Caporetto nella storia del movimento operaio italiano
Appunti per conferenza
Questo incontro è dedicato alla rotta (meglio dire disfatta-disastro) di Caporetto. Esattamente cento anni fa (dal 24 ottobre) l’Italia è sul punto di uscire dalla guerra con gli austro-tedeschi dilaganti nella Pianura Padana.
Le cose poi non andarono così ma la paura (o il terrore) in Italia fu avvertita da tutta la classe dirigente del paese.
La paura di un rivolgimento rivoluzionario che non avrebbe sicuramente risparmiato la classe dirigente nelle sue articolazioni: dai militari alla finanza, dai politici alla burocrazia statale.
Di Caporetto vedremo soprattutto le cause militari e il posto che Caporetto occupa in un’ideale storia del movimento operaio italiano.
Per capire quello che avvenne in quel 24 ottobre dobbiamo iniziare con lo stato di profonda stanchezza e amarezza diffuso tra i soldati al fronte. La guerra è iniziata da due anni e mezzo e non si vede ancora la fine. Il numero di morti, feriti e mutilati è stato spaventoso (400mila morti) e le ultime battaglie hanno logorato ancora di più i soldati.
– 24 maggio 1915. Tante speranze di rapida vittoria. “A Natale tutti a casa”. Strategia napoleonica di Cadorna: una o più spallate lungo l’Isonzo e poi Trieste, Lubiana, Vienna.
– Le cose non andarono così: la guerra di trincea, il logoramento dei combattenti, la durissima disciplina nell’esercito, le automutilazioni, gli ammutinamenti (soprattutto nel ’17), lo scoramento e soprattutto l’esiguità delle vittorie: solo Gorizia (agosto del ’16)
Prima di iniziare vediamo il teatro della battaglia (cartine).
Perché un’offensiva austro-tedesca a Caporetto?
– dopo l’XI battaglia dell’Isonzo (conquista della Bainsizza) la situazione nell’esercito austro-ungarico è giunta al punto critico. I tedeschi capiscono che devono aiutare il debole alleato
– L’obiettivo tedesco è arrivare almeno al Tagliamento.
Perché proprio a Caporetto?
Frederick Engels in “Po e Reno” individua nel settore tra Plezzo e Tolmino l’unico varco in cui truppe austriache avrebbero potuto contrattaccare i franco-piemontesi se fossero arrivati dopo San Martino e Solferino (Mincio) all’Isonzo (II guerra d’Indipendenza, 1859).
Da Caporetto lungo i valloni del Torre e del Natisone si raggiunge facilmente la pianura friulana e dopo Cividale (ai piedi delle montagne) c’è Udine: sede del comando supremo di Cadorna!
E’ inutile dire che questa previsione militare di Engels è un’ulteriore conferma del metodo marxista di analisi: prevedere Caporetto 60 anni prima!
24 ottobre: che cosa accadde?
1) L’attacco iniziò, soprattutto con il gas sulle prime linee, intorno alle due di notte del 24 ottobre accompagnato da un tiro di preparazione nei giorni precedenti che sembrò sporadico per non destare particolare preoccupazione tra gli italiani.
Il gas, il micidiale “Croce azzurra”, in realtà fosgene, uccise ottocento uomini in poco più di trenta secondi perché le maschere in dotazione erano inadatte. Il temuto fuoco di controbatteria fu spento sul nascere.
2) Alle sei del mattino si scatenò uno dei più intensi bombardamenti di tutta la guerra grazie all’estrema precisione dei tiri. Ma è soprattutto la violenza del bombardamento con mortai e bombarde a provocare l’interruzione dei collegamenti, la distruzione delle trincee e la neutralizzazione dell’artiglieria italiana in prima linea e nelle linee arretrate.
3) Dopo due ore di tiro incessante dell’artiglieria scattano le fanterie nemiche su un fronte di 32 chilometri tra Plezzo e Tolmino. Due divisioni italiane, le più esposte, sono travolte dall’impeto dell’avanzata, la IV di Cavaciocchi e la XXVII di Badoglio.
Gli austro-tedeschi non attaccano le cime dove gli italiani si aspettavano un’azione di forza, semplicemente le oltrepassano ai fianchi mentre le artiglierie sulle cime dei monti rimangono colpevolmente inattive e a causa della nebbia e dell’interruzione dei collegamenti telefonici neppure si accorgono dello sfondamento in profondità.
Le Stosstruppen in azione
Gli austro-tedeschi non guardano in alto ma in basso infilandosi nei valloni verso Caporetto incuranti delle cime da cui potevano esserci pericoli per la presenza in forze dell’artiglieria nemica. E’ un modo di procedere che urta contro tutte le regole di strategia.
– L’avanguardia della fanteria austro-tedesca è composta da battaglioni d’assalto secondo tattiche già sperimentate nel 1915 e poi perfezionate nell’anno successivo
– Il loro compito è incunearsi in profondità avanzando celermente senza preoccuparsi di nuclei di nemici ancora attivi che sarebbero stati neutralizzati successivamente dall’avanzante fanteria
– E’ la nuova tattica dell’ “infiltrazione” che rappresenta una delle più notevoli innovazioni sul fronte occidentale
– I gruppi d’assalto dispongono della nuova mitragliatrice leggera Maxim montata su motociclette
– Gli Jager (Truppe alpine) fanno avanzare mortai e cannoni da montagna su carri a due o quattro ruote
– Anche la cavalleria partecipa allo sfondamento prendendo alle spalle i reparti italiani in fuga.
