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Anne Frank, una storia attuale

Anne Frank, una storia attuale

“Una voce parla per sei milioni di persone,

non la voce di un saggio o di un poeta

ma quella di una ragazzina qualunque”

Il’ja Ehrenburg

Penso di fare cosa gradita proponendo questa testimonianza per certi versi eccezionale su Anne Frank. Si tratta di alcune pagine di una deportata ebrea viennese, Elisa Springer, che ebbe la ventura di conoscere Anne nel terribile lager di Bergen Belsen dove Anne morirà.

Fino alla pubblicazione del libro della Springer si avevano scarne notizie delle diverse fasi della deportazione di Anne e poche informazioni sugli ultimi momenti prima della morte.

Le pagine della Springer, piene di pietà e rispetto, ci offrono l’occasione per riflettere sulla profonda umanità di Anne che assiste la sorella Margot morente.

“Fu in una di queste baracche, a Bergen Belsen, che incontrai due ragazze che se ne stavano sempre appartate, parlando tra loro in lingua olandese, per non essere comprese dalle altre… le due ragazze che credevo olandesi erano sempre appartate e piangenti: una più dell’altra. Quando si rivolgevano a me per chiedere qualcosa, si esprimevano in perfetto tedesco. Avranno avuto quindici, sedici anni.

Le ricordavo bene avendole osservate nel convoglio che ci portava da Auschwitz a Bergen Belsen, poi perse di vista nel trambusto dell’arrivo, e finalmente ritrovate nella baracca, la terza del mio soggiorno in quel campo.

Un giorno mi avvicinai alla più piccola, che stava accudendo la sorella malata, e chiesi qualche notizia sulla loro provenienza, incuriosita soprattutto dalla doppia lingua che usavano abitualmente.

Ignoravo il loro nome: l’unica identità che era concessa a ciascuno di noi era il numero impresso sul braccio…

Ricordo i suoi occhi grandi e l’espressione di paura che non la lasciava mai. Ogni tanto si rivolgeva alla sorella – Margot si chiamava – parlando fitto in olandese, mentre le assestava gli stracci che fungevano da coperta, passandole la mano sulla fronte.

Nel nostro breve colloquio, mi disse di essere nata a Francoforte e di essersi trasferita ad Amsterdam, con la famiglia, all’inizio delle persecuzioni razziali contro la comunità israelitica della sua città.

In principio, nella capitale olandese, avevano condotto una vita serena, ma, ai primi avvisi di un allargamento delle retate naziste anche all’Olanda occupata, il padre aveva deciso di nascondere la famiglia in un rifugio segreto, ricavato nel sottotetto degli uffici dell’azienda, aperto solo ad amici fidatissimi che, con molto coraggio, procuravano loro le cose indispensabili alla vita.

Il pensiero che ossessionava maggiormente quella ragazza era di non poter disporre di alcun materiale per scrivere, comunicare la verità della nostra condizione e far conoscere, a chi avesse letto i suoi pensieri, la verità sulla loro segregazione che durava dal luglio 1942. Prima nell’alloggio segreto di Amsterdam, poi, dopo la delazione di qualcuno e il rastrellamento tedesco dell’agosto 1944, furono imprigionati, prima a Westerlok, che era il più grande campo di concentramento olandese, poi ad Auschwitz, dove aveva perso le tracce dei genitori, quindi a Bergen Belsen con sua sorella. Esattamente nei tempi e nelle tappe che anch’io avevo percorso. Solo che la mia provenienza era dall’Italia e il viaggio di trasferimento in Polonia era stato più lungo del loro.

Restammo amiche, nel poco tempo che ebbi prima di essere trasferita a lavorare nella fabbrica di aerei a Raghun, nel febbraio del ’45….

Di quella ragazzina piangente, che avevo lasciato accanto alla sorella Margot nella baracca di Bergen Belsen, si sarebbero occupate, alla fine della guerra, le cronache di tutto il mondo.

Anne Frank, la dolce assistente della sorella, che le era maggiore di tre anni, morì di tifo nel marzo del ’45, seguendo di qualche giorno la sorte di Margot. Tre settimane dopo le truppe inglesi liberarono quel campo. I loro corpi furono confusi in una fossa comune, assieme a quelli di tantissimi altri, mai più ritrovati. Unico sopravvissuto della famiglia il padre, che fece conoscere al mondo il Diario di Anne.

Ho letto quel libro dieci anni dopo ricostruendo il nitido ricordo di quei nostri brevi colloqui, nella penombra ammorbata della baracca di Bergen Belsen, dove la piccola Anne mi chiedeva una penna per scrivere, e non avevo da offrirle nulla, tranne la voce di una sorella maggiore che la incoraggiava a vivere.

Fui affascinata dalla maturità di quella ragazzina di sedici anni, che si era adattata alla solitudine della segregazione, rinunciando improvvisamente alla spensieratezza dei giovani studenti che le erano amici. Stupita, per le riflessioni mature che ho trovato in quel libro, simbolo delle mie stesse angosce e paure, mentre si faceva sempre più pesante il silenzio che mi ero imposta, e anche il rimorso per l’incapacità di raccontare la cronaca del dolore sofferto.

Diceva Anne Frank:“Vedo il mondo mutarsi in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure quando guardo il cielo, penso che tutto questo si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace, la serenità” (da “Il Diario di Anne Frank”, Einaudi 1954).

Nelle parole di questa ragazza, c’era la speranza. La stessa di tutti noi, che attendevamo il giudizio di Dio, col terrore di chi aspetta la morte, ma spera nel miracolo come unica, possibile alternativa al buio del futuro”

Elisa Springer, “L’eco del silenzio. La Shoah raccontata ai giovani”, Gli Specchi Marsilio 2003, pp. 72-76

“Se letto come primo libro – e non il solo, l’ultimo o il definitivo –

su coloro che furono perseguitati dai nazisti, il Diario di Anne

può certamente costituire un ricordo indimenticabile

di quelli che Philip Roth una volta definì

i milioni di anni non vissuti rubati agli ebrei trucidati

Lawrence Graver

Elisa Springer (1918-2005) vittima dell’antisemitismo nazista, fu catturata a Milano nel 1944 e tradotta nei lager di Auschwitz, Bergen Belsen e Terezin, sopravvivendo miracolosamente al genocidio. Rientrata in Italia nel 1945, scelse il silenzio e, solo a distanza di cinquant’anni, decise di dare alle stampe “Il silenzio dei vivi” (1977) e “L’eco del silenzio” (2003). Durante l’ultimo trentennio della sua vita testimoniò, soprattutto tra i giovani, la Shoah del popolo ebraico.

– Elisa Springer nella “Sauna” di Birkenau, dove è passata anche Anne Frank

http://www.youtube.com/watch?v=DDHY493myaA

– Un ricordo di Anne Frank con una struggente canzone a lei dedicata

http://www.youtube.com/watch?v=uemeMTvRMFU&feature=fvst

Le uniche immagini di Anne Frank

http://www.youtube.com/watch?v=hdS72Uu-_Dc&NR=1

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