Dal 25 luglio all’8 settembre 1943

Dal 25 luglio all’8 settembre

Il tema del mio intervento sono i 45 giorni dal 25 luglio all’8 settembre ‘43. E’ inutile dire che è un momento assolutamente importante nella seconda guerra mondiale italiana.

Il 10 luglio ‘43 gli alleati sbarcano in Sicilia. Molti a Roma temono o sono convinti che la guerra è perduta.

Il 19 luglio a Feltre incontro Hitler Mussolini. Bombardamento di San Lorenzo
A Feltre il duce appare impotente di fronte a Hitler. Mussolini dovrebbe chiedere il disimpegno dell’Italia nel conflitto ma non parla.
Nello stesso giorno gli alleati bombardano Roma. Il bombardamento di Roma (quartieri di San Lorenzo e Prenestino, 1.500 morti) dà una forte scossa al re e ai gerarchi fascisti che vogliono uscire dalla guerra.
Ricordiamo anche gli imponenti scioperi del marzo ‘43 che fanno temere in alcuni esponenti del regime una svolta comunista in Italia.

Mussolini voleva uscire dall’alleanza con i tedeschi? Non è possibile dirlo con certezza. Forse sì. Sicuramente fu superato dagli avvenimenti.

Due componenti della congiura contro Mussolini:
– la congiura dei gerarchi capitanata da Dino Grandi
– la congiura dei militari capitanata dal re

24 luglio
Alle 17.15 comincia la riunione del Gran Consiglio del Fascismo, 24 luglio, sabato. Mussolini tiene un discorso di due ore in cui attribuisce la colpa ai vertici militari. Nel suo intervento Mussolini ammette di essere l’”uomo più odiato d’Italia”.
Il discorso di Grandi è particolarmente duro: “Voi credete di avere la devozione del popolo. Voi l’avete perduta il giorno in cui avete legato l’Italia alla Germania. Voi vi credete un soldato. Lasciate che vi dica che l’Italia fu perduta il giorno in cui metteste i galloni di maresciallo sul berretto”.

Firmarono l’ordine del giorno Grandi 19 dei 28 presenti.
Votano a favore del documento Grandi i nomi più importanti del fascismo: De Bono, De Vecchi, Ciano, Alfieri, Bottai, De Stefani.

L’obiettivo di Grandi era il cambio della guardia tra il re e Mussolini alla guida dell’esercito sganciando l’Italia dalla guerra.
Secondo Grandi nel giro di poche ore l’esercito italiano avrebbe dovuto rivolgere le armi contro i tedeschi. Il re e Badoglio hanno invece paura della reazione tedesca.
Il cardinale Montini è informato e auspica anche lui il passaggio dei poteri dal fascismo alla monarchia per l’uscita dell’Italia dalla guerra. Il Vaticano vede bene un governo re-Badoglio
Industriali e finanza (Agnelli, Donegani, Falk, Volpi, Pirelli e Vittorio Cini) sono esasperati dalla situazione che si è venuta a creare. Vedono di buon grado il governo nelle mani del re e di Badoglio e quindi dei militari.
Nella caduta del regime non ha alcun ruolo l’antifascismo organizzato.

Il ruolo del re
A questo punto entrano in gioco il re e i militari. Grandi scompare dalla scena.
Mussolini chiede udienza al re alle ore 17 del 25. A quell’ora è già esautorato (nomina di Badoglio).
Mussolini è fiducioso, i gerarchi si sarebbero pentiti e il re non avrebbe agito contro di lui.
Il colloquio dura 20 minuti. Il re dice: “Le cose non vanno più… l’Italia è in tocchi, l’esercito è moralmente a terra, i soldati non vogliono più battersi, il voto del Gran Consiglio è tremendo”. Poi annuncia a Mussolini la sostituzione con Badoglio.
Quando Mussolini uscì fu preso in carico da ufficiali dei carabinieri, praticamente fu arrestato.

Il comunicato di Badoglio fu letto alle 22.45: “Attenzione, attenzione. Sua maestà il re e imperatore ha accolto le dimissioni presentate da Sua Eccellenza il cavalier Benito Mussolini e ha nominato capo del governo il cavalier, Maresciallo d’Italia, Pietro Badoglio… La guerra continua. L’Italia mantiene fede alla parola data”.
In sostanza il fascismo è caduto ma la guerra continua!

IL PNF non esiste più
Nessuna reazione del partito e della milizia, anzi Scorza e Galbiati si mettono agli ordini di Badoglio. Raramente nella storia un regime era scomparso in questo modo così repentino, senza alcuna reazione. Un solo fascista si suicidò.
Vennero subito aboliti il partito fascista, il Gran Consiglio, la Camera dei fasci e delle corporazioni, il Tribunale speciale e leggi spiccatamente fasciste.
Rimasero le leggi razziali e gli elenchi degli ebrei (utili il 16 ottobre ‘43 nella razzia nel ghetto) per non inviperire i tedeschi.
La gente festeggia nelle strade perché è convinta che la guerra sia finita.

