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Chi era il maggiore Pietro Toselli? 7 dicembre 1895: la morte sull’Amba Alagi

Chi era il maggiore Pietro Toselli?
7 dicembre 1895: la morte sull’Amba Alagi

Non c’è legnanese che non conosca e frequenti in automobile il Viale Toselli, teatro spesso di incidenti più o meno gravi.
Ma chi era questo personaggio oggi ricordato solo per il traffico o i disagi della circolazione?
Il suo nome è legato a un evento poco noto della nostra colonizzazione in Africa. L’anniversario della sua morte, 126 anni fa, ci fornisce l’occasione. Ma andiamo per ordine.

Primo atto della presenza italiana in Africa, 1882
Il primo atto della presenza italiana in Africa data dal 1882 quando lo Stato italiano acquistò dalla Compagnia di navigazione Rubattino la baia di Assab, una striscia di terra sul Mar Rosso, da cui iniziare l’espansione nel Corno d’Africa.
Il colonialismo italiano dell’epoca “aveva tanta fame ma denti deboli”, come si diceva nelle varie cancellerie europee, ossia tante ambizioni non sorrette però da uno sviluppo industriale-militare adeguato.
Monarchia, apparati militari, alta burocrazia statale guardavano a un’espansione oltremare come occasione per mettere l’Italia sullo stesso piano delle altre potenze europee mentre la realtà era diversa: l’Italia era un paese unificato da solo vent’anni, povero di risorse, con tante “afriche” al proprio interno, dalla poverissima Sicilia fino ad arrivare alle terre del Nord da cui di lì a poco si sarebbe emigrati in massa alla volta delle Americhe.
Insomma l’Italia del 1882 che si affacciava timidamente in Africa aveva tutte quelle caratteristiche di “imperialismo straccione” che Lenin denuncerà al tempo della guerra italo-turca per il possesso della Libia (1911-1912).

Dogali, 1887
Un primo campanello di allarme sulla debolezza della colonizzazione italiana era suonato a Dogali (30 chilometri da Massaua) quando una colonna comandata dal tenente colonnello De Cristoforis è attaccata dal ras Alula e viene massacrata (1887).
Nonostante la brutale sconfitta le ambizioni italiane non si raffreddano, anzi inizia il tentativo di penetrare e occupare via via porzioni del territorio etiope.
L’Italia guarda al possesso dell’Etiopia non per le sue possibilità economiche (praticamente inesistenti) ma solo perché è rimasto l’unico territorio in Africa aperto alla colonizzazione di un paese europeo. Sembra incredibile ma allora tutta l’Africa, compresi i deserti, era nelle mani delle maggiori potenze europee, in primis inglesi e francesi.

Pietro Toselli sull’Amba Alagi
E così si arriva al 7 dicembre 1895 quando il reparto di ascari (mercenari locali al soldo degli italiani) del maggiore Toselli viene circondato sull’Amba Alagi e massacrato. Il bilancio è di 2000 ascari uccisi dagli etiopi con 18 ufficiali del Regio Esercito tra cui Toselli.

Circondato per ore e ore dai nemici il maggiore Toselli si comporterà con grande coraggio e spirito di iniziativa. Fu praticamente l’ultimo ad abbandonare la cima del monte quando non era più possibile alcuna resistenza. Prima aveva allontanato i suoi uomini ancora in vita. Fu colpito mentre cercava di mettersi al riparo inseguito da orde di nemici che volevano a tutti i costi la sua morte.

La carneficina dell’Amba Alagi avviene perché le autorità militari italiane hanno sottovalutato il comportamento del negus Menelik, considerato ormai dalla parte degli italiani. Non era vero, anzi Menelik mostrerà più furbizia di quanto a Roma si pensasse: accetta i prestiti italiani finchè ci sono e intanto arma il suo esercito perché non vuole nessun protettorato italiano nel suo territorio.
Crispi (presidente del Consiglio) e Oreste Baratieri (generale e governatore dell’Eritrea) sottovalutano anche la forza di Menelik: credono che il negus abbia poche decine di migliaia di uomini poco armati e non voglia riconquistare il territorio etiope occupato dagli italiani.
Mai previsioni furono più sbagliate: Menelik aspetta solo l’occasione per dare agli italiani una sonora sconfitta. Ciò avverrà prima all’Amba Alagi con la morte di Toselli e poi avverrà (e avrà dimensioni ben maggiori) l’anno dopo ad Adua (1 marzo 1896) quando 5.000 bersaglieri italiani vennero letteralmente massacrati da 80.000 abissini ben armati e ben disposti su un terreno che conoscevano perfettamente. Dall’altra parte Baratieri (comandante ad Adua) compie gravi errori tattici che costeranno la vita a tanti italiani e la perdita di ogni prestigio internazionale all’Italia: era la prima volta che un esercito africano sconfiggeva così platealmente sul campo di battaglia un esercito europeo!

Lo spirito di Toselli rivive quarantacinque anni dopo
Che cosa spinse il Duca d’Aosta (ultimo comandante in Etiopia) a portare le sue truppe ancora in cima all’Amba Alagi all’inizio dell’aprile 1941 per un’estrema difesa contro gli inglesi che ormai avevano conquistato tutta l’Etiopia? In cima all’Amba Alagi non c’era acqua, cibo, la montagna era distante da qualunque strada e quindi da alcuna possibilità di soccorso.
Scrive Gianni Oliva: “La decisione venne presa all’ultimo momento… ed è con tutta probabilità motivata da considerazioni storico-sentimentali, dal ricordo del maggiore Toselli e della sua disperata e sfortunata resistenza nel dicembre del 1895” (G. Oliva, “L’avventura coloniale italiana. L’Africa orientale italiana 1885-1942”, Edizioni del Capricorno, 2016, p. 125).

Come è noto l’Italia entrò nel secondo conflitto il 10 giugno 1940 e con la chiusura del Canale di Suez da parte degli inglesi l’Africa orientale era praticamente persa: non sarebbe arrivata né una nave né un soldato per difendere Etiopia, Eritrea e Somalia (Africa Orientale Italiana). Naturalmente Mussolini ne era consapevole ma credeva che al “tavolo della vittoria” avrebbe imposto agli inglesi la restituzione dei territori italiani con la cessione del Kenya, del Sudan, dell’Egitto… sappiamo come sono andate le cose.

E così il Forte Toselli sull’Amba Alagi fu l’ultimo lembo di territorio italiano nel Corno d’Africa presidiato da truppe italiane prima dell’inevitabile capitolazione (19 maggio ’41).
Il Duca morirà l’anno successivo in prigionia a Nairobi per malaria e tubercolosi. Con la sua morte morirà per sempre anche lo “spirito di Toselli”.

Tutto ciò che abbiamo raccontato non servirà certo per snellire il traffico sul Viale Toselli (provare alle intorno alle 8 del mattino! oppure verso sera), ma potrà contribuire ad evitare che il buon nome di Toselli sia evocato solo per maledire la circolazione automobilistica lungo questa arteria.

– Per saperne di più
https://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_Toselli