Torna a Fascismo

Carlo Borsani al di là di schematismi e aporie – Testo 2019

Carlo Borsani al di là di schematismi e aporie

Ogni anno, alla vigilia dell’anniversario della sua morte (29 aprile ’45), a Legnano (città natale di Borsani) si accendono le polemiche degli opposti estremismi. Il mio articolo vuole essere una caratterizzazione del personaggio al di fuori di facili schemi ideologici. Tralascio la sua gioventù per non essere troppo prolisso.

Inquadrato nell’esercito italiano fin dalle prime fasi (campagna contro la Francia, giugno ‘40) Borsani fece esperienza della durissima campagna di Grecia nell’inverno 1940-41.

Dopo la grave ferita subita andando all’attacco di munite posizione difese dall’esercito greco (9 marzo 1941), che doveva renderlo cieco, Borsani divenne presidente dall’Associazione Mutilati ed Invalidi di guerra.

Il trauma dell’8 settembre

L’armistizio dell’8 settembre del ’43 (e prima ancora il 25 luglio) fu per lui un giorno gravissimo perché l’uscita dell’Italia dalla guerra avrebbe reso impossibile dare un significato alla morte di tanti altri soldati e ufficiali che avevano combattuto sui vari fronti. “Ma che cosa era valso il sacrificio dei suoi occhi e quello di tanti giovani come lui, caduti sui tanti campi di battaglia?”, scrisse un generale dell’esercito che l’aveva conosciuto.

Da qui il suo frenetico attivismo politico nella neonata Repubblica sociale italiana dopo la data dell’armistizio per ridare onore a un’Italia mai caduta così in basso (così credeva).

Chi scrive è lontanissimo da queste argomentazioni ma chi fa storia non può esimersi dal capire (che non vuol dire giustificare) comportamenti ed atteggiamenti che non gli appartengono.

La pacificazione degli animi”

Il nuovo mito per Carlo Borsani divenne Mussolini e fino all’ultimo giorno della sua vita non dimenticò di tesserne le lodi.

La guerra civile tra italiani, che è meglio conosciuta come Resistenza o Lotta di Liberazione, lo sorprese per la sua asprezza e prima ancora per la rapidità della sua genesi. Cercò come altri esponenti politici, anche della Resistenza moderata, di evitare il quotidiano bagno di sangue tra fascisti e partigiani nelle zone occupate dai tedeschi.

Soprattutto quando fu il direttore del quotidiano “La repubblica fascista” Borsani lavorò molto per la cosiddetta “pacificazione tra gli italiani”, ossia un improbabile accordo tra la parte moderata della Rsi e della Resistenza. Immaginate un’intesa tra gli esponenti meno oltranzisti di Salò con settori moderati della Resistenza come i monarchici, i liberali, settori cattolici e settori socialisti attratti dalle prospettive “socializzatrici” della repubblica mussoliniana.

Borsani non fu l’unico politico fascista a credere alla realizzazione di questo progetto. Giovanni Gentile (grande filosofo e uomo di punta della Rsi) fu ucciso dai partigiani comunisti per i continui appelli alla “pacificazione degli animi” (15 aprile ’44). Con Borsani c’erano anche Fulvio Balisti (medaglia d’oro e federale di Brescia) e Francesco Barracu (medaglia d’oro nella Grande Guerra). Li chiamavano il “partito delle tre medaglie d’oro” perché tutti e tre, soprattutto il giovane Balisti, credevano (qualche dubbio per Barracu) in questa prospettiva.

Forse ci credette per qualche tempo anche un Mussolini sempre più indeciso e a tratti abulico, stretto tra la violenza dei tedeschi sulla popolazione italiana e l’ala dura del fascismo saloino.

E’ inutile dire che americani e inglesi erano contrari a qualunque depotenziamento militare della Resistenza che al contrario avrebbe dovuto al momento opportuno sostenere lo sforzo militare alleato.

In sostanza la prospettiva della “pacificazione e fraternizzazione degli animi” neppure decollò: fu un bel sogno che non ebbe modo di concretizzarsi in nessun momento.