Una circolare Roatta ordina però l’esercito a intervenire ad “alzo zero” contro i manifestanti. Un centinaio di vittime in tutta Italia.
C’è il timore nella nuova classe dirigente che i comunisti possano prendere terreno. Anche gli anglo-americani temono la rabbia della popolazione italiana.

I 45 giorni. I primi contatti con gli Alleati
I primi contatti con gli anglo-americani avvengono in modo confuso con due missioni in Portogallo e Spagna di diplomatici di scarsa importanza. Badoglio ha paura della reazione tedesca e quindi il tentativo di avere un contatto con gli Alleati va per le lunghe.
Nel frattempo il re e Badoglio non danno alcuna nuova direttiva al Comando supremo e allo Stato Maggiore dell’esercito per orientare i comandi verso un eventuale armistizio con gli anglo-americani. Pesa molto in tutto questo quello che lo storico Klinkhammer ha chiamato “Il mito della Werhmacht”.
Intanto i tedeschi fanno affluire dal Brennero molte divisioni. Erano 8 prima del 25 luglio, diventeranno 21 con l’8 settembre.
Gli alleati avrebbero voluto molto prima il ribaltamento delle alleanze. Ora in Italia le forze tedesche sono temibili.

Il generale Castellano (uomo di Ambrosio) ha un primo contatto solo il 19 di agosto con gli Alleati. Il luogo scelto è Madrid. Castellano però non solo non è autorizzato a firmare nulla. Castellano torna a Roma in treno il 27 agosto!

I bombardamenti sull’Italia
In attesa che Badoglio firmi l’armistizio gli alleati continuano i bombardamenti sull’Italia come previsto da tempo. Milano, Torino (distruzione degli apparati industriali e del centro storico) e Genova (il porto) nell’agosto ‘43 subiscono pesanti distruzioni.

Cassibile, 3 settembre
Il 3 settembre a Cassibile, alla presenza di Einsenhower, il generale Castellano firma l’ ”armistizio corto”.
Nel frattempo Badoglio mantiene un assoluto segreto sulla firma dell’armistizio il 3 settembre.
Addirittura proprio il 3 settembre Badoglio convoca una riunione con i ministri de Courten (Marina), Sorice (Guerra) e Sandalli (Aeronautica) e avverte che sono in corso trattative mentre Castellano aveva già firmato in quelle ore!

La Memoria O.P. 44
La prima direttiva in qualche modo legata all’imminente armistizio fu la “Memoria O.P. 44” diramata tra il 2 e il 5 settembre ma solo ai comandi dello Stato Maggiore operanti in Italia.
L’impostazione è prettamente difensiva (reagire solo in caso di attacco tedesco) e non faceva alcun cenno all’armistizio firmato il 3 settembre.

La speranza di Badoglio è passare da un’alleanza all’altra in modo indolore, che gli americani liberino Roma e vincano la reazione tedesca senza mettere a repentaglio l’esercito italiano e la continuità dello Stato.

Badoglio annuncia l’armistizio
Nel pomeriggio del 8 settembre Einsenhower legge alla radio il testo dell’armistizio, poche ore dopo anche Badoglio deve annunciare la resa: “… ogni atto di ostilità contro le forze angloam. deve cessare … esse (le forze italiane) però reagiranno a eventuali attacchi di qualsiasi altra provenienza” (quest’ultima frase fu aggiunta per insistenza di E.).
Lo sbarco a Salerno avviene il 9 settembre, troppo lontano da Roma.

La fuga del governo e lo sfascio dell’esercito
Gli americani non hanno le forze per prendere Roma e salvare il re al Quirinale.
A questo punto il re aveva due possibilità: o la resistenza armata o la fuga.
Scelse la seconda.
La decisione di fuggire senza lasciare ordini precisi fu voluta dal re per evitare quanto più possibile scontri con i tedeschi.
Non vi fu neppure il tentativo di difendere Roma nonostante nella capitale ci fossero 6 divisioni italiane contro 2 tedesche.

Il re fugge il 9 sett. (ore 5 del mattino). Fuggono anche Ambrosio e Roatta.
Il corteo di macchine fu fermato dai tedeschi per un controllo ma non fu arrestato.
Kesselring non aveva alcun interesse ad arrestare il re, ciò avrebbe mobilitato l’esercito italiano che si stava scomponendo in quelle ore a ritmo vertiginoso.

Lo sfascio dell’esercito
Il risultato fu il caos e lo sbandamento dell’esercito. Molti generali e ufficiali rimasti senza ordini furono i primi a scappare seguiti subito dai soldati. Il timore di una violenta reazione tedesca spiega quanto è successo.
Lo sbandamento riguardò l’esercito in Italia (24 divisioni). Lontano dall’Italia le truppe rimasero relativamente compatte (35 divisioni).

