Il nome della rosa
Appunti e spunti per lezione – UTE Concorezzo aprile ’19
Oggi presentiamo il celeberrimo romanzo di Umberto Eco “Il nome della rosa”. Il libro fu pubblicato nel 1980. E’ il primo romanzo del famoso semiologo. Ottiene subito uno straordinario successo editoriale. E’ tradotto negli anni in 40 lingue e vende 50 milioni di copie. Per “Le Monde” è uno dei 100 libri del Novecento da salvare.
Foto U. Eco
Impossibile ricordare in poche parole Eco. E’ stato a lungo docente di semiologia all’Università di Bologna. Autore di tanti libri tutti di particolare spessore culturale. Medievalista ma capace di spaziare con competenza in tanti rami del sapere. E dal 1980 fino al momento della morte fortunato autore di romanzi.
Il romanzo lungo 500 pagine è ambientato nel Basso Medioevo, in particolare siamo nell’autunno del 1327.
Vedremo dopo come classificare (se è possibile) il libro di Eco e se l’autore ha voluto scrivere un romanzo storico ancorato al passato oppure ha voluto attraverso il passato parlarci del presente.
Prima di iniziare una curiosità. Più volte Eco ha detto di odiare “Il nome della rosa” (“Io odio questo libro e spero che anche voi lettori lo odiate”) perché il successo planetario del romanzo ha impedito di valutare nel modo migliore i libri successivi, che non hanno avuto lo stesso riscontro (era inevitabile).
Intanto vediamo qualche bella immagine della Sacra di San Michele in Valle di Susa. Eco ha scritto più volte di essersi ispirato alla Sacra di San Michele nel momento in cui ha immaginato il monastrero dove si svolge il romanzo.
Video Sacra di San Michele
Il contesto storico
A grandi linee possiamo dire che le due massime potenze nell’Europa dell’epoca (XIV) sono il Papato e il Sacro romano impero. Da una parte il Papa (che in questo periodo è ad Avignone) e dall’altra l’imperatore tedesco.
Il motivo principale del contendere è la pretesa di entrambi di detenere il potere temporale (politico) soggiogando il rivale.
Il controllo del potere politico vuol dire anche la possibilità di nominare i vescovi e influenzare la nomina dei Papi, quindi porsi al si sopra dell’autorità dei Papi.
Al contrario il Papa è convinto di aver ricevuto il potere da Dio e quindi pretende sia lo spirituale ma anche il potere temporale che farebbe del Papa la massima autorità dell’Europa dell’epoca.
Dante nel “De Monarchia” propone la teoria dei “due soli”: lo spirituale al Papa (per la sua natura spetta solo al successore di Pietro), il temporale all’imperatore (le leggi spettano a lui). Invece molti teologi-filosofi, fautori dell’impero o del Papa, propongono la metafora del “sole” e della “luna”: il “sole” illumina la “luna” (il Papato o l’Impero).
Sono alcuni secoli che sta avvenendo lo scontro tra Impero e Papato ma ora il Papato è in difficoltà perché la sede non è più Roma ma Avignone: il papato era caduto sotto il controllo della monarchia francese.
Le accuse al Papato sono le più varie: simonia (vendita di cariche ecclesiastiche), la vendita delle indulgenze, lo scandalo delle reliquie, generale corruzione, ricchezze smodate, lo sfarzo dei prelati, l’enorme iato rispetto a Gesù e ai suoi apostoli.
Non c’è dubbio che allora la chiesa fosse molto corrotta. Che cosa vuol dire “scandalo delle reliquie”?
Ma nel 1327 Papato e Impero non sono più le uniche realtà politiche dell’epoca. C’è l’ascesa delle monarchie (francese e inglese), l’ascesa delle città dell’Italia settentrionale, le università diventano nuovi poli del sapere in competizione con i vecchi monasteri e abbazie. Anzi il mondo nuovo è nelle città tra Italia settentrionale, Francia e Inghilterra mentre il “vecchio” è rappresentato dalle pretese egemoniche del Papa e dell’imperatore.
