La guerra russo-ucraina
Vorrei iniziare, soprattutto per esplicitare subito il mio pensiero, con una famosa poesia di Bertold Brecht, La guerra che verrà
“La guerra che verrà
non è la prima. Prima
ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima
c’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente
faceva la fame. Fra i vincitori
faceva la fame la povera gente egualmente”
Rileggiamo l’ultima parte
“Fra i vinti la povera gente
faceva la fame. Fra i vincitori
faceva la fame la povera gente egualmente”
Comunque andrà a finire la guerra tra Russia e Ucraina non ci sono dubbi a chi saranno addebitati i costi della guerra. La “povera gente” dei due paesi pagherà il prezzo peggiore.
Gli ucraini pagheranno in termini di vite umane di militari e civili. Intere città saranno distrutte, il paese tornerà indietro di quarant’anni, tutte le armi in circolazione alimenteranno la malavita e la delinquenza per molti anni. Si preannunciano anni durissimi per la popolazione, anche quando le armi taceranno.
Non diverso è il discorso per i russi. Non possiamo mettere in un unico calderone gli assassini che hanno voluto la guerra con il popolo che sta subendo i costi peggiori. Soldati russi uccisi dalla guerra, madri che non vedranno mai più il loro figlio tornare… ma non solo.
In Russia le sanzioni occidentali stanno producendo conseguenze sicuramente disastrose sulla popolazione: il rublo è ora praticamente carta straccia, l’inflazione è alle stelle, le pensioni e gli stipendi fortemente decurtati. La disoccupazione dilaga. Molti stanno soffrendo la fame.
Si è parlato solo di sanzioni in grado di colpire Putin e la sua cricca – i famosi oligarchi – ma nessun giornalista si è posto il problema dell’impatto delle sanzioni sulle condizioni di vita – già ai limiti della sussistenza – della maggioranza della popolazione russa.
Vediamo alle motivazioni delle parti in lotta.
Putin considera la caduta dell’Unione Sovietica nel 1991 la peggior catastrofe della storia russa. L’obiettivo ora è preservare quanto è rimasto dell’impero degli zar e poi di Stalin prima che si dissolva del tutto. Bielorussia e Ucraina sono le aree sulle quali Putin non vuole transigere e per mantenere l’Ucraina nella sfera di influenza russa ha scatenato una terribile guerra contro i civili ucraini.
Dall’inizio del secolo la Russia ha combattuto in Cecenia, in Georgia e in Siria mostrando chiaramente di quale barbarie è capace.
L’Ucraina è il paese aggredito, d’accordo. Ma questo non basta per assolvere la politica dei suoi leader e fare del presidente della repubblica un eroe in maglietta mimetica.
Dal 2014 l’Ucraina porta avanti un disegno di affrancamento dalla Russia e di avvicinamento alla Nato come se l’Alleanza Atlantica fosse un’associazione filantropica sorta per assicurare la pace nel mondo e non la guerra.
I miliardi di euro investiti dall’Unione Europea in questi anni e gli altri miliardi che arriveranno se l’Ucraina potrà aderire all’Unione hanno sollecitato nella classe dirigente ucraina un potente desiderio di avvicinamento a Bruxelles nonostante le minacce di Putin, pur consapevole che le minacce avrebbero potuto tradursi in guerra e distruzione, così come è avvenuto. E ora assistiamo sgomenti alla distruzione sistematica dell’Ucraina e ammiriamo la loro eroica resistenza chiedendoci però se è vero anelito di libertà oppure effetto di una politica sconsiderata e avventuristica.
L’Unione Europea si è allargata molto verso est, incurante delle tensioni che avrebbe scatenato verso Mosca. Era evidente che l’allargamento a oriente (Lituania, Estonia, Ungheria, Bulgaria …) avrebbe provocato prima o poi i russi a intervenire.
Un gioco pericoloso e provocatorio che finora è stato pagato dalla “povera gente” dei due paesi, per continuare a citare la poesia di Brecht.
Ora L’Unione Europea sta giocando un ruolo sporco: dà le armi agli ucraini e continua a comprare petrolio e gas da Putin! L’importante è mantenere inalterato il rifornimento energetico e quindi non rompere con Mosca. Se poi continuano ad ammazzarsi tra loro la cosa non ci interessa! E’ il cinismo con cui si guarda da Bruxelles alla guerra in corso.
E’ la stessa Unione Europea che dall’anno 2000 ha lasciato affogare nel Mediterraneo più di 25.000 migranti. E ha creato in Libia, Turchia, Tunisia, Marocco e altrove tremendi lager dove trattenere i migranti che cercano di entrare in Europa sfuggendo a guerre e catastrofi. E mentre tutti lodano il coraggio della Polonia che accoglie centinaia di migliaia di profughi, a poca distanza – al confine con la Bielorussia – la polizia polacca bastona, sevizia, uccide i profughi afghani, pachistani, irakeni che cercano di entrare in Europa.
Evidentemente i profughi bianchi cristiani e cattolici piacciono più di quelli neri e mussulmani!