Quindi mettere Borsani nel calderone in compagnia della parte più truce di Salò come la banda Carità, Pietro Kock, Pavolini, gli assassini delle Brigate Nere, Graziani… è un errore storico grave. Probabilmente Borsani non era neppure un antisemita fanatico come Interlenghi, Preziosi o Almirante.

Borsani “fascista buono” o fanatico assertore della violenza?

Borsani “fascista buono?”. Nel discorso storico non ci sono né i “buoni” né i “cattivi”: c’è solo la necessità di distinguere, classificare, comprendere posizioni politiche diverse tra di loro e permettere a chi legge di farsi idee il più possibile chiare.

In ogni caso fare della Rsi un organismo monolitico votato alla più cruda violenza, servo dei tedeschi e dominato solo dalla bestialità più insondabile vuol dire “ragionare” come si fa in genere nei discorsi in piazza del 25 Aprile dove i distinguo sono quasi impossibili e prevale al contrario la tentazione fortissima di fare di “tutta l’erba un fascio”. Appunto, un “fascio” dove le distinzioni tra prospettive politiche e ideali naufragano nella comune retorica antifascista.

Sarebbe come dire che oggi nell’Anpi nazionale c’è una sola linea politica alla quale tutti fanno riferimento! Affermazione risibile per chi sa quali lotte fratricide avvengono all’interno quotidianamente.

Effettive responsabilità di Borsani

Non dobbiamo dimenticare che nel caso di Borsani stare anima e corpo con Mussolini voleva dire stare dalla parte dei tedeschi e della loro politica di depredamento delle risorse italiane (grano, uomini, macchinari) a vantaggio della vittoria tedesca. Difendere la legittimità di Salò voleva dire per Borsani implicitamente essere alleato dei tedeschi che in questo momento stavano uccidendo in massa gli ebrei di tutta l’Europa ad Auschwitz.

Tutto questo gli costò la vita a Milano in Piazzale Susa (29 aprile ’45) quando semplicemente alcuni partigiani gli spararono contro una raffica di mitra (parlare di fucilazione è improprio) e il corpo fu messo su una carriola e al collo qualcuno pose un cartello con scritto “ex-medaglia d’oro”.

E pensare che Borsani ebbe tramite Borghese (comandante della X MAS) la possibilità di fuggire. Chissà! Invece rimase per coerenza con se stesso a Milano e andò nell’unico posto dove poteva andare nella sua condizione di cieco: all’istituto oftalmico dove venne individuato, preso, portato in piazza e ammazzato come un cane.

Non erano tempi per i distinguo. Difficile in quel contesto diversificare le responsabilità di Borsani rispetto a quelle di un assassino in camicia nera.

L’ “Amnistia Togliatti”

E pensare che se fosse sopravvissuto con l’ ”Amnistia Togliatti” avrebbe evitato qualunque condanna penale! L’amnistia voluta da Togliatti (“Ministro della Grazia e non della Giustizia” come scrisse un anonimo cittadino) liberò nel giro di pochissime settimane il fior fior dei delinquenti, dei torturatori, degli assassini di Salò permettendo sentenze sconcertanti e laceranti per i partigiani che avevano combattuto i fascisti e avrebbero voluto nei loro confronti il rigore necessario. Consiglio di leggere di Mimmo Franzinelli, “L’amnistia Togliatti. 1946. Colpo di spugna sui crimini fascisti” (2016) per comprendere fino in fondo ciò di cui si sta parlando.

Quindi, come concludere il discorso?

In quel 29 aprile ’45 c’era di peggio in giro per l’Italia. I Graziani, i Badoglio, i Borghese, i Balbo, i torturatori, il re, gli industriali, gli agrari e i banchieri che avevano foraggiato il fascismo per vent’anni, chi aveva fatto soldi e carriera grazie al fascismo, i ladri, i corrotti, i mafiosi, i voltagabbana (quanti ex-fascisti a fare la fila per entrare nel Pci di Togliatti!) … rispetto a tanto marciume Carlo Borsani merita oggi rispetto.

Dobbiamo sforzarci di capire, senza revisionismi, i motivi per i quali migliaia di ragazzi

e soprattutto le ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò

e non dalla parte dei diritti e delle libertà”

Luciano Violante, Presidente della Camera dei deputati, 1996