Eco è bravissimo a dare l’idea della complessità di questo periodo storico in cui appaiono fermenti nuovi come la critica radicale alla Chiesa di Roma da parte dei movimenti pauperistici di derivazione francescana che propongono il ritorno della Chiesa alle origine evangeliche e contestano aspramente la pretesa di fare politica da parte del Papa.
I commerci, le università (dove si copiano i libri meglio rispetto alle abbazie), l’ascesa delle città, la potenza del denaro, lo sviluppo delle monarchie nazionali (Francia, Inghilterra, ma anche in prospettiva Spagna e Portogallo), la nascita di nuovi modi di pensare di tipo razionalistico (ben rappresentati dal protagonista Guglielmo di Baskerville), l’uso del volgare al posto del latino (sempre più la lingua solo dei chierici) mettono sempre più in evidenza la crisi di un mondo dove l’Impero e il Papato rappresentano il passato.
Da notare che nella biblioteca dove è ancorata tutta la vicenda non ci sono libri in volgare! Eppure la “Commedia” di Dante è in volgare e così molte opere di Petrarca e Boccaccio (Le “tre corone” del Trecento). Da notare anche che i libri sono chiusi a chiave e solo il bibliotecario può accedere ai libri e negare eventualmente la libera lettura ai monaci.
I libri chiusi a chiave, i libri proibiti, la ricerca frustrata, la curiosità intellettuale negata… sono elementi di un mondo destianato alla rapida decadenza.
** VIDEO Angela **
La trama
Rapidamente la trama. Gugliemo di Baskerville (quindi è “inglese”) è un frate francescano ed è in viaggio con Adso da Melk (quindi è “austriaco”) per rappresentare gli interessi dell’Impero in una riunione che si terrà in una potente abbazia benedettina del Nord Italia alla presenza di legati pontifici. In gioco ci sono i “diritti” di supremazia di Papa e imperatore.
Adso è un novizio benedettino, ha 18 anni, ed è affidato dai genitori a Guglielmo perché faccia esperienza del mondo. I genitori pensavano ad esperienze edificanti sul piano religioso e morale, non potevano sapere che cosa avrebbe visto il figlio.
E’ lui a narrare tutta la vicenda in prima persona quando ormai è vecchio e vive nell’abbazia di Melk.
Appena arrivato nel monastero Guglielmo viene messo al corrente dall’abate che nei giorni precedenti c’era stato lo strano “suicidio” di un monaco che si sarebbe buttato dall’alto delle mura per motivi oscuri. Abbone, l’abate, crede che non sia un suicidio e quindi incarica Guglielmo di indagare, lui che è un ex-inquisitore.
E Guglielmo si mette ad indagare come farebbe un investigatore oggi (è palese il richiamo a Sherlock Holmes con “Il mastino dei Baskerville” mentre Adso richiama il dottor Watson) cercando indizi, prove, facendo congetture ogni volta diverse per arrivare a disbrogliare il bandolo della matassa.
Ma Guglielmo si rende conto subito che c’è qualcosa che non va perché tutti sono molto reticenti su una parte dell’abbazia che è chiamata l’ ”Edificio” e in particolare sulla biblioteca la quale è amministrata con stile teutonico da un monaco di nome Malachia non permettendo ai monaci né l’accesso alla biblioteca né la libera consultazione. Si vocifera soprattutto di una parte segretissima e inaccessibile della biblioteca dove sarebbero rigidamente custoditi libri proibitissimi.
Figura inquietante nell’abbazia è il vecchio Jorge da Burgos: ha 80 anni, è cieco ed è ossessionato dall’Apocalisse di San Giovanni: i tempi sono maturi per l’arrivo dell’Anticristo. Anzi da alcuni segni secondo Jorge è già arrivato e la cristianità deve difendersi.
