L’espulsione degli ebrei dalla scuola italiana. Le Leggi Razziali del 1938
L’espulsione degli ebrei dalla scuola italiana.
Le Leggi Razziali del 1938
L’anno scolastico sta per iniziare e credo che non sia male ricordare quanto accadde nella scuola italiana esattamente ottant’anni fa
Il 5 settembre del 1938 il Gran Consiglio del Fascismo promulgò alcune leggi razziste (“Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista”) che colpirono in particolar modo la presenza ebraica nella scuola italiana.
I dati sono eloquenti. Furono licenziati:
– Un centinaio tra maestri e direttori di scuole elementari
– 279 tra presidi e professori di scuola media
– 96 professori universitari, 133 aiuti e assistenti, più 200 liberi docenti
E poi gli studenti ebrei cacciati dalla scuola:
– 2.500 bambini delle elementari
– 4.000 adolescenti delle scuole del secondo ordine
– 200 studenti universitari a cui fu però permesso di terminare gli studi
E’ ovvio che dal quel momento (1938) e negli anni a venire sarebbe stato impossibile avere docenti, studenti, impiegati, bidelli ebrei nella scuola italiana. Per far fronte alla situazione nacquero qua e là numerose scuole ebraiche in Italia, con docenti licenziati, per permettere agli studenti di proseguire gli studi in una parvenza di “normalità”.
La scuola italiana fu il particolare bersaglio ma sarebbe un errore pensare che le Leggi Razziali si siano accanite solo sulla scuola pubblica. Non è il momento di entrare nei particolari ma possiamo dire che non ci fu ambito lavorativo, professionale e sociale in cui la minoranza ebraica non fosse pesantemente colpita con conseguenze immaginabili sul piano individuale e familiare.
Perché il fascismo se la prese con una componente che era esattamente l’1 per mille della popolazione italiana?
Gli ebrei erano circa 46.000 nel ’38 a fronte di 46 milioni di abitanti “ariani”.
Anche qui la letteratura è sterminata. Due motivi a mio parere:
– L’allineamento dell’Italia alla Germania nazista. Era già operante l’Asse Roma-Berlino (’36). Di lì a poco sarebbe nato il Patto d’Acciaio (’39)
– L’obiettivo di Mussolini è “fare gli italiani”, ossia nazionalizzare gli italiani attraverso una “superiore coscienza razziale” che però presupponeva l’individuazione di un nemico interno: gli ebrei appunto
Difficile dare conto ora del notevolissimo contributo che gli ebrei dettero alla nazione italiana dal momento dell’Unità (1861) quando uscirono dai ghetti: abbiamo avuto ministri ebrei, capi del Governo, grandi personalità culturali, fior di scienziati che dettero lustro al nostro paese. Non furono pochi gli ebrei che aderirono al fascismo al suo nascere (1919) e furono con Mussolini al tempo della Marcia su Roma (ottobre ’22), così come non furono pochi gli ebrei socialisti, comunisti e antifascisti nel corso degli anni Venti-Trenta e poi al tempo della Resistenza.
Per questi e altri motivi l’Italia non era un paese antisemita ma era un Paese dove l’antigiudaismo era di casa. Pensiamo solo alle astiose pagine della “Civiltà Cattolica” (rivista dei Gesuiti, molto vicina agli umori vaticani) in cui l’astio nei confronti degli ebrei arrivava a punte di aperto disprezzo:
– gli ebrei erano ancora i “deicidi” dopo duemila anni (gli uccisori di Cristo). E Ponzio Pilato?
– gli ebrei uccidevano i bambini cristiani per la preparazione con il loro sangue del loro pane azimo (“omicidio rituale”)
– gli ebrei erano ancora i “maledetti da Dio” che dopo duemila anni si ostinavano pervicacemente a non riconoscere Cristo e persistevano ostinatamente nelle loro “pratiche magiche”
– gli ebrei puntavano alla conquista del mondo con l’obiettivo soprattutto di sopraffare la chiesa cattolica (“I Protocolli dei Savi di Sion”)
Un lungo campionario di superstizioni e grossolane falsità che alimentò a lungo il pregiudizio antiebraico in ambiente cattolico italiano ed europeo. Per esempio padre Agostino Gemelli, un vero antisemita affetto da fobico antigiudaismo.
L’ostilità antiebraica spiega anche la battaglia di retroguardia del Vaticano al tempo delle Leggi Razziali del ’38. L’impianto delle Leggi non fu mai criticato dalle gerarchie vaticane così come non furono respinte le Leggi di Norimberga (leggi antisemite naziste) pochi anni prima.
Se l’Italia non era un paese antisemita (l’ebreo biologicamente parlando appartiene a una “razza” aliena e pericolosa), era sicuramente da tempo un paese razzista.
Il razzismo italiano si espresse dal 1861 al 1938 in queste fasi:
– Pregiudizio antimeridionale al tempo della rivolta del Brigantaggio subito dopo il 1861 (Lombroso, Niceforo)
– Pregiudizio antietiope (meglio antiafricano) al tempo della disastrosa sconfitta di Adua (1896). L’abissino è per antonomasia “barbaro” e “primitivo” al tempo dell’italiano ”imperialismo straccione” (Lenin)
– Pregiudizio antiarabo al tempo della conquista della Libia (1911-1912)
– Pregiudizio antietiope ancora al tempo della conquista dell’Etiopia (1935-36). Eppure per vincere Mussolini dette ordine di utilizzare i vietatissimi gas asfissianti!
– Pregiudizio antislavo al tempo del fascismo e della conqusta della Slovenia (1941). I “bifolchi slavi” (Timeus)
Pregiudizi che in gran parte non scomparirono neppure nell’Italia repubblicana e li ritroviamo ancora oggi in fome diverse.
Meridionali, abissini, libici, arabi, africani, slavi… caratterizzati come “razze inferiori” dotate tutte di caratteri negativi che non potevano essere alterati.
Quindi non dobbiamo stupirci se oggi l’Italia sembra aver imboccata la strada del razzismo e della xenofobia. Dove i giornalisti oggi leggono un fenomeno recente lo storico vede invece un fenomeno di lungo corso.
Non per questo è il caso di minimizzare quanto sta accadendo in Italia, anzi. Sono convinto che ai pessimi “argomenti” dei razzisti di casa nostra vadano contrapposte idee oggettivamente corrette. Per esempio:
– Se tutti gli “stranieri” dovessero essere cacciati dall’Italia perderemmo il 10 per cento del PIL! Non è poco
– I due milioni e mezzo di lavoratori stranieri (che pagano regolarmente le tasse) contribuiscono al sistema pensionistico. In poche parole ci pagano le pensioni
– In un paese dove ogni giorno ci sono più funerali che nati (ogni giorno 400 italiani in meno!) i lavoratori stranieri ci aiutano a mantenere stabile il numero di abitanti del nostro Paese
Quindi che dire? Il razzismo è sempre stupido. Ottant’anni fa il razzismo fascista se la prese con una minoranza industriosa e ben assimilata in Italia; oggi il razzismo se la prende con gente che lavora sodo e fa i mestieri che noi non vogliamo più fare. Quindi…?