Certo non era facile da un giorno all’altro rivolgere le armi contro i propri alleati. Però ci furono reazioni armate spontanee che avrebbero potuto essere coordinate da Badoglio… ma Badoglio era in viaggio per Brindisi.
L’assoluta mancanza di ordini di alcun genere e il terrore di un intervento tedesco spiegano lo sfascio dell’esercito che avviene in modo incredibile nel giro di un giorno.
Il risultato furono circa 800.000 soldati internati nei campi militari in Germania e Polonia.

Lo sconcerto dei soldati,abbandonati dai propri ufficiali e finiti nelle mani dei tedeschi, può essere capito ascoltando questa testimonianza, che ben riflette quei giorni: “I nostri signori ufficiali, ci sono ancora quelli che usano la prudenza di prima, ancora non si rendono conto che sono stati loro che ci hanno abbandonato a questi passi ma ricordo ancora che io sono stato abbandonato il giorno 8/9/1943 da un vigliacco di capitano e da un lurido maresciallo dei carabinieri che mi hanno fatto cadere sotto i granfi tedeschi. Adesso pretendono da noi essere rispettati: io quando vedo ufficiali gli sputerei in faccia”.

Un partito rivoluzionario l’8 settembre?
Se ci fosse stato allora un partito rivoluzionario ben radicato nella classe operaia italiana! Non per fare la rivoluzione ma per approfittare di questa incredibile opportunità – centinaia di migliaia di sbandati con le loro armi senza sottovalutare la forza della classe operaia – per irrobustire il partito e metterlo nella condizione di influire sulla fine della guerra e prepararlo alle grandi battaglie del dopo-guerra.

Il settembre ‘43 ha molte affinità con la rotta di Caporetto quando nell’ottobre del ‘17 altre centinaia di soldati italiani furono travolti dall’offensiva austro-tedesca e diventarono sbandati. Nello stesso tempo la classe operaia di Torino e Milano in quell’autunno del ‘17 era sul piede di guerra.

Purtroppo nel ‘43 non poteva essere operativo in Italia il partito rivoluzionario perché gli internazionalisti del Pcd’I erano stati sconfitti negli anni venti dal fascismo e dallo stalinismo.

La resistenza dei militari
Ci furono episodi significativi di resistenza ai tedeschi: a Porta San Paolo (Roma) e
Cefalonia.
A Cefalonia dal 15 al 24 settembre si combatté duramente (7.500 morti tra cui 5.000 fucilati). A Corfù negli stessi giorni ci furono aspri combattimenti, nelle isole dell’Egeo altri scontri.
La Resistenza a Lero (isola del Dodecaneso) è ugualmente forte: sui 12.000 soldati italiani che presidiavano l’isola ne sopravvivono solo 1500 (16 novembre).

La reazione alleata allo sfascio dell’8 settembre fu prima di sorpresa e poi fu dura. La mancata difesa di Roma (sei divisioni contro due) fece perdere ogni fiducia nei confronti degli italiani e del loro esercito.

L’8 settembre – “morte della patria”?
L’8 settembre – “morte della patria” – nasce con De Felice e poi è fatto proprio da Galli della Loggia (“Autobiografia di una nazione”).
Ma l’8 settembre segna anche l’inizio della Resistenza con le prime bande armate formate da ex-militari che si danno alla macchia nel centro-nord dopo essere sfuggiti alle retate dei tedeschi e nell’impossibilità di tornare al casa. Il 9 settembre nasce il CLN a Roma.

Bilancio dell’8 settembre: 650.000 soldati ital. Internati in Germania e Polonia, 20.000 morti (fucilati, morti in combattimento), più enormi quantità di materiali bellici perdute. Negli stalag tedeschi moriranno circa 30.000-40.000 soldati.

Cervetto e Parodi nella Resistenza
Gli avvenimenti dell’8 settembre sono importanti anche in essi perché muovono i primi passi Arrigo Cervetto e Lorenzo Parodi, fondatori nel 1965 di L. C.
Il 25 luglio Cervetto (nato nel ‘27, aveva 16 anni!) – operaio all’ILVA di Savona – prende parte alle manifestazioni a Savona contro Mussolini. Dopo l’8 settembre Cervetto è partigiano nella Langa piemontese. Rimase ferito nel luglio del ‘44 guadagnandosi la Croce al merito.
Nel frattempo rifiuta la “svolta di Salerno” di Togliatti e si avvicina al comunismo libertario. Dai GAAP (Gruppi Anarchici di Azione Proletaria) il lungo percorso fino all’approdo con LC (dicembre 1965).
Parodi aderisce agli scioperi del marzo ‘43 all’Ansaldo di Genova e nel ‘44 per evitare le deportazioni Parodi diventa partigiano nella Brigata SAP di Genova Nervi. Anche in Parodi è netto il rifiuto alla collaborazione di classe con la “svolta” togliattiana. Anche per lui la militanza nei GAAP accanto a Cervetto e poi anni dopo la fondazione di LC.