Jorge e Guglielmo sono due personaggi che più diversi non potrebbero essere (nonostante siano entrambi monaci): mentre l’uno vive di immagini apocalittiche e scruta il cielo alla ricerca di nuovi presagi dell’Anticristo, l’altro invece analizza la realtà con i propri occhi e legge la realtà attraverso la sua intelligenza credendo nella ragione umana.
Uno ha lo sguardo perennemente rivolto verso l’alto, l’altro verso il basso; l’uno crede nella prossima fine del mondo, l’altro che il mondo possa essere perfettibile se l’uomo agisce secondo ragione ed esperienza.
Guglielmo porta gli occhiali, usa l’astrolabio (per stabilire la posizione dei pianeti) e conosce l’uso della calamita nella navigazione (bussola). E’ un personaggio chiaramente proiettato verso la scienza (sfruttare la natura a beneficio dell’uomo), l’esperienza (metodo induttivo e deduttivo) e l’avvenire. E’ inutile chiederci che cosa avrebbe detto Jorge di fronte alle “mirabilie” di Guglielmo.
Intanto Guglielmo e Adso fanno la conoscenza dello splendido scriptorium dell’abbazia dove alcune decine di monaci copiano deligentemente e pazientemente le opere antiche per salvaguardarle dall’erosione del tempo.
La loro permanenza all’interno dell’abbazia dura una settimana e ogni giorno ci sarà un delitto.
Dopo Adelmo, il giovane amanuense che lavorava nello scriptorium, sono uccisi Venanzio, altro giovane amanuense e Berengario, giovane aiutobibliotecario e quindi con la possibilità di accedere a tutta la biblioteca compresa la parte proibita.
Si vocifera che Berengario, omosessuale (sodomita), abbia promesso alcuni libri proibiti ai due uccisi in cambio di favori sessuali. Quindi la morte di Adelmo e Venanzio potrebbe essere rubricata come suicidio dopo gli atti infami di cui sono stati responsabili.
Ma perchè allora la morte di Berengario? Tutti e tre sono trovati con le dita (polpastrelli) sporche di nero e con la lingua di color nero.
Muore anche Severino (è il quarto), colui che custodiva erbe e veleni. È incolpato Remigio, il cellario, ma Guglielmo sente che non è lui il colpevole. L’origine di tutte queste morti sospette sta nella biblioteca e in particolare in un settore della stessa, ancora più difficile da raggiungere.
Aspetto importante da considerare è la pianta della biblioteca che è stata progettata come un vero labirinto dove potrebbe essere facile entrare ma non uscire.
Pianta della biblioteca
Simbolicamente la biblioteca-labirinto è simbolo del mondo-labirinto in cui l’individuo si muove rischiando di perdersi tra tanti saperi e tante ideologie, le più diverse.
Guglielmo e Adso salgono in piena notte nella biblioteca (e qui Eco è bravissimo per creare la suspence di un romanzo giallo o gotico) ma non trovano quello che cercano perché il settore proibito dove c’è forse un libro proibitissimo (ma chi nell’abbazia ha deciso che nessuno deve leggerlo?) è difeso da complicati congegni di apertura.
Alla fine del romanzo, grazie alle facoltà deduttive di Guglielmo, finalmente i due riescono a penetrare nel “Finis Africae” e all’interno trovano il vecchio e cieco Jorge ma Guglielmo ormai sa tutto.
L’origine di tutto quello che è accaduto nell’abbazia è un libro che Jorge ha portato con sé dalla Spagna anni prima e che tutti credono perduto. E’ il secondo libro della “Poetica” di Aristotele (in realtà scomparso per smpre) in cui si teorizza il riso quale strumento di conoscenza delle cose. Vedremo tra poco i significati del ridere secondo Jorge e Guglielmo.
Jorge aveva utilizzato un particolare veleno cospargendolo sulle pagine del libro così all’incauto lettore, inumidendo le dita come facciamo per leggere, il veleno sarebbe arrivato alla lingua e avrebbe provocato la morte dopo atroci spasimi.
