serial televisivo per non pagare le tasse in Ucraina (come rivelato dai “Pandora Papers”).

Su Putin non devono esserci riserve né tentennamenti. E’ gravemente colpevole, lui e la sua cricca di governo. Solo un criminale come lui poteva elogiare e premiare i massacratori di Bucha (notizia di pochi giorni fa).

Come concludere?

“C’è una linea netta che divide la società in tutte le potenze. Da una parte ci sono i briganti, coloro che vogliono trascinare i lavoratori e i giovani a far carne da cannone nelle loro rapine, per i loro affari e i loro profitti. Dall’altra parte ci sono gli internazionalisti che vogliono unire i lavoratori di tutte le nazioni, di tutte le etnie e di tutte le religioni per fare guerra alla guerra, per spezzare le catene della violenza, dello sfruttamento e dei massacri dell’imperialismo.

Tacciano le armi! Bisogna lottare per l’unità di tutti i giovani e di tutti i lavoratori, ucraini, russi, europei, americani, cinesi, contro il nazionalismo e la politica distruttiva di tutte le potenze” (“Briganti protagonisti nel massacro ucraino”, Lotta Comunista, marzo 2022).