Mentre avanzano portano con sé:
– cavi telefonici
– Usano lanciafiamme
– Hanno bombe in gran quantità
– Sono supportati da altri soldati che portano le munizioni
– Sono dotati di fucile mitragliatore del peso di 18 kg. (il mitra)
– Sono comandati da sottufficiali dotati di autonomia operativa
Cause della disfatta
Sono soprattutto militari:
– I comandi italiani sono totalmente sorpresi da questo nuovo modo di combattere
– Non ci sono contromisure
– I generali della II Armata sono i primi a fuggire oppure sono travolti dall’avanzata
– Cadorna viene a sapere del disastro solo intorno alle 21.30 del 24 / (certo non tutto è colpa sua)
– Cadorna è responsabile anche perché indugia troppo a lungo prima di ordinare la difesa dietro il Tagliamento e quando lo fa è troppo tardi
– Le difese lungo il Tagliamento sono molto gracili
– Cadorna tra Udine, Treviso e Padova per alcuni giorni è irreperibile
– Capello (II armata), Cavaciocchi (IV corpo d’Armata), Badoglio (XXVII Corpo d’Armata) sono tra i maggiori responsabili
– La ritirata non è diretta da nessuno. Solo dopo il Piave l’esercito si riorganizza
– La ritirata è resa caotica da 400mila civili che si buttano sulle strade perché temono l’arrivo degli austro-tedeschi. Intasamenti fenomenali ai ponti sul Tagliamento e sul Piave
I conti del disastro
A questo punto si fanno i conti del disastro e i numeri sono agghiaccianti: 10.000 morti, 30.000 feriti, 250.000 prigionieri, 300.000 sbandati e 400.000 civili in fuga. Nel conteggio devono rientrare anche le armi lasciate nelle mani del nemico: 3.152 cannoni, due terzi delle bombarde, un terzo delle armi portatili più enormi depositi di equipaggiamenti, di munizioni e di viveri.
Lissa, Custoza, Adua, ovvero le precedenti gravi sconfitte dell’esercito italiano durante il Risorgimento e l’avventura coloniale africana di fine secolo, sembrano eventi di effimera importanza.
“Sciopero militare?”
Nel famigerato bollettino del 28 ottobre Cadorna incolpò solamente i soldati scaricando su di loro ogni responsabilità:“La mancata resistenza di reparti della II Armata vilmente ritiratesi senza combattere o ignominiosamente arresisi al nemico, ha permesso alle forze austro-germaniche di rompere la nostra ala sinistra…”.
– In realtà ci furono episodi di valore durante la ritirata (10mila morti) e soprattutto ci fu una pronta reazione al Piave che durò un anno intero
– Se ci furono reparti che si arresero con molta facilità lo dobbiamo al fatto che i tedeschi prendono da dietro i soldati italiani e sulle spalle dei soldati pesavano come un incubo i due anni e mezzo di guerra.
Caporetto, l’ ”Ottobre” italiano?
– Caporetto avviene negli stessi giorni della rivoluzione d’Ottobre in Russia: 24 ottobre – 7 novembre (la decisione di prendere il potere a Pietrogrado avviene negli stessi giorni della rotta)
– 300mila soldati sbandati che raggiungono il Piave e altri 250mila prigionieri (in alcuni casi felici di essere fatti prigionieri) rappresentano una massa considerevole di uomini armati che avrebbero potuto usare le armi contro i loro comandi prima di usarle contro gli austriaci
– Perché non ci fu allora un “Ottobre” italiano? A Torino nell’agosto del ’17 rivolta popolare con 50 morti tra gli operai
In sintesi:
– Mancava in Italia un partito sul modello di quello bolscevico in Russia. In Italia un Lenin non esisteva e così un abile organizzatore come Trotskij
– Non si era diffuso il disfattismo rivoluzionerio tra le masse operaie e i soldati (“Il nemico è in casa nostra!” – “Contro la guerra, rivoluzione!”). “Né aderire né sabotare” è la posizione ufficiale del Psi durante tutta la guera
La “Grande paura”
E così la Grande Paura (rivoluzione comunista in Italia) svanì non appena l’esercito italiano mostrò di saper resistere al Piave e i soldati tornarono nelle trincee continuando il grande massacro.
– La grande paura era la saldatura tra lo “sciopero militare” al fronte e lo sciopero operaio nelle città con possibili esiti rivoluzionari.
Una miscela potenzialmente esplosiva se ci fosse stata una strategia, un piano d’azione politico-militare che solo un partito sul modello bolscevico poteva attuare.
E così anche Caporetto nella storia del movimento operaio italiano più che un’occasione sprecata fu una battaglia mancata.
Senza un partito bolscevico che indirizzasse il rifiuto di massa della guerra, gli ammutinati furono fermati dai tribunali militari e dalle decimazioni e il potenziale rivoluzionario fu annullato nel quadro della ripresa della guerra totale.
La stessa cosa a Torino: la mancanza di una direzione rivoluzionaria della sommossa fu spenta dai reparti della “Sassari” mandati a reprimere il moto operaio.
Da questo punto di vista ne deriva che quanto accaduto 100 anni fa non è né può essere solo una mera rievocazione storica, come è stata per una buona parte degli storici e dei giornali che ne hanno parlato.
Anzi all’interno della storia del movimento operaio socialista Caporetto è e deve essere un momento di riflessione: quello che mancò in quei giorni (il partito strategia e il disfattismo rivoluzionario) deve essere una lezione per l’oggi.