Vistosi scoperto Jorge ingerisce pezzi di pagine della “Poetica” e provoca l’incendio della biblioteca facendo cadere una lucerna su fogli di pergamena e libri antichissimi che bruciano come foglie secche.
Il fuoco dalla biblioteca si propaga al sottostante scriptorium e da questo piano alla grande cucina. Tutto l’Edificio brucia. Dall’Edificio il fuoco arriva alle stalle, alle celle dove dormono i monaci, alla sala dove mangiano… in breve tutta la grande abbazia è in preda al fuoco.
Alla fine non si salverà niente, tutto sarà bruciato e i monaci superstiti saranno costretti ad abbandonare l’abbazia.
Simbolicamente la distruzione dell’abbazia, vanto del monachesimo benedettino, è segno dei tempi ormai cambiati perché il centro della civiltà si è ormai spostato nelle città e nelle università. Da lì a poco comparirà la carta al posto della pergamena e l’attività dei copisti sarà surclassata dal procedimento a stampa di Gutemberg (anno 1474), gran parte dei grandi complessi abbaziali e conventuali conosceranno tempi di crisi. Il Medioevo sta finendo.
I significati
Prima di tutto come classificare il romanzo di Eco? Perché nel romanzo non c’è solo la trama che io ho rapidamente tratteggiato ma ci sono anche lunghe pagine in cui si parla di sottili questioni filosofiche, teologiche oppure pagine in cui si parla di simboli religiosi, di libri antichi, di architettura gotica finanche di pietre preziose, erbe medicamentali, veleni, ricette di cucina (zucca e peperoni!)… E’ un vero libro che parla di altri libri, come Eco teorizzava.
Il tutto in un sottile equilibrio tra la trama poliziesca e i continui inserti con citazioni in latino (senza traduzione) e un centinaio di libri citati con tanto di titolo, autore e contenuto. Alla fine il lettore ne esce ammirato e ammaliato dalla cultura enciclopedica (ma è un eufemismo!) di Eco.
Quindi che cosa ha scritto Eco? Un romanzo certo. Ma un romanzo storico sul modello manzoniano oppure un romanzo filosofico alla Voltaire? Un giallo gotico con trama poliziesca oppure un romanzo che esce da ogni canone conosciuto perché è un insieme di tutti i modelli precedenti?
In un saggio di pochi anni dopo Eco disse chiaramente che voleva fare un romanzo sul modello manzoniano, un romanzo che raccontasse la storia come i libri di storia non possono fare. Il romanzo di Eco è rigoroso nella documentazione e “misto di storia e d’invenzione”. Insomma un capolavoro quanto quello manzoniano.
Probabilmente è vera anche l’ultima idea, ossia un romanzo così innovativo da uscire da ogni canone conosciuto.
Che cosa dice il libro di Aristotele di così grave da giustificare i delitti nell’abbazia?
Non c’è solo il tema della liceità del ridere, del resto ammessa anche dalla Chiesa con il carnevale. Qui, secondo Jorge, si teorizza filosoficamente la necessità e la bontà del ridere con conseguenze che a suo parere metteranno in crisi tutta la cristianità.
** Video Jorge **
Leggiamo: 478 – e poi 480
La risposta di Guglielmo (dietro al quale c’è l’autore): 480-481
E’ quindi un libro contro i fondamentalismi, il radicalismo religioso, il fanatismo e la volontà di imporre l’assoluta mancanza di libertà alle persone, il voler tenere gli uomini succubi delle tenebre.
Oggi l’Isis lo conosciamo tutti e sappiamo quanto il radicalismo islamico faccia paura con il terrorismo, ma allora erano fenomeni ancora da nascere, quindi, altro motivo per apprezzare il romanzo: Eco è preveggente e anticipa quallo che poi sarebbe nato.