Eppure basterebbe poco per obbligare Putin a fare un passo indietro: chiudere i rubinetti del gas e del petrolio grazie ai quali Putin alimenta la guerra. Ma questo non vogliono industriali e banchieri europei, i quali sono già preoccupati per i loro affari e temono rivolte popolari stile “gilet gialli”. Molto ambiguo anche il ruolo degli Stati Uniti. Le ricorrenti minacce a Putin, le parole grosse di Biden nascondono la volontà di mettere all’angolo un rivale della politica imperialistica americana.
Gli Usa in sostanza vogliono approfittare dell’occasione per indebolire la Russia continuando ad alimentare una guerra in cui gli ucraini combattono per loro.
Si chiamano, nell’ipocrita linguaggio della diplomazia, “guerre per procura”.
Come dimenticare la fuga degli americani da Kabul, consegnando ai talebani un Paese – l’Afghanistan – distrutto da vent’anni di guerra! Come non ricordare le famose “armi di distruzione di massa”, grazie alle quali gli Stati Uniti poterono distruggere all’inizio del secolo un altro Paese: l’Irak. Ancora più sottile è la politica della Cina nell’attuale crisi. Le proposte di mediazione non sono un tentativo di ridurre le vittime quanto un tentativo di preservare la “via della seta” dalla Cina all’Europa che passa proprio attraverso l’Ucraina.
Un paese, la Cina, che si propone nel 2035 di diventare la prima potenza militare mondiale e nel 2048 (nel centenario della nascita della Repubblica popolare cinese) la prima potenza economica mondiale surclassando gli Usa.
Si stanno preparando nel mondo eventi colossali, dove le grandi potenze del globo entreranno sempre più in competizione non escludendo qualunque forma di coinvolgimento politico e militare.
In questa situazione del tutto nuova in Italia sembra che il pacifismo sia morto per sempre perché gli ex-pacifisti invocano la nascita dell’esercito europeo e non battono ciglio quando Olaf Scholz promette quest’anno 100 miliardi in più per l’esercito tedesco subito imitato da Macron e Draghi.
Non si riflette sul fatto che il futuro esercito europeo porterà la guerra dovunque gli interessi dei nostri oligarchi verranno minacciati. L’idea che un esercito serva solo a difendere i confini è del tutto puerile. E poi quali sono i confini dell’Unione Europea? In Africa? In Medio Oriente? Verso la Cina? Futuri teatri di impiego dell’esercito europeo.
In Italia è cresciuta la povertà a causa della pandemia con la distruzione di posti di lavoro e la crescita di una diffusa precarietà! Nonostante questa situazione l’annuncio di Draghi di portare le spese militari italiane al due per cento ha provocato calorosi applausi in settori politici dove i messaggi di pace sembravano più radicati.
Tutti d’accordo in Italia anche verso il sostegno all’Ucraina e all’invio delle armi a Kiev. Dalla sinistra al Vaticano passando per i sovranisti di tutti i colori il sostegno a Zelensky è fortemente ostentato. La guerra è una “pazzia” per il cardinale Parolin ma la “legittimità della resistenza armata di fronte a un’aggressione” è ribadita in modo netto nei palazzi vaticani.
Il partito filo-Putin – fortemente trasversale – in Italia si è liquefatto con una rapidità incredibile. Eppure a gennaio di quest’anno, mentre i carri armati russi accendevano i motori, in videoconferenza Putin dialogava con i più bei nomi dell’industria e della finanza italiane.
E’ stata evocata la Resistenza italiana che ha combattuto contro il nazifascismo. Non si tiene in considerazione che i partigiani non erano espressione di uno Stato ipernazionalista – come l’Ucraina – non lottavano a fianco di battaglioni neonazisti e non avevano un leader che a ogni piè sospinto auspica la terza guerra mondiale ed impone al proprio popolo sacrifici inauditi!
Al contrario i partigiani italiani lottavano perché quella guerra fosse l’ultima guerra avendo in testa un’idea d’Italia che se fosse stata realizzata il nostro Paese sarebbe oggi molto più pulito dell’attuale.
Che fare in questa situazione dove nazionalismi, ambigui messaggi di pace, espliciti messaggi di guerra, guerre combattute e devastazioni la fanno da padrone? Dovremmo riscoprire una pagina ancora poco conosciuta della Resistenza italiana: l’internazionalismo. Ossia la presenza di disertori tedeschi, ex-prigionieri di guerra russi, americani, francesi e inglesi … nelle fila della resistenza al nazi-fascismo.
Uomini e donne, italiani e stranieri, uniti nella comune lotta contro il mostro nazista e il cancro fascista, senza bandiere che non fossero quelle della libertà e di un mondo di pace. Consapevoli che solo la lotta strenua contro ogni forma di nazionalismo e di razzismo avrebbe salvato l’Europa dalla devastazione totale.
Il 25 Aprile ci consegna un messaggio che senza ambiguità incoraggia i popoli a unirsi contro oligarchi e oppressori di tutte le nazioni, anche la nostra.