Ancora Jorge: 482
A questo punto il vecchio, dopo aver proposto a Guglielmo di leggere il libro (ma lui sfoglia le pagine con un paio di guanti), vistosi scoperto strappa le pagine del libro mettendosele in bocca. Vuole morire ma portandosi il libro con sé nell’aldilà. Poi la rovina dell’intera abbazia per evitare che Guglielmo gli strappasse di mano il libro.
Il titolo
I significati di un romanzo sono tanti, anche quelli che l’autore non aveva previsto. Questa è la differenza secondo Eco tra un saggio (che ha un percorso definito e appare lineare nelle sue tesi di fondo) e un romanzo dove è il lettore protagonista.
Vediamo il titolo. Perché “Il nome della rosa”? Fino alla fine del romanzo questo titolo non ha alcuna funzione ma alla fine:
pag. 503
L’autore vuol dirci che alla fine tutto crolla e tutto cambia fino a che di tanto passato avremo solo un nome e tutto il resto (la rosa) sarà svanito. Che cosa è rimasto del Medioevo? Dei suoi contrasti, delle sue guerre, dei suoi splendidi risultati accanto alle più aberranti superstizioni? Nulla. Solo il nome.
C’è logica nell’universo? Il mondo è geometrico?
Ma c’è anche forse un altro significato (per me intrigante). Guglielmo dice ad Adso che è arrivato alla verità (quindi a Jorge) per caso grazie a una serie di segni derivati da un sogno che ha fatto Adso.
Guglielmo era convinto che la ragione lo guidasse alla ricerca della verità (come S. Holmes) e che Dio avesse reso razionale il mondo e quindi comprensibile attraverso gli indizi e le ipotesi (metodo scientifico, metodo induttivo). Invece alla verità è arrivato per caso attraverso un percorso obliquo:
pag. 495-496
Non esiste un ordine nell’universo, non esiste quindi la possibilità di capire a fondo la trama del mondo e il rapporto tra gli uomini. Ma come si concilia l’idea della confusione delle cose con l’idea dell’assoluta perfezione di Dio e del creato?
Memore di Auschwitz Levi traduce il caos del mondo con una professione di ateismo: “Se c’è Auschwitz non c’è Dio, se c’è Dio non c’è Auschwitz”. In poche parole il male radicale del mondo (e il conseguente caos dove i rapporti causa-effetto saltano) mette in dubbio la stessa esistenza del Supremo Architetto!
Del resto Eco aveva detto: “Il Medioevo fa specchio al presente. Vi troviamo la radice di nostri problemi, delle nostre ansie e crisi”. Anche quella di trovarci soli nell’universo nel caos della realtà dove i rapporti di causa-effetto scompaiono di fronte al caso che regola le cose.
Il pauperismo
Tra i temi di carattere storico più interessanti c’è quello della povertà evengelica e del duro giudizio che viene dato della Chiesa romana nel XIV secolo.
Preda di lotte intestine tra le grandi famiglie romane che si disputano ogni elezione papale la chiesa è finita all’inizio del Trecento nelle mani di Filippo il Bello, re di Francia, e per 76 anni la sede del Papa sarà Avignone e non Roma.
Nel fastoso palazzo di Avignone i Papi cercano di mantenere il loro potere vivendo nel lusso più smodato. Da qui la richiesta, già dal secolo precedente, che la chiesa torni alla purezza evengelica come condizione per tornare a essere il faro della cristianità. Sono esigenze diffuse soprattutto tra gli strati popolari delle città che vivono in condizioni pessime e vedono il profondo iato tra la loro vita e quella dei prelati vestiti d’oro.
San Francesco riesce con sottili equilibrismi a mantenere il suo ordine nella sfera della Chiesa ma altri movimenti che esaltano la povertà escono presto da certi limiti e alla Chiesa appaiono pericolosi focolai che devono essere estinti, anche con la violenza.
Agli occhi dei valdesi, fraticelli, minoriti, dolcianiani, catari, patarini (eresia che si è sviluppata tra i lavoratori di Milano) il Papa (Giovanni XXII), non è un uomo che sbaglia ma è l’anticristo che si è impadronito del seggio papale! A Roma siede il diavolo da sempre nemico di Dio.
Per il Papa invece i movimenti giudicati eretici sono pericolosi focolai di scontento che devono essere sradicati con tutte le armi possibili, dalla convinzione alla crociata. Da qui la crociata del 1204 contro gli albigesi nella Francia meridionale al tempo di Innocenzo IV che si conclude con un’immane carneficina e i tanti fuochi che bruciando le eresie bruciano anche il corpo degli eretici.
Nel romanzo c’è spazio anche per un confronto serrato tra alcuni francescani e alcuni rappresentanti del Papa che si tiene nell’abbazia. Da una parte il terribile inquisitore Bernardo Gui e dall’altra Michele da Cesena (allora figura preminente dopo la morte di San Francesco). La discussione sulla povertà di Cristo degenera rapidamente:
pp. 350-351
Un libro di libri
Ultimo aspetto che vorrei mettere in evidenza è il fatto che il romanzo di Eco è tutto una sapiente tessitura fatta di altri libri. I richiami, le citazioni di altri libri sono numerossisime. Trovarle diventa un sottile gioco intellettuale.
– Malachia ad un cero punto è definito un “vaso di coccio in compagnia di vasi ferro” (Manzoni, don Abbondio).
– Adso ad un certo momento sviene: “caddi come corpo morto cade” (Dante, V “Inferno”, Paolo e Francesca)
– Spesso i discorsi dei protagonisti sono fatti con citazioni prese da libri religiosi
– Il romanzo inizia così: “Era una bella mattina di fine novembre” ed è una citazione da Snoopy, “Era una notte buia e tempestosa” (!)
– Non si contano le citazioni da libri moderni ma anche da film
Infatti c’è un altro aspetto nel romanzo che merita attenzione: ossia la trama è intessuta di altri libri. Eco era convinto che il libro non fosse una monade a sé ma vivesse in simbiosi con altri libri contemporanei e precedenti. I libri dialogano tra di loro e funzione dello scrittore è di farli dialogare. Il lettore invece deve scoprire i legami.
Eco aveva ragione (i libri si parlano) e ci ha dato un bell’esempio di collage con altri libri, da Omero fino ad autori-personaggi contemporanei a lui (appunto Snoopy).
A questo punto possiamo dire che ci troviamo di fronte a un vero monumento letterario di una ricchezza incomparabile, a un‘opera che parla a noi contemporanei nonostante la distanza temporale, la cui trama è fittamente intessuta da stimoli a pensare e a interpretare la realtà.
NOTE
- Trivero (fra Dolcino) – il Monte Rebello è vicino a Biella – Val di Rassa – Romagnano Sesia
- Dopo Severino muore Malachia, ultimo (prima dell’incendio) l’abate
- L’assenza di ordine nel cosmo è la struttura a labirinto della biblioteca
- Il Medioevo vitale: p. 531
- 150 “famigli” e 60 monaci, poco più della metà occupati nello scriptorium
- nel labirinto 56 stanze
- alcuni giovani monaci vogliono quel libro di Aristotele perché non sono solo copisti e traduttori ma sono intellettuali assetati di nuove prospettive culturali. Affascinati dal nuovo
- Adelmo si è suicidato dopo la sodomia con Berengario (per avere il libro). Venanzio si uccide da sé con il veleno sulle pagine della Poetica, Berengario lo stesso. Severino (che si ritrova per caso il libro tra le mani) è ucciso da Malachia perché Jorge gli fa credere che fosse diventato l’amante di Berengario. Malachia muore perché anche lui non resiste alla tentazione di leggere e sfogliare il libro. Quindi Jorge c’entra poco con la catena delle morti. Innesca un meccanismo di difesa del libro che poi gli sfugge dalle mani
- Guglielmo invece cercava un solo autore di tutti i crimini e una sola logica dietro tutto. Viene smentito
- La biblioteca proibita, film / da 1.09.00 